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Thor: recensione

C'era un tempo in cui Thor era davvero venerato come una divinità in Scandinavia, era davvero considerato il dio del tuono e aveva fedeli che lo pregavano e lo temevano. Oggi i suoi seguaci siamo noi lettori di fumetti, che fin dal 1962 (ma la maggior parte l'ha conosciuto molto dopo) seguiamo le sue avventure, considerandolo quasi una persona in carne e ossa, un fratello un po' strambo a cui chiedere consiglio in caso di necessità. Vederlo sparire nell'abisso del Ragnarok qualche anno fa ci ha riempito d'angoscia, vederlo tornare ha rimarginato solo in parte la ferita. E adesso è lì, sul grande schermo, pronto a conquistare tanti nuovi fedeli.

Quello che invaderà i cinema italiani in ben 600 copie a partire dal prossimo 27 aprile non è il classico dio-supereroe a cui siamo abituati, e che comunque ha avuto decine, se non centinaia, di diverse incarnazioni. Il Thor cinematografico è il dio del tuono del Marvel Movies Universe, mondo di celluloide forgiato sulle basi di decenni di storie e pertanto condensato di diverse idee e linee guida, in particolare sintesi a volte perfetta, altre volte più traballante, dell'Universo Marvel classico e di quello Ultimate. Quest'ultima pellicola è l'esempio migliore in questo senso, proprio a partire dal suo protagonista che nel look e in alcuni atteggiamenti deve molto alla sua versione Ultimate, mentre per il resto è più vicina a quella classica.

Una lunga premessa per quello che, nonostante saranno in molti a non pensarla nello stesso modo, è forse il film Marvel più riuscito degli ultimi tempi, pieno di visionarietà, di personaggi profondi, capace di innovare il mondo tratto dai fumetti trasformandone i punti di debolezza in punti di forza. Certo, a un'analisi più approfondita non mancano i difetti, con tanti problemi che non sfuggiranno ai lettori del fumetto, ma che non intaccano il risultato finale.

La storia è molto classica e non disdegna di citare specifici cicli di albi a fumetti e altre immagini epiche della mitologia del cinema. Thor (Chris Hemsworth) e Loki (Tom Hiddleston, intervistato di recente da Comicus) sono figli di Odino (Anthony Hopkins), il padre degli dei, sovrano di Asgard e dominatore dei nove regni legati dal grande albero del mondo, Iggdrasil. Thor è arrogante e impetuoso, desidera essere re e lanciarsi in battaglia, Loki è moderato e tranquillo, intelligente e sempre pronto ad ascoltare i consigli del padre. Un giorno però tre giganti del ghiaccio, i nemici soggiogati e confinati da Odino nel mondo gelato di Jotunheim, si introducono ad Asgard eludendo la sorveglianza di Heimdall, guardiano del ponte Bifrost, per rubare la fonte del loro potere, portata ad Asgard dal padre degli dei.

Anche se vengono sconfitti e l'incidente potrebbe chiudersi lì, Thor non può tollerare un simile oltraggio e parte con i suoi compagni di battaglia, i tre guerrieri Fandral, Hogun e Volstagg e la bella Sif, per andare a punire i giganti. Un atto dettato dalla sete per la battaglia che provoca il riaccendersi delle ostilità tra i due mondi, tanto da costringere Odino a bandire il figlio su Midgard, la Terra, dove dovrà imparare l'umiltà e la saggezza. Qui, senza poteri, dovrà dimostrare di essere degno di poter sollevare ancora il martello Mjolnir. Sua guida nel bizzarro reame terrestre sarà la scienziata Jane Foster (Natalie Portman), studiosa di fenomeni parascientifici, insieme al suo team di lavoro, composto dal dottor Erik Selvig e dalla stagista Darcy. Le ricerche della bella scienziata si incroceranno con la magia, e mentre diverrà chiaro che i principi della fisica forse si applicano anche nel mondo incantato di Asgard, da lei considerato un pianeta lontano alla fine di un tunnel spaziale, il suo cuore si legherà indissolubilmente a quello del dio biondo. Thor dovrà lottare contro il governo degli Stati Uniti e lo Shield, che vogliono impossessarsi del suo martello, e contro i nemici scagliati contro di lui da suo fratello Loki.

Andare oltre con la trama non sarebbe giusto, ma già da questi rapidi accenni è semplice comprendere il lungo lavoro di ricerca e di scrittura dietro una sceneggiatura solida e fresca, brillante come non mai nelle scene ad Asgard, più fiacca invece nella parte ambientata sulla Terra. In tutto, però, si respira la grandiosità epica della tragedia shakespeariana, cavallo di battaglia di Kenneth Branagh, che si conferma essere il regista perfetto per questo film, l'unico capace di donare ai personaggi la regalità divina di cui necessitavano. Così Hopkins non recita Odino, ma diviene Odino, creando un personaggio vero e profondo come non se ne vedevano da tempo sul grande schermo. Una recitazione fatta più di piccolissimi gesti che di parole, un carisma che riempie gli occhi e il cuore. Forse altrettanto superbo il lavoro fatto da Tom Hiddleston per il suo Loki, a cui dona diversi gradi di ambiguità, tanto da non riuscire a capire quando divenga malvagio, tenendolo in costante bilico tra bene e male fino all'ultimissima scena. Sicuramente il villan migliore mai visto in un Marvel movie.

Se invece consideriamo il resto del cast purtroppo non troviamo nessun altro attore all'altezza del ruolo affidatogli e questo è il vero grande difetto del film. Natalie Portman è sempre splendida, ma non dona a Jane Foster lo spessore necessario, colpa soprattutto della totale assenza di alchimia con Chris Hemsworth che al cinema è praticamente un esordiente e lo fa vedere. Il suo Thor è altalenante, indeciso, con una recitazione a volte brillante, altre piatta e scialba. Il disastro, però, viene sugli altri asgardiani: a parte un Heimdall (Idris Elba) totalmente diverso dal fumetto ma che riesce a essere regale e di presenza, i tre guerrieri sono praticamente macchiette senza arte né parte, con un Hogun (Tadanobu Asano) diventato una specie di samurai giapponese! Lady Sif (Jaimie Alexander) ha fascino, ma ha tre scene contate in tutta la pellicola. E come non notare l'assenza di Balder o di Donald Blake, ridotto a un ex fidanzato di Jane Foster?

Un peccato, perché tutta la veste grafica è perfetta e soprattutto funziona l'idea di calcare la mano sulla natura aliena dei nove regni. Ecco dunque che Asgard non è solo una città, ma un intero pianeta dall'architettura sospesa tra minimalismo e ruvidezza scandinava, tra colori brillanti e metallici ed elaborate rune, in un connubio armonico che è una festa per lo sguardo. Anche Jotunheim è un pianeta ghiacciato che ricorda alcuni satelliti presenti nel nostro sistema solare, mentre Bifrost altro non è che un raggio da teletrasporto figlio dei primi film di fantascienza. Una soluzione che farà inorridire qualcuno, ma che è in linea con la natura aliena degli asgardiani suggerita più volte nello stesso Marvel Universe, in particolare nella saga di Terra X.

La pellicola per essere goduta appieno, però, va vista con alcune raccomandazioni tecniche: prima di tutto va privilegiata la versione originale in inglese, se non fosse solo per le citazioni da Shakespeare di cui è infarcita e per il lavoro attento e puntuale compiuto sul linguaggio. E poi tocca spendere qualcosa in più per ammirare lo spettacolo di un 3D meraviglioso, che dona una profondità raramente vista al cinema alle panoramiche aeree di Asgard. Un'ultima nota: nella pellicola non mancano i riferimenti al resto del Marvel Universe e c'è la presenza di un altro vendicatore annunciato e di un altro personaggio non confermato e su cui circolano molte indiscrezioni. E non manca nemmeno la classica scena dopo i titoli di coda che non deluderà gli appassionati. L'ansia per l'arrivo al cinema degli Avengers sale alle stelle.

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