Menu

Taglia & Cuci

Taglia & Cuci (brossurato, 144 pagine, b/n, € 11,50, Lizard) testi e disegni di Marjane Satrapi VOTO 8/10

Terzo miglior libro dell’anno secondo l’Economist, quasi duecentomila copie vendute in Francia, due edizioni in Italia per altrettante case editrici ed un crescente apprezzamento di pubblico e critica. Sono questi i dati che parlano chiaro del successo mondiale di Persepolis, opera prima dell’iraniana Marjane Satrapi. Esaltato per essere “il primo fumetto iraniano” e per l’accuratezza della ricostruzione storica della rivoluzione khomeinista, in realtà Persepolis è soprattutto una pura e “semplice” biografia. Una disincantata, coinvolgente, brillante e profonda autobiografia di una ragazza divisa tra la vecchia Persia e l’Europa, tra il nuovo medioevo di Teheran e le illusioni dell’occidente. La ricostruzione storica certo non manca: leggendo Persepolis riviviamo le fasi salienti della rivoluzione islamica, la guerra Iran-Iraq, abbiamo una cruda testimonianza del carattere repressivo e oscurantista del regime, ma tutto questo scivola quasi in secondo piano se paragonato con l’imponente opera di autoanalisi che si fa (che si autoinfligge verrebbe da dire) la Satrapi. Dal sognante misticismo dei giorni dell’infanzia alla passione rivoluzionaria dell’adolescenza fino al nichilismo della gioventù, dallo straniante “pellegrinaggio” in Europa alla maturità disillusa del ritorno a Therhan. Persepolis è un' autobiografia dunque, ma è un' autobiografia particolare, che travalica gli stereotipi della narrativa di genere e che, nella sua assoluta e ricercata semplicità, si fa portatrice del più semplice dei messaggi di pace e tolleranza: la comprensione per l’altro. In Persepolis non troviamo sermoni politici, non c’è traccia di moralismi ne di altisonanti richiami alla pace tra i popoli. Ci sono semplicemente i pensieri di una ragazza, e sono le sue riflessioni, i suoi dubbi e le sue angosce il filtro attraverso cui ci avviciniamo a una realtà complessa e distante dalla nostra come quella iraniana. Ci avviciniamo immedesimandoci in lei, crescendo insieme a lei, e ci avviciniamo giusto per scoprire che questa distanza è minore di quanto pensavamo, che il solco che separa due civiltà è meno profondo di quanto credessimo. In questa stessa direzione, sulla scia del medesimo messaggio di tolleranza, va anche “Taglia e Cuci”, seconda opera della Satrapi. Realizzato nell’intervallo tra il terzo ed il quarto tomo di Persepolis, Taglia e Cuci è senza dubbio un opera minore, meno ambiziosa, di minore intensità emotiva. Ciò nonostante, come e più di Persepolis riesce a tracciare uno spaccato eloquente della società iraniana, ed in particolare della donna iraniana, svelandoci come dietro ai chador e ai veli scorra una vita e una vitalità non dissimili da quelle occidentali. Se in Persepolis a parlarci (anche) dell’Iran era Marjane in persona, immergendoci nella sua vita e nella sua quotidianità, ora il “timone” della narrazione è affidato a dei semplici pettegolezzi, alle chiacchiere scambiate da un gruppo di donne davanti a un the, mentre i compagni riposano. Ed il pettegolezzo diventa così il vero protagonista dell’albo, ma anche –indirettamente - la cartina al tornasole di una società. E così vediamo la donna iraniana, pubblicamente oppressa da una società strettamente maschile e maschilista, prendersi la sua personale rivincita nel privato. Particolarmente eloquenti in questo senso due frasi, quella che apre il volume (“Mia nonna chiamava mio nonno “Satrapi” mai per nome, diceva che un marito va rispettato”) e quella che lo chiude, e che in definitiva lo sintetizza (“Ma insomma Satrapi, di cosa ti impicci? Torna a dormire! E’ meglio per te.”). Nel mezzo ci sono segreti e confidenze scambiate tra donne; discussioni sui tradimenti, i sentimenti, la chirurgia estetica, il sesso, la verginità e quant’altro. Le stesse parole, insomma, che possiamo ritrovare in qualsiasi salotto occidentale, a dimostrazione di come la donna iraniana, perlomeno privatamente e perlomeno idealmente, riesca a strapparsi di dosso i veli dell’oscurantismo degli ayatollah.
Due parole vanno spese sui disegni. Come in Persepolis anche in Taglia & Cuci la Satrapi ci ripropone il suo tratto semplice ed essenziale, quasi “avaro”, dove ogni singolo segno è centellinato -senza nessuna concessione all’estetica- alla ricerca della semplicità narrativa. E quella della Satrapi è una semplicità narrativa disarmante. Grazie ad una riuscitissima sintesi, l’autrice iraniana riesce a rendere con pochi segni qualsiasi concetto, a descrivere qualsiasi situazione. Uno dei suoi punti di forza è senz’altro il riuscire a passare, senza apparente soluzione di continuità, dalla funzione descrittiva a quella espressivo-metaforica, e in Taglia & Cuci ne da abbondante sfoggio. Semplicemente geniali pagine come la 51, la 92 o la 104, dove con piccoli escamotage riesce a rendere perfettamente la dinamicità (e talvolta l’oppressività) di certe discussioni, o ancora l’originale uso che fa dei ballon che, liberi di spaziare in pagine quasi sempre prive della suddivisone in vignette, arrivano ad invadere quasi totalmente la tavola nei momenti in cui le chiacchiere si fanno più fitte e concitate (vedi pag. 95). Da sottolineare infine (ma ci sarebbe molto altro di cui parlare) la scelta del lettering, un corsivo elementare che ben si confà al segno povero della Satrapi, e che contribuisce anch’esso a dare al volume quel tocco di quotidianità, familiarità e semplicità ricercata. Un lettering che fortunatamente è stato mantenuto fedele all’originale anche nell’edizione italiana. Quello che non è rimasto fedele all’originale è invece il titolo, con l’originale “Broderies” tradotto in “Taglia & Cuci”. Per un libro che parla anche di verginità perdute e ritrovate (chirurgicamente) è una scelta quantomeno discutibile. Ma geniale


Francesco Farru

Dati del volume

  • Voto della redazione: 1
Torna in alto