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Dylan Dog 217 - Il Grande Sonno

DYLAN DOG 217 – Il Grande Sonno (brossurato, 96 pagine, b/n, € 2,40, Sergio Bonelli Editore) Testi di Tito Faraci, Disegni di Angelo Stano VOTO 7/10


“E’ uno sporco lavoro… ma qualcuno deve pur farlo”. Si chiude così, con una delle frasi simbolo della letteratura noir, l’ultimo episodio di Dylan Dog. Un episodio atipico, stravagante se vogliamo, con un Dylan meno “indagatore dell’incubo” del solito, e quasi calato nei panni di un detective da scuola dei duri. Per una volta incubi zombi, mostri e compagnia varia sembrano farsi da parte, scivolare in secondo piano, lasciando spazio ad un indagine quasi “normale”, marlowiana verrebbe da dire. Basta poco in fondo a far venire a galla l’anima noir di Dylan; è sufficiente la compilazione di un modulo: nome: “Dylan”, Cognome: “Dog”, Professione: “mmm…investigatore….investigatore privato”. Un investigatore come tanti, senza orrorifici appellativi da aggiungere; un detective qualunque che, memore del suo passato da “bobby” di Scotland Yard, si imbarca in un indagine apparentemente ordinaria, sicuramente più adatta ad un Philip Marlow che ad un indagatore dell’incubo. In fondo però non deve sorprendere: il noir è da sempre presente nei cromosomi dylaniati , e per ammissione dello stesso Sclavi le opere di Raymond Chandler sono state tra le fonti di ispirazione alla base del personaggio. Ma stavolta è diverso; stavolta il gioco è più esplicito, e quella che Tito Faraci tesse attorno a Dylan è una storia che ha tutti i crismi dell’hard boiled più autentico, e che dell’hard boiled infatti ripropone tutto il più classico campionario Truffatori, gangster, informatori, malavita, giri di scommesse e una femme (una volta tanto non) fatale, trascinano il nostro in un indagine decisamente atipica per i suoi standard. “Eppure, raramente mi sono sentito tanto coinvolto da un’indagine! Forse perché è… un occasione per rimettermi in gioco, con nuove regole, nuove per me, voglio dire…”.
E le nuove regole che Faraci detta per Dylan in questo “Grande Sonno” (titolo che come l’indimenticabile “Il Lungo Addio” omaggia proprio un romanzo di Chandler) sono come già detto le regole del noir e dell’hard boiled in particolare, un genere che lo sceneggiatore ha da sempre dimostrato di apprezzare particolarmente (basti pensare ai suoi Topolino Noir e Mickey Mouse Mystery Magazine). Un noir in cui i toni più cupi si alternano magistralmente con quelli da commedia, con ampi sprazzi di ironia disseminati un po’ ovunque, e dove la componente horror resta in gran parte relegata in secondo piano. Solo nel finale -forse anche per questo la parte meno convincente dell’albo- l’horror ritorna a farla da padrone; ed è un horror grottesco, volutamente caricaturale, con zombie che saltano fuori da tutte le parti e strani demoni che si risvegliano dopo secoli (ecco qual era “Il Grande Sonno” del titolo). Un finale forse non all’altezza del resto della storia -troppo grottesco ed improbabile anche per una commedia nera di questo tipo- ma soprattutto un finale che rischia di far passare per un “normale” episodio di Dylan quello che a nostro avviso rappresenta invece un primo valido tentativo di provare ad approcciarsi al personaggio seguendo un ottica diversa, più originale e personale. Ed è questa in fondo una delle peculiarità più interessanti di tutta la produzione fumettistica di Faraci: il riuscire ad inquadrare i personaggi che scrive da angolazioni e prospettive inedite, fornendo innovative chiavi di lettura ma restando al contempo fedele allo spirito e alle caratteristiche basilari del personaggio. C’è riuscito anche stavolta, e aldilà delle considerazioni negative sul finale, speriamo proprio che questo esperimento del Dylan noir non resti un divertissemant isolato.
Prima di concludere, resta da parlare velocemente della parte grafica dell’albo. Velocemente perché sul talento di Angelo Stano c’è davvero ben poco da discutere. Presente sulle pagine di Dylan Dog fin dal numero uno, Stano torna ad offrire le sue matite alla serie regolare dopo quasi tre anni, e già questo è un piccolo evento. Un piccolo evento parzialmente rovinato però da alcune vignette forse troppo affrettate, con sfondi completamente assenti e qualche legnosità di troppo. Apprezzabile invece è il tentativo di cercare di uniformare il tratto al tono della storia, con un segno più realistico che ben si confà all’atmosfera hard boiled dell’albo.
Anche questo serve per un Dylan noir.


Francesco Farru
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