Menu

Mister No - Il ciclo finale

Mister No – Il ciclo finale in Mister No nn. 364-379 (Sergio Bonelli Editore, brossurato, 96 pagine in b/n, € 2,50 cad.) testi di Guido Nolitta, disegni di Roberto Diso, Domenico e Stefano Di Vitto, Fabrizio Busticchi e Luana Paesani, Marco Bianchini e Marco Santucci, Fabio Civitelli

Il Re è morto. Viva il Re.

Sedici mesi. Tanto lungo è stato l’addio che ci ha dato il nostro amato pilota amazzonico prima di congedarsi definitivamente dai suoi lettori. Una chiusura è sempre qualcosa di triste, in special modo se capita in una casa editrice che più di chiunque altra ha sempre cercato di evitare questa eventualità. La notizia che la trentennale serie di Mister No sarebbe arrivata a concludersi girava ormai tra gli appassionati da molto tempo, e questo epilogo quindi non ci coglie certo impreparati, ma non mitiga assolutamente la malinconia.

Creato nel 1975 da Guido Nolitta (alter ego artistico di Sergio Bonelli stesso), Mister No è stato forse il primo personaggio Bonelli a distaccarsi da quel modello di eroe che fino ad allora aveva caratterizzato la casa editrice milanese. Prima ancora di Martin Mystère, da molti considerato come il turning-point nel fumetto avventuroso bonelliano, Nolitta inventa un personaggio che può a tutti gli effetti essere considerato il tipico antieroe. Dai suoi predecessori (Tex, Zagor, il Comandante Mark) Jerry Drake si differenzia per il suo lato fallibile, umano, quasi negativo, a tratti oscuro (la sua prima apparizione nel primo numero è da ubriaco) e per la mancanza di una vocazione da “giustiziere” ma dotato di una solida morale che gli impedisce di commettere o accettare i torti, anche quando questo significa rinunciare a tutto quello che ha, persino alle amicizie o all’amore. D’altra parte questa grande attenzione al lato umano è presente in Mister No proprio perchè è ad una realtà ben conosciuta che si ispira il suo creatore. Bonelli infatti comincia a conoscere l’Amazzonia - sua passione personale - con la sua gente, i suoi ritmi, le sue meraviglie e le sue contraddizioni, proprio negli anni ’70, quando quel mondo selvaggio stava ormai per entrare inevitabilmente in contatto con la civilizzazione e la modernità, dalla quale sarebbe stato trasformato. Per questo Bonelli sceglie di ambientare le avventure vent’anni prima, in quegli anni ‘50 in cui l’Amazzonia era ancora lontanissima da tutto il mondo civilizzato, dalle conseguenza della Guerra che lo aveva appena sconvolto (e da cui il reduce Mr. No sta fuggendo). Un’ambientazione anche molto originale rispetto alle altre testate pubblicate dalla casa editrice. La prima ad essere cronologicamente così vicina a noi e contemporaneamente così isolata nel suo micro-cosmo.

Da queste premesse si dipana l’avventura (perchè sempre di Grande Avventura stiamo parlando) di questo squattrinato, testardo e simpatico pilota di piper che vaga sulla sterminata foresta pluviale del Brasile e sul Rio delle Amazzoni. E i primi numeri inanellano un capolavoro dietro l’altro, con una scrittura al tempo stesso avvincente e lenta, originale e classica. Ogni storia è profondamente calata nel contesto ed è sempre occasione per diffondere tra i lettori i molti aspetti della cultura Amazzonica: la difficile convivenza delle tribù indigene con l’uomo bianco, la rassegnata sonnolenza e l’ozio che, al pari dell’umidità, del caldo e degli insetti, tutto avvolgono; il tema dell’ambientalismo e la condanna dello sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali, il problema del traffico di droga, la delinquenza tipica dei luoghi dimenticati da Dio. Ma allo stesso tempo l’umanità delle persone, l’allegria e la spensieratezza delle anime semplici, la gioia delle piccole cose, la vera amicizia e le storie d’amore, la bellezza della natura. Tutti grandi temi su cui si sviluppano trame avvincenti ed emozionanti nel segno più classico dell’avventura. Per più di cento numeri la serie viene retta quasi esclusivamente, nei testi, dal suo creatore, rimanendo sempre ad altissimi livelli.

Ma, si sa, trent’anni sono tanti, anche per un avventuriero instancabile come Mister No (e come il suo creatore). Bonelli smette di dedicarsi al suo figlio prediletto intorno al numero 200, dopo che la sua presenza ai testi si era già fatta da tempo meno frequente. Le storie cominciano a soffrire di una certa ripetitività, l’alternarsi di autori sì bravi ma forse non così legati a quel mondo come lo era Nolitta, contribuiscono ad allontanare molti lettori, forse attirati anche da un tipo di fumetto più innovativo, meno tradizionale e statico. Ma la sopravvivenza della testata è garantita dal fatto di essere comunque parte di una solidissima casa editrice, che può permettersi di mantenere i suoi figli. Per lungo tempo continua la sua corsa presentando anche storie di notevole valore, come gli episodi del “Nuovo Corso” del 1995 o quelli che rievocano il passato di Jerry e il rapporto col padre. Ma il declino, pur lento, è costante ed è ormai chiaro che prima o poi tutto debba giungere ad una conclusione

E si arriva quindi a oggi. Alla decisione sofferta di dare una fine alle avventure del pilota amazzonico. Per l’occasione è lo stesso Bonelli a riprendere in mano le redini della testata, per scrivere l’ultimo capitolo di questa avvincente epopea e dare a Jerry Drake il suo personale saluto. Fin dall’inizio non si sa ancora quanti albi debba occupare questa saga finale. Bonelli si è messo ai testi con l’idea di lasciarsi trasportare dall’ispirazione del momento, dai ricordi di quel mondo da lui tanto amato, in perfetta sintonia con lo spirito fatalista e rilassato di quell’angolo di mondo in cui si ambienta la vicenda. Una decisione è però molto chiara nella mente di Nolitta. Ambientare il ciclo finale nel 1969. Un salto avanti, quindi, di vent’anni rispetto alla tradizionale collocazione temporale della serie. Una scelta dettata dalla volontà di far incontrare/scontrare quel mondo ancora genuino, “puro” in cui, per trent’anni, Mister No ha vissuto le sue avventure, con quel mondo “reale” conosciuto dall’autore nel suo primo viaggio. Un mondo arrivato alla fine, in cui è sempre più difficile, per gli idealisti come Mister No, trovare il proprio posto. Il cerchio si chiude. Dove la più personale avventura creativa di Guido Nolitta cominciava - nella Manaus degli anni ’70 - lì giunge a conclusione quella della sua creatura. Sembra quasi che non sia possibile coesistere nello stesso tempo per il pilota amazzonico e il suo creatore, ormai deluso da ciò che l’Amazzonia di una volta è diventata oggi.

Questa saga finale si dipana liberamente, priva di una rigida divisione, in albi nei quali spesso assistiamo alla fine di un’avventura e l’inizio di un’altra senza soluzione di continuità. Ma tutte sono accomunate dall’insofferenza di Mister No per il declino del suo mondo. È così che in Qualcosa è cambiato - primo episodio di questo ciclo conclusivo – dopo un’introduzione che cita apertamente le prime tavole del numero 1, ci ritroviamo nel 1969, con un Mister No di ritorno da un suo non meglio specificato viaggio all’estero di un anno e mezzo. Un anno e mezzo (che sono in realtà venti) in cui molto è cambiato in Amazzonia. Il progresso e la modernità hanno già fatto il loro prepotente ingresso e hanno cominciato a trasformare le città e le persone. Orde di pescatori o raccoglitori di caucciù disperati, ridotti alla fame dalla imbattibile concorrenza delle aziende moderne che hanno cominciato a diffondersi nella regione, si riversano nei nuovi quartieri dormitorio delle città per trovare quel poco che basti per vivere, lavorando nelle nuove fabbriche. Spesso la disperazione ha il sopravvento e le persone cadono preda della droga e dell’alcool o, peggio, dei delinquenti locali.

Mister No si ritrova così ad aiutare il suo amico Stelio, ex jangadeiro ridottosi alla dipendenza dall’ayhuasca, a combattere contro un gruppo di giovani ribelli antigovernativi o a scontrarsi col nuovo signorotto locale, che ricatta i piloti della zona. Tra le tante avventure di questa sua ultima corsa c’è posto ancora una volta per l’ambientalismo e i diritti umani. Nell’amarissimo trittico La foresta brucia, La sfida di Esse-Esse, Empate! Jerry si trova schierato, insieme a un avvocato, dalla parte dei poveri raccoglitori di gomma (i seringueiros) che si vedono defraudati del loro territorio da parte delle grandi compagnie che acquistano terreni senza curarsi di chi li occupa. Coinvolto nella vicenda dalla fidanzata di Esse-Esse, una attivista per i diritti dei lavoratori, Mister No abbraccia la causa e cerca di opporsi pacificamente all’esproprio delle terre. Un episodio inusuale e molto amaro, un’anti-avventura in cui i buoni perdono, in cui la scelta di Mister No di non ricorrere alla forza porta ad una tragedia che spinge lui e l’amico Esse-Esse ad abbandonare, anti-eroicamente e da sconfitti, il campo. Tanto basta. Mister No ha già deciso che quel mondo non fa più per lui, le bassezze umane da cui era fuggito lo hanno raggiunto anche qui. Prima di volare via però lo aspetta un’ultima missione, un’ultima spedizione in territorio indio per trattare col capo tribù il passaggio di una strada nella foresta. Ma ormai il cancro della “civiltà” ha intaccato persino gli originari abitanti di queste zone, e tra sangue dello stesso sangue si scatena una faida per il futuro della riserva.

Il ritorno di Nolitta ai testi si sente. Ha un talento non comune nel narrare l’atmosfera brasiliana. È uno dei pochi sceneggiatori in grado di coinvolgere nella lettura anche quando per pagine e pagine non succede assolutamente niente, ma ci si abbandona dolcemente alla pigrizia, alla bevute e alle chiacchierate di Mister No in compagnia dei suoi amici di sempre. Piacevole è anche l’anacronistica trovata di far svolgere ad un tucano le veci di narratore fuori campo. Un espediente che dà un bel sapore di fumetto d’altri tempi. Certo lo stile molto classico della narrazione e, soprattutto, di certi dialoghi, può risultare a volte indigesto. Qualche caduta di ritmo in effetti si verifica, quando sembra che le vicende si susseguano pretestuosamente o senza un obiettivo chiaro; oppure in certi passaggi forse troppo retorici e irrealistici agli occhi dei lettori odierni. Ma è poca cosa se confrontata all’ampio respiro della saga. Il carattere di Mister No è perfettamente rappresentato, in tutta la sua cocciutaggine e coerenza coi propri principi, tanto da renderlo, in certi momenti, quasi coriaceo al lettore stesso. Lo sconforto di Jerry per i tempi che cambiano è costante, ricordato quasi in ogni momento; la sua rabbia, la frustrazione di non poter fare nulla per fermare questa decadenza traspare spesso. Quel mondo che amava non c’è più.

Ed eccoci quindi all’ultimo numero. È noto che la volontà di Nolitta sarebbe stata quella di optare per un finale amaro, tragico, con una morte eroica pienamente in linea con l’inflessibilità di Mister No. Ma purtroppo, o per fortuna, la mano di Alfredo Castelli prima - che in uno speciale passato di Martin Mystère aveva fatto incontrare il Detective dell’Impossibile con un invecchiato ma ancora arzillo Mister No - e quella di Michele Masiero poi – che ci ha mostrato Jerry e Esse-Esse festeggiare il capodanno del 2000 - hanno definitivamente scongiurato questa eventualità, privando il pilota dell’opportunità di un finale epico. L’unica dipartita possibile per il nostro eroe non può quindi che essere geografica. Jerry ha ormai deciso di abbandonare Manaus per trasferirsi in Bolivia, a Rurrenabaque e in Una nuova vita si appresta a salutare gli amici rimasti. Ci duole constatare che questa ultima avventura non è, tra quelle del ciclo finale, una delle più riuscite. Il tentativo di ripristinare una sorta di status-quo della serie toglie molto pathos alla vicenda. La prima parte è piuttosto malinconica e toccante, con l’ennesima affermazione del carattere particolare di Mister No (che decide di partire senza onorare la festa di addio preparata in suo onore). La sua avventura potrebbe finire qui, con pochi saluti agli amici più intimi e la saudade che permea le tavole in cui Jerry si allontana nella notte, sotto l’acqua scrosciante. Invece nell’ultima parte assistiamo all’arrivo di Mister No nella sua nuova casa, quel villaggetto boliviano che potrà prendere il posto della Manaus anni ’50 e in cui, guarda caso, si è trasferito anche il vecchio amico Esse-Esse. Le condizioni per riprendere una vita di avventure quindi ci sono tutte e le tavole finali tornano nuovamente ad omaggiare quelle iniziali del primo numero.

L’ultima tavola invece è quasi un colpo basso. Improvvisa quanto inaspettata, la tragica fine dell’uccello narratore ci lascia un’amarezza profonda, perchè il parallelo è chiaro. Non muore soltanto il tucano. Con lui muore lo spirito della serie.

Addio, Jerry. Sappiamo che ti rivedremo di tanto in tanto, ma questo, forse, non farà altro che aumentare la malinconia, nel ricordo dei bei tempi.

 



Andrea Cassola
Torna in alto