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Nathan Never 200: Bepi Vigna

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Intervista a cura di Stefano Perullo

natnev0200_1_250Nathan Never 200. Un numero che è tutto un programma, circa sedici anni di pubblicazione ininterrotta, quasi dieci collane spin-off e a tutt’oggi una delle serie più vendute ed amate dai lettori dei fumetti Bonelli. Come sei cambiato in questi anni, e come è cambiato il tuo rapporto con il personaggio?

In questi anni non mi sembra di essere cambiato molto. Forse ho solo acquisito più mestiere. Lavoro con lo stesso entusiasmo di sempre e ho sempre la testa piena di idee. Per fortuna.

Idee che bisogna coltivare, coccolare e stimolare, giusto? Quali sono le tue principali fonti di ispirazione?

Per le storie di Nathan l’ispirazione arriva soprattutto dalla realtà, dalle cose che ci accadono attorno. Sì, ci sono le suggestioni che ti danno film e romanzi, ma gli spunti veri sono i problemi del modo contemporaneo.

Facciamo un balzo indietro nel tempo. Come era il tuo progetto per Nathan Never? Quanta parte di questo progetto è entrato a far parte del personaggio definitivo?

Non ricordo esattamente, perché quando abbiamo creato Nathan i nostri spunti si fondevano e si modificavano continuamente. Partivamo da un’idea comune: un antieroe di stampo chandleriano (io e Michele Medda eravamo appassionati lettori di polizieschi), calato in un futuro in cui non si sentiva completamente a suo agio. In Nathan c’è molto del mio carattere, ma anche molto di quello di Michele e Antonio Serra.

Ho una curiosità un po’ stupida, forse, ma come mai avete deciso di non far sentire Nathan completamente a suo agio nel futuro in cui vive?

Perché noi stessi non ci sentiamo completamente a nostro agio nel presente.

Come si è evoluto il tuo rapporto con gli altri due co-creatori della serie?

Non scriviamo più insieme e ci vediamo meno di qualche tempo fa. Siamo amici che, per varie ragioni, si sono un po’ allontanati, ma ci unisce un affetto vero. Io, Michele e Antonio siamo persone molto diverse, anche culturalmente. E questo credo che sia un vantaggio per Nathan, perché così risulta un personaggio molto più sfaccettato.

In un mondo in continua evoluzione (in sedici anni la scienza ha fatto moltissime scoperte, dal computer palmare al genoma umano) quanto è difficile scrivere per una serie di fantascienza, e quanto è necessario tenersi aggiornati?

Sono felice di appartenere una generazione che ha potuto conoscere il futuro. Certe cose che esistono oggi, quando ero un ragazzo erano pura fantascienza. Sono affascinato dal futuro, e aggiornarmi e documentarmi per le storie di Nathan è uno degli aspetti più piacevoli del mio lavoro. Fortunatamente sono molto curioso e leggo di tutto. Credo che la curiosità intellettuale sia molto importante per uno sceneggiatore. Io, dopo 25 anni di questo lavoro, ho ancora la stessa passione dei primi tempi.

Che difficoltà presenta scrivere una serie continuativa ambientata in un futuro abbastanza remoto, trovandosi in una società in continua e rapidissima evoluzione? Al di là dell’evoluzione tecnologica di cui ti ho chiesto poco fa, i nostri usi ed i nostri consumi cambiano di continuo. Come ti influenza la vita di tutti i giorni nell’ambito del tuo lavoro?

A volte la realtà anticipa la fantasia. A volte è bellissimo, quando accade.

Dei tre sardi, etichetta che vi è stata affibbiata ormai da tempo immemore, mi sembra che tu sia quello più schivo… e quello meno attivo sul fronte delle sceneggiature della serie. La mia è un’impressione sbagliata?

Sì. È un’impressione sbagliata. In realtà, spesso mi si rimprovera di essere troppo presente, magari su vari fronti. Considera che oltre ad essere impegnato con le sceneggiature di Nathan (non meno di 500 tavole all’anno), negli ultimi 12 mesi ho pubblicato altri due volumi a fumetti per editori indipendenti, ho scritto costantemente sul quotidiano di Cagliari e su varie riviste, ho dato vita a una delle prime case editrici on-line di fumetti, ho realizzato professionalmente dei documentari, ho tenuto circa una ventina di conferenze su temi che spaziano dal cinema, alla letteratura, alla storia dell’Italia contemporanea, a Grazia Deledda (senza contare gli incontri sul fumetto nelle librerie e nelle scuole), ho pubblicato un libro che ha avuto un discreto successo in Sardegna (un saggio sulla Prima Repubblica), ho realizzato un programma per la RAI, ho fatto da consulente per diversi progetti culturali in vari comuni sardi, ho curato mostre di illustrazione e di fumetto, ho scritto due sceneggiature per il cinema ho scritto un lavoro teatrale andato in scena a Milano a giugno (“Matrimoni”, al Superstudio Più, regia del grande Juan Diego Puerta Lopez) e un altro con Gianluca Medas, che ha girato e continua a girare per la Sardegna, tratto dal romanzo “Paese d’Ombre” di Giuseppe Dessì. Inoltre ho continuato ad occuparmi della mia scuola di fumetto, a Cagliari, che ho fondato nel lontano 1993. Ah, dimenticavo: sono anche direttore di una rivista trimestrale di cinema che si chiama Teorema e che è stata presente a tutte le manifestazioni nazionali più importanti.
È vero che molta della mia attività esula dal fumetto, ma da qui a dire che sono schivo, ce ne corre. Se uno si informa (e per farlo basta avere una connessione a internet), credo che possa constatare che non sono certo uno che risparmia le energie e la passione. Non credo che ci siano molti i colleghi con un curriculum come il mio (dal 1990 pubblico almeno un libro all’anno). Per fortuna, da qualche tempo ho alcuni preziosi collaboratori che mi assistono nel lavoro extrafumettistico, come l’indispensabile Stefania, o i miei agenti Daniele e Patrizio.
Forse la tua idea sbagliata deriva dal fatto che ultimamente non frequento le fiere di fumetto (anche se a luglio mi hanno invitato ad Atene per il Babel Festival, e ci sono andato), o forse perché non ho un sito internet (in realtà su internet sono ampiamente presente sia nel sito dell’agenzia letteraria che cura i miei interessi, sia su Hybris Comics, sia nel sito della Centro del Fumetto).
Devo confessare che questa domanda mi fa un po’ incavolare!

Non era mia intenzione farti incavolare, ovvio… e devo ammettere cha la mia era decisamente un’impressione sbagliata, derivante di sicuro dal fatto che la mia percezione era influenzata dal tuo lavoro in Bonelli e dalla mancanza di un tuo sito web… Accipicchia sono troppo dipendente dalla web-generation! Accetta le mie scuse, ed un paio di domande sulle tue attività collaterali. Sono molto curioso di sapere qualcosa a riguardo della Hybris Comics… me ne potresti parlare?

Hybris Comics è un esperimento: provare a proporre fumetti di giovani autori a un prezzo contenutissimo, in un mercato vastissimo. Traduciamo i fumetti in tre lingue e li mettiamo sul web, in modo che possano essere scaricati in tutto il mondo in formato pdf. Gli autori percepiscono direttamente il compenso del loro lavoro da chi acquista la loro opera. Credo che il futuro dell’editoria sarà qualcosa del genere.

Poco fa hai detto di aver pubblicato nel corso dell’anno due libri a fumetti per editori indipendenti. Di che libri si tratta? Quali sono gli editori, e dov’è possibile trovarli?

Uno è una raccolta di strisce umoristiche che ho pubblicato negli ultimi anni su varie riviste e quotidiani. S’intitola Bollicine, come quelle cantate da Vasco Rossi. La disegnatrice è Stefania Costa, che è riuscita a coniugare in maniera magistrale il segno occidentale con quello dei manga. Stefania, tra l’altro, è una disegnatrice di moda e una illustratrice molto brava. L’editore è Taphros che distribuirà il volume nel circuito delle fumetterie.
Il secondo albo s’intitola Da vent’anni e l’ho realizzato con Otto Gabos in occasione di un festival jazz. È la storia di un figlio che solo dopo la morte del padre riesce realmente a conoscere e a capire il genitore. Sarà distribuito nelle fumetterie da Black Velvet.

Al di là delle mie percezioni sbagliate riguardo il tuo carattere, fino ad ora non ho ancora menzionato che sarai tu a scrivere il duecentesimo episodio di Nathan Never. Che tipo di approccio narrativo hai riservato a questa storia? Nello scriverla, hai tenuto conto che sarebbe stata a colori?

Il numero 200 è già stato scritto, disegnato e colorato. È una storia che spazia dal passato al futuro più lontano, e pone la parola fine ad alcune sottotrame sviluppate nella seri regolare, svelando chi sono e che cosa fanno gli adepti della seta Yakumono che sono comparsi in alcuni albi. Una delle mie storie (un’altra è , per esempio, il gigante intitolato “I ribelli di Marte”) la cui morale è che l’amore è l’unica energia in grado di salvare l’Universo.

Ho una piccola curiosità tipica di chi è interessato ai dietro le quinte: come è stato allestito lo staff a cui è stata affidata la realizzazione di questo speciale albo anniversario?

Io volevo scriverlo, perché avevo un soggetto che mi sembrava adatto, e Antonio e Michele erano d’accordo. Ho chiesto che lo disegnasse Germano Bonazzi sia perché mi trovo molto bene a lavorare con lui, sia perché sapevo che poteva fare un buon lavoro con il colore. Infatti, mi aveva mostrato tempo prima delle tavole a colori che mi erano piaciute.

La collana dedicata all’agente speciale Alfa ha generato tutta una serie di collane ad essa collegate… una di queste è intitolata Asteroide Argo, e credo che possa essere considerata la tua creatura personale all’interno della cosmogonia neveriana. Mi racconti come è nata questa serie?

Sto lavorando al nuovo episodio di Asteroide Argo, con Elena Pianta. Sì, Asteroide Argo la sento una mia creatura. Volevo fare delle storie che richiamassero la fantascienza di Guerre Stellari e Star Trek. Mi diverto molto a scriverne le sceneggiature.

È possibile che tu prima o poi decida di far incontrare il cast di Asteroide Argo con quello dell’agenzia Alfa? Assisteremo mai alla riunione di famiglia tra May e April?

No, no credo. Se vuoi un’anticipazione posso dirti che ho pensato a una storia futura dove Jack O’Ryan abbandona Argo per cercare di tornare sulla Terra, ma vi arriverà in un’epoca diversa da quella che ha lasciato. Non so se la realizzerò mai, ma in ogni caso non penso che ci sarà mai alcuna riunione tra l’equipaggio di Argo e i vecchi amici.

Michele Medda è al lavoro su una miniserie ancora top secret, Antonio Serra è in procinto di vedere pubblicata la sua prima miniserie che pare si intitolerà Verne. Hai anche tu nel cassetto un progetto per una miniserie?

Ho anche diverse idee di miniserie che intendo proporre a Bonelli. Alcuni progetti li ho completamente sviluppati, altri sono ancora in fase di lavorazione. Però non è detto che l’editore li accetti. E poi ho Asteroide Argo. Intanto sto realizzando un volume per la Francia con un disegnatore straordinario (ma anche questo è un progetto top secret).
A parte il fumetto, in questo momento sto lavorando anche a un testo teatrale che andrà in scena tra qualche mese e ad alcune sceneggiature per il cinema, e ho appena iniziato a curare per un quotidiano una rubrica settimanale dedicata alle novità fumettistiche.



Stefano Perullo
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