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Ernesto García Seijas

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Intervista a cura di Giovanni La Mantia con la collaborazione di Stefano Perullo
Traduzione di Matteo Mezzanotte

ergs_foto_250Ernesto García Seijas, lei è unanimamente riconosciuto come un Artista dal tratto nitido e preciso, un vero luminare dell’anatomia e dell’uso della luce applicata al fumetto. Vogliamo cogliere l’occasione della sua generosa disponibilità per formularle alcune domande.
A volte lei ha lavorato in équipe con altri disegnatori, sebbene il suo segno risulti sempre netto. Una scelta editoriale del tempo oppure questo è accaduto naturalmente?


All’epoca in cui lavoravo per la casa editrice Record e per la Columba (produzione in seguito pubblicata dall’Eura), mi commissionavano una grande quantità di pagine ogni mese. Fu per questo motivo che Oswal si occupò delle matite in alcuni episodi di Mandy Riley e nell’intera La Estirpe de Josh (Josh Logan). Ripassai a china anche un paio di lavori in collaborazione con Roque Vitacca, pochi con Balbi, tutto questo per la Record. Per la Columba fu sempre Oswal a occuparsi degli schizzi di vari episodi di Kevin (la parte finale della storia). In precedenza, alla Columba, avevo lavorato per un paio di mesi con Enio, collaborando su alcuni progetti nei quali abbiamo sempre cercato di produrre molto materiale. La cosa, però, durò poco (ci firmavamo Garenio). E alla fine ho curato la chine dell’ultimo episodio de El Reloj de la Eternidad, per le matite di García López. Si è trattata, quindi, più di una questione di necessità che di casualità. Anche se devo ammettere che mi sono trovato molto bene a lavorare con Oswal e García López.

Se dovesse scegliere solo una fase del lavoro opterebbe per il disegno a matita oppure l’inchiostrazione?
E ancora, ama la colorazione delle sue tavole o preferisce il bianco e nero?


Mi piace sia disegnare che inchiostrare, ma se devo scegliere penso che opterei per le chine. Ho però l’impressione che la sintesi imposta dalle chine annulli referee_250molto della freschezza, della scioltezza e dei toni delle matite. Il bianco e nero è più caratteristico dei fumetti classici che ho letto da bambino e conserva una suggestione misteriosa. Ricordo però che adoravo quando sulle riviste compariva qualche pagina a colori. Alla fine penso che la scelta del bianco e nero o del colore siano entrambe valide, dipende dal contesto. Anche se è innegabile il vantaggio che comporta l’uso del colore. Mi piacciono entrambe le possibilità.

Alcuni tra i grandi sceneggiatori con i quali lei ha dato vita a storie memorabili: H.G. Oesterheld, Carlos Trillo, Robin Wood, Ray Collins, Eduardo Mazzitelli, Carlos Albiac, Alfredo Grassi.
Ci può dare un cenno sulle caratteristiche tecniche di questi autori che appaiono così differenti per attitudine? Come sono le loro sceneggiature (dettagliate e rigide, poco più che accennate per dare spazio alla sua fantasia, assolutamente libere e aperte ai suoi suggerimenti)?


Mi risulta difficile parlare delle caratteristiche tecniche degli autori. Posso dire che mi sono trovato a mio agio a lavorare con tutti loro. Quando collaborai con H.G. Oesterheld ero molto giovane, ma ricordo quanto fu facile lavorare sulle sue sceneggiature: chiedeva solo le cose indispensabili, ma era tutto comprensibile e ti permetteva di disegnare con grande libertà. Con Carlos Trillo lavorai a lungo ed è a lui che devo personaggi come El Negro Blanco (Bruno Bianco), Pequeño Rey (Talhi Tyler), Brujas (Le Streghe), Flopi e altri. Con lui ho avuto un rapporto unico, che si è tradotto in una grande libertà creativa. Trillo è uno sceneggiatore che aiuta molto il disegnatore, ha fantasia e rende possibile l’impossibile. Robin Wood è uno sceneggiatore drammatico con una propensione per i colpi di scena: le sue indicazioni erano corrette, ma in certe situazioni esagerava, pensando di ottenere il massimo da ciascun disegnatore nelle scene d’ambientazione e di violenza. Ray Collins è uno scrittore sensibile. Con Carlos Albiac e Alfredo Grassi mi trovai bene, anche se per me è impossibile ricordare un loro tratto specifico senza omettere qualcosa. Di certo entrambi degli ottimi sceneggiatori. Eduardo Mazzitelli (ho una sua sceneggiatura di Radzel su cui sto lavorando) è capace di scrivere piacevoli sceneggiature dando la totale libertà nelle inquadrature, suggerisce e mi permette di prendere la decisione finale.

almanaque_2007_250Ha mai pensato di realizzare in proprio un suo personaggio, dall’ideazione al soggetto e alla sceneggiatura?

Sì, molte volte. Ma non ho mai avuto abbastanza fiducia nelle mie capacità di scrittura. Sarebbe l’ideale, però anche se ho un’idea di come dovrebbe essere quel personaggio, non credo che potrei scriverlo io.

Nonostante la grave crisi economica che ha colpito l’Argentina lei non ha seguito le tracce di altri Artisti suoi compaesani verso il mercato nordamericano.
Il genere supereroistico, che lì rappresenta una grossa fetta di mercato, non la interessa particolarmente oppure non è stato mai contattato in maniera convincente?
Un personaggio di cui si dice che prima o poi avrà l’onore della sua firma è Batman, cosa c’è di vero?


Non ho mai lavorato su supereroi per il mercato Nordamericano (a parte un’esperienza per la Warren agli esordi, una storia romantica, ma nient’altro). Se avete visto qualche mio lavoro su supereroi, si trattava di incarichi per il mercato argentino: c’era una casa editrice, la Acme Agency, che importava fumetti dal Messico. Alla Acme Agency accorpavano le rese dei fumetti facendone degli albi sui quali io disegnavo molte storie, sia di supereroi che comiche, come la Pequeña Lulú, per esempio. Ammetto che mi sarebbe piaciuto lavorare per il mercato statunitense ma non su sceneggiature di supereroi. Mi piacerebbe invece misurarmi con i personaggi di Alex Raymond, Frank Robbins (con Johnny Hazzard), Roy Crane, Bob Schoenke (un’altra epoca). Non m’interessa Batman, senz’altro un grande personaggio ma non per me.

obreros_250Maestro, lei è considerato uno dei grandi del fumetto mondiale. Cosa la ha spinta ha cimentarsi con una produzione seriale come quella della Sergio Bonelli Editore?
Il suo apporto a questo marchio editoriale sarà continuativo e in esclusiva, o pensa di collaborare solo sporadicamente?


Quando disegnavo El Negro Blanco (Bruno Bianco) per il giornale Clarín - una striscia quotidiana - non potevo accettare l’offerta fattami dal Sig. Sergio Bonelli per disegnare un albo speciale di Tex. L’amico Alvaro Zerboni, che in quel momento mi accompagnava in un viaggio a Buenos Aires, mi spiegò l’importanza di quella casa editrice, ma non fu comunque possibile. Negli anni Cinquanta Tex venne pubblicato in Argentina sotto con il nome di Colt Miller. Fu uno dei primi personaggi che lessi da bambino e che ho sempre ricordato con affetto. Dopo una nuova offerta, anni dopo, decisi di accettare l’incarico. A quell’epoca il panorama che mi si prospettava e le possibilità lavorative unite alla sfida rappresentata dall’interpretare un personaggio così importante, mi spinsero a dedicarmi a Tex con entusiasmo. Ho intenzione di continuare la mia collaborazione.

Nell’ambito della historieta sudamericana ci sono altri progetti in cantiere?
Le piacerebbe riprendere un suo vecchio personaggio? Se sì, quale?


Nel mio Paese è pressoché impossibile trovare uno spazio per i fumetti, eccetto sui giornali dove però la cosa ormai sembra andare scemando. Per questo non vedo un futuro qui.
Certo, in alcuni casi mi piacerebbe. Especies en Peligro (Specie in via d’Estinzione), pubblicato sul quotidiano La Nación tra l’anno 2000 e il 2002, Brujas (Le Streghe), Flopi, Radzel. Anche se preferirei qualcosa di nuovo, non si sa mai.

corazonroto_250Dall’esterno della realtà argentina sembra che stiamo assistendo a una ripresa del mercato, complici alcune iniziative come i volumi allegati ai quotidiani, la nuova stagione di Fierro e alcuni editori quali Ivrea, Colihue e Doedytores che stanno ristampando i migliori nomi della historieta.
Cosa pensa dell’attuale situazione editoriale in Argentina?


Non penso ci sia una tale rinascita. È vero, i quotidiani raggiungono buone cifre di vendita, ma è un qualcosa dal sapore nostalgico e in più possono sfruttare la pubblicità. Anche così, comunque, le cifre attuali sono niente a confronto di quelle di altri periodi. Non conosco una rivista che riesca a vendere in modo soddisfacente se non esce abbinata a un quotidiano. Mi piacerebbe assistere a una rinascita, ma la realtà è che praticamente tutti i disegnatori di fumetti seri (humor a parte) lavorano per l’estero.

Grazie per la chiacchierata, Maestro.
Ci auguriamo di vederla quanto prima nel nostro Paese, magari ospite di uno delle tanti saloni dedicati al media fumetto.


Grazie a voi, siete stati molto gentili.

 



Annamaria Bajo
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