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Martian Manhunter: Gli altri tra noi

Martian Manhunter: Gli altri tra noiA controbilanciare la semi-onnipotenza di molti supereroi, ci pensa quella intrinseca fragilità emotiva che finisce per mostrarne l’umanità di fondo, anche quando non si tratta propriamente di esseri umani. J’onn J’onzz è difatti un marziano, ma al pari dei suoi compagni non è di certo esente dal provare sentimenti come la solitudine, la nostalgia o il senso di la colpa.

È giocando su certe “debolezze” che si può mettere a nudo la forza dell’eroe, contribuendo a renderlo vero, vivo, credibile. Lo sa bene A.J.Lieberman, il quale ha voluto rilanciare il personaggio di Martian Manhunter ponendolo di fronte alla consapevolezza di non essere l’unico sopravvissuto alla pestilenza che ha decimato la sua stirpe. Immancabili le consuete congiure e macchinazioni che si sviluppano su livelli differenti, come cerchi concentrici che garantiscono continui colpi di scena, ma che finiscono per forzare un po’ la mano.

Coniugando supereroismo e fantascienza, in Martian Manhunter: Gli altri tra noi Lieberman sembra essere il regista di un film senza movimento né sonoro, ma con una sceneggiatura e una composizione della tavola che si impegna a imitarne tutte le proprietà espressive. Un effetto cinematografico amplificato dalle vignette widescreen e dalla visione prospettica offerte da Al Barrionuevo, uno degli astri nascenti di origine spagnola che stanno acquisendo una crescente popolarità grazie alla fiducia che la DC Comics sta riponendo in loro.


Simone Celli
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