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Dylan Dog 244

Dylan Dog 244 – Marty (Sergio Bonelli Editore, brossurato, 96 pagine in b/n, € 2,50) testi di Tiziano Sclavi e Cristina Neri, disegni di Giampiero Casertano

Con il terzo albo di Tiziano Sclavi (di ritorno sull’Indagatore dell’Incubo dopo cinque anni di assenza), si conclude per Dylan Dog il 2006, ovvero l’anno delle celebrazioni per il ventennale. Un ritorno, quello di Sclavi, con un trittico di storie che ha richiamato l’attenzione dei lettori verso la testata, ma che ha sicuramente diviso i fan: chi da un lato ha inneggiato al ritorno del “boss” e chi, invece, è rimasto deluso a causa delle alte aspettative che nutriva.

E’ innegabile: lo Sclavi di queste ultime storie non è l’autore brillante che abbiamo apprezzato in passato. In un certo senso, Ucronia, L’assassino è tra noi e Marty, rappresentano una sorta di “best of” dei vecchi tempi. Ma un po’ come accade ai quei vecchi gruppi musicali che tentano un ritorno alle origini, mescolando melodie già note, in memoria dei tempi andati, il risultato è deludente se non accompagnato da quel pizzico di genialità e innovazione che ha portato i classici a essere tali.

Nessuna delle tre storie riesce, dunque, a brillare di luce propria, ma vivono di luce riflessa come pianeti senza più vita. Indubbiamente Marty è una buona lettura, meglio della precedente L’assassino è tra noi, e forse un po’ meno di Ucronia, ma questa storia di un “vecchietto solo” che, “solo fra tanti”, dimostra come la mostruosità è amalgamata alla normalità, non convince. Tematiche simili sono già state trattate da Sclavi in passato (e anche in maniera più brillante), dimostrando come l’autore oggi non riesca a essere più in sintonia con il suo personaggio. E così ecco una storia che si trascina stanca verso la fine, accompagnata da caratterizzazioni poco azzeccate.

Forse a volte essere “grandi nomi” è un po’ una condanna, perché in casi come questi il lettore non può semplicemente accomodarsi e godersi la storia, seppur discreta grazie anche ai disegni di Giampiero Casertano (che invece in questo caso non delude i suoi ammiratori). Perlomeno non può farlo senza analizzarla, scandagliarla, avere aspettative alte. E’ un po’ come se Sclavi fosse ormai il mostro di se stesso, una storia forse autobiografica che mostra lo smarrimento dell’autore.



Gennaro Costanzo

Dati del volume

  • Voto della redazione: 1
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