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Asterix e i Pitti

In una fredda giornata invernale del 50 avanti Cristo, sulle coste dell’Armorica, fa la sua comparsa un inatteso visitatore: il giovane Pitto Mac Keron, proveniente dalla Caledonia (l’antica Scozia), che imprigionato in un blocco di ghiaccio ha navigato fino a un certo villaggio abitato da irriducibili Galli. Saranno un piccoletto permaloso ma astuto e un gigantesco (non grosso!) fabbricante di menhir a riportarlo in patria e ad aiutarlo a ricongiungersi con la fidanzata Camomilla, caduta nelle mani del perfido Mac Arogna.

Asterix e i Pitti è un volume storico per più di una ragione. Innanzi tutto, è la prima avventura con protagonisti gli eroi creati da Goscinny e Uderzo dopo 8 anni di pausa (il precedente Albo d’oro del 2009 è in realtà un volume celebrativo e non una storia unica); ma soprattutto è l’albo con il quale l’ormai 86enne Uderzo, unico autore delle avventure di Asterix dopo la prematura scomparsa di Goscinny nel 1977, passa il testimone agli eredi Jean-Yves Ferri (già apprezzato autore di Aimé Lacapelle e Le retour à la terre) e Didier Conrad (valido artista di Les innommables e Le piège malais). Molti fan di oltre trenta storie con protagonisti gli avventurieri Galli, diverse delle quali costituiscono autentici capolavori, tireranno un sospiro di sollievo al pensiero che qualcuno farà sopravvivere editorialmente i loro beniamini anche dopo il pensionamento della seconda metà del duo di creatori originali. Probabilmente l’importanza storica dell’albo rappresenterà un motivo sufficiente per l’acquisto; ma sfortunatamente sarà anche l’unico perché, pur con tutti i buoni propositi, Asterix e i Pitti è brutto.

L’aspetto grafico è forse il meno carente, anche se a paragone dell’Uderzo dei tempi d’oro Conrad esce comunque perdente. In realtà l’artista di Asterix e i Pitti è un disegnatore abile e anche versatile, in grado altrove di spaziare dalle influenze di Morris e Franquin a una propria strada individuale, ricca di personaggi femminili sensuali e misteriosi. Purtroppo, nel tentativo di imitare la linea dell’Asterix storico a tutti i costi, Conrad perde tantissimo. Certe panoramiche sembrano davvero frettolose e poco dettagliate (si paragoni, per fare un esempio, la battaglia di pagina 43 di Asterix e i Pitti con certe vedute di Roma in Asterix e gli allori di Cesare o Asterix e il paiolo, straripanti di comparse tutte delineate e caratterizzate in modo eccellente). Anche il design dei personaggi è di qualità altalenante: se Asterix e Obelix sono indubbiamente fedeli alla versione storica, i comprimari tradizionalmente rappresentati in modo meno caricaturale, come la moglie di Matusalemix, risultano davvero tirati via. Può darsi che se Conrad avesse avuto mano libera e la possibilità di imporre uno stile maggiormente personale, molti lettori storici si sarebbero infuriati, ma l’albo ne avrebbe giovato. Tuttavia, non è escluso che ‒ se si continuerà su questa strada, con l’attuale duo di autori ‒ in futuro Conrad sia in grado di costruirsi una credibilità presso i fan di vecchia data e tentare delle sperimentazioni grafiche che, al primo albo, erano forse improponibili.

I problemi più seri di Asterix e i Pitti, tuttavia, risiedono nella sceneggiatura. Tradizionalmente, gli albi classici di Asterix (per la chiarezza: quelli scritti da Goscinny) rientrano in generale in tre categorie: storie ambientate all’interno del villaggio, nelle quali i nostri devono difendersi dall’offensiva di qualche nemico (quasi sempre Cesare, attraverso progetti che spesso rappresentano una satira di altrettanti fenomeni della modernità, come il consumismo e la speculazione edilizia: Asterix e il regalo di Cesare, Asterix e il regno degli dei e il meraviglioso Asterix e la zizzania); storie ambientate a Roma o Lutezia, con i nostri che devono portare a termine missioni più o meno assurde trovandosi immersi in un contesto metropolitano a loro ostile (Asterix e gli allori di Cesare, Asterix e il paiolo); e storie ambientate all’estero, di solito le più leggere, nelle quali Asterix e Obelix sono inviati con un pretesto in un paese straniero, delineato in maniera tale da costituire una caricatura bonaria degli stereotipi normalmente associati a quella nazione (Asterix e gli Elvezi, Asterix in Iberia). Quando Uderzo ereditò il personaggio da Goscinny, pur tentando inizialmente di proseguire sulla medesima strada dello scrittore scomparso (Asterix e il grande fossato, L’odissea di Asterix), tentò successivamente di sopperire all’assenza di una vis comica efficace come quella dell’autore de Il piccolo Nicolas ripiegando su altri dettagli. Per esempio, sulla riproposizione di personaggi classici come Falbalà nel cosmo degli eroi Galli o anche rispondendo ad alcuni interrogativi storici (cosa succede quando Obelix beve la pozione magica? In Asterix e la galera di Obelix) o addirittura facendo del metafumetto a buon mercato (Quando il cielo gli cadde sulla testa). La tendenza di Uderzo a bilanciare l’esilità delle trame con riferimenti a una più ampia continuity è probabilmente uno dei sintomi della decadenza qualitativa del personaggio, unitamente alla sempre maggior evidente difficoltà nel rintracciare spunti originali.

Ferri, l’inauguratore di questa terza fase della vita editoriale di Asterix, tenta di ritornare alla visione di Goscinny, eliminando quasi completamente i riferimenti a storie passate e optando per una classica, semplice trasferta di Asterix in Scozia. E senza dubbio il nuovo autore si deve essere studiato con il microscopio gli albi precedenti, dato che ripropone molto fedelmente tutte le caratteristiche dell’Asterix storico, dalle liti tra Ordinalfabetix e Automatix, alle assurde raccomandazioni di Obelix per la dieta di Idefix, all’aderenza fisica di alcuni comprimari a personaggi del mondo dello spettacolo (Mac Arogna e il bardo Mac Orrid sono caricature rispettivamente di Vincent Cassel e Johnny Hallyday). Il problema però è che l’albo non fa ridere quasi mai. Tutti gli stereotipi sulla Scozia sono molto generici (dal lancio dei tronchi, al kilt, al mostro di Loch Ness) e manca completamente quella malizia irriverente che aveva fatto la fortuna dei volumi scritti da Goscinny: qualcuno ricorda la propensione dei Britanni per i manicaretti disgustosi in Asterix legionario e Asterix e i Britanni? O le demenziali faide famigliari in Asterix in Corsica? Inoltre, il Pitto Mac Keron (una parodia ‒ pare ‒ di un’altra storica creazione di Goscinny e Uderzo, l’indiano Oumpah-Pah), è un personaggio abbastanza monocorde, la cui unica gag ricorrente è quella, non troppo riuscita, di un’afonia che lo obbliga a parlare attraverso i testi di canzoni moderne.

In generale, sono proprio Asterix e Obelix i personaggi maggiormente fuori posto. Manca una vera e propria interazione con il contesto nel quale l’avventura è ambientata, e più che dei protagonisti caratterizzati in maniera semplice ma efficace come negli albi storici, i nostri sembrano dei turisti poco coinvolti, o meglio dei tramiti attraverso i quali portare avanti la storia fino a una prevedibile conclusione. Cosicché alla fine, piuttosto che le sequenze dei guerrieri Galli alle prese con salmoni al cartoccio e tiro dei tronchi, risultano molto più divertenti le brevissime scenette del malcapitato burocrate romano Numerochiusus, impegnato in un improbabile censimento del villaggio in Armorica.

Funzionale la traduzione di Michele Foschini, anche se incappa in almeno un riferimento di scarsa comprensibilità per gli italiani (nella sequenza in cui i Galli ricordano che le ostriche vanno mangiate nei mesi con la “R”, come recita un tradizionale detto d’Oltralpe). Purtroppo, anche se il traduttore riesce a rendere praticamente tutti i giochi di parole del testo francese, nessuno di essi è all’origine particolarmente arguto o divertente.

Forse continuare a paragonare Asterix e i Pitti all’Asterix storico non può che risultare impietoso nei confronti della nuova versione. Purtroppo, è proprio l’albo a stimolare questo tipo di confronto, con il suo tentativo, sia a livello grafico che narrativo, di riprendere pedissequamente i volumi di Goscinny e Uderzo. Ai posteri, cioè ai lettori degli albi futuri, l’ardua sentenza: spetterà a loro scoprire se Ferri e Conrad (o chiunque se ne assuma il compito) saranno in grado di allontanarsi dall’ombra degli ingombranti predecessori e proporre ‒ ammesso che sia concepibile ‒  un Asterix davvero nuovo; o se piuttosto, tutto sommato, non sarebbe stato meglio chiudere il gioco tempo fa.

Dati del volume

  • Editore: Mondadori
  • Autori: Testi di Jean-Yves Ferri Disegni di Didier Conrad
  • Formato: cartonato, 48 pp., a colori
  • Prezzo: 13,00 €
  • Voto della redazione: 4
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