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Volto Nascosto: Gianfranco Manfredi

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Intervista a cura di: Giulio Capriglione, Gennaro Costanzo, Giovanni La Mantia, Alessandro Maio, Davide "Curioso" Morando

È finalmente uscito il tanto atteso numero uno di Volto Nascosto. Le prime impressioni, leggendo i commenti di pubblico e critica, sono molto positive. Com'è nata l'idea per questa serie? Quali sono le sue caratteristiche principali?

Sono stato sempre interessato al romanzo storico, in particolare alla storia di fine Ottocento, che è storia recente (l’epoca in cui i miei nonni erano ragazzi) e ha avuto e ha ancora una grande influenza su di noi. Con VN ho scelto la forma del romanzo a fumetti perché non volevo perdermi la ghiotta occasione di far vedere, invece che limitarmi a descrivere, gli affascinanti paesaggi dell’Etiopia e gli scenari sontuosi della Roma umbertina. Oggi i lettori di romanzi fanno una certa fatica a immaginarsi il passato e si annoiano di fronte a digressioni di tipo descrittivo, che infatti (purtroppo) stanno scomparendo dalla letteratura contemporanea. Il fumetto offre invece la possibilità (e la chance per i disegnatori) di poterli mostrare.

Ugo Pastore, il primo personaggio che conosciamo, non è il classico eroe dei romanzi d'avventura. Non è forte, non è sicuro. Il suo nome non è epico. Ha perfino un difetto fisico che lo rende tutto fuorché bello. È però un testimone, per nulla distaccato, del suo tempo. In questo senso pare quasi che, più che a Magico Vento, tu abbia pensato a Poe per creare Ugo. È solo una nostra impressione? Parlaci di Ugo.

Non c’è il minimo riferimento a Poe. Io non lavoro per “modelli”, cerco invece di inventare (anche in MV) dei personaggi che somiglino a persone reali (o possibili), non a “caratteri”, e tanto meno a super-eroi. Ugo rappresenta l’amicizia, con caratteristiche umane che ricordano ciò che Fabrizio De André cantava in “Amico Fragile”. La sua fragilità è apparente, Ugo è una persona sensibile, ma sempre coerente con le sue scelte. Di certo non è un vigliacco e si prende tutti i rischi possibili. Tende a vedere sempre il buono negli altri, e questo a volte lo frega. Ugo però non se la prende mai con il “mondo cattivo” che non lo capisce. Non è un depresso. Cerca sempre soluzioni. Il suo carattere si capirà molto meglio nei prossimi episodi, quando lo vedremo a contatto con quelli a lui opposti di Vittorio De Cesari e di Matilde Sereni, cioè gli altri protagonisti della serie.

È giusto dire che ti rispecchi più in figure come Ugo o Poe piuttosto che nei tuoi più famosi eroi ai quali però vorresti tendere? Qual è l'eroe di Volto Nascosto?

Non mi pongo mai problemi di rispecchiamento. Credo che uno scrittore debba raccontare gli altri, non se stesso. Anche perché la vita di uno scrittore è in genere molto noiosa, si passa il tempo seduti a scrivere. Il vero eroe della serie è Volto Nascosto, e il fatto che sia mascherato, misterioso, defilato, quasi un fantasma che aleggia sulla vicenda, fa capire quale sia il mio eroe favorito: quello che sa restare anonimo, che non combatte per la propria fama e gloria, ma per un ideale collettivo.

Un ritorno, quello della recitazione corale, da te già interpretata molti anni fa in Gordon Link. Che lavoro è stato fatto per caratterizzare i protagonisti e gli altri personaggi della serie?

Quello di Gordon Link era un gruppo. La coralità di VN è un’altra cosa. Se volete, somiglia un po’ a quella di una serie come "Lost", forse ancor più a quella di "Desperate Housewives". Cioè i protagonisti sono più di uno e i loro caratteri autonomi si definiscono nel confronto con quelli degli altri. Questo comporta un lavoro notevole, perché si tratta di scrivere la storia sulla base dei personaggi, non viceversa. D’altro canto a me non piace mettere in scena personaggi che siano puramente di servizio alla vicenda. Volto Nascosto è un fumetto di genere epico, e l’epica (come ricorda Aristotele) è un genere che mescola tragedia e commedia. Nella tragedia i personaggi sono massacrati dal destino, la vicenda li ingoia e li maltratta. Nella commedia la vicenda invece è figlia dei personaggi, scaturisce da loro. L’epica incrocia queste due cose: Ulisse ha un destino, e infatti viene sballottato dagli dei per tutto il Mediterraneo, ma ha anche una sua personalità che gli consente di sfuggire al destino prefissato, in virtù del suo carattere, riassunto nell’astuzia. Il racconto epico è poco praticato oggi proprio perché è difficile fare interagire questi elementi in modo equilibrato. Nei fumetti poi si tende sempre a una semplificazione delle psicologie e dunque è anche più arduo raccontare dei personaggi “a tutto tondo”. Se io racconto spesso i sogni dei personaggi è anche per questo: il sogno permette di visualizzare l’interiorità dei personaggi, le loro ansie, le loro paure, ma anche le loro speranze e aspirazioni segrete.

Nel primo numero di Volto Nascosto, la politica e l'introspezione hanno un ruolo predominante rispetto all'avventura. È una caratteristica che percorrerà l'intera miniserie? Se sì, come mai questa scelta così inconsueta per una serie Bonelli?

Avventura non vuol dire un continuo bang bang. Nemmeno in Salgari i personaggi vengono sacrificati a uno stile da azione a rotta di collo. La scena più bella e famosa del Corsaro Nero non è un duello, ma quando si apparta e piange. Detto questo però nei prossimi numeri, e man mano che la serie andrà avanti affrontando gli scenari di guerra, ci saranno una quantità di pagine d’azione come non s’era mai vista prima sugli albi Bonelli. I primi numeri hanno ovviamente il compito di presentare i personaggi e dunque vi si sottolineano di più i momenti intimi (come ad esempio, nel primo numero, i colloqui tra Ugo e suo padre).

Quali sono i riferimenti letterari ai quali ti sei accostato per ideare questo affresco storico? Ci puoi dare qualche appiglio culturale preciso?

I riferimenti letterari in questo caso non ho dovuto (come in MV) andarmeli a cercare, perché covavano già in me da anni. Sono un buon conoscitore della narrativa dell’Ottocento, non mi sono mai limitato a Manzoni (che peraltro non amo affatto). I riferimenti hanno pesato molto nella creazione del personaggio di Matilde che è una tipica eroina ottocentesca, con una sua precisa autonomia, ma certo vicina per sensibilità a personaggi come Violetta (della Traviata), Teresa Raquin (di Zola), la contessa Livia (di Senso di Boito, portato sullo schermo da Visconti), Hedda Gabler (di Ibsen), insomma una pluralità di figure femminili che hanno rappresentato insieme il coraggio e la fragilità delle donne dell’Ottocento.

Il fatto di avere utilizzato personaggi e ambientazione legati alla storia del nostro Paese, anche se in epoca diversa, come ti ha condizionato durante la stesura della sceneggiatura? Cosa credi che abbia da dire, al giorno d'oggi, l'ambientazione che hai scelto per la tua serie?

Ho scoperto che quell’epoca in particolare, forse per un gioco di cicli storici, è straordinariamente attuale. C’era allora una grande separazione tra società e politica, infuriavano scandali bancari e finanziari, l’Italia si impegnava in avventure militari al solo scopo di contare rispetto alle altre potenze europee, il problema del confronto con le culture del Terzo Mondo era molto forte, si ondeggiava tra esotismo e razzismo. Insomma, scrivendo non avevo l’impressione di raccontare qualcosa di lontano da noi e dal nostro presente.

Volto Nascosto è una serie a termine e in stretta continuity. Questa formula, utilizzata da Bonelli da appena qualche anno, sta riscuotendo un enorme successo in Italia. Qual è la tua opinione su questo formato? Credi che le miniserie, in qualche modo, "funzionino" meglio delle ongoing?

Il punto è che il vecchio seriale non nasceva programmaticamente seriale, ma lo diventava. Se un personaggio funziona, nessuno, nemmeno l’autore può farlo morire. Oggi invece un seriale viene programmato in partenza, e se poi non funziona si chiude la testata e si lascia a bocca asciutta il pubblico, magari minoritario, cui il personaggio era piaciuto. In questo modo si rischia una narrazione inconcludente. Meglio il ciclo che ha un inizio e una fine, perché consente di concentrare la narrazione in un arco definito senza perdesi in rivoletti collaterali e senza rischiare la ripetitività. Si è anche più onesti con i lettori, che oggi, come pubblico, cominciano a sentirsi un po’ presi in giro per esempio da certe serie televisive infinite che promettono di svelare un mistero e poi non chiudono mai e la tirano in lungo fino a diventare insopportabili.

Sembra che la realizzazione grafica della serie sia a buon punto – quando non già terminata – per tutti gli albi previsti. Sei soddisfatto dell'impatto visivo che lo staff ha proposto?

I disegnatori hanno fatto e stanno facendo un lavoro davvero eccezionale, consapevoli che questa serie offre loro delle possibilità espressive che capitano di rado e dunque può metterli pienamente in luce. VN è davvero un romanzo per immagini. Le immagini non sono semplicemente illustrative, ma esprimono la narrazione. Diverso e annoso è invece il discorso della grafica vera e propria, intesa come logo, impostazione della copertina, grafica delle rubriche eccetera. Qui abbiamo cercato di fare un lavoro più attento del solito, però sono convinto in generale che nei fumetti si debba fare di più . Oggi la cultura grafica è importantissima per i giovani. I giornali, le riviste e le pubblicazioni a fumetti tendono invece a replicare impostazioni molto, troppo tradizionali.

Prescindendo dagli impegni di ognuno, come si è giunti alla decisione di scritturare un artista ancora poco noto nel nostro Paese come l'ottimo Erin Burak, e due guest star d'eccezione come Roberto Diso e Giovanni Freghieri? Li vedi particolarmente adatti al tipo di narrazione grafica che ti sei prefisso?

VN si svolge nell’Africa orientale e a Roma. Massimo Rotundo (il disegnatore delle copertine e di due episodi) è romano e ha collaborato anche a molte scenografie cinematografiche. Era dunque la persona ideale per le ambientazioni romane. Erin Burak (che ci è stato proposto dal suo agente) è turco, e per lui gli scenari dell’oriente mediterraneo non hanno segreti. Dunque anche lui era la persona giusta al posto giusto. Giovanni Freghieri l’ho sempre apprezzato molto. Le migliori storie che ho scritto per Dylan Dog sono state quelle disegnate da lui. Quindi gli ho chiesto di disegnare l’episodio che pensavo potesse fare meglio, cioè un episodio in bilico tra storia d’amore e cupe ossessioni. Ha fatto davvero un lavoro notevole. Roberto Diso era perfetto per l’episodio dell’assedio di Macallé, uno scenario tutto militare, che andava realizzato in modo non calligrafico, con sintesi ed energia.

È chiaro, fin dalle copertine, che Volto Nascosto non punti allo stesso parco lettori di Brad Barron e di Demian. State tentando d'allargare l'interesse per il fumetto popolare anche a quelli che, solitamente, lo snobbano?

Io non faccio mai scelte di “target”. Certo mi auguro che per la sua impostazione romanzesca e per i temi trattati, VN possa attrarre anche lettori che normalmente non si avvicinano al fumetto, e in particolare le lettrici che oggi costituiscono l’80% dei lettori di narrativa letteraria, e che sono notoriamente più esigenti in fatto di estetica e di attenzione psicologica. Però questo non vuole essere un consiglio ad altri autori, e neppure a me stesso. Potrei anche scrivere, se capitasse, una storia iper-fumettistica. A me piacciono tutti i generi, nessuno escluso. Il punto è come li si realizza. Si può scrivere un romanzo storico, magari anche di successo, ma farne una porcheria sotto il profilo dello stile. E si può scrivere (si sono scritti) un manga o una storia di supereroi e farne un capolavoro.

In tanti già si stanno chiedendo chi si nasconde dietro la maschera di Volto Nascosto. Alcuni sperano addirittura che la cosa non venga mai rivelata, in perfetto stile Alan Moore. Allora forse la domanda corretta è: Importa veramente il volto dietro la maschera?

Non posso anticipare nulla. Posso però dire che vedremo il volto, ma non sapremo mai il vero nome di Volto Nascosto. Non si tratta del solito eroe occidentale schizoide che ha un’identità segreta. Si tratta di un eroe della guerra di liberazione anti-coloniale che combatte per una causa collettiva, non per motivi privati, né per una scelta puramente personale e neanche per un ideale astratto di Giustizia, ma per il concreto riscatto del suo popolo. La sua maschera è leggendaria e alimenta il mito, ma pone una serie di interrogativi che non saranno risolti soltanto rivelando il volto fisico che c’è sotto, ci sono molti altri misteri sotto la maschera. Fino alle ultime pagine dell’ultimo numero ci sarà materia su cui interrogarsi.



Gennaro Costanzo
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