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Recensione Rango

Negli ultimi anni diversi registi di fama mondiale hanno temporaneamente abbandonato il cinema live-action per dedicarsi ad opere animate, tra i quali i nomi più noti sono Luc Besson, Wes Anderson e Zack Snyder; i motivi di questa tendenza forse derivano dalla maggiore libertà che permette il campo dell'animazione, sia dal punto di vista produttivo che per la possibilità di portare sullo schermo elementi difficilmente ricreabili con riprese dal vivo.
Dopo aver raggiunto la fama mondiale con i tre film della saga "Pirati dei Caraibi", anche Gore Verbinski si concentra su un progetto animato, così elaborato da richiedere una lavorazione durata quasi quanto quella dell'intera trilogia piratesca. In realtà il passaggio è stato breve, da Jack Sparrow a un altro spavaldo vagabondo: il camaleonte Rango, che condivide col suo predecessore l'anima (e la voce) dell'attore Johnny Depp.

Il camaleonte di Verbinski a differenza dei suoi simili ha difficoltà a mimetizzarsi assumendo il colore dell'ambiente circostante, ma la sua natura da attore lo porta a sopravvivere in un determinato contesto simulando la personalità più adatta per non risultare fuori luogo. Così, quando si ritrova accidentalmente catapultato nel deserto, per ambientarsi nella classica cittadina di provincia immersa nel nulla Rango si finge un abile giustiziere; per un caso fortuito il goffo rettile riesce a sconfiggere l'aggressivo rapace che soggioga gli abitanti del centro abitato di Polvere, i quali decidono di nominarlo all'istante sceriffo.
Questo è l'incipit di Rango, uno dei rari esempi di film animati di genere western (ricordiamo Fievel Conquista il West e Mucche alla Riscossa) nel quale si possono ritrovare tutti gli elementi caratteristici del genere, con citazioni più o meno esplicite di Sergio Leone e Clint Eastwood per arrivare fino ad autori e opere che potranno essere riconosciute solo dagli appassionati più esperti. Straniero conscio delle "regole" del Far West, Rango si avventura nella cittadina di frontiera con la stessa consapevolezza e la stessa sbruffonaggine del Marty McFly di "Ritorno al Futuro - Parte III"; come lui però, cerca di sostenere un personaggio che la sua goffaggine gli rende difficile sostenere, risultando così maldestro nei suoi tentativi di mantenere una parvenza di coraggio.
Fin dall'inizio della vicenda l'odissea di Rango è accompagnata da un quartetto musicale di gufi che, un po' narratori un po' coro da tragedia greca, annunciano l'avvicinarsi dell'incombente dipartita del protagonista; nonostante questa ombra minacciosa, il camaleonte tenta di risolvere il problema della mancanza di acqua che rischia di mettere fine alla popolazione di Polvere. Questa situazione si traduce in un'analisi di come inseguire il progresso può decretare la scomparsa di realtà rurali come la cittadina di Polvere; lo stesso avviene anche sul piano metacinematografico, con una riflessione di quanto negli ultimi anni il genere western stia gradualmente andando verso l'oblio, rinviato grazie a qualche titolo isolato come Rango o il candidato all'Oscar dei fratelli Coen "Il Grinta". Grazie a queste tematiche, inserite sottopelle senza essere ostentate in modi che avrebbero facilmente appesantito la pellicola, Rango è un film apprezzabile anche dal pubblico più adulto, senza trascurare le gag slapstick e i personaggi bizzarri che sanno divertire anche gli spettatori più giovani. L'unico appunto che si potrebbe fare alla sceneggiatura è una seconda parte un po' prolissa, laddove con una decina di minuti in meno il film sarebbe risultato ancora più efficace.

Tecnicamente le animazioni sono una gioia per gli occhi così come il character design, una perfetta fusione tra realismo ed estetica cartoon; si tratta dell'esordio al timone di un intero film animato per la Industrial Light & Magic, società di effetti speciali e computer grafica con più di 30 anni di esperienza nel cinema, da "Guerre Stellari" ad "Avatar".
La cinepresa virtuale sfida i limiti della fisica, mostrando evidentemente quanto Verbinski si sia divertito a utilizzare anche inquadrature e movimenti di camera che non avrebbe potuto ricreare dal vivo; tutto però non è un mero virtuosismo registico ma punta ad aumentare l'epicità dell'avventura e l'atmosfera da western che inevitabilmente richiama alla mente la regia di alcuni classici del genere.
A tutto ciò contribuisce in maniera massiccia la colonna sonora di Hans Zimmer, un perfetto mix musicale dalle influenze più disparate: dalle sonorità di Ennio Morricone a "Ringo" di Adriano Celentano, raggiungendo il picco più folle in una spassosa versione della "Cavalcata delle Valchirie" suonata coi banjo.

Rango è un film intelligente che trasuda amore per il cinema, in particolare per il western che qui vuole essere recuperato e nobilitato attraverso un sapiente utilizzo degli stilemi del genere; se Quentin Tarantino avesse mai diretto un film d'animazione, forse non sarebbe stato poi così differente dall'opera di Verbinski.
Anche se i tempi sono precoci per parlare di Oscar, viene difficile pensare che qualche altro titolo d'animazione nel corso del 2011 possa utilizzare il mezzo cinematografico in modo così originale e profondo; io punto già da ora sul camaleonte vincente, staremo a vedere da qui a un anno cosa succederà...

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