Menu

The Green Hornet: recensione

Per tornare allo speciale, clicca qui.

green_hornet_posterMichel Gondry che decide di dirigere un film di supereroi. Di più, Michel Gondry che decide di dirigere un film di supereroi comico, tratto da una serie cult degli anni Sessanta. Poteva suonare strano, ne poteva nascere un capolavoro senza tempo oppure un flop colossale, ma in fondo quanto può far male un regista talentuoso e innovativo come Gondry? Purtroppo la risposta è molto, molto male. Se vi aspettate le stravaganti trovate dei tanti meravigliosi videoclip (da Bjork ai Daft Punk) oppure idee rivoluzionarie come il "bullet time" reso poi celebre da Matrix, forse è meglio disertare la sala. The Green Hornet, infatti, non è nulla di tutto questo. D’altronde dopo che il regista francese si è dilettato nel documentario La spina nel cuore, storia sconclusionata delle scuole in cui ha insegnato sua zia Suzette, divenuta ormai la vecchietta più odiata dopo la zia May di Peter Parker, ci si aspettava di tutto.

Poteva, però, essere un film di supereroi senza pretese, leggero e divertente, ma non riesce neanche in questo compito. Ed è di certo un peccato, perché le premesse sembravano giuste e il materiale interessante era tutto là, eppure il problema sta in una sceneggiatura lenta, in alcuni punti noiosa e ripetitiva, in altri sbrigativa, ma soprattutto lacunosa e dal finale senza senso. Una trama che mette in ombra anche gli interpreti, a cui non mancano alcune sfumature interessanti, ma sfruttate male nel contesto della pellicola.

La storia è quella di Britt Reid, interpretato da Seth Roger, qui in veste anche di sceneggiatore e produttore esecutivo, figlio del più importante magnate dei media di Los Angeles, James Reid (Tom Wilkinson), che un giorno muore sembra a causa della puntura di un’ape. Britt eredità così l’impero paterno ma non ha alcuna intenzione di dirigere il giornale. Poi, però, conosce Kato, un dipendente del padre che nasconde incredibili qualità: non solo è un esperto di arti marziali, ma riesce a costruire straordinarie automobili dai mille gadget, oltre ad armi inarrestabili. I due finiscono per diventare amici e complici, trasformandosi in "The Green Hornet" e nel suo assistente e decidono di combattere il crimine facendosi credere dei pericolosi criminali e non esitando a lasciare una scia di distruzione e sangue sul loro passaggio grazie alla "Black Beauty", la Chrysler Imperial Crown superaccessoriata realizzata dal genio asiatico. Ovviamente al boss di Los Angeles, Benjiamin Chudnofsky, interpretato da un malvagio e comico Christoph Waltz, la cosa non va giù, e così nasce una battaglia che coinvolge il giornale del padre, la corruzione dei vertici politici, e anche la bella di turno, una Cameron Diaz forse troppo cresciuta per il ruolo di Lenore Case, giovane segretaria di Britt contesa in amore con Kato.

Nato nel 1930 come serial radiofonico, "The Green Hornet" ha riscosso un grande successo, tanto da meritarsi una serie tv negli anni Sessanta in cui Kato era interpretato da Bruce Lee, e proprio quel ruolo ha contribuito a lanciare il re delle arti marziali negli Stati Uniti. Anche il Kato di questo remake cinematografico è al suo esordio in USA, ma Jay Chou, originario di Taiwan, in Asia è un attore pluripremiato, un regista, un compositore e una pop star ed in effetti è forse il personaggio meglio riuscito del film, abbastanza interessante da calamitare l’attenzione, tanto da rivaleggiare anche violentemente con il suo "partner" come vero protagonista della vicenda.

La storia procede in modo bizzarro, dando per scontati passaggi fondamentali: ad esempio non si approfondisce come combattano il crimine i due supereroi, visto che sembra soltanto che distruggano strutture e laboratori criminali. Totalmente insipido e inutile il personaggio di Cameron Diaz, mentre è fin troppo ridicolo, con delle gag dilatate fino alla noia, il cattivo interpretato da Waltz. Totalmente assurda poi la sequenza del combattimento finale in cui Britt cerca di arrivare in tutti i modi alla sede del giornale per riversare il contenuto di una penna usb in un computer quando poteva farlo da qualsiasi pc del mondo.
Quasi inutile aggiungere che il film uscirà anche in versione 3D, ma è stato mostrato in anteprima in 2D, facendo perdere le pochissime scene curiose inserite da Gondry nella pellicola che, si presume, funzionino bene solo se viste in tre dimensioni. Il risultato è la perdita anche di quella briciola di originalità che il film poteva regalare, restituendo così una commedia supereroistica scialba che in tempi di sbornia di blockbuster tratti da fumetti ci poteva anche stare, ma diventa imperdonabile se firmata dalla mano di Gondry. Ora non ci resta che sperare nel futuro.

Video

Torna in alto