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Jeph Loeb Essential Reading

- Batman: the long Halloween
- Superman for all seasons
- Superman/Batman 1-6: I migliori del mondo
- Devil: Giallo
- Hulk: Grigio
- Spiderman: Blu


Batman: The Long Halloween - testi di Jeph Loeb, disegni di Tim Sale.

E’ una grigia e fredda domenica pomeriggio di metà dicembre e io sono al pc, come sempre d’altronde. Mi contatta il buon Marco Rizzo, che ogni tanto mette fuori la testa dai suoi mille progetti: mi dice che ComicUs sta preparando uno speciale dedicato a Jeph Loeb e mi chiede se desideri partecipare all’operazione con un pezzo dedicato a Batman: The Long Halloween. Ho un po’ di lavoro da fare ma non mi va di dire di no, non sono molte oramai le occasioni per collaborare con gli amici e raccontare le mie impressioni sui fumetti DC che tanto amo. Quindi accetto, anche se avverto Rizzo che avrò bisogno di un po’ di tempo perché devo rileggere la saga, oramai da troppo tempo a prender polvere dentro la mia libreria. Il malefico tentatore, imperturbabile, mi rincuora dicendomi che ho “ben fino a sera” per chiudere il pezzo e quindi, un po’ come chi è conscio di essersi messo nei guai da solo e un po’ inebetito, do il mio inerme assenso. E’ il momento di darsi da fare. Vado verso l’angolo della mia libreria dedicata ai vecchi albi della Edizioni Play Press e prelevo i numeri di Batman Prima Serie in cui si trova la saga (per chi volesse recuperarla in italiano cerchi i numeri #63-74 della suddetta serie, oppure vada a caccia del volume originale che anch’io, prima o poi, recupererò). Aprire il primo di quegli albi equivale a un tuffo nel passato, in un’altra DC e in un’altra Play Press. Ma di questo non penso vi interessi sapere. Mi siedo in poltrona, metto un po’ di musica e comincio a leggere.
“Io credo in Gotham City.”
Così comincia una delle saghe più belle di sempre del Cavaliere Oscuro. Con una dichiarazione programmatica che l’autore mette in bocca a Bruce Wayne. Jeph Loeb crede davvero in Gotham City, una città folle e tenebrosa abitata da uomini folli e tenebrosi (e splendidamente rappresentata dal geniale Tim Sale). Nei suoi tredici capitoli, Batman: The Long Halloween parte dalle origini metropolitane e hard-boiled donate a Gotham City e ai suoi abitanti da Frank Miller in Batman: Year One (ma ancor prima dai suoi creatori Bob Kane e Bill Finger) e le spazza via, grazie a una piccola pistola calibro 22 che manda in frantumi le famiglie criminali che fino ad allora governavano la città, sostituendole con una nuova generazione di criminali, il “futuro” di Gotham. Non si tratta certo di una trasformazione indolore: tredici omicidi in altrettante feste minano gli equilibri criminali della città, ma anche le vite e le anime di chi quella città ha giurato di difenderla a ogni costo, ripulendola dall’eterno male che l’attanaglia. E’ un male nuovo e senza via di scampo quello che tutti i personaggi hanno però di fronte: un male che toglie la possibilità di gioire delle feste, di passare il tempo coi tuoi cari, che toglie la possibilità di lasciar fuori per alcuni momenti la follia della vita di tutti i giorni, che logora e corrompe. Gotham City ne uscirà ancora più corrotta di prima, di una corruzione più profonda di quella offerta dai cartelli criminali che la governavano, e la carrellata dei “nuovi” padroni della città è un viaggio dentro questa nuova follia che pone nuove regole e nuove soluzioni ai problemi. Jim Gordon e Bruce Wayne sono le due facce di questa soluzione: Gordon rappresenta la vecchia guardia, l’uomo integerrimo che, restando all’interno della “vecchie regole”, cerca di ripulire il sistema; Bruce Wayne è la soluzione al nuovo male che lentamente ma inesorabilmente si sta diffondendo nella città. In mezzo, tra loro, c’è Harvey Dent, un uomo che non ha l’integrità morale di Jim Gordon e Bruce Wayne ed è sopraffatto dal male che cerca di contrastare, finendo per diventarne parte, l’emblema di due anime che non possono più essere ricongiunte.
Ci sono molti altri elementi di cui si potrebbe discutere, come il fatto che Loeb introduce un Bruce Wayne/Batman estremamente umano, che non riesce a mettere da parte le proprie emozioni, in un’indagine che lo coinvolge profondamente, mostrando il suo estremo bisogno di una famiglia (elementi, in seguito, approfonditi da un altro grande autore del Pipistrello, Greg Rucka). Si potrebbe parlare degli straordinari disegni di Tim Sale, che con un sapiente uso dei neri e di figure forti e tenebrose immerse in ambienti maestosi e lugubri, ci ha donato una Gotham City mai tanto vera e selvaggia, mai così piena di “storia” e di “memoria”. Oppure, ancora, del fatto che Batman: The Long Halloween non è una saga del tutto autonoma, e molti particolari ed eventi trovano la loro giusta collocazione solo dopo la lettura di Batman: Dark Victory, una saga successiva (sempre di Loeb e Sale) che chiude in pratica tutti i fili lasciati in sospeso e delinea meglio alcuni personaggi, le cui azioni, considerando solo la lettura della prima maxisaga, restano un po’ discutibili. Ma sono tutti elementi che ritengo non sia necessario approfondire, sia perché qui si parla di Loeb e non di Sale, sia perché ci sarà sicuramente qualche altra occasione in futuro per parlare della figura tragica di Bruce Wayne/Batman, e del loro Batman: Dark Victory. Bene. Mi rendo conto di aver finito, in effetti, abbastanza presto. Forse non è venuto un pezzo granché lungo, ma sono contento di aver accettato di scriverlo e spero lo sia anche Rizzo. E’ oramai una grigia e fredda domenica sera di metà dicembre e anch’io, un po’ più di prima, credo in Gotham City.
Dario Mattaliano



Superman for all seasons - testi di Jeph Loeb, disegni di Tim Sale.

Da anni Jeph Loeb si diverte a giocare con le principali icone fumettistiche, creando soprattutto storie ambientate nel passato di questi grandi personaggi e inserite nella loro continuity. Con questa bella storia intitolata Superman per tutte le stagioni, attraverso quattro episodi ognuno ambientato in una stagione differente, Loeb ha raccontato gli inizi di Superman e il suo passaggio da Smallville (alla quale non riesce a non tornare appena possibile per ritrovare i propri genitori adottivi) a Metropolis con tutte le conseguenze (ormai note) che questo ha comportato. Il tutto è poi ben coordinato con quanto raccontato in precedenza da John Byrne all’interno della miniserie The Man of Steel con la quale l’autore canadese ridefinì il personaggio dopo Crisis. Quello che troviamo qui è un Superman inesperto e sognante, alle prese con i piccoli grandi problemi della vita quotidiana e delle relazioni umane. In fondo se Superman è grande, lo deve anche e soprattutto ai Kent, a Lana Lang, a Pete Ross, a Lois Lane e, perché no, anche a Lex Luthor. Sono loro ad aver creato Superman più di Kal-El stesso. Il tutto è raccontato con un lirismo che solo in apparenza può stonare con la visione classica del personaggio. In realtà è interessante come l’autore scavi in profondità facendo emergere aspetti del carattere di Superman che non tutti sono in grado di riconoscere e di tirar fuori. A coadiuvare Loeb in questa storia troviamo il suo consueto compagno di avventure, Tim Sale (all’epoca della pubblicazione di questa storia erano entrambi reduci dal grande e inaspettato successo di Batman: The Long Halloween), tanto eclettico quanto bravo, che qui sembra quasi lasciarsi trasportare dalla sceneggiatura di Loeb e realizzare una delle migliori prove della sua carriera.
Andrea Antonazzo



Superman/Batman 1-6: I migliori del mondo - testi di Jeph Loeb, disegni di Ed McGuinness.

Il primo ciclo di Superman/Batman, con l’importanza che ha nella continuity recente, dimostra quanto Loeb sia ben valutato nell’organico degli sceneggiatori DC Comics. Il peso di Loeb su Superman si era già avvertito dopo la sua lunga gestione personaggio, a partire dall’evento Y2K che ha sconvolto Metropolis e reinventato l’Azzurrone per il nuovo millennio, grazie soprattutto al disegnatore Ed McGuinness e alla sua versione grafica dell’eroe che unisce la versione dei cartoon a uno stile mangheggiante e d’impatto. Questa serie, da mesi uno dei best seller in USA, ripropone la formula della classica World’s finest, collana che nella Silver Age proponeva i team up tra i due eroi maggiori del DC Universe. Superman & Batman quindi costantemente messi a confronto, ma mai in maniera didascalica o noiosa. Già nelle prime quattro pagine, dove vengono rinarrate brevemente le origini, mettendo a confronto eventi, sensazioni e conseguenze immediate, il paragone tra i due eroi è gestito in maniera esemplare. La saga (giustamente intitolata “I migliori del mondo”, appunto “World’s finest”) prosegue attraverso misteri, rivelazioni, cliffangher, tradimenti e soprattutto pagine e pagine di scontri tra supereroi (memorabili quelli tra Hawkman e Batman e Superman contro Shazam), diventando un moderno classico del genere. I sei capitoli della saga ci offrono anche citazioni, inside jokes e tonnellate di guest star, nonché stravolgimenti che realmente cambiano lo status quo (in particolare per Lex Luthor, personaggio per il quale Loeb ha gestito negli ultimi anni le maggiori innovazioni). Un difetto potrebbe essere nella difficoltà di lettura che a volte sovviene quando si alternano troppo frequentemente le didascalie con i pensieri dei due protagonisti, a volte rendendo difficile intuire immediatamente chi parla. Ai disegni un portentoso Ed McGuinness, ormai all’apice della maturità artistica, con il suo stile “pupazzoso” nemmeno tanto lontano, se lo guardiamo attentamente, dalla spettacolare classicità di alcuni maestri dal tratto più classico (su tutti, Neal Adams). Loeb rimane alle redini della serie fino al numero 24, appena uscito in USA, con il quale da il definitivo (?) addio a Superman, personaggio sul quale si era concentrato negli ultimi anni, e a Batman, che, non dimentichiamolo, ha visto grazie a questo sceneggiatore alcune dei più rosei momenti con The Long Halloween, Dark Victory e Hush.
In Italia abbiamo visto il primo ciclo di Superman/Batman serializzato sui primi due numeri di Superman Magazine, l'ultima testata da edicola della Play Press. Peccato che non sia stato inserito anche il breve prologo tratto dallo speciale Secret Files che avrebbe chiarito meglio alcune situazioni.
Marco Rizzo



Devil: Giallo - testi di Jeph Loeb, disegni di Tim Sale.

Karen è morta uccisa da Bullseye, è passato troppo poco tempo ed il dolore è forte. Matt Murdock sa che in fondo è colpa sua. Se lui non fosse mai divenuto Devil ora Karen sarebbe viva. Per sfogare il suo dolore, su suggerimento di Foggy, il suo fedele amico e valido collega, Matt scrive una lettera alla sua amata e, sulla scia di un pensiero romantico, il dolore sembra alleviarsi. Guardando il passato tutto sembra più bello e così facendo si possono trovare la forza e le ragioni per proseguire il nostro cammino.
Devil Giallo è una storia d’amore. Amore per suo padre, per Karen, per un periodo in cui tutto sembrava magico e dove anche nella tristezza c’era la luce, andando oltre la cecità ed il dolore.
Tuo padre e Karen hanno fatto di te l’uomo che sei oggi.
E se fu lei la prima a chiamarlo “l’uomo senza paura” è stata lei, dopo la sua morte, a fargli conoscere una paura che si tinge di sensi di colpa.
Jeph Loeb e Tim Sale iniziano la “loro trilogia del colore” che proseguirà con Spider-Man: Blue e Hulk: Grigio. Tutti racconti che guardano al passato con aria melanconica, tutti racconti ben riusciti e amati dai fan perchè sono narrate da due autori che sono al servizio dei personaggi e della loro storia e non viceversa come spesso accade.
In particolare riuscita è la narrazione dell’origine del supereroe, i motivi che l’hanno spinto ad indossare i panni di giustiziere mascherato, grazie sopratutto ad una sceneggiatura che ben calibra le parti d’azione con quelle riguardanti la sfera privata dell’avvocato cieco.
Come avviene anche nei successivi progetti, la matita di Sale diventa la strumento ideale per illustrare un mondo sospeso fra l’antico ed il moderno dei comics, fra gli anni ’60 ed il nuovo millennio.
Gennaro Costanzo



Hulk: Grigio - testi di Jeph Loeb, disegni di Tim Sale.

Il primo Hulk, quello apparso nel 1962 in “The Incredible Hulk” e scomparso dopo appena sei numeri, non si trasformava quando saliva la rabbia.
Il primo Hulk, era grigio.
E' di questo Hulk che Jeph Loeb e Tim Sale si occupano in questo terzo capitolo dei loro “libri colorati” (gli altri due sono stati “Spiderman: Blue” e “Devil: Yellow”), reinterpretando le origini del futuro gigante di giada e omaggiando allo stesso tempo quelle scritte da Stan Lee e Jack Kirby.
Come nei precedenti volumi Loeb e Sale puntano i riflettori sulla nascita dei protagonisti, arricchendo sempre la trama con il ricordo triste delle rispettive amate perdute. Ma mai come in questo caso è altamente riduttivo prendere in considerazione solo il rapporto tra Bruce Banner e Betty Ross (o forse sarebbe meglio dire tra Hulk e Betty) dato che in questo volume ogni personaggio, a partire da Thunderbolt Ross (generale dell'esercito e padre di Betty) fino ad arrivare allo stesso Rick Jones (il ragazzo che si era intrufolato nella zona della detonazione della bomba), diventa lo specchio in cui la mostruosità si riflette.
Tutta la storia è narrata da Bruce al dottor Samson durante una nottata, come fosse una sorta di visita psichiatrica atta a renderci partecipi della nascita di Hulk e delle sue prime e problematiche avventure. Ricordi frammentari che rievocano l'esplosione della bomba gamma e il salvataggio di Rick Jones, la prima trasformazione e il primo incontro tra Hulk e Betty, il nascondiglio sotterraneo dove contenere il mostro, uno scontro mai narrato contro il primo Iron Man e lo scontro finale con il generale Ross: tutti episodi in cui crescono i personaggi e interagiscono dando man mano lo spunto per molte riflessioni inerenti a Hulk. Chi è il mostro? Cosa vuole? Perchè distrugge? Questioni che riecheggiano per tutta la durata della narrazione e che si fanno sempre più opprimenti e dense mentre paziente e dottore discutono le loro posizioni. Jeph Loeb ci offre dei buoni dialoghi e una ricercata voglia di confondere il lettore confrontando i comportamenti di Hulk con quelli degli altri comprimari e mescolando le carte in tavola sovrapponendo modi di pensare e sensazioni. Tim Sale invece, rifacendosi al grande Re Kirby e alla versione “Bulkiana” di Marie Severin, ci offre una stupenda interpretazione del gigante: goffa ma piena di energia, forte e senza controllo ma allo stesso tempo docile e tenera, che ci permette di visualizzare appieno il disagio della situazione del mostro. L'unica costante che rimane fissa e chiara è solo una: il grigio. Il grigio di Hulk rispecchia assolutamente la sua instabile condizione e ne delinea la sconvolgente modernità. Il non limitarsi ad una semplice distinzione tra bene e male, bianco o nero. Le mille sfacettature del suo carattere: bambino, gigante incontrollabile e distruttivo, creatura bisognosa di affetto o assalita dal senso di colpa. Ecco quindi che la carica innovativa del personaggio, incompresa agli esordi della sua “carriera”, riemerge prepotentemente, mantenendo però costante in ogni tavola il senso di inadeguatezza da cui Hulk è pervaso.
Da segnalare una chicca: Se badate attentamente vedrete come Hulk grigio appaia sempre durante ore notturne: questo fatto, anche se non menzionato da Loeb in didascalie o dialoghi, è dato dalla natura stessa del primo Hulk che si trasformava solo al calare delle tenebre.
Consigliatissimo a chi ha apprezzato le altre due opere a “colori”, a chi ha una particolare predilizione per il gigante “che spacca tutto!” e in definitiva a chiunque volesse leggersi una storia godibile.
Ricordatevi: “Hulk è Hulk!”
Andrea Gadaldi



Spiderman: Blu - testi di Jeph Loeb, disegni di Tim Sale.

Un registratore, tanti ricordi e solo dolore, nostalgia. E’ la voglia di poter rendere eterna una persona che ci spinge a non dimenticare e a mantenerne vivo il ricordo. Ma anche cercare un senso all’ingiusta morte di una giovane ragazza piena di vita o meglio ancora cercare un modo di liberare la coscienza da una colpa che non cessa di svanire, e non sentirsi la causa della morte del proprio amore.
Gwen Stacy è stata la prima vera ragazza di Peter Parker e la sua esistenza ha segnato un periodo particolare nella vita sentimentale dell’Uomo Ragno ma anche una traccia indelebile per il proseguire del suo cammino. La sua presenza è uno spartiacque nel percorso del “tessiragnatele” anche riguardo la sua vita editoriale. La vera Gwen si sviluppa durante il periodo Romita, l’epoca d’oro del ragno, e l’avvento di John Sr. alle matite ed ai soggetti, dona un tocco di serenità rispetto all’interpretazione del predecessore Dikto.
Peter non è più il “topo di biblioteca” odiato da tutti. La sua vita sociale cambia, frequenta nuove amicizie, conosce Mary Jane, si innamora di Gwen. La morte della sua ragazza segna per molti la fine dell’innocenza dei comics, di sicuro Peter Parker non sarà più lo stesso.
Alla fine del racconto l’unico senso che il ragazzo riesce a dare alla morte di Gwen diviene la maturazione di Mj e la scoperta di un modo d’amare differente.
Jeph Loeb e Tim Sale ben rendono l’atmosfera del periodo narrato. Il tratto di Sale che si ispira a quello di Dikto e Romita riesce a mantenere una sua originalità e si sposa egregiamente al racconto.
Dal canto suo Loeb riesce a omaggiare un periodo classico mettendoci tutta la sua passione nel narrarlo ma senza stravolgerlo, rendendolo fedele agli occhi dei fan.
Bellissime le ultime tre tavole dove Mary Jane ascoltando le parole del marito saluta con affetto la sua cara amica.
Gennaro Costanzo



Marco Rizzo
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