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Gideon Falls 1, recensione: L'esordio del nuovo horror di Jeff Lemire e Andrea Sorrentino

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Dopo Green Arrow e Old Man Logan, la coppia artistica composta da Jeff Lemire e Andrea Sorrentino torna insieme per un nuovo progetto intitolato Gideon Falls, pubblicato da Image Comics. Per Lemire, si tratta dalla quarta serie creator-owned per l’editore dopo Descender, da poco conclusasi, Plutona e Royal City.

Gideon Falls è il classico “paesino tranquillo” americano, tuttavia la serena comunità cittadina è spesso scossa da eventi truculenti. Un misterioso fienile nero appare di tanto in tanto in un’atmosfera rosso sangue e porta con sé morte e follia. Non tutti, naturalmente, vedono questo spettrale edificio, per alcuni è solo una leggenda, ma diverse persone possono giurare che il fienile è reale. Fra questi, il giovane e paranoico Norton, la cui ossessione a cercare indizi nella spazzatura viene monitorata da una psicanalista, la Dottoressa Xu. O, ancora, il parroco Wilfred, appena giunto a Gideon Falls e subito coinvolto in un terribile omicidio.
A questi personaggi se ne aggiungono diversi altri come lo Sceriffo Miller, scettica a seguire la pista del fienile, e suo padre, il Dottor Sutton, che invece sta dedicando la sua vita alla risoluzione di questo mistero. I due hanno perso rispettivamente il fratello e il figlio e, separatamente, cercano di venire a capo di quel delitto.

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L’horror messo in scena da Lemire e Sorrentino ha un che di lynchiano e rimandi a Lovecraft, ma in realtà Gideon Falls si muove seguendo molti dei topoi del genere: dal paesino maledetto alla casa misteriosa, fino al tipo di indagine (mossa su più piste e condotta da più persone che, immaginiamo, finiranno per intrecciarsi) che condurrà i protagonisti alla verità. La miscela proposta da Lemire, però, è avvincente e sfrutta bene tutte le carte giocate partendo dai personaggi che appaiono credibili e reali, fino a una messa in scena solida e a un ritmo coinvolgente con un crescendo di eventi ben cadenzato. Nonostante, per il momento almeno, lo sceneggiatore sembra battere strade piuttosto sicure, il suo lavoro è convincente.

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Fondamentale è il lavoro di Andrea Sorrentino e del colorista Dave Stewart, capaci di creare la giusta atmosfera orrorifica per i testi di Lemire. Oltre al tratto sottile dell’artista, che modella personaggi altamente espressivi, va sottolineata la sua grande abilità nella costruzione delle tavole, grazie in particolare a soluzioni visive di grande impatto e originali e a una regia assolutamente perfetta. Particolarmente apprezzata è la scelta il voler simulare graficamente i segni da pennarello rosso tipici delle evidenziature fatte su prove e documenti durante le indagini: in diverse tavole, infatti, questo espediente viene utilizzato per focalizzare l’attenzione del lettore e creare transizioni visive.

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Gideon Falls, presentato in Italia in un ottimo cartonato da Bao Publishing, è un solido horror che non deluderà i fan dei due artisti né quelli del genere. Ci attendiamo che le ottime premesse fin qui viste verranno confermate nei prossimi volumi, dove ci aspettiamo anche che la creatività dei due autori porti questo prodotto a distinguersi dagli altri grazie anche a strade meno battute e trovate più personali. Per le sue enormi potenzialità, inoltre, non ci stupirebbe che presto qualche casa di produzione ne metta in cantiere una serie tv.

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Bao Publishing: in uscita Gideon Falls di Jeff Lemire e Andrea Sorrentino

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Uscirà il prossimo 24 gennaio per Bao Publishing il primo volume di Gideon Falls, la nuova serie di Jeff Lemire e Andrea Sorrentino. Di seguito trovate tutti i dettagli.

"Un ragazzo solitario e un prete redento, a chilometri di distanza, sono ossessionati dalle stesse inquietanti visioni. Un edificio spettrale appare e si dissolve, portando con sé eventi e delitti tremendi. Gli acclamati autori Jeff Lemire e Andrea Sorrentino realizzano una memorabile storia dark ed esistenziale, un horror che unisce l'enigmaticità di Twin Peaks al tormento psicologico di True Detective.

«Non c'è dubbio che il male esista. L'ho visto. Ma ora so che non devo affrontarlo da solo.»

BAO Publishing è orgogliosa di annunciare l'uscita del primo volume di Gideon Falls la nuova serie di Jeff Lemire (testi) e Andrea Sorrentino (disegni), con i colori di Dave Stewart.

La leggenda del Fienile Nero narra di un edificio spettrale che compare e scompare in vari periodi storici, portando con sé morte e follia. Adesso, questo mistero minaccia e intreccia le vite di due uomini molto diversi tra loro: un giovane solitario, ossessionato dagli indizi nascosti nella spazzatura, e un prete cattolico redento, alla ricerca del suo posto in un paesino che nasconde oscuri segreti. Nessuno dei due è pronto per ciò che nasconde il Fienile Nero.

Jeff Lemire, reduce dal Premio Gran Guinigi come miglior sceneggiatore a Lucca Comics & Games 2018, e Andrea Sorrentino, il prodigioso fumettista italiano già al lavoro con Marvel e DC, costruiscono una storia magistrale, horror e inquietante. Un debutto davvero imperdibile e di altissimo livello.


Gideon Falls è disponibile in libreria dal 24 gennaio 2019.

Jeff Lemire (1976) è uno sceneggiatore e fumettista canadese. Negli ultimi anni si è imposto come uno dei maggiori talenti dei comics americani, collaborando con le principali case editrici statunitensi (Marvel, DC, Image) e scrivendo per testate quali Animal Man, Green Arrow, Superboy, Superman, Hawkeye, Swamp Thing, Batman, X-Men e tante altre. Tra i lavori più personali, Essex County (2000) è quello che lo ha reso noto al grande pubblico e che gli è valso numerosi premi. In Canada, l’opera è stata dichiarata uno dei cinque romanzi più importanti del decennio. Nel 2009, per l’etichetta Vertigo della DC, crea la serie Sweet Tooth. Nel 2012 pubblica il graphic novel Il saldatore subacqueo, di cui è autore completo. Nel 2015, per la Image Comics, dà vita alla serie Descender, epopea fantascientifica in coppia con l’artista Dustin Nguyen e pubblicata in Italia da BAO Publishing.

Andrea Sorrentino, classe 1982, è un disegnatore italiano che vanta numerosissime collaborazioni con le principali Case editrici del mercato statunitense. Il suo esordio risale al 2010, con la miniserie God of War (DC Comics). Successivamente inizia la collaborazione con Jeff Lemire sulla run del personaggio di Green Arrow. Nel 2015 arriva alla Marvel e collabora con Brian Michael Bendis su alcuni albi degli X-Men e sulla miniserie The Old Man Logan. Nel 2018 riprende il sodalizio con Jeff Lemire realizzando i disegni di Gideon Falls, miniserie targata Image Comics e portata in Italia da BAO Publishing."

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Descender 1-6, recensione: la fantascienza confusa di Jeff Lemire e Dustin Nguyen

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Il canadese Jeff Lemire è ormai da diversi anni uno degli artisti più importanti del panorama fumettistico americano. Dopo gli esordi come autore completo per piccole case editrici indipendenti, nel 2009, sulla scia del successo del graphic novel Essex County, considerato in Canada uno dei cinque romanzi più importanti dello scorso decennio, approda alla DC Comics, con cui firma un contratto di esclusiva. È in questi anni che Lemire comincia a cimentarsi come semplice autore dei testi, diventando uno degli scrittori più prolifici del periodo (arriva a scrivere anche sei serie contemporaneamente, e in almeno una di queste si occupa persino dei disegni). Terminato il contratto con la DC, comincia a lavorare, sempre a ritmi altissimi, anche per altre case editrici, tra cui la Marvel e la Valiant, senza disdegnare di dedicarsi a progetti creator-owned per l’Image e la Dark Horse. Tuttavia, come prevedibile, questa iperattività ha finito per incidere sulla qualità dei suoi lavori: per esempio, anche solo restando alla Marvel, sebbene i cicli di Hawkeye e Moon Knight da lui gestiti possano essere considerati due delle cose migliori prodotte dalla Casa delle Idee negli ultimi anni, pur essendo stato chiamato a sostituire due grossi calibri come Matt Fraction e Warren Ellis, non si può dire altrettanto per le sue storie su Extraordinary X-Men, o per la sua collaborazione con Charles Soule ai testi di Death of X e Inhumans vs X-Men. È probabile, però, che il dover sottostare alle rigide regole della continuity marvelliana abbia inciso in maniera consistente sul risultato finale del suo lavoro, tanto è vero che il Lemire visto sulla recente Black Hammer per la Dark Horse, è tornato a essere l’autore ispirato che abbiamo sempre conosciuto. Ma, come la più classica eccezione a confermare la regola, ecco che a smentirci è arrivata Descender, maxiserie di 32 numeri realizzata per l’Image assieme al bravissimo Dustin Nguyen, che la Bao Publishing ha raccolto in Italia in sei eleganti volumetti cartonati (l’ultimo dei quali presentato in anteprima all’ultima edizione di Lucca Comics and Games).

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Uscita originariamente negli USA tra il marzo del 2015 e il luglio di quest’anno, Descender è una serie fantascientifica ambientata in un lontano futuro dove i discendenti dei terrestri hanno costituito, assieme ad altre razze aliene, il Consiglio Galattico Unito (CGU). Cuore di questa alleanza è il pianeta Niyrata, la cui popolazione viene decimata nelle primissime pagine, a seguito del misterioso attacco di un gigantesco robot. Anche gli altri pianeti principali del CGU vengono devastati da robot simili, generando nei pochi sopravvissuti un’autentica fobia verso gli esseri artificiali.
Dieci anni dopo, su una colonia mineraria periferica, il piccolo robot di compagnia Tim 21 si risveglia da un sonno iniziato poco tempo prima dell’attacco dei Mietitori (nome dato nel frattempo agli enormi robot). Collegandosi a un server del CGU per cercare di apprendere cosa sia successo in tutti quegli anni, viene identificato dai militari di Niyrata, che incaricano il capitano Telsa di andare a recuperarlo. Tim 21, infatti, potrebbe aiutare l’umanità a comprendere la natura dei Mietitori, il cui codice macchina (l’equivalente robotico del nostro DNA) è risultato analogo a quello del piccolo robot. È l’inizio di un lungo inseguimento attraverso il cosmo, che vede protagonisti oltre alle varie razze del CGU, anche la resistenza robot del Cablato (di cui fa parte Tim 22, gemello cibernetico del piccolo protagonista), tutti in qualche modo interessati a Tim 21. Ma, alla resa dei conti conclusiva, la sorprendente natura dei Mietitori e dei loro costruttori viene finalmente rivelata.

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Una trama, quella di Descender, avvincente e appassionante quindi, che non manca di parecchi spunti interessanti, ma che nasconde anche diverse cadute di tono. Particolarmente efficace, per esempio, è il modo in cui Lemire tratteggia le personalità dei robot. Sia Tim 21 che Tim 22, sono, di fatto, il risultato delle esperienze vissute dai due esseri artificiali nei primi anni della loro “vita”. Tim 21 è buono, generoso, incapace di fare del male perché è sempre stato trattato dai suoi “genitori” umani quasi alla pari del loro figlio naturale, Andy, il quale considerava il piccolo robot alla stregua di un fratello (sentimento peraltro condiviso da Tim 21). Tim 22, invece, è l’esatto opposto: sottoposto a ogni sorta di angheria dall’anziano padrone a cui, in teoria, avrebbe dovuto fare compagnia, è diventato un essere malvagio e senza scrupoli. Inoltre, l’interesse che il capo del Cablato, Psius (che Tim 22 considera una sorta di padre) prova per Tim 21, lo porta a tentare la distruzione di quest’ultimo per semplice gelosia. Una differenza nei caratteri dei due robot così netta, però, sembra suggerire che secondo Lemire negli esseri artificiali non possano esistere sfumature o compromessi: o sono la rappresentazione ideale della bontà o sono l’essenza del male. Estremi che difficilmente potrebbero essere associati a un essere umano, ma che il lettore trova perfettamente naturale in un robot. Tutto logico, quindi, se Lemire, a un certo punto, non decidesse di scombinare le carte. Infatti, verso la fine della serie, con un lungo flashback, l’autore canadese introduce l’antichissima razza dei Descender. Questi evolutissimi esseri non sono organismi biologici, ma robotici. Non solo, dato che il loro nome significa “coloro da cui deriva tutta la vita”, potrebbero essere addirittura i creatori della vita biologica nell’universo. Un’idea spiazzante e suggestiva ma, francamente, inverosimile. Considerando poi che sia Tim 21 che i Descender sono un’evidente citazione del film A.I. di Steven Spielberg (il primo è un omaggio a David, il piccolo robot protagonista della pellicola, mentre i secondi somigliano parecchio agli avanzatissimi Mecha che compaiono nelle ultime scene del film), la trovata di Lemire appare ancora più bizzarra. Nella pellicola di Spielberg, infatti, i robot si evolvono in esseri molto progrediti, assolutamente immuni dalle imperfezioni che caratterizzano il genere umano, ma a partire da progenitori molto meno sofisticati, creati dall’uomo con il preciso scopo di superare i propri limiti. Esattamente il contrario di quanto mostra Lemire, i cui Descender esibiscono una spietatezza un po’ ottusa e del tutto incoerente con la loro presunta superiorità: non esitano un istante a sterminare l’intera vita organica, senza mai cercare un dialogo e pretendendo che l’umanità si adegui alla fredda logica delle loro equazioni. L’uomo è solo un errore da eliminare al più presto: la vita biologica non è degna di proseguire nel suo cammino, perché incapace di raggiungere quella perfezione che caratterizza invece le macchine.

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A Lemire possiamo concedere il dubbio che volesse solo utilizzare una metafora (e il fatto che i Descender non vogliano rivelare la loro origine, potrebbe addirittura portare a una parziale revisione del nostro giudizio, una volta che l’autore canadese avrà chiarito anche questo mistero) per mostrare quanto l’imperfezione umana sia insita nella sua natura organica. Ma l’avere candidamente ammesso nella postfazione dell’ultimo volume che il finale che aveva concepito per la serie non lo avesse mai veramente soddisfatto, tanto da decidere improvvisamente di modificare la trama attraverso l’introduzione della magia, non aiuta a fugare il dubbio che le diverse incoerenze (oltre a quelle già descritte, occorre almeno citarne un’altra: i Descender chiamano “mietitura” lo sterminio dell’umanità, ma non se ne capisce il motivo, visto che il termine “mietitori” per i giganteschi robot è stato coniato dall’uomo, non da loro), parecchi dialoghi poco efficaci, alcuni personaggi incompiuti (a cominciare dal poco incisivo Dottor Quon) e banalità varie (una su tutte: il ridicolo nome di Regina Ibrida che il personaggio di Effie sceglie per sé, una volta diventata un cyborg) non siano altro che il frutto di continui rimaneggiamenti o di una semplice perdita di interesse dell’autore verso la serie nel suo complesso.

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A ogni modo, la svolta fantasy imposta alla narrazione potrebbe portare parecchi benefici, non solo ai testi di Lemire, ma anche a Dustin Nguyen, i cui splendidi acquerelli, pur se autentico valore aggiunto dell’opera, sono sembrati poco adatti a rappresentare gli scontri a fuoco, le scene di lotta o le semplici ambientazioni fantascientifiche introdotte dalla trama. La delicatezza del suo tratto e la leggerezza dei colori sembrerebbero più idonei ad atmosfere di altro tipo, più intimiste, oppure, semplicemente più fiabesche. E le ultime pagine del volume conclusivo, o l’evocativa immagine finale, che fa da introduzione ad Ascender (la nuova serie che nel 2019 proseguirà con una nuova veste la storia di Descender), sembrano proprio confermare questa impressione.

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Bloodshot Salvation 1 - Il Libro della Vendetta, recensione: La seconda chance di Ray Garrison

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Autore tra i più raffinati e prolifici emersi nell’ultimo decennio, Jeff Lemire ha saputo conquistarsi in pochi anni un nutrito seguito di lettori affezionati grazie alla qualità della sua prosa, intrisa di una sensibilità intensa con la quale è impossibile non empatizzare. Lo sceneggiatore canadese ha saputo muoversi con abilità tanto nei territori dell’editoria indipendente, per la quale ha pubblicato alcuni dei suoi lavori più noti e amati, quanto nell’ambito del fumetto mainstream, collaborando a più riprese con i due colossi del settore, Marvel e DC. È interessante notare come, tanto nelle opere personali quanto in quelle su commissione, emerga con forza il tema della memoria: la struggente rievocazione delle proprie radici in Essex County, il ricordo del difficile rapporto con la figura paterna ne Il Saldatore Subacqueo, il ricordo del passato glorioso degli eroi dispersi nel limbo di Black Hammer. Lemire ha portato la sua sensibilità e le tematiche a lui più care anche durante la sua permanenza su collane a vocazione più strettamente commerciale, basti pensare al suo riuscito ciclo sul Moon Knight della Marvel in cui il protagonista, affetto da sindrome della personalità multipla, riesce a ricostruire faticosamente la sua psiche devastata grazie ad una difficoltosa selezione dei ricordi, alcuni veri ed altri falsi, che si agitano nella sua mente. Non stupisce quindi che Lemire abbia fatto dell’importanza della memoria un caposaldo del suo lavoro di genere più riuscito, il rilancio del tormentato soldato potenziato della Valiant Comics, Bloodshot.

Il personaggio appartiene a quella schiera di antieroi armati e violenti che, a partire dalla fine degli anni ’80 e per buona parte dei ’90, invase gli scaffali delle fumetterie americane con successi clamorosi di vendite, a discapito di eroi classici considerati ormai superati. Si trattò della moda di un momento, ovviamente, e per la fine di quel decennio controverso i fasti dei Punisher e dei Ghost Rider marvelliani, nonché degli Youngblood e della Bloodstrike della Image, erano già un ricordo. Anche la Valiant, piccola ma agguerrita casa editrice fondata dal dispotico ex editor-in-chief della Marvel, Jim Shooter, aveva partecipato alla moda in voga in quegli anni di creare almeno un personaggio che contenesse la parola blood nel nome. Così ecco che nel 1992 Kevin Van Hook e Don Perlin crearono Bloodshot, un ex militare che non ricorda la sua identità, sottoposto dalla bieca agenzia governativa conosciuta come Progetto Spirito Nascente ad un esperimento di potenziamento: nel sangue del soldato vengono infatti iniettati dei naniti, che gli conferiscono una forza sovraumana e, soprattutto, capacità rigenerative fuori dal comune. Bloodshot è la macchina assassina definitiva, e viene usato dal Progetto SN nella azioni di guerra più becere; fino a quando quel che resta della sua umanità torna ad emergere e a ribellarsi nei confronti dei suoi capi. Da qui inizierà una lotta senza quartiere contro il Progetto SN, che cercherà comunque a più riprese di riappropriarsi del suo killer preferito e della tecnologia presente nel suo corpo.

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Il primo approccio di Lemire al personaggio risale al 2014 con la miniserie The Valiant, evento che aveva riunito i principali personaggi della casa editrice e che si chiudeva con un nuovo status quo per il malinconico Bloodshot: liberato dai naniti grazie all’intervento della potente Geomante, l’eroe poteva finalmente cominciare una nuova vita lontano dalla violenza in cui era stato immerso per anni. Col nome di Ray Garrison, uno dei suoi precedenti alias (ma che potrebbe anche essere il suo vero nome), il soldato si era ritirato in Colorado, dove aveva trovato lavoro come tuttofare presso uno squallido motel. Ma il fantasma di Bloodshot tornerà a visitarlo ben presto, quando un misterioso serial killer dotato delle stesse capacità che una volta possedeva Ray comincerà a mietere vittime. L’eroe dovrà tornare in azione, pronto a riaccogliere in sé la maledizione dei naniti pur di non lasciarli a disposizione di un pazzo assassino, intraprendendo un viaggio nel cuore di tenebra degli Stati Uniti durante il quale incontrerà inaspettati alleati: Magic, una ragazza che Ray sottrarrà al giogo di un balordo e della quale si innamorerà, e l’agente Diane Festival dell’FBI, incaricata di indagare sugli omicidi del maniaco. La donna si convincerà della buona fede di Bloodshot dopo un’iniziale diffidenza.

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L’incontro tra Jeff Lemire, il miglior scrittore su piazza quando si tratta di affrontare emozioni e momenti introspettivi e Bloodshot, personaggio “tamarro” per eccellenza, si rivela inaspettatamente sublime: Bloodshot Reborn è un thriller dal ritmo serrato che lascia senza fiato e che allo stesso tempo non trascura le caratterizzazioni dei personaggi, resi tridimensionali dai testi di Lemire. Le Edizioni Star Comics hanno da poco pubblicato il primo volume di Bloodshot Salvation, secondo capitolo delle avventure di Ray Garrison sceneggiate dall’autore canadese, nel quale ritroviamo Ray e compagni dopo aver sventato l’invasione di New York da parte dei naniti nell’apocalittico finale di Reborn. L’azione si svolge su due piani temporali, sapientemente miscelati da Lemire. In un passato recente, Ray e Magic hanno potuto finalmente godere di un periodo di calma e felicità, coronato dall’arrivo della piccola Jessie: ma quando una minaccia dal passato della donna mette in pericolo la famiglia, Ray non ci pensa due volte a scatenare nuovamente Bloodshot. Nel presente, Magic e Jessie, ormai cresciuta, devono fare i conti con l’inspiegabile scomparsa di Ray e con un misterioso individuo, leader di un agenzia sorta dalle ceneri del defunto Progetto Spirito Nascente, deciso ad impossessarsi dei naniti presenti nel sangue di Jessie, che li ha ereditati dal padre. In assenza di questi, accorreranno in aiuto delle due donne Ninjak, altro pilastro dell’universo Valiant, amico e collega di Ray, e i Bloodshot del passato, cavie che decenni prima erano stati sottoposti allo stesso trattamento di Garrison, e che da quest’ultimo erano stati liberati. Insieme dovranno affrontare il terribile Rampage, versione distorta di Bloodshot al servizio della nuova organizzazione, che cercherà in ogni modo di rapire Jessie.

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Bloodshot Salvation prosegue senza soluzione di continuità le avventure di Ray Garrison, Magic e un manipolo di personaggi col quale il lettore ha avuto modo di familiarizzare nei volumi precedenti. Si tratta di una serie ormai collaudata, densa di azione e di avvenimenti, che non può fare altro che lasciare i fan nella spasmodica attesa dell’uscita del volume successivo. Lemire si conferma come uno dei top writer del momento, a suo agio tanto con le produzione indie quanto con i meccanismi della fiction di genere alla quale Bloodshot orgogliosamente appartiene. È ormai rarissimo, se non improbabile, imbattersi in un blockbuster d’azione dove i personaggi sono così meravigliosamente caratterizzati, a partire dai protagonisti Ray e Magic, due "reduci" che troveranno conforto l'una nelle braccia dell'altro. Il Bloodshot di Jeff Lemire è uno straordinario esempio di fumetto popolare che si innalza verso vette più elevate, una delle migliori prove dello scrittore canadese e, lo diciamo con grande dispiacere, probabilmente la più sottovalutata.

Assolutamente strepitoso è, inoltre, il comparto visivo di questo primo volume di Salvation, che alza ulteriormente l’asticella della qualità. Si rimane a bocca aperta davanti alle tavole di Mico Suayan e Lewis LaRosa, artisti che i lettori ricorderanno rispettivamente sul Moon Knight e sul Punisher della Marvel agli inizi degli anni 2000 e che, nel frattempo, hanno avuto una maturazione incredibile. Una prova di spessore indiscusso per entrambi gli artisti, all’insegna di uno storytelling inesorabile che traduce in immagini di straordinario impatto i testi al fulmicotone di Lemire, grazie anche alla colorazione efficace ad opera di Brian Reber e Diego Rodriguez.
Se volete scoprire la serie di supereroi più bella degli ultimi anni e di cui pochi (purtroppo) parlano, date una possibilità al Bloodshot di Jeff Lemire e non ve ne pentirete.

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