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Beta: intervista a Vanzella e Genovese

Goldrake, Jeeg, Mazinga Z... al solo sentire questi nomi a chi negli anni '70-'80 era un fanciullo, ritornano in mente pomeriggi davanti alla TV per seguire le  avventure di Actarus, di Ryo Kabuto o Koji Kabuto (che poi erano la stessa persona...) e di tutto quell'universo dominato dai robottoni.
Lo sceneggiatore Luca Vanzella e il disegnatore Luca Genovese, dopo aver omaggiato il genere con Aleagio! Overdrive (Self Comics), pubblicano con Bao Publishing una storia che trasporta le atmosfere del genere in un'ipotetica guerra fredda in cui, al timore di un olocausto nucleare, si sostitusce quello dei robottoni: ecco a voi Beta, storia in due volumi che sarà presentata durante la manifestazione di Lucca Comics & Games.
Abbiamo raggiunto i due autori per un intervista in esclusiva e, grazie a Bao Publishing, abbiamo potuto leggere, per voi, il volume in anteprima.

Buona lettura.

Per leggere in anteprima la recensione di Beta vol.1 cliccate qui.


 

Genovese_e_VanzellaPer iniziare, raccontate ai lettori di Comicus qualcosa di voi e di com’è nata la vostra collaborazione.

Luca Genovese: Ci siamo conosciuti tra le file degli autori della casa editrice IndyPress, ma abbiamo cominciato a lavorare assieme quando abbiamo lanciato Self Comics, con la realizzazione di 4D, la prima storia di Aleagio e prima pubblicazione dell'etichetta.

Luca Vanzella: Abbiamo fatto un bel po’ di storie brevi assieme, sia per Self Comics sia per altre pubblicazioni e insieme abbiamo realizzato anche il volume “Luigi Tenco – una voce fuori campo” per Becco giallo.

Quando avete realizzato Aleagio! Overdrive, avevate già in mente Beta, nella forma nel quale lo leggiamo adesso?

LG: No, non in questa forma. All'epoca di A!O l'intento era quasi esclusivamente quello di inserire nell'universo di Aleagio i robottoni, come omaggio e citazione sì, ma come se fossero esistiti veramente quando lui era un bambino. Il pilota di robot Dennis Beta si è delineato subito già allora, il ribelle dotato di grande talento, l'eroe di un'epoca gloriosa ormai dimenticata, il salvatore della terra che ormai nessuno ricordava più.

LV: Il resto è venuto dopo. Uno degli impulsi è stato provare a immaginare perché diavolo qualcuno avrebbe dovuto fare una base per robot giganti al Lido di Venezia.

Da dove nasce la scelta di realizzare un "opera omaggio" ai classici Super Robot di stampo Nagaiano?

LG: Nasce probabilmente dal fatto che ci siamo affezionati subito a Dennis quando l'abbiamo immaginato la prima volta. È entrato a far parte del mondo di Aleagio ed è comparso in altre storie, sempre con un peso importante. Da lì penso la voglia di raccontare anche tutta la sua storia, un libro dedicato a lui e a quegli anni dove i robot difendevano la terra, così da rendere omaggio a quell'immaginario che avevamo vissuto negli anime di quando eravamo ragazzini, ma trattandolo nel modo più “realistico” possibile.

LV: mi sono sempre sorpreso di come nessuno si fosse mai cimentato in questo genere in modo “serio”. I robottoni hanno avuto un impatto incredibile nell’immaginario della nostra generazione (e non solo) ma nessuno ha mai toccato quei temi in modo diverso dalla parodia o dall’omaggio. E lo trovo un gran peccato. I robottoni sono un genere veramente interessante con temi e immagini ancora attuali (o attualizzabili) che è un peccato non sfruttare.

Indubbiamente Beta ha molta personalità, pur essendo una "serie tributo". E' stato difficile creare questo equilibrio?

LV+LG: Non è stato troppo difficile. Anche se la tentazione di cedere alla nostalgia ogni tanto c’è stata siamo riusciti (spero) a trattare i robottoni come un genere qualsiasi. Così come se si fa un noir rivolgendo lo sguardo ai classici non si può evitare di inserire un detective e una femme fatale, così noi non potevamo esimerci da distruggere Tokyo e inserire un robot-donna con le tette razzo. L’importante è stato aver sempre presente che questi cliché erano punti di partenza su cui costruire la storia e non il principale motivo d’interesse. Le citazioni e gli ammiccamenti alle serie classiche sono solo un bonus per chi le sa cogliere e basta.

Che caratteristiche deve avere, a vostro parere, un mecha carismatico per essere tale?

LG: Noi ci siamo rifatti ai robot di Nagai, i primi Mazinga, un po' di Goldrake, Jetter, Jeeg. Visivamente adoro quel mecha design. La loro forza stava nell'assurda credibilità di un robot, Si poteva credere che si muovesse, che ci fossero pistoni e motori sotto quelle corazze cilindriche essenziali, che fosse pesante e imponente. E poi erano semplici senza tutte quelle ali e spigoli e vitini di vespa e muscolatura scolpita nell'acciaio che sono venute dopo.

LV: La semplicità è fondamentale. Certi Mecha Design sembrano solo pensati per farne dei modellini spettacolari e non per essere veri protagonisti di una storia (i vari Gundam sono un esempio lampante di questo). Quello che poi fa la differenza è però tutto il contesto (i personaggi, i costumi, gli ambienti). Ad esempio il design degli EVA in Evangelion non mi ha mai fatto impazzire ma le idee per la base e i personaggi erano talmente fighe da farmi digerire anche quegli assurdi alettoni che hanno sulle spalle.

Cosa pensate della scena mecha contemporanea?

LG: L'ultima cosa contemporanea che ho seguito è stato Evangelion, che mi è piaciuto. In realtà non ho seguito più niente se non delle sporadicamente.

LV: Neppure io seguo assiduamente il genere ma se mi segnalano qualcosa di interessante lo guardo. Pensando a serie degli anni 2000, sicuramente la serie migliore è stata Gurren Lagann. Dopo il lavoro di decostruzione fatto con Evangelion la Gainax ha trovato approccio davvero originale e sorprendente al genere. Ho trovato interessanti Eureka Seven e The Big O.

Una domanda per Genovese. È possibile vedere, sfogliando i tuoi comics, una gran flessibilità nello stile grafico. Come decidi l'approccio stilistico di fronte ai diversi progetti?

LG: Per Beta, come per altri progetti miei e di Luca dove ci siamo presi la massima libertà creativa, non sento di essere andato molto lontano da quello che è il mio solito stile. Per come lo vedo io, è ragionato come lo è stato ad esempio il libro su Luigi Tenco, o le storie di Aleagio, ma naturalmente il risultato è differente, sia nel segno che nella narrazione. Dipende dalle atmosfere che vogliamo far respirare nella storia. Qui si parlava di una storia d'azione con un immaginario che ci era ben chiaro, anche graficamente, dall'uso di linee cinetiche e retini, alla gabbia libera e dinamica, alla caratterizzazione di personaggi e ambienti che si rifacessero a quell'idea. Sicuramente sono lavori diversi da quello che mi è capitato di fare che so in John Doe, o in altre pubblicazioni dove i personaggi li vado ad interpretare, ma non li creo io.

Una domanda per Vanzella. L'intreccio alla base di Beta inizia a farsi piuttosto fitto. Quanta importanza verrà data in futuro agli intrighi e alle vicende famigliari del protagonista?

LV: Fondamentale importanza! Spero di aver trovato un buon bilanciamento tra le parti di azione e quelle di relazione tra i personaggi ma nel secondo volume sarà chiaro che sono i rapporti (famigliari, amorosi, di potere) il vero motore della storia. Per ora ho messo in tavola tutti i pezzi del puzzle e nel secondo volume andranno tutti al loro posto.

Dopo Aleagio e Beta. Avete altri progetti in cantiere, come duo?

LG: Aleagio non si concluderà mai! E per Beta stiamo lavorando al libro conclusivo, il prossimo. Poi penseremo a quello che verrà.

LV: Mi ha divertito molto fare una storia così pop e non mi spiacerebbe continuare su questa strada, magari affrontando qualche altro genere poco sfruttato.  Ma, fino a che non sarà finito il volume due, non è il caso di pensare al futuro.

Per finire diteci: qual è il vostro mecha preferito?

LG: io ho un debole per Mazinga Z e il Jetter1, con le loro forme fagiolone e goffe.

LV: Mazinga Z e Daitarn III sono meravigliosi ma Trider G7 ha un posto speciale nel mio cuore… sarà che il robot partiva da un parco giochi e la loro base era un condominio di periferia: un impossibile miscuglio di avventura e quotidianità.

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