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Caravaggio 1: La tavolozza e la spada

"Siamo come nani sulle spalle dei giganti" scriveva Bernardo di Chartres, filosofo francese del XII secolo. E quando i nani decidono di tributare ai giganti un sentito omaggio alla loro grandezza allora bisogna essere cauti, attenti, oculati. E il maestro italiano Milo Manara non si è fatto cogliere impreparato all'appuntamento con la storia, realizzando quella che forse è la sua opera migliore.

Manara decide di scrivere una storia in due parti incentrata sulla figura di Michelangelo Merisi, noto come il Caravaggio. L'impatto del pittore milanese sulla scuola e la cultura pittorica è stato devastante, un vero fulmine a ciel sereno in grado di aprire nuove strade dopo il manierismo che aveva caratterizzato la produzione post-rinascimentale. Per fare questo, il maestro ha passato molti anni documentandosi sulla vita di Caravaggio, analizzando il contesto storico in cui il suo genio è cresciuto dopo gli anni in bottega, studiando le opere prodotte in questo periodo.

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Siamo sul finire del XVI secolo, estate 1592, quando a bordo di un carro trainato da buoi di un contadino il giovane Michelangelo giunge nella città eterna. Nemmeno il tempo di superare Porta Nevia che subito Roma si mostra in tutta la sua monumentale bellezza, ma anche nella violenza che ne caratterizza le strade più anguste. La conoscenza del pittore Prospero Orsi, unita al suo talento emergente, gli permetterà di entrare nelle botteghe di Antiveduto Gramatica, prima, e Cesari Cavaliere D'Arpino poi, fino a prendere servizio presso la corte del Gran Cardinale Francesco Maria del Monte, grande uomo di cultura e amante dell'arte. Sono anni questi in cui Caravaggio riesce a sviluppare tutta la sua straordinaria capacità espressiva e a costruirsi una crescente credibilità. Il suo genio creativo e visionario lo porterà anche ad incarichi pubblici, come quello presso la Cappella Contarelli nella Chiesa di San Luigi dei Francesi, che però esporranno la sua arte alla perfida critica di artisti e storici contemporanei che nella loro miopia non riusciranno a coglierne appieno la potenza iconoclasta. Durante tutto questo periodo, Caravaggio avrà modo di vivere la città nelle sue molteplici facce, passando da Palazza Madama al carcere di Tor di Nona, in un'altalena di episodi che ne segneranno l'esistenza.

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Il Caravaggio dipinto da Manara è impulsivo, eccessivo, sregolato e non a caso viene ritratto con le fattezza di un altro genio ribelle, morto anche lui giovane, Andrea Pazienza. In questo ardito parallelismo tra figure così lontane eppure così simili, si nasconde l'omaggio dell'autore ad una delle figure più influenti del panorama fumettistico italiano. Manara è attento nello svolgere un'accurata ricerca storica nella ricostruzione delle vicende e, all'interno di queste, riesce a calarvi quelle personali del Caravaggio, in un continuo intreccio tra realtà e finzione, segno caratterizzante della poetica stessa del pittore. Non si tratta di un'opera romanzata, che piega la storia alle esigenze letterarie, bensì di una verosimile, in cui la verità storica, per quanto incerta e oscura in alcuni punti, accompagna ed accoglie gli eccessi del pittore. Non sappiamo se sia realmente esistita la figura di Annuccia, ma questo aspetto poco importa se la vicenda umana che lega artista e musa permette di valorizzare ed esaltare l'animo creativo del Merisi. Così come la visione del rogo sul quale brucia Giordano Bruno influisce sul suo animo già tormentato per la bocciatura della pala centrale di San Matteo e l'angelo.

Manara è bravo nel conferire profondità ad ognuno dei personaggi, a caratterizzarne le figure e a farle ruotare intorno al fulcro dell'intera narrazione, il soggiorno del Caravaggio a Roma. Della capitale papale Manara sa cogliere e quindi esplicitare sia l'artefatto perbenismo dei ricchi cardinali che amministrano la città, sia la vitalità che ne anima le strade. I personaggi restano fedeli alla loro versione storica, e il dinamismo che caratterizza i rapporti sociali tra i diversi stati combacia con quanto viene riportato nelle cronache del tempo.

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Lo studio non si ferma solo agli episodi di vita, ma si sposta anche alle opere stesse del Caravaggio, che Manara ha qui tutte riprodotte. In una prova che denota la sua maturità e al contempo versatilità, il maestro ricostruisce ogni singola tela, evidenziando la genesi della stessa, il lampo che attraversa gli occhi e si cristallizza nel quadro, la cura maniacale del dettaglio nella composizione e, sopra ogni cosa, la luce. Non bisogna essere dei critici d'arte per coglierne l'utilizzo innovativo che ne fa Caravaggio, la caratterizzazione di ogni posa che cattura un attimo particolare del tema trattato e lo rende immortale. Allo stesso tempo, anche la città eterna è oggetto di un altrettanto precisa ricostruzione. La monumentalità della stessa viene qui esaltata quasi a voler intimorire i forestieri, tenerli lontani con la grandezza delle porte di accesso, o i suoi palazzi così sfarzosi. E tra le rovine di un passato che fu si innestano le nuove costruzioni, all'intero delle quali si è pronti ad essere guidati verso l'eccesso, verso la sensualità, verso il piacere. Roma è come una vecchia balia che ti accoglie tra le sue braccia e ti costringe a viverla, oltre ogni limite. E in questo contesto la passionalità del Caravaggio emerge, nella pittura come nella vita privata, in una trasformazione che lo porta ad essere artista rispettato presso le corti cardinalizie a lussurioso frequentatore di osterie.

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E chi meglio di Manara è abile nell'esaltare la bellezza della passione, che si traduce nella vitalità delle forme dei nudi, nell'esaltazione e perfezione dei corpi di donna, mai volgari, mai eccessivi, ma sempre funzionali al pathos della scena. L'autore non entra nel merito del dibattito sull'omosessualità del Caravaggio, sebbene leghi la sua produzione artistica alla figura di Annuccia, giovane prostituta che cercherà di salvare a più riprese. Le figure femminili di Manara lasciano senza fiato, non solo per la loro nitida bellezza, ma per la loro dirompente carnalità, per il loro spirito forte ed emancipato, per la voglia che hanno di godere della vita. L'espressività femminile è sovente centrale nei quadri di Caravaggio, ed anche quando tocca al cadavere di Annuccia interpretare il ruolo della Madonna, l'artista riesce a tirar fuori la potenzialità del suo corpo ormai morto, facendo gridare allo scandalo tutti gli alti prelati. "La sua Madonna è morta, irrimediabilmente morta!" urla un rabbioso Cardinal del Monte, a ribadire il lavoro di decostruzione del mito della Madonna, non più divinità ma semplice donna. Caravaggio riporta tutto ad un livello più basso, più vicino alla natura dell'osservatore, e regalandoci una Madonna vera, una Madonna morta.

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Caravaggio: La tavolozza e la spada non è solo una storia di donne, passioni ed eccessi ma un grande documento storico che ci restituisce uno spaccato di vita di uno dei maggiori artisti italiani. Salutiamo Michelangelo Merisi in fuga da Roma dopo aver ucciso Ranuccio Tommasoni, in quel pellegrinaggio che caratterizzerà la sua ultima produzione. Il grande formato che la Panini Comics concede a quest'opera ci permette di gustare completamente la meticolosità con la quale Manara costruisce ogni tavola e la grandezza della sua arte, troppe volte messa in discussione negli ultimi periodi.

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Melvile - La storia di Samuel Beauclair

Samuel Beauclair è un romanziere figlio d'arte, suo padre Thomas è stato uno scrittore di grande successo. Ma anche Samuel sembra aver ereditato le sue stesse capacità di scrittura riuscendo a pubblicare un'opera d'esordio apprezzata da pubblico e critica. Al suo fianco Samuel ha sempre sua moglie, Sarah, che presto lo renderà padre per la prima volta. Insomma, uno spaccato di vita perfetta, in cui tutto sembra essersi incanalato su binari sicuri e definiti, fino a quando, però, un episodio giunge a stravolgere quella serenità familiare, facendo sprofondare il protagonista in una cupa crisi depressiva.

Queste le premesse del nuovo lavoro realizzato da Romain Renard, qui nei panni di autore completo, dal titolo Melvile, edito in Italia dalla Panini Comics per la linea 9L. Renard, classe 1975, è un artista a tutto tondo, con esperienze, oltre che nel campo fumettistico, anche nel cinema, nella scenografia, nella pubblicità e nella musica (suona in pianta stabile nel gruppo francese, da lui stesso fondato, Rom).

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Samuel, dunque, è caduto vittima della più classica delle crisi creative che colpisce gli artisti, quel blocco da pagina bianca difficile da superare, e decide di compiere un estremo tentativo per ritrovare l'ispirazione, rifugiarsi nella casa del defunto padre nella cittadina che da il titolo al graphic novel e cominciare una nuova vita. Qui  le cose, purtroppo, non andranno meglio, anzi, la pagina resterà sempre bianca e frequenti saranno le telefonate del suo editor e amico di vecchia data Aaron Haber, oltre a quelle dei creditori in attesa di pagamenti lasciati in sospeso. La routine quotidiana, fatta di nottate e lunghe passeggiate nei boschi, viene rotta da un annuncio per un lavoro di tinteggiatura e restauro, scorto per caso in un bazar di Melvile. Accettato il lavoro, nella sua vita entreranno a far parte due nuove figure fondamentali per lo sviluppo della trama, David e sua sorella Rachel di cui, ben presto, si innamorerà.

Non sappiamo quanto di autobiografico ci sia in questo graphic novel (Renard è figlio dell'autore francese Claude Renard e il protagonista del fumetto ha le sue stesse fattezze), visto che la narrazione è portata avanti in terza persona, dove sovente la voce fuori campo ci introduce alle varie sequenze del racconto. L'autore affronta un tema, la crisi creativa, già trattato sia in letteratura che al cinema, ma lo fa in una maniera profonda, consapevole, matura, in cui scava a fondo nell'animo del protagonista nel tentativo di ricercare le cause che lo hanno spinto nel baratro. Le motivazioni di questa caduta sono riconducibili in parte, al dramma che ha stravolto la sua esistenza, e in parte al rapporto conflittuale col padre.

In questo affresco contemporaneo Samuel viene raffigurato come un personaggio estremamente superficiale ed immaturo, incapace di assumersi la benché minima responsabilità. Questa sua caratteristica porterà sia profonde cicatrici nella sua vita personale (l'ombra di un errore passato aleggia tra le mura domestiche) sia, soprattutto, in quella professionale, dove non riuscirà a sopportare la pressione dell'impari confronto con la grandezza dell'opera paterna.

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Durante la lettura, scopriamo inoltre che Samuel non ha avuto modo di instaurare quasi per nulla un rapporto con il genitore (i suoi si sono separati quando lui aveva solo due anni e il padre è morto quando ne aveva sette), e i pochi ricordi che custodisce sono sfocati, legati più a sensazioni sensoriali ed emotive che non a gesti o azioni. Questo non fa altro che accentuare quella sensazione di solitudine ed inadeguatezza che caratterizzano l'atteggiamento del protagonista, fino a spingerlo lontano dalla macchina da scrivere.

La tensione della narrazione, e i misteri che a poco a poco vengono svelati e completano quel puzzle che è la vita di Samuel, vengono smorzati verso la metà del libro quando lo stesso Samuel racconta a Rachel una storia sulla nascita di Melvile. Questo racconto, a metà tra realtà e mitologia, affronta proprio il tema del rapporto tra padre e figlio, e di come, in molti casi, per liberarsi del fardello del retaggio paterno si è costretti a rescindere quel legame formatosi in tenera età, per poter continuare quel cammino che è la vita. Uscire dal baratro è possibile, ma per farlo c'è bisogno di liberarsi del peso delle ombre del passato.

Sotto l'aspetto grafico, la costruzione delle tavole che compongono l'opera è sempre regolare e ben delineata. L'esperienza maturata in campo cinematografico permette a Renard di giocare con le inquadrature, e le singole vignette, come fotogrammi di una pellicola di un film, sono riempite con primi piani carichi di espressività o con visuali panoramiche, in questo abile gioco di zoom che accompagna il lettore attraverso gli eventi. Intere sequenze restano senza parole, lasciando che a parlare siano le espressioni facciali, la mimica corporale, e il silenzio viene rotto solo dal rumore di piccoli azioni, come quando, in un gesto di estrema e fredda lucidità, il ticchettare della macchina da scrivere lascia emergere i reali sentimenti di Sam rinchiusi tutti in quella frase "io sono un mostro".

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Se i volti dei protagonisti sono ben delineati, intensi, eloquenti, l'intera città (ma la stessa sorte spetta anche agli interni) sembra, invece, essere avvolta da una sottile foschia che va a sfumare i paesaggi e gli arredi, quasi a voler sottolineare la centralità del dramma umano che si consuma nella piccola cittadina rispetto al contesto in cui vengono inseriti. Ma conferisce anche, grazie all'utilizzo di tonalità pastello, una dimensione onirica, immaginifica, carica di simbolismo.

Il tutto, già molto suggestivo e toccante, viene ampliato grazie ad una componente interattiva che trasforma questo romanzo grafico in un'esperienza multimediale. Infatti, è possibile sia scaricare la colonna sonora di quest'opera, scritta dallo stesso Renard, direttamente su iTunes, sia scaricare l'app Melvile (disponibile su AppStore) in francese, con la quale si accede a sequenze riprese sui luoghi teatro della narrazione e altri contenuti. Insomma, in questo ottimo lavoro, tutte le abilità dell'autore confluiscono e rendono Melvile un'opera con più chiavi di lettura, e, allo stesso tempo, capace di coinvolgere il lettore sotto diversi aspetti sensoriali.

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Fraternity

Vivendo in una società così mal costruita come la nostra, in cui la politica sembra quanto mai distante da noi, corrotta e incapace di provvedere ai reali bisogni del popolo, in quanti avete immaginato l'applicazione di un modello teorico in cui tutto funzioni alla perfezione? Un modello in cui tutti sono uguali, in cui non esiste un potere coercitivo o inefficiente? Ecco, per parlare del nuovo volume Panini 9L, basta applicare lo stesso ragionamento spostandosi indietro nel tempo e nello spazio, ovvero negli Stati Uniti di metà '800 afflitti dalla Guerra di Secessione.

Fraternity di Juan Díaz Canales, noto per Blacksad, e José Luis Munuera è un'opera tanto affascinante quanto complessa. Il fulcro del volume non è tanto lo sviluppo narrativo, quanto nell'analisi della società di New Fraternity attraverso i suoi abitanti. L'ispirazione è data dalle comunità utopistiche ottocentesche, come la realmente esistita New Harmony fondata da Robert Owen, che trasportava nella realtà i modelli civili idealizzati dal socialismo utopistico e basati sull'eguaglianza e sulla ragione, in un continente, come quello americano, in cui sembrava ancora possibile creare un nuovo mondo lontano da quello ormai corrotto europeo.
Esperimenti che, messi in pratica, fallirono miseramente in quanto prevedevano alla base una purezza dell'animo e dei comportamenti umani purtroppo impossibile da ottenere realmente. D'altronde, se anche Platone con l'età dovette rassegnarsi all'idea che il modello utopico da lui ipotizzato ne La Repubblica era impossibile, 2000 e passa anni dopo la situazione non può che essere la stessa.

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In Fraternity l'ampio cast di personaggi rappresenta diversi aspetti della comunità che tentano di vivere alla pari e in cui anche chi dovrebbe, all'apparenza, essere moralmente al di sopra di tutti si rivela corrotto come la quasi totalità degli abitanti di Fraternity.
Canales di certo fa un'analisi sociale e politica applicabile anche ai nostri giorni, aggiungendo alcuni elementi che vivacizzano l'intreccio come triangoli amorosi, l'arrivo imprevisto di un gruppo di disertori dell'esercito e, sopratutto, l'entità sovrannaturale del mostro, presente nella foresta, legata alla figura del bambino muto protagonista del racconto.

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Dal punto di vista grafico Minuera adotta una griglia libera che varia di tavola in tavola creando una regia in grado di movimentare una storia sicuramente non semplice. Il suo tratto cartoonesco è efficace nel dare espressività ai personaggi, cosa fondamentale, e a renderli vivi. Gran lavoro va anche ai colori di Sedyas che, con un sapiente utilizzo di tonalità scure, riesce a creare un'atmosfera cupa e angosciante.

Nota finale per l'edizione Panini 9L, un cartonato elegante con ottima carta lucida che dà pregio all'opera.

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André the Giant - La vita e la leggenda

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Quella di André René Roussimoff è stata una grande vita, in tutti i sensi. Nato nel 1946 a Grenoble (Francia), André soffre di acromegalia, una malattia che porta ad una secrezione eccessiva dell'ormone della crescita provocando un aumento costante della sua massa corporea, nonché una progressiva deformazione del volto, delle mani e dei piedi. Sembra l'inizio di una tragedia, finché André, "The Giant", non comincia a lavorare come wrestler, a combattere nelle arene, a girare il mondo, a diventare una celebrità.

Quello che si evidenza dalla biografia a fumetti di Box Brown è l'animo di un gigante buono, un uomo che sa di essere un'anomalia, che sa di essere additato da tutti. Forse per questo la scelta di diventare un wrestler famoso in tutto il mondo ha un senso, tanto valeva pensare in grande (non a caso) e puntare davvero gli occhi del mondo su di sé, ma nel modo vincente, non da vittima, ma da eroe. André The Giant è stato un milionario, uno dei lottatori più amati e famosi del mondo, un attore per giunta. Insomma, nonostante una condanna a morte precoce certa (i medici non gli avevano dato più di 40 anni, morirà a 46), André si è goduto appieno la sua vita, dichiarando (a ragione) di essere stato più fortunato di moltissimi uomini, perché ha viaggiato e mangiato cose buone più di tutti.

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Brown narra il tutto con gli occhi di chi ama la materia, di chi ama davvero il personaggio. Non per questo ne fa una biografia disincantata. Pregi e difetti di Andrè e del mondo del wrestling ci sono tutti, alti e bassi della vita del "gigante", episodi belli e spiacevoli vengono raccontati tutti allo stesso modo.

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Il ritmo di lettura è veloce, Brown non si sofferma su nessun evento in particolare, non analizza con occhio critico, se non in alcuni momenti (come lo scontro finale con Hulk Hogan, che potete vedere di seguito) distinti dal resto del libro da una gabbia nera che cinge le vignette. Nonostante le oltre 200 pagine scorrano rapidamente, l'empatia che si crea con il personaggio è forte e alla fine il volume soddisfa tutti: chi non conosceva André, chi lo conosceva ma voleva saperne di più, chi lo amava e ha così rivissuto i momenti topici della sua carriera.

Dal punto di vista grafico, il tratto deformed, estremamente pop, di Brown, risulta piacevole e calzante, nonostante si tratti di un'opera biografica nonché rispettosa della materia. Il volto cartoonesco di André riesce a imprimersi nella mente del lettore e l'artista è abile nel conferire dignità ed espressività ai suoi personaggi.

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L'edizione Panini 9L è ottima ed elegante, grazie alla sua brossura morbida, con un prezzo decisamente buono. Interessanti, in chiusura, le note redatte dallo stesso autore sulle fonti utilizzate per la realizzazione della sua opera e sulle libertà prese nel narrare la storia di André.

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