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P-HPC Post-Human Processing Center

P-HPC Post-Human Processing Center (Leopoldo Bloom Editore, brossurato, 128 pagine a colori, € 19,00) testi e disegni di Ausonia

P-HPC Post-Human Processing CenterLe letture in grado di lasciare il segno si contano sulle dita di una mano, e ancora meno sono gli autori capaci di arrivare a tanto. Nonostante ciò, quando la voglia di sperimentare incontra il coraggio editoriale nascono titoli che hanno davvero qualcosa di nuovo da dire. E da dimostrare. P-HPC Post-Human Processing Center nasce proprio da questi presupposti, e il risultato è un libro che sfugge a ogni tentativo di definizione, un’opera che solca il terreno su cui passa, facendo dell’innovazione il suo silenzioso cavallo di battaglia.

Dopo Pinocchio – Storia di un bambino, Ausonia torna con un progetto iniziato nel ‘99 ma pubblicato solo di recente. Un fumetto che non è un fumetto. O meglio, un fumetto che ha superato quei preconcetti che ne impedivano la crescita. Un post-fumetto che parla di post-umanità, giunto in anticipo rispetto alla tabella di marcia del medium stesso.

Gli elementi di novità non vanno cercati tanto nell’idea di fondo, quanto nell’uso che l’autore toscano fa del fumetto in quanto linguaggio, rivelando orizzonti pressoché inediti verso cui potersi avventurare. P-HPC parte infatti da un incipit abbastanza classico, ideale per amalgamare aspetti come l’amore, il disagio giovanile, l’alienazione provocata dal lavoro in fabbrica e quel tema tanto caro alla tradizione cyberpunk quale l’ibridazione tecnorganica compiuta da un’umanità che rinuncia a se stessa con una nuova concezione del corpo. In un futuro prossimo venturo, il Post-Human Processing Center recluta ragazzi e ragazze al fine di trasformarli in autentiche macchine, impiegate come forza lavoro al servizio della nazione. Sarah si sente vuota, priva di stimoli, così decide di offrirsi volontaria e di sottoporsi al processo di “cosificazione”. Uto, il suo ragazzo, ne segue le tracce fino a cadere nella stessa irreversibile scelta.

L’ultima fatica di Ausonia si sviluppa sulla commistione di parole, foto e disegni, elementi elaborati e intersecati senza mai cadere in fastidiose sovrapposizioni. L’effetto è un progressivo senso di soffocamento, uno stato confusionale che pervade il protagonista quanto il lettore. Il meccanismo di identificazione è in questo caso pericoloso e potente. L’immersività di un’opera come P-HPC costringe chi legge a passare rapidamente dal ruolo di spettatore a quello di attore. Dalle pagine trasudano tutte le sensazioni annesse al cambiamento in atto, si arriva quasi a condividere con Uto la confusione dei ricordi, la vista sempre più annebbiata, la percezione di sé sempre più falsata, il contatto con la realtà sempre più distante.

Un altro punto di forza è la struttura del racconto. Dapprima Ausonia viviseziona le singole fasi della trasmutazione di Sarah, per poi passare a quella di Uto per un’analisi ancora più articolata. La sceneggiatura gode di una forte coerenza interna, sorretta da rimandi che si rincorrono sul filo dei ricordi. La memoria dei due ragazzi sembra essere la reale protagonista della vicenda: è proprio sulla base di essa che l’autore ricostruisce gli eventi senza rispettarne pedissequamente la cronologia, amalgamando passato e presente in un unicum straordinariamente omogeneo. E proprio i ricordi figurano tra le prime cose che vengono sottratte ai futuri post-umani, quasi come se Ausonia volesse suggerirci che questi conservino il cuore della nostra umanità.

Ma al di là del significato intrinseco dell’opera, P-HPC ha tutti i crismi per essere definito un possibile passo in avanti sulla scala evolutiva del fumetto. È il risultato di un lavoro che va ben oltre il mero esercizio di stile, un esperimento narrativo più che riuscito, perché capace di rivelarsi una vera e propria esperienza per il lettore, durante la quale il coinvolgimento intellettuale è forte, ma quello emozionale lo è ancora di più.


Simone Celli
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