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Parque Chas

Parque ChasLa mappa di Buenos Aires sembra quasi un foglio di carta millimetrata accartocciato. I quartieri sono grandi griglie di strade ortogonali, di poco sfasate tra loro dalle strade principali che corrono oblique da un capo all'altro della metropoli.
Poche sono le eccezioni a questo dispiego di angoli retti, e il più clamoroso di questi è probabilmente Parque Chas.
Le curve e gli spigoli dovute al suo sistema di strade concentriche appaiono come un labirinto a chi è avvezzo solamente alle rette che si incontrano a novanta gradi, tanto che (leggenda vuole) molti tassisti si rifiutino di entrare nel quartiere per paura di non riuscirvi più a uscire.
Ricardo Barreiro eleva le strade contorte di Parque Chas a simbolo del caos e dell'imprevedibilità, ambientando nel quartiere storie in bilico tra il fantastico, l'assurdo e il banale.

Ricardo, sceneggiatore di fumetti alter-ego di Barreiro, viene sfrattato di casa e finisce con l'affittare una casa a Parque Chas. Una finestra che gli è stato proibito di aprire dalla proprietaria (e il mistero che vi è dietro) sarà la molla che lo spingerà ad indagare, raccogliendo i racconti degli abitanti sui fatti inspiegabili che sembrano essere così frequenti e ordinari nel quartiere. Una dopo l'altra le stranezze di quelle vie dipingeranno un quadro più ampio e inquietante che coinvolge entità spaziali e la sua padrona di casa.

Così come le strade di Parque Chas appaiono labirintiche a chi è abituato solo agli incroci esatti ma non sorprendono chi è cresciuto in città oblique e spezzate, allo stesso modo molti degli spunti narrativi risultano un po' banali per i lettori cosmopoliti che hanno vent'anni di letture in più degli autori all'epoca (la prima edizione è del 1987). Ma sorprendentemente questo si rivela un enorme pregio. Il tempo, si sa, è galantuomo e ci permette di vedere appieno, al di là di trovate ad effetto, la grande abilità di narratore del purtroppo compianto Barreiro.
La Storia collettiva, le storie personali, il sovrannaturale e il surreale riescono a fondersi con rara maestria in tutti i racconti che compongono la narrazione principale. Seguendo la tradizione argentina del racconto fantastico, che ha in J. L. Borges il suo padre nobile, Barreiro riesce a regalarci riflessioni ed emozioni senza per questo rinunciare a una fruibilità immediata degna del miglior fumetto popolare.
Il merito della riuscita va in bona parte anche ad Eduardo Risso, che regala splendide tavole in nebbiosa mezza tinta, lontane anni luce dalla sintesi di 100 bullets, ma efficacissime e perfette per la storia.

Sebbene la seconda parte (del 1992) sia più fiacca e meno avvincente, il volume rimane un ottimo lavoro che si consiglia soprattutto ai lettori di fumetti "popolari" in cerca di stimoli, ma magari diffidenti del formato graphic novel. Non ne resterete delusi.


Luca Vanzella
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