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Paola Barbato e Bruno Brindisi

Interviste a cura di Gennaro Costanzo, Guido "Doc" e Davide "Curioso" Morando.

Disegni, sketch e fotografie a cura di Bruno Brindisi.

Per leggere il resto dello speciale "I primi 20 anni di Dylan Dog", clicca qui.



Paola, nella storia del ventennale ha un ruolo fondamentale Xabaras che subisce un ulteriore evoluzione acquisendo maggior spessore come personaggio. Puoi parlarcene?

Paola Barbato: Xabaras è sempre stato un personaggio cardine della serie, pur comparendo sporadicamente e rimanendo avvolto da un alone di mistero. Tiziano in occasione dei vent'anni di Dylan Dog ha deciso di farlo scomparire definitivamente dalla serie, svelandone nel contempo un po' più precisamente l'identità. Essendo un personaggio che amo molto, ho voluto che la sua uscita di scena gli rendesse merito, quindi ho cercato di approfondirne la personalità e il morboso legame con Dylan nelle pagine che avevo a disposizione (e per questo ho chiesto -e ottenuto- che la storia fosse doppia).

Il ruolo di Cagliostro come protettore di Dylan sarà decisivo nel proseguimento della saga o saranno gli autori a decidere che peso dare alla faccenda?

PB: Ogni autore avrà la libertà di gestire Cagliostro come crede: non utilizzandolo affatto, inserendolo come comparsa, facendolo agire da gatto, costruendo dei siparietti con Groucho o con Dylan oppure sfruttando le sue doti di potente negromante. E' ovvio che Cagliostro non diventerà un deus ex machina che interverrà a salvare ogni situazione (sarebbe anche abbastanza contrario alla sua personalità, visto che detesta Dylan nemmeno troppo cordialmente).

Sono molti i lettori più o meno disaffezionati che ripongo in te grandi speranze per il futuro della serie, questa è forse la prova che li farà più parlare. Quanto ha inciso il peso dell'aspettativa sulla stesura di una storia così importante?

PB: Moltissimo a livello emotivo. Ho scritto "Il numero duecento" senza avere l'esatta percezione dell'importanza e della responsabilità che avevo, e ho fortunatamente fatto tesoro di quell'esperienza (relativo panico compreso). Eliminare definitivamente un personaggio del calibro di Xabaras e contemporaneamente riannodare una serie di fili rimasti spezzati in passato era una bella patata bollente, e lo sapevo. Ho cercato di mantenere un equilibrio, di rimanere fedele ai personaggi e all'altalenante continuity della serie senza tradire i lettori ne' disattendere le aspettative di Tiziano. Non so se ci sono riuscita.

Xabaras! e Nel nome del Padre costituiscono un racconto fortemente atipico rispetto al comune immaginario dylaniano. I ritmi spezzati e la narrazione claustrofobica lasciano spazio ad una storia lineare imperniata di continuty, dalle tinte quasi rosa che pare dover più ai manga che a Sclavi.
Uno stile non troppo dissimile dal tuo solito ma qui fortemente accentuato e sottolineato dall'importanza dell'anniversario. Dobbiamo interpretarlo come un forte segnale in direzione dei nuovi possibili lettori da parte dell'editore?


PB: No, assolutamente. La scelta di far prevalere l'aspetto emotivo e "intimista" e di mettere in primo piano i sentimenti dei protagonisti è stata esclusivamente mia.

Molti lettori hanno notato incongruenze nella continuity di Dylan Dog con quanto narrato nel ventennale, molti altri invece giustificano tali incongruenze con le anche manipolazione di Cagliostro. E' in realtà così oppure in Dylan Dog la continuity del personaggio è solo relativa?

PB: Credo che quando Tiziano ha creato Dylan Dog e ha scritto il n° 1 non si sognasse di arrivare a un traguardo del genere. Per questa ragione le cose dette nel n° 1 non corrispondono ad altre dette nel n° 100. Le contraddizioni esistono quindi a monte. Gli episodi legati alla continuity spesso sono slegati tra loro ed è stato un rompicapo far combaciare diverse cose. Un po' come la quadratura del cerchio. Certamente l'impianto della serie non prevede una continuity stretta, ma quella che c'è è un fattore imprescindibile.

In questi due numeri vengono risolti tanti enigmi ma ne vengono posti altrettanti, per esempio il motivo per il quale Dylan si trova nel nostro secolo (ma questo è solo uno dei tanti). Si sta già pensando ad un futuro svolgimento di tali sottotrame o è troppo presto per parlarne?

PB: Decisamente è troppo presto. Io ho voluto disseminare di spunti queste due storie perché chi dovesse riprendere in futuro in mano le vicende narrate potesse avere una serie di appigli in più.

La storia del ventennale esce praticamente in contemporanea con la ristampa in formato "Maxi" dei primi numeri di Dylan Dog. E' inevitabile pensare che in tanti confronteranno quelle storie con le tue appena uscite. Ti senti di poter concorrere alla pari?

PB: Assolutamente no. Come lettrice io per prima mi rendo perfettamente conto che i primi Dylan Dog sono molto diversi dalle ultime uscite. Fortunatamente non mi sento davvero - non mi sono mai sentita - in competizione con Tiziano, il peso del confronto lo avvertono di più gli altri. Se fossimo nel 1986 allora sarebbe un altro paio di maniche...

Un bel giorno Sclavi e Marcheselli decidono di rinunciare alla supervisione di Dylan Dog lasciando tutto nelle tue mani. Qual è la prima cosa che faresti, sia come sceneggiatrice che curatrice?

PB: Solo cose impopolari, credo. La prima sarebbe far invecchiare Dylan e dotarlo di memoria critica di tutte le sue avventure. O almeno farlo evolvere di almeno un anno ogni 100 numeri. Ma so bene che significherebbe stravolgere personaggio e serie.

Dopo vent'anni e dopo 250 episodi (circa) cosa ha da dare ancora Dylan Dog?

PB: Esattamente tutto quello che ha da dire e da dare la vita. Dylan è lo specchio, a volte distorto, a volte limpido, del mondo in cui viviamo (e di tutto ciò che non è) e di chi lo abita (a ogni livello). Finché ci sarà la voglia di raccontarli Dylan avrà voce.

Sei passata da vorace lettrice dell'indagatore dell'Incubo a regista di uno dei momenti cardine della sua vita. Ci parli del tuo futuro su Dylan Dog ed in generale dei tuoi prossimi progetti lavorativi?

PB: Del futuro di Dylan non so nulla, conosco solo il suo presente. L'anno prossimo usciranno alcuni miei albi già pronti (il primo a gennaio, credo), poi ci sarà un ovvio periodo di pausa, dovuto a priorità personali abbastanza evidenti. Sto lavorando al mio secondo romanzo e anche questo sarà un bell'impegno. Ma vale per me quel che vale per Dylan: vivo molto il presente e il domani lo lascio a domani.

Comicus: Bruno, Dylan Dog ha vent'anni, e tu ne sei stato uno degli interpreti più celebri. E' cambiato qualcosa, sia graficamente che interiormente, nel vostro lungo rapporto?

Bruno Brindisi: E' cambiato lui, sono cambiato io, sono cambiati i lettori. Del resto per ogni nuova storia l'approccio, anche grafico, nei limiti del possibile va adattato. Al tipo di storia, ma anche alla sensibilità degli sceneggiatori, che sono diventati tanti e molto diversi. Ovviamente la mia evoluzione a livello di disegno nell'arco di 16 anni c'è stata, per fortuna. Credo d’essere più bravo, d’essere maturato. L'idea di disegnare sempre allo stesso modo mi deprime, non so se ci riuscirò, ma cercherò di non fossilizzarmi. Anche a costo di "peggiorare"!

Come hai affrontato questo doppio episodio così importante per la storia del personaggio?

BB: Con entusiasmo! Con le possibilità in più che dà il colore e la fortuna d’aver potuto seguire il lavoro di Nardo Conforti in ogni istante (povero lui) abbiamo provato a sperimentare cose nuove a livello di atmosfere e di soluzioni grafiche, un po' più "americane". Tutti gli inevitabili ritocchi e correzioni, compresa l'applicazione dei balloons, le abbiamo fatte noi. Avendo scansionato le tavole prive di lettering, per velocizzare il lavoro, c'è stato bisogno di una seconda scansione, per poi scontornare i testi e applicarli sulle centottantaotto tavole finite.
Ci ha dato una grande mano la mia ragazza Cristina, il tempo stringeva e ci ha salvato la vita. Difficilmente in futuro mi capiterà d’avere un controllo così totale su tutte le fasi del mio lavoro. La stampa dei colori è stata molto fedele all'originale, tra l'altro.

Com'è il tuo rapporto con Paola? Come avete affrontato la realizzazione di questo doppio episodio?

BB: Ci sono state telefonate improvvise anche di notte, come mi è già capitato in passato, perché se Paoletta ha un dubbio e si fa prendere dall'ansia non esita ad interpellarmi per essere sicura che qualche sua idea più o meno folle o complicata sia poi "disegnabile". Finché non le ho detto: "Non ti preoccupare, possiamo fare tutto, siamo onnipotenti, stai in mano all'arte". Così si è tranquillizzata, ma soprattutto dopo aver messo la parola fine ad una sceneggiatura di cui sicuramente sentiva il peso. Ormai toccava a noi.

Dopo vent'anni, e dopo 250 episodi (circa), cosa ha da dare ancora Dylan Dog?

BB: Credo tanto, è un personaggio che ha molte sfaccettature e quindi numerose possibilità di sviluppo.

Il tuo tratto, dagli esordi fino ad oggi, si è evoluto pur restando sempre riconoscibile. In che modo e attraverso quali influenze è avvenuta questa evoluzione?

BB: Forse attraverso la perdita delle influenze. All'inizio, pieni d’incertezze, si guarda costantemente ai modelli di riferimento, si fa più uso di foto. Ormai cammino sulle mie gambe, saranno anche un po' storte ma sono le mie. Non per questo mi reputo superiore o non mi guardo più in giro, anzi. Sarebbe la fine!

Tex e Dylan Dog sono le due icone della Bonelli e le tue matite hanno impreziosito entrambi i personaggi. Quali sono le reali differenze che hai riscontrato lavorando su questi due personaggi?

BB: La differenza che sento di più è la sensazione che su Dylan posso fare più o meno quello che mi pare, a livello di grafismi, inquadrature o divisione della tavola. Lo spazio per sperimentare su Tex ancora non c'è, neanche sui Texoni, ma credo che sia giusto così. Disegnare il west è bello, ma avere la possibilità con Dylan di cambiare registro ad ogni storia è anche meglio.

In una recente premiazione, Majo ha dichiarato di non leggere più fumetti da anni. E' così anche per te? Se invece li leggi ancora, quali sono i tuoi preferiti?

BB: Leggo tutti i Dylan, ma delle altre serie compro (e di solito leggo) solo i disegnatori che mi piacciono. Tra di loro c'è anche Majo, peccato che lui non faccia altrettanto. Non compro i fumetti soltanto per leggere una storia, esigo dei bei disegni e sono pure di gusti difficili. Così mi perdo probabilmente un sacco di belle storie, pazienza.

Spesso l'analisi critica delle storie si sofferma in prevalenza sulla sceneggiatura, riservando poche parole ai disegni, come se tutti fossero in grado di giudicare una storia mentre i disegni devono essere giudicati da esperti. In che modo, secondo te, un critico dovrebbe affrontare il giudizio sui disegni?

BB: Sinceramente mi interessa solo il giudizio del mio editore, del mio sceneggiatore e dei colleghi che stimo. E dei pochi lettori veramente competenti.

Bruno, cosa prevede il tuo futuro, continuerai a lavorare su Dylan Dog o lavorerai su altri personaggi Bonelli? E fuori dalla Bonelli, produzioni italiane o (perché no?) estere?

BB: Sono quasi tre anni che ho iniziato la collaborazione anche con l'editore francese Les Humanoides Associés. Sono già usciti due volumi e prossimamente ne usciranno altri due; la serie si chiama Novikov. Ma il mio impegno principale resta per Dylan, per adesso non ho altri progetti.


Concludiamo questa lunga intervista con un simpatico siparietto che vede protagonisti Bruno Brindisi e il colorista Nando Conforti. Per citare il disegnatore salernitano, si tratta di "alcune foto che vedono me e Nardo Conforti discutere durante la lavorazione..."







Carlo Del Grande
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