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Intervista a Roberto Recchioni e Lorenzo Bartoli: John Doe


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Intervista a cura di Giovanni Agozzino

Perchè avete scelto la strada del citazionismo esasperato? Dopotutto il lettore medio di oggi è molto più smaliziato di quanto non lo fosse 20 anni fa, e spesso le citazioni non provengono da questo o quel film cult semisconosciuto, ma dal blockbuster andato in onda la sera prima. Non credete che il lettore provi un fastidioso senso di deja-vu?

Recchioni: Sì, lo crediamo eccome.
Infatti, come ho ripetuto almeno un centinaio di volte su internet e un paio negli editoriali di JD, John Doe non è un fumetto citazionista.
L'operazione di JD si muove nel segno del post-modernismo e del referenzialismo (John vive in un universo in cui esistono le stesse opere di finzione che esistono nel nostro e quindi può capitare che un personaggio parli di una serie televisiva o di un film) ma quasi mai in quello del citazionismo.
Citare significa mettere in scena, di peso, una scena di un altra opera e rievocarla per filo e per segno, palesandone le fonti. Per farti un esempio, Brian De Palma è un regista che adora le citazioni e i suoi film ne sono zeppi (basti pensare a una delle più palese: la scena delle scale ne Gli Intoccabili) ma non è assolutamente l'operazione condotta da JD.
JD non cita, se ne frega delle fonti e si diverte a smontare i giocattoli altrui e ricostruirli in forme relativamente nuove.
Quindi mi sento di respingere al mittente questo tipo di appunto in maniera assoluta.

Bartoli: Post-moderno rischia di essere un'etichetta, proprio come citazionista. Diciamo che John Doe cerca di non farsi etichettare, impresa difficile a cui spesso anche noi autori non riusciamo a sfuggire. Per comodità, o semplicemente per parlare, le etichette risultano comode, sono adesivi sui barattoli dell'intelligenza. La ricerca semantica e semiotica, comunque, ci affascina da sempre, per cui John Doe è un fumetto che cerca la sorgente dell'ispirazione e ci sguazza di brutto.

Le storie più significative e riuscite di JD sono quelle che giocano smaliziatamente con i meccanismi della serialità, quelle che stravolgono il normale meccanismo narrativo conosciuto (impropiamente) come "bonelliano". Mi riferisco ai numeri 5, 6, 17, 21. Nella seconda stagione ci saranno esperimenti in tal senso?

Recchioni: Sì-no- non saprei.
Prima di tutto non sono sicuro che le storie migliori di JD siano quelle che citi. Sicuramente sono quelle con uno svolgimento meno lineare nella struttura narrativa.
La nuova stagione è talmente diversa che certi sconvolgimenti non hanno poi molto senso. La storia sarà molto più corale, molto più in continuity e con una matrice quasi super-eroistica.
In un contesto così movimentato credo che certe soluzioni narrative siano più che altro disfunzionali. Ci saranno delle sorprese, questo posso garantirvelo, ma saranno di matrice diversa da quanto avete già letto.

Bartoli: Il meta-fumetto è sempre un gioco rischioso, che sbalestra il lettore e gli ricorda che tutto è un gioco. C'è di più: qualcuno, addirittura, smette di seguirti perché non vuole vedere le quinte del teatro. Noi ci divertiamo a scrivere certe storie, ma sappiamo di non dover esagerare. Il fumetto classico ha un valore aggiunto - la sospensione dell'incredulità - che ci piacerebbe conservare.

Alcuni numeri di JD soffrono di particolare "leggerezza", nel soggetto e anche nello svolgimento: è una scelta, quella puntare su una lettura semplice e veloce?

Recchioni: Uno dei maggiori problemi che affliggono il fumetto seriale moderno italiano è il non aver capito che la soglia d'attenzione dei lettori si è abbassata.
Storie che per lettori di 20-30 anni fa andavano benissimo, ora appaiono lente e ingessate. E' un effetto della televisione, dei videogiochi, dei video di MTV, è un effetto dell'evoluzione della tecnica di montaggio cinematografico e via dicendo.
La vita ha ritmi più veloci, la narrazione si adatta.
Tutti gli altri media lo hanno capito, il fumetto molto meno.
Io voglio che le mie storie si lascino divorare in fretta e che lascino la voglia di leggerne altre.
Il soggetto e la tecnica narrativa quindi deve seguire di conseguenza sotto ogni punto di vista.
Nell'incisività del soggetto, nella capacità di rifiutare alcuni stilemi (come l'essere costretti, in ogni numero, a mettere in scena una storia avventurosa) nel ritmo dei dialoghi e nella velocità del montaggio di scene differenti. Forse questo è l'aspetto tecnico su cui ho lavorato di più e quando mi sento dire che anche storie discretamente strutturate come il numero 21 o il 24 scorrono via velocemente, io sono infinitamente felice.

Bartoli: Adoro le storie leggere. Sono le più difficili da scrivere, poiché la banalità è in agguato e se il disegnatore ti sbaglia un'espressione è finita. Cito spesso l'esempio di JD numero 10, "Il re del mondo". Mi sono documentato come un pazzo per cercare delle battute all'americana, quelle che non fanno ridere nessuno se non un pubblico di figuranti e le ho messe in bocca al comico co-protagonista della storia. Sapete che cosa mi sono sentito dire da qualcuno? “Ehi... quelle battute non fanno ridere! Molto meglio quelle che dice Groucho!” Ecco, questo è il rischio di inseguire la leggerezza; qualcuno crede che si tratti di mancanza di intensità. Molto difficile far sorridere, credete a me. Se prendo un paio di personaggi, ci metto in mezzo una faida familiare, un figlio indesiderato, un oscuro segreto: ecco una storiona. Maccheppalle, però! Certo, ho scritto anche storie del genere, ma con dentro la giusta dose di autoironia!

Ci sarà spazio per disegnatori "non mainstream" (come Accardi e Rosenzweig) nel corso della seconda stagione? E di esordienti?

Recchioni: Eccome! Prima di tutto il ritorno di Rosenzweig sul numero 28, poi l'esordio di Matteo Cremona sul 29 e quello di Enza Fontana sul 32.

Bartoli: Be'... credo che anche l'arrivo di Werther Dell'Edera sia da salutare come una lieta novella!

E spazio per nuovi sceneggiatori?

Recchioni: Forse. Ma è troppo presto per parlarne. Diciamo che mi piacerebbe vedere il buon Maurizio (Rosenzweig) anche alla sceneggiatura.

Bartoli: A me piace solo il John Doe di Roberto. Se lui ce la fa, non serve nessun altro!

L'eccessivo ritardo dello speciale di Carnevale non si ripercuoterà sulla leggibilità dello speciale? Ci sono novità in merito alla sua pubblicazione?

Recchioni: Abbiamo adeguato la storia per renderla del tutto fruibile. Se tutto va bene e Massimo non ci fa scherzi (inquietante il fatto che si chiami Carnevale di cognome, non è vero?), dovreste vedere la
storia entro il 2005.

Bartoli: Carnevale? Chi era costui?... Stavolta, se non disegna, lo vado a prendere a casa e lo incateno a un tavolo della redazione!



Francesco Farru
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