Menu

Il mantello in naftalina: La sciagurata storia dei moderni film di Superman

Per tornare allo speciale, clicca qui.

superman4Il 14 giugno è uscito nelle sale Man of Steel di Zack Snyder, l’attesissimo reboot della saga cinematografica di Superman. Le aspettative sono enormi, e non solo perché il film potrebbe costituire l’inizio di un nuovo filone di pellicole dedicate all’Uomo d’acciaio, o addirittura di un intero universo filmico condiviso dai supereroi DC; ma anche perché Man of Steel potrebbe interrompere quella che a tutti gli effetti sembra essere una maledizione che da più di vent’anni aleggia sui progetti cinematografici dedicati a Superman. Il percorso verso il grande schermo che l’eroe di Jerry Siegel e Joe Shuster ha dovuto intraprendere dai tempi del già pessimo Superman IV (1987) si è rivelato incredibilmente difficile, costellato di un numero talmente elevato di tragicomici fallimenti che è difficile non pensare a un’oggettiva e seria difficoltà, da parte di sceneggiatori non solo cinematografici, nella delineazione del ruolo di un personaggio certamente classico e iconico, ma anche - forse - irrimediabilmente invecchiato. Il trionfo di Man of Steel potrebbe portare alla rinascita di Superman, così come un insuccesso potrebbe dimostrarne l’irrimediabile decadenza; e il conseguente, definitivo pensionamento tra le icone del tempo che fu, come Mandrake e Flash Gordon.

Il progetto di un nuovo capitolo della saga di Superman è addirittura precedente all’uscita del quarto film con Christopher Reeve. All’epoca, la Cannon Group, società  specializzata nella distribuzione e produzione di action movies di serie B (qualcuno ricorda l’Allan Quatermain di Richard Chamberlain? E la saga di American Ninja?) co-deteneva i diritti di sfruttamento cinematografico di Superman e mise in cantiere un progetto per un quinto film, che avrebbe dovuto essere diretto da Albert Pyun. Il fallimento di Superman IV e la chiusura della Cannon riportarono i diritti in mano al produttore Ilya Salkind, già responsabile del Superman di Richard Donner, e al figlio, Alexander Salkind. Nei primi anni ’90, Salkind padre, coadiuvato da uno dei classici scrittori della DC Comics, Cary Bates, e dallo sceneggiatore Mark Jones, fu il primo a tentare la resurrezione del Superman cinematografico.

Salkind, pittoresco personaggio dal ciuffo fluente, non era nuovo a bizzarre escursioni nel campo della scrittura creativa. Nel 1983, era stato il responsabile di una prima stesura del soggetto di Superman III, addirittura più demenziale del film con Richard Pryor poi effettivamente realizzato. Nella prima stesura della storia, il principale avversario del film era il coluano Brainiac, in questa versione trasformato in una sorta di Superman malvagio sul cui arido pianeta si schiantava Supergirl. La ragazza d’acciaio diventava oggetto del desiderio sia di Superman che di Brainiac; lo scontro tra i superesseri prevedeva, tra l’altro, un viaggio nel tempo fino al Medio Evo, una sequenza in cui Superman diventava un pericolo pubblico perché controllato mentalmente da Brainiac tramite un apposito tastierino, e persino una sequenza totalmente incongrua col resto del film, incentrata su Mr Mxyzptlk. Di tutto questo in Superman III non rimane traccia, se non nella presentazione di un computer come principale arma del cattivo di turno e nell’apparizione di un doppio malvagio di Superman.

Brainiac è il cattivo anche nel soggetto di Superman 5, che curiosamente anticipa anche la saga fumettistica della morte di Superman del 1992. Nella sceneggiatura di Bates e Salkind, Superman moriva scontrandosi contro il “computer vivente”, per poi risorgere all’interno della città miniaturizzata di Kandor, dove avrebbe sperimentato per qualche tempo l’assenza di poteri. Il film avrebbe dovuto rivedere Christopher Reeve nel ruolo dell’Uomo d’Acciaio, ma il ritorno dei diritti del personaggio nelle mani della Warner Bros. ne impedirono la realizzazione.

La saga della morte diede nuova vita, se non altro mediatica, al Superman cartaceo, e tra il 1995 e il 2000 fiorirono innumerevoli progetti cinematografici dedicati al personaggio. Nessuno di questi piani venne mai realizzato: rileggendoli oggi, c’è da rimanere allibiti a pensare che certe idee abbiano potuto essere seriamente prese in considerazione. Il fatto che certi soggetti siano stati concepiti decenni prima della nascita e della maturazione delle pellicole supereroistiche moderne (quelle Marvel, per intenderci), dà del fenomeno una spiegazione solo parziale: in fondo, anche se nel 1995 persino Batman aveva imboccato la parabola discendente con Batman Forever, i film di Tim Burton restavano sempre un buon modello, assai imperfetto ma tutto sommato funzionale, dell’equilibrio tra fantastico e epico a cui certi film avrebbero dovuto attenersi. E invece, i piani dei Superman mai realizzati sembrano - se non proprio deragliamenti creativi degni di una fanfic - strampalati oggetti kitsch, buoni al massimo come curiosità per gli appassionati (come il regista Jon Schnepp, attualmente in cerca di finanziamenti su Kickstarter per realizzare un documentario proprio su questo tema). Dopo Ilya Salkind, un altro ciuffo era dietro i nuovi progetti supermaniani: quello di Jon Peters, già parrucchiere di Barbra Streisand e produttore, tra l’altro, di Rain Man e del Batman con Michael Keaton.

RolfMohr SupermanLives 06Lo sceneggiatore Jonathan Lemkin fu tra i primi a essere incaricato della scrittura del nuovo film di Superman (intitolato, con un ottimismo a dir poco spericolato, Superman Reborn). Come i progetti degli anni precedenti, non si trattava di una rinarrazione delle origini di Superman, ma piuttosto un sequel non dichiarato dei film con Reeve. La trama vedeva Superman morire per mano di Doomsday, e Lois partorire - senza essere stata inseminata - un Superman bambino che sarebbe diventato adulto nel giro di poche settimane. Una successiva revisione della sceneggiatura, a cura di Gregory Poirer e datata 20 dicembre 1995, avrebbe visto Brainiac - intenzionato a incarnarsi nel corpo di Superman - come creatore di Doomsday. In questa versione Superman sarebbe stato in cura da uno psichiatra (presumibilmente dopo aver letto la sceneggiatura di Superman Reborn), e la sua resurrezione, operata grazie a un alieno di nome Cadmus (una citazione dal progetto Cadmus dei fumetti) avrebbe avuto come effetto collaterale la perdita dei poteri. Superman avrebbe sopperito alla propria vulnerabilità con un’avanzata tuta-esoscheletro, ma sarebbe tornato in possesso dei poteri solo grazie a una complessa disciplina mentale chiamata Phin-Yar. Come molti dei progetti degli anni successivi, anche il soggetto di Poirer era fortemente influenzato, già in fase di scrittura, dalla volontà primaria di utilizzare il film come veicolo per la produzione e promozione di gadget e giocattoli; il che spiega in parte l’inclusione nello script di cattivi di secondo piano come Il Parassita e la Silver Banshee, modelli ideali per action figures.

La sceneggiatura di Superman Reborn venne scartata, e Peters decise di ricominciare da zero. Stavolta il progetto fu affidato a Kevin Smith, regista di Clerks  e sceneggiatore di fumetti. Probabilmente dall’esperienza di Smith non sarebbe scaturito un buon film, ma certamente ne sono nati degli splendidi aneddoti: nel documentario An Evening with Kevin Smith, parzialmente presente su Youtube, è possibile vedere l’alter ego di Silent Bob che racconta con dovizia di (esilaranti) particolari le sessioni di lavoro con Peters, e i fantozziani tentativi di seguire le direttive del produttore senza snaturare il personaggio. Anche in questo caso si trattava di una trasposizione della saga della morte, sia pure vagamente più fedele al fumetto dei tentativi precedenti. In Superman Lives, Brainiac avrebbe fatto uccidere Superman da Doomsday, ma l’Uomo d’Acciaio sarebbe stato fatto risorgere dall’Eradicatore, un robot kryptoniano la cui tecnologia avanzatissima sarebbe stata nel mirino di Brainiac. In questa versione, Brainiac aveva come spalla un robot effeminato, L-Ron, mentre Lex Luthor sarebbe stato affiancato da un cane alieno. Alcuni dettagli dello script sono diventati celebri tra gli appassionati; in particolare, una scena di battaglia tra Superman e un ragno gigante - imposta da Peters come omaggio a King Kong - è stata oggetto di citazioni e in-joke in numerosi film e fumetti dedicati all’Uomo d’acciaio (in particolare nel film animato Superman: Doomsday del 2007, dove l’apparizione di un robot gigante a forma di ragno viene commentata da un personaggio doppiato da Smith in persona con l’esclamazione “Lame!”). Come regista di Superman Lives si pensò inizialmente a Robert Rodriguez, ma successivamente il progetto venne affidato a Tim Burton, che revisionò nuovamente la sceneggiatura.

nic cage   superman livesDi tutti i Superman non filmati, quello di Burton è il progetto che più si avvicinò a una effettiva realizzazione. Alla Toy Fair del 1997 venne persino presentato un poster con l’emblema della “S” e la scritta “Coming 1998” (in occasione, cioè, del sessantenario della nascita del personaggio). Si arrivò concretamente a una fase di preproduzione, e del progetto sono sopravvissuti e resi pubblici molti storyboard, schizzi e prove di costume, tutti rintracciabili su Internet. Ciò non toglie che, anche per gli standard del Burton di allora e sicuramente per quelli del pubblico attuale, Superman Lives sia un progetto quasi assurdo, non privo di un certo fascino visionario, ma sulla cui effettiva possibilità di felice realizzazione è lecito nutrire più di un dubbio. Certi concept sembrano avvicinarsi di più all’estetica di Karel Thole e J. K. Potter che a quella di un film, o di fumetto: visivamente evocativi, ma pericolosamente ridondanti e assai difficili da realizzare senza snaturare il personaggio (in uno degli sketch, Superman risorto sembra un incrocio tra Alien e il mostro di Frankenstein). Alcune foto di scena con l’attore designato da Burton, cioè Nicolas Cage, inguainato nel costume di Superman, sono francamente sconfortanti. Ma il vero problema, come al solito, era la sceneggiatura. Successive revisioni dello script di Smith a cura di Wesley Strick e di Dan Gilroy introdussero, tra l’altro, un piano di Brainiac per oscurare il sole con un enorme disco e la fusione di Luthor e Brainiac in una creatura ibrida, “Lexiac”. Dopo alcune controversie contrattuali, Burton abbandonò il progetto che fu offerto, senza essere accettato, a Michael Bay e Martin Campbell. Sarebbero passati almeno 2 anni prima che si facessero ulteriori tentativi di recuperare il Superman cinematografico. Nel 2000 si sarebbero cimentati nell’impresa William Wisher (con un’ulteriore revisione dello script di Smith nella quale sono introdotti i “Lexmen”, degli agenti di Luthor controllabili a distanza; per questo progetto fu avvicinato Oliver Stone) e Paul Attanasio, con una sceneggiatura mai terminata, forse incentrata su uno scontro tra Superman e Lobo.

Nel 2001, a fronte dei numerosi fallimenti, la WB tentò persino - molti anni prima di The Avengers - a creare un film con più di un eroe protagonista: Batman VS Superman, su script di Andrew Kevin Walker revisionato da Akiva Goldsman, e Wolfgang Petersen come regista designato. Come si intuisce dall’ordine dei nomi nel titolo, il vero protagonista del film è Batman, ormai ritiratosi a vita privata e costretto a tornare in azione dopo che un Joker misteriosamente risorto uccide la sua compagna. La vera mente criminale dietro l’intrigo è Luthor, ancora letale benché confinato in carcere. Superman entra nella vicenda nel tentativo di arrestare la sete di vendetta di Batman. Anche questo script fu - fortunatamente - abbandonato quando, nel 2002, l’astro nascente della televisione J.J. Abrams fu chiamato per la stesura di una sceneggiatura nuova di zecca: il progetto Superman: Flyby.

superman flyby concept artAnche questo piano arrivò molto vicino a una realizzazione concreta, e ne esistono molti concept e bozzetti di preparazione. Anche se si trattava di un progetto non privo di pecche (a cominciare dal regista designato, il pessimo Brett Ratner, che passò dopo qualche tempo il testimone al solo vagamente più accettabile McG), non c’è dubbio che alcune interessanti idee di lavorazione siano state successivamente trapiantate proprio nel film di Zack Snyder: lo stesso Henry Cavill era uno degli attori presi in considerazione per il ruolo principale in Flyby. Abrams ebbe se non altro l’intuizione che, per riproporre Superman con successo a un pubblico moderno, sarebbe stato poco indicato confezionare un seguito più o meno dichiarato dei classici film con Reeve: il suo Superman è in effetti il primo tentativo dai tempi di Donner di rinarrare le origini del personaggio.

Tuttavia, la lavorazione conobbe presto una prima, seria, battuta di arresto. Il sito Ain’t it cool di Harry Knowles entrò misteriosamente in possesso di una copia della sceneggiatura, e la divulgazione di alcuni particolari provocò un’ondata di sdegno tra i fan del personaggio. In Flyby, Krypton non esplode: Superman viene mandato sulla terra perché suo padre Jor-El, re di Krypton, vuole impedirgli di cadere nelle mani del feroce zio, il pretendente al trono (e fratello di Jor-El) Kata-Zor. Luthor, in questa versione, è un agente governativo che alla fine si scopre essere un altro kryptoniano, ovviamente malvagio. Alla fine del film, dopo la sconfitta di Ty-Zor (figlio di Kata-Zor e cugino di Superman), e l’ennesima resurrezione di Superman grazie allo spirito incorporeo di Jor-El, Kal-El torna su Krypton. Dei cambiamenti così profondi (e per certi versi francamente gratuiti) rispetto al “canone” supermaniano possono lasciare allibiti, ma va detto a parziale difesa di Abrams che quella divulgata era solamente una prima stesura: è molto probabile che i cambiamenti meno accettabili sarebbero stati lasciati cadere nel corso di ulteriori revisioni . Infatti, in una versione successiva dello script Luthor torna a essere un umano (per la precisione, un commesso viaggiatore fallito che diventa geniale - e calvo - dopo che i kryptoniani malvagi producono una sorta di evoluzione del suo cervello). Ciononostante, l’impressione che si ricava da quest’approccio è che Abrams abbia semplicemente modificato una sceneggiatura preesistente, incentrata su un altro personaggio, e l’abbia adattata frettolosamente al mondo supermaniano. Comunque, gli insuccessi di Ratner al botteghino e una serie di scontri con i produttori contribuirono all’affossamento del progetto.

Nel frattempo, il filone supereroi stico si stava evolvendo. La Marvel aveva cominciato a lanciare l’assalto al botteghino con i film di Blade, degli X-Men e di Spider-man. I personaggi DC erano rimasti al palo; e, dopo il fruttuoso tentativo da parte di Christopher Nolan di rilanciare il franchise batmaniano, la WB prese una decisione disperata, affidando il rilancio di Superman a Bryan Singer, fresco del successo dei film sui mutanti. La sceneggiatura fu affidata a Michael Dougherty e Dan Harris, abituali collaboratori del regista de I soliti sospetti. Le aspettative furono altissime fin da subito: a differenza dei tentativi precedenti, questa volta si trattava di un progetto concreto, con reali possibilità di riuscita. Tra gli appassionati cominciarono subito a diffondersi ipotesi sulla sceneggiatura: si parlò di una nuova versione delle origini e di una partecipazione di Jude Law nel ruolo del Generale Zod. Mark Millar, sul forum ufficiale di Millarworld, millantò una conoscenza con fonti interne alla WB che gli avevano assicurato come prescelto per il ruolo principale l’attore Jim Caviezel; quando l’affermazione venne apertamente smentita da Ain’t it cool, tra Millar e Knowles si scatenò una sorta di “battaglia dei geek” che si concluse con la resa (amichevole) di Millar.

superman-returns-posterOggi lo si può dire: molti critici, all’epoca dell’uscita di Superman Returns (2006), usarono il fioretto nel recensire il film (e nel numero va contato anche l’autore di questo articolo). Una delusione troppo cocente, e un senso di affetto nei confronti del personaggio, impedirono di vedere da subito cos’era veramente il lavoro di Singer, ossia un fallimento. Brutto? Peggio: sbagliato. Più che un film, un equivoco, dall’inizio alla fine. Assurda e controproducente la scelta di proporre il lavoro come un seguito-remake dei film di Donner, scelta che avvicina Returns più a pellicole come Starsky e Hutch e Halloween - 20 anni dopo che a un qualsiasi film di supereroi moderno. Sbagliata la scelta dell’attore protagonista: vittima, oltre che della propria inespressività, di un’estetica artificiosa, completamente innaturale, dal tirabaci sulla fronte alle lenti a contatto blu, a una tuta scomodissima che lo fa assomigliare a un manichino. Sbagliato, soprattutto, introdurre un particolare come il figlio bambino di Superman, un personaggio che pur trovandosi al centro della sottotrama più riuscita del film rappresenta un fastidioso ingombro per qualsiasi sviluppo futuro della storia (come i successivi tentativi di dare un seguito al film di Singer dimostreranno). Pur non rappresentando un insuccesso totale né dal punto di vista degli incassi né da quello della critica, Superman Returns oggi sembra un oggetto abnorme, difficilmente classificabile, indegno del disprezzo totale che meritano film assai peggiori (ma dotati di una specie di fascino trash) come Catwoman di Pitof, ma nemmeno fruibile con la bonaria accettazione che si riserva a lavori non troppo pretenziosi ma a loro modo godibili come certi capitoli della saga di Blade. Un errore, appunto, a cui è meglio riservare l’oblio o al massimo qualche stroncatura goliardica come quella di Seth McFarlane in Ted.

A parziale difesa degli autori, va detto che la scelta di concepire Returns come una prosecuzione dei film con Reeve sia dovuta anche alla fretta con cui i produttori hanno imposto la confezione del progetto. I particolari della sceneggiatura per un possibile seguito del film, divulgati dagli autori in persona qualche anno fa, confermano indirettamente la loro consapevolezza di essere entrati in una sorta di vicolo cieco narrativo, e la volontà di fare piazza pulita di tutti gli elementi più ostici del primo capitolo. Peccato, però, che il soggetto sia pieno di trovate grossolane e alla fine crei ancora più problemi di quanti ne risolva. Il seguito di Returns sarebbe stato incentrato sull’incontro di Superman con un altro kryptoniano, stavolta malvagio, che a metà film si sarebbe scoperto essere una creatura artificiale, ossia Brainiac. A un certo punto, la mente scorporata di Brainiac si sarebbe introdotta nel corpo del figlio di Superman, facendolo diventare istantaneamente adulto. Per salvare il mondo, l’Uomo d’Acciaio sarebbe stato costretto a uccidere il proprio figlio.

Anche se per qualche anno dopo Returns i produttori continuarono a rassicurare il pubblico sulla volontà di produrre un seguito del film, è possibile che in realtà il progetto sia stato abbandonato relativamente presto. Per qualche tempo, alcuni scrittori del Superman cartaceo (tra cui Grant Morrison) proposero ai produttori della Warner degli spunti per nuove versioni cinematografiche del personaggio. Tra tanti suggerimenti, spiccò quello di Mark Millar che, su Millarworld, annunciò la volontà di collaborare con Matthew Vaughan alla creazione di una trilogia di film che avrebbero narrato la vita di Superman dalla nascita fino alla morte (il finale, ambientato in un futuro lontanissimo nel quale Superman è l’ultimo uomo sulla terra, avrebbe visto il kryptoniano diventare finalmente un essere umano normale dopo la trasformazione del sole in una stella rossa). Anche se pare ci sia stata almeno una telefonata tra Millar e un dirigente della Warner, è assai difficile stabilire quanto effettivamente questo progetto sia arrivato vicino a un’effettiva realizzazione, e non è escluso - come ha sostenuto il sito di Latino Review - che in realtà il piano di Millar non sia mai stato preso in reale considerazione. Comunque, nessuna delle idee presentate in questo periodo trovò mai realizzazione concreta.

A constatare una serie così lunga di fallimenti viene da ridere, ma sorge anche spontanea una domanda: è davvero così difficile trarre un film da Superman? In fin dei conti anche personaggi apparentemente più ostici come Capitan America hanno conosciuto una loro trasposizione, con risultati non totalmente disprezzabili; la Marvel è anzi riuscita a mettere in cantiere un intero franchise strettamente interconnesso di film incentrati su supereroi, un’impalcatura impensabile fino a qualche anno fa. Cos’è che questi personaggi hanno e a Superman manca?

Action1Una possibile risposta è suggerita dal peculiare sistema produttivo nel quale sono realizzati i film dei Marvel Studios. Le pellicole sui Vendicatori sono frutto di una promozione accuratamente programmata, che concorre alla creazione di opere quasi mai di qualità scarsa, ma contemporaneamente prive di picchi artistici veramente alti. Opere, cioè, “corrette”, realizzate da registi sostanzialmente intercambiabili tra loro, i quali non si concedono i rischi che qualsiasi reale libertà artistica presenterebbe, ma nemmeno vanno mai al di sotto di una certa soglia qualitativa. Non c’è tra questi film nessun Cavaliere Oscuro, nessun film cioè che utilizzi la tematica supereroistica come pretesto per suggerire riflessioni più o meno complesse sul mondo reale (per esempio, come è il caso dei film di Nolan, sul caos terroristico e sul senso della moralità umana); al tempo stesso però, fortunatamente, non c’è nemmeno alcun lavoro d’intrattenimento completamente dilettantesco e grossolano come Green Lantern (anche se L’incredibile Hulk di Louis Leterrier ci va pericolosamente vicino). La principale preoccupazione alla base di questi film sembra risiedere “semplicemente” nel riuscire a realizzare una trasposizione fedele del fumetto (e non una sua rivoluzione o reinvenzione), permettendosi i pochi aggiustamenti (più che altro di natura estetica) veramente indispensabili, e facendo sì che gli elementi fumettistici riescano ad amalgamarsi felicemente con le esigenze di un prodotto filmico “mediamente” buono. Si potrebbe obiettare che le ambizioni alla base di un film, sia pure a sfondo supereroistico, dovrebbero anche essere più alte; tuttavia, non c’è dubbio che molti fan del Superman cartaceo (così come una fetta consistente di pubblico di “profani”) si accontenterebbero anche di una “semplice” trasposizione. Perché finora non è stato possibile realizzarla?

Il punto è che molti personaggi della Casa delle Idee, benché siano stati creati più di cinquant’anni fa, non richiedono veramente aggiornamenti radicali. Escludendo certi particolari secondari inevitabilmente datati, la mitologia Marvel è ancora oggi perfettamente efficace e fresca, così come l’atmosfera delle storie e, soprattutto, la psicologia degli eroi e dei comprimari. Per esempio, non c’è dubbio che il contesto narrativo ideale per Capitan America sia quello del genere avventuroso-spionistico, e che certi elementi caratteristici del personaggio (il risveglio dall’ibernazione, l’alienazione dell’uomo del passato alle prese con la modernità, il rapporto con il Teschio Rosso e così via) posseggano ancora oggi una grande forza evocativa e non necessitino pertanto di modifiche radicali. Uno sceneggiatore che si cimenti con un film su Capitan America, a meno che non cerchi volontariamente una nuova interpretazione del personaggio, trova nel fumetto originale tutto, o quasi, quello che gli serve. Nessuno di questi film nasce come una reinvenzione, perché nessuno di questi personaggi ne ha veramente bisogno.

Per Superman, la situazione  sembra assai più complessa. Da un lato, la mitologia del decano dei supereroi possiede anch’essa molti tratti iconici inconfondibili (il razzo che parte dal pianeta che sta esplodendo, il Daily Planet, eccetera). D’altra parte, tuttavia, si ha la sensazione che dietro questi tratti ci sia poca sostanza, come se il senso reale del personaggio, la sua missione, la sua psicologia si siano perduti o impoveriti con il passare degli anni.

Nessuno può ovviamente ignorare che Superman provenga da Krypton, per esempio; ma com’è Krypton? Negli anni se ne è presentato un numero talmente elevato di versioni differenti che è praticamente impossibile stabilire oggi quale sia l’atteggiamento di Superman nei confronti del proprio mondo natale. E le radici kryptoniane non sono certamente un elemento secondario del personaggio: tanto per rimanere in tema, sono paragonabili per importanza al fervore patriottico che porta Steve Rogers a diventare Capitan America. Analogamente, nessuno può ignorare che Superman sia un eroe: ma in cosa si manifesta il suo eroismo? Nella protezione di tutto il mondo, dell’America, o di una sola città? Cattura solo i delinquenti, oppure interviene anche in questioni politiche? Contribuisce a redimere i delinquenti che cattura, o li abbandona al loro destino? Prova mai dubbi sul senso della sua missione, o è un ottimista cronico (e pertanto antipatico)? Simili interrogativi - che non trovano una risposta chiara e definitiva all’interno del fumetto - possono essere allargati a praticamente tutte le componenti della mitologia supermaniana, e le ambiguità da cui scaturiscono investono anche personaggi importanti, come per esempio Perry White: un personaggio cioè indubbiamente irrinunciabile nell’economia delle storie ma per certi versi generico, stereotipato (tranne rare eccezioni in lavori di singoli autori), assai più piatto - per esempio - del Jonah Jameson dell’Uomo-Ragno.

SecretOrigin03Sembra che l’entrata di Superman nel novero delle grandi icone culturali del XX secolo abbia prodotto un involontario effetto secondario, quello cioè di “cristallizzarlo”: gli elementi di fondo delle sue avventure sono noti a tutti, indispensabili e - appunto - iconici. Ma non ci si interroga a sufficienza sul senso ultimo dietro queste componenti, che vengono accettate così, tacitamente, come caratteristiche fondamentali delle storie supermaniane, senza che se ne individui un vero significato. Nessuno sceneggiatore, cinematografico o fumettistico, trascurerà di far lavorare Clark Kent al Daily Planet: ma quasi non esistono storie valide (e quelle che esistono sono eccezioni isolatissime) che si interroghino seriamente su come Clark conduca il proprio lavoro di giornalista, e su come questo lavoro arricchisca la sua personalità. Molti di questi problemi diventano particolarmente evidenti nel passaggio da fumetto a film. L’uso degli occhiali come travestimento per Clark Kent è una convenzione generalmente accettata da tutti gli appassionati di vecchia data, ma in un film con attori in carne ed ossa non apparirà come un’assurdità infantile, un elemento ormai irrimediabilmente datato? In pratica, lo stile delle avventure di Superman è diventato pura maniera. E se le storie classiche della Golden, Silver e Bronze Age sono spesso troppo ingenue o vetuste per poter offrire una risposta valida a questi interrogativi, tutti gli aggiornamenti del personaggio operati negli ultimi anni si sono rivelati provvisori o comunque insufficienti a ristrutturare solidamente l’universo supermaniano.

Di tutti i supereroi di primo piano, Superman è quello che nel corso della propria storia ha conosciuto il maggior numero di rinarrazioni delle origini: ben sette (comprendendo anche la collana Earth One), quattro delle quali solamente negli ultimi anni. Il principio alla base di pressoché tutte queste reinvenzioni sembra sempre lo stesso: riprendere gli elementi più riconoscibili del passato del personaggio e rilanciarli in una versione moderna e attualizzata, che ne costituisca le nuove fondamenta. Eppure, un così gran numero di reinvenzioni, di fondamenta dapprima poste e poi velocemente sostituite, sembra rivelare soprattutto una grande mancanza di certezze. E tutto ciò benché a cimentarsi nel compito siano stati spesso scrittori importanti, intelligenti e appassionati dell’universo supermaniano; quale migliore dimostrazione oggettiva dell’enorme difficoltà che una simile sfida creativa impone? C’è un’insicurezza generale nel tipo di approccio da riservare a un personaggio così importante, ma anche così arricchito, nel corso della sua lunghissima storia editoriale, da tanti significati (talmente numerosi, viene da dire, da non averne più nessuno).

Si potrà obiettare che certe consuetudini delle storie supermaniane sono, appunto, convenzioni: dati di fatto che vanno accettati senza che ci si interroghi sopra troppo a lungo. Questa giustificazione è però estremamente lacunosa, e sembra più una comoda scappatoia che una reale soluzione del problema. In primo luogo, le convenzioni presenti nelle storie di Superman sono in numero esorbitante, e abbracciano elementi troppo importanti del personaggio perché ci si possa permettere di accettarle a scatola chiusa. Soprattutto, però, è chiaro che ad accettare certe “norme” narrative sono soprattutto gli appassionati di vecchia data. Tuttavia, nessun personaggio può veramente sopravvivere senza riuscire a conquistare - e quindi a convincere - generazioni moderne di lettori e spettatori. E per questo tipo di pubblico, certi elementi, non importa quanto ricorrenti, non possono essere dati per scontato. Gli si deve trovare un nuovo senso. Vanno giustificati, o modificati, o eliminati.

Peraltro, che ci sia un’insicurezza generale nel modo in cui Superman deve essere delineato si evince anche da altri particolari. Non è un caso, probabilmente, che - più di qualsiasi altro personaggio - Superman sia stato negli ultimi anni protagonista di storie che vedevano messo in dubbio il suo ruolo e il senso della sua missione: a volta con esiti felici, come nella celebre What’s so Funny About Truth, Justice and the American Way? di Joe Kelly; a volte scarsi, come nell’abominevole Grounded di J. Michael Straczynski.

Le continue reinvenzioni fumettistiche, mai pienamente convinte o convincenti, del personaggio, così come certi recuperi onestamente improbabili di elementi pretesi iconici (per esempio il richiamo quasi feticistico a numerose, datatissime peculiarità estetiche dei film di Donner in Secret Origins di Geoff Johns), lungi dal risolvere il problema, lo hanno peggiorato. Oggi la mitologia supermaniana sembra un fazzoletto con ricami elaboratissimi, ma dalla trama così consumata da essere sostanzialmente inutilizzabile. E l’avanzata età editoriale del personaggio ha sicuramente un peso in tutti questi problemi, ma non è sufficiente a spiegarli tutti.

In termini di pubblicazioni, Batman è quasi coetaneo di Superman, ma al confronto è un personaggio praticamente immortale. Se il filone dei fumetti e dei film di supereroi si esaurisse, Batman avrebbe ancora buone probabilità di sopravvivere in qualche forma; e il motivo è semplice da intuire. Batman ha delle motivazioni semplici e efficaci, universali; ha una notevole profondità psicologica, un costume sensato o comunque dotato di una sua giustificazione; è estremamente versatile (potenzialmente, tutte le storie gialle o poliziesche e molti horror possono trasformarsi in storie di Batman); è protagonista di sfide non prive di riferimenti al mondo reale e possiede la migliore galleria di avversari di tutti i tempi; infine, è spesso protagonista di avventure drammatiche o nelle quali la sua etica personale è sottoposta a sfide complesse, e quindi è un personaggio coinvolgente. Nel mondo supermaniano, molti di questi elementi sono assenti o usurati. E la sostanziale fragilità strutturale dell’universo narrativo dell’Uomo d’Acciaio è tradita anche dalla rigidità con cui molti lettori difendono alcune caratteristiche secondarie del personaggio, come se dall’essere semplici elementi accessori avessero finito col costituire l’essenza di Superman. Qualche anno fa, il tentativo dello sceneggiatore David Goyer di eliminare dal classico motto supermaniano il passaggio dedicato all’”American Way” è stato accolto dagli appassionati con un’insofferenza degna di migliore causa; e tutto questo benché quel particolare passaggio non fosse nemmeno presente nella versione originale del personaggio (venne infatti introdotto durante la Guerra Fredda) e, soprattutto, costituisse un riferimento generico a un patriottismo vuoto e retorico. Episodi analoghi, nell’universo batmaniano, si sono verificati con frequenza infinitamente minore. L’essenza del personaggio di Batman è talmente solida da permettergli di sopravvivere a molte, se non a tutte, le evoluzioni di questo tipo (e non a caso Batman ha conosciuto appena due rinarrazioni delle origini negli ultimi trent’anni, una delle quali - Zero Year di Scott Snyder - ancora da pubblicarsi).

Di conseguenza, la responsabilità di un regista che si appresti a dirigere un film da Superman è infinitamente più pesante di quella di un cineasta che si cimenti con un film tratto dall’Uomo-Ragno, o da Iron Man, perché il materiale di partenza è più fragile, confuso e non altrettanto solido: non potrà quindi essere una semplice trasposizione come avviene usualmente per certi film Marvel, ma una inevitabile e radicale reinvenzione, destinata a un pubblico più smaliziato, universale e meno propenso ad adeguarsi a certe assurde convenzioni fumettistiche rispetto a una platea composta da lettori abituali. In un’operazione di questo tipo sta, probabilmente, anche il successo di Smallville: nonostante la qualità media dello show fosse a dir poco altalenante (a voler essere benevoli), i produttori sono riusciti astutamente a filtrare il materiale d’origine in un teen drama con elementi soprannaturali, più vicino a Buffy che a un fumetto di Siegel e Shuster.

l-uomo-d-acciaio p rMan of Steel sembra nascere proprio da esigenze da questo tipo, almeno a giudicare dalle interviste a Zack Snyder e allo sceneggiatore Davide Goyer. Ovviamente, ciò non assicura automaticamente il successo dell’operazione, così come non lo garantisce il nome dei fratelli Nolan alla produzione e alla sceneggiatura. A oggi, non è chiaro quale ruolo abbia effettivamente avuto Christopher Nolan nella realizzazione del film. Stando alle fonti ufficiali, il regista di Memento avrebbe concepito il plot generale e scelto di affidare il lavoro a Snyder. Pare che in corsa per l’incarico ci fosse una rosa di cinque o sei candidati registi, tra cui Darren Aronofsky e Duncan Jones. Quest’ultimo particolare, mai ufficialmente confermato, non sembra però del tutto plausibile. Per esigenze legate alla tortuosissima storia processuale dei diritti sul personaggio, la Warner Bros era tenuta alla produzione di un film su Superman entro il 2013. È davvero difficile pensare che registi dall’approccio fortemente “autoriale”, e abituati a lavorare secondo i propri tempi, siano stati seriamente presi in considerazione. Razionalmente, non si può non pensare che Snyder sia stato da subito, se non proprio l’unico candidato, quantomeno il favorito. E si capisce perché: è rapido, ha già esperienza con film tratti dai fumetti, è in grado di utilizzare effetti speciali visivamente affascinanti senza spendere troppo ed è un buon “impiegato” della Warner. D’altra parte, proprio la non acclamata personalità artistica di Snyder è stata per molti motivo di perplessità; perplessità che probabilmente non ci sarebbe stata se il regista designato fosse stato, per esempio, Nolan in persona. Dopotutto, Nolan ha una carriera seria e importante anche al di fuori dell’ambito supereroistico, e se non gira un film di Batman realizza Inception. Snyder, quando è lasciato a se stesso, realizza lavori visivamente affascinanti ma vuoti e confusissimi come Sucker Punch. Per molti potenziali spettatori, l’atteggiamento nei confronti di Man of Steel si può riassumere in una frase: se il film è bello, è merito di Nolan; se è brutto, è colpa di Snyder.

Questa intransigenza è però un po’ ingenerosa verso il regista di 300, che pare essersi seriamente impegnato perché la lavorazione del film procedesse al meglio. Una voce di corridoio non confermata, ma piuttosto plausibile, vuole che il ruolo di Christopher Nolan si sia rivelato abbastanza trascurabile, e che sia stato piuttosto Jonathan Nolan, insieme a Snyder e a un collaboratore abituale di quest’ultimo, Kurt Johnstad, a revisionare completamente all’ultimo minuto una prima, disastrosa sceneggiatura a firma David Goyer. E certo il film si presenta non privo di punti di forza: il cast è molto efficace, così come l’estetica, lontanissima da quella, ipersatura, delle abituali produzioni di Snyder.

La posta è alta. Volente o nolente, Snyder si assume la responsabilità di creare non solo un nuovo Superman cinematografico, ma di rinnovare e ristrutturare completamente l’universo supermaniano; compito, questo, che i fumetti non sono più in grado di assolvere, nemmeno quando sono gestiti da autori di consumata esperienza e abilità (il recente rilancio di Action Comics curato da Grant Morrison è molto deludente; soprattutto se confrontato con l’irraggiungibile All-Star Superman).

È difficile pensare che, in caso di flop, la fine di Man of Steel implichi anche la disfatta filmica di Superman. Nell’ambito di un’industria cinematografica e televisiva che è riuscita a riproporre, talvolta felicemente, anche Sherlock Holmes, non si può pensare che non esista - in futuro più o meno lontano - uno spazio per un’altra versione dell’Uomo d’Acciaio. Tuttavia, ciò non toglie che il contesto nel quale il film è stato realizzato, l’impegno profuso e le aspettative nutrite siano tali che Man of Steel rappresenterà un severo banco di prova per decidere se il personaggio di Siegel e Shuster abbia ancora un futuro.

Torna in alto