ANNUAL 2003
di Sergio Gambitt

 

 

“Dai raccontaci una storia!!”

Punto esclamativo nell’aria.

“Poi ti promettiamo che ci mettiamo subitissimo a dormire!!!”

Immagine di un omino in ginocchio a mani giunte e dallo sguardo implorante.

“Jubileeeeee!!!”

“E va bene, ragazzi,” cede finalmente Jubilee al centro tra i due letti di Artie e Pulce “Vi racconterò la favola di...

 

 

CHAMBEROCCHIO

 

  -C’era una volta un uomo che si chiamava Banshetto. Fin da quando era ragazzo aveva avuto una bellissima voce e aveva girato il mondo facendo il cantante, ma con la vecchiaia la gola aveva cominciato a fargli male, fino ad impedirgli di cantare. Allora si era ritirato nella sua casa, e poco a poco aveva perso tutti i soldi che si era guadagnato. Nonostante questo, sentiva la mancanza di qualcosa nella sua vita: un figlio. Per colpa della sua carriera infatti era sempre rimasto poco in ogni posto e non era mai assaggeraito a farsi una famiglia, e ora voleva qualcuno da accudire e da crescere. Per questo un bel giorno si recò dal suo amico Mastro Lindo, chiamato così per via della sua pelata, che era sempre lustra e splendente. Costui aveva un collegio dove venivano messi i trovatelli che nessuno voleva, ma a Banshetto non importava, perché voleva un bimbo a cui voler bene e non gli importava se era strano o malvoluto. Una volta giunto alla porta del suo amico, disse:

“Buondì, Mastro Lindo!”

“Buongiorno a te Banshetto. Cosa ti porta da queste parti?”

“Cercavo un bimbo, per volergli bene e crescerlo come un figlio mio.”

“Ho qui giusto un nuovo arrivato per te! Ce lo hanno portato dopo che ha fatto diventare un dormitorio peggio di una fornace, è per questo che l’ho chiamato Chamberocchio!” e muovendosi sulla sua sedia a rotelle Mastro Lindo fece entrare un bambino dai capelli ricci castani e dai grandi occhi scuri, con una pesante sciarpa nera attorno al mento.

“Saluta il nuovo papà...” gli suggerì Mastro Lindo presentandolo a Banshetto.

“Ce l’ho già un papà! Lui è un imperatore e fra poco mi verrà a prendere sul suo cavallo bianco!!”

Fu in quel momento che dalla sua bocca cominciò ad uscire una forte luce e subito dopo ci fu un’esplosione che per un istante accecò i due uomini. Quando la stanza tornò normale Mastro Lindo cominciò a spiegare:

“Ogni volta che dice una bugia qualcosa scatta dentro di lui e la sua bocca esplode, se non vuoi tenerlo...”

Banshetto lo guardò per un secondo. Dietro ai suoi occhi diffidenti e belligeranti vedeva un bimbo solo e spaventato, come era stato lui da piccolo.

“No, no, non c’è problema, lo prendo con me.”

Mastro Lindo sorrise a Chamberocchio, che si limitò a rimanere in silenzio mentre scrutava il suo nuovo papà. Quindi Banshetto salutò il suo amico e, presa la mano del bambino, lo portò a casa sua.

“Domani...” diceva mentre lo accompagnava “...per prima cosa ti iscriverò ad una scuola per imparare a controllare le tue esplosioni... poi studierai e diventerai il bambino più bravo di tutti!”

Quella sera Chamberocchio non parlò molto.

Il giorno dopo si alzò di buona lena per andare a scuola. Sulla porta Banshetto gli spiegò la strada per la scuola e dopo avergli dato un bacio sulla fronte lo fece andare. Era una bellissima giornata, il cielo era chiaro e gli uccellini facevano festa, e tutti i bambini erano fuori a giocare prima che suonasse la campanella.

“Ehy guardate, uno nuovo!” gridò uno di loro indicando Chamberocchio.

“E guardate che buffa quella sciarpa nera attorno al collo!” disse un altro.

“Andiamo, bambino nuovo, dicci cosa nascondi!!” lo provocò un terzo.

“Niente!” esclamò Chamberocchio “Non nascondo niente qua sotto!”

“Secondo me hai l’apparecchio!” rispose un bambino.

“Secondo me hai i denti come i vampiri!” ribattè un altro.

“Secondo me hai le labbra storte!” replicò un terzo.

“Ho le labbra più belle di tutti voi!!” urlò Chamberocchio, e in quel momento la sua bocca esplose e fece prendere uno spavento a tutti gli altri bambini, che una volta ripresisi cominciarono a gridargli contro.

“Sei un mutante! Sei un mutante!!”

“Non è vero!” continuava a ripetere Chamberocchio, ma le voci dei bambini erano più forti:

“MutanteMutanteMutante!!!”

“Lasciatemi in pace!!” gridò Chamberocchio e per non far vedere loro le lacrime cominciò a correre in direzione opposta a quella della scuola, finché non si perse nel paese. Mentre vagava cercando di trovare la strada di casa sentì una voce che, chiara e potente, stava proclamando ai quattro venti:

“Venghino signori venghino allo show dei mostri!! Uomini con quattri braccia! Donne serpente! Esseri fatti di gas! Avrete il coraggio di venire a vederli?!”

Chamberocchio, che era curioso di sapere di cosa si trattasse, si avvicinò al tendone e vide un omone grande e grosso dai lunghi capelli legati in ciuffi appuntiti e dalle mani avvolte in grossi guanti rossi che urlava in un megafono le stramberie delle persone di quel posto. Senza farsi vedere, Chamberocchio alzò la stoffa del tendone e vi si infilò dentro. La luce lugubre di alcune candele stava illuminando delle celle una a fianco dell’altra, ognuna ospitante un essere diverso. Fu davanti alla bambina che Chamberocchio si fermò. Aveva la pelle rossa ed i capelli appuntiti come gli artigli che aveva al posto delle dita, indossava una stretta tuta di pelle nera e i suoi polsi erano legati da grosse catene di ferro come se fosse una bestia rabbiosa. Ma i suoi occhi... i suoi grandi e profondi occhi blu non sembravano quelli di una bestia. Anzi... sembrava una bambina smarrita ed impaurita dai suoi poteri, proprio come lui. Era così rapito dal suo sguardo che non si accorse che l’omone che era fuori adesso era rientrato, e che si stava dirigendo proprio verso di lui.

“Guarda guarda cos’abbiamo qui!” disse con la sua voce graffiante e fastidiosa come il rumore di un gessetto che stride contro una lavagna “Un trovatello!!”

Chamberocchio si girò di scatto e lo vide, ma era troppo terrorizzato per dire qualcosa.

“E qualcosa mi dice...” continuò l’omone “...che dietro quegli occhi spaventati si nasconde un altro mutante!”

“Non dirmi che sono un mutante!” gridò Chamberocchio a pugni serrati, improvvisamente carico di rabbia.

“C’è solo un modo per scoprirlo...” sibilò l’uomo, e subito dopo si tolse i guanti. Sui palmi delle sue mani si trovavano due bocche dai denti appuntiti, che si aprivano e chiudevano ansiose di assaggiarlo. Chamberocchio tentò di scappare, ma fu subito afferrato dal braccio dell’uomo. La sua mano che si avvicinava al viso fu l’ultima cosa che vide prima di svenire.

Quando si risvegliò, Chamberocchio si trovava appeso ad una catena accanto le gabbie con gli altri mutanti. Sotto di lui, l’uomo stava mescolando un calderone bollente pieno di verdure, da cui si levava un forte odore di minestrone, mentre ripeteva:

“...oggi si mangia carne fresca finalmente! Un piccolo mutante tutto da gustare... altro che quegli scarti genetici che mi sono toccati... roba di prima scelta!”

“Psss...” sentì chiamarsi Chamberocchio, e si voltò verso la cella più vicina a lui. In realtà era un contenitore di vetro sigillato in ogni parte, e dentro di esso si muoveva un ragazzo fatto di gas viola, che con voce sibilante cominciò a dirgli “Devi scappare, o MangiaGeni divorerà il tuo patrimonio genetico come ha fatto con noi!”

“Ma non so come fare!” rispose disperato Chamberocchio.

“Hai un potere, no? Usalo!” gli suggerì il mutante.

“Ma non so come fare!”

“Provaci, o ti mangerà!”

In quel momento MangiaGeni si accorse che si era svegliato, e si alzò per andarlo a prendere. Quando lo afferrò per le braccia, Chamberocchio fu preso dal panico e cominciò a strillare:

“Noooooooo!!! Non mi mangiare!!! Il mio papà mi aspetta a casa e se muoio io ne morirà anche lui!!! E anche la mamma e tutti i miei fratellini!!!” al pronunciare questa bugia sentì un grande calore nella bocca, che subito dopo esplose davanti a MangiaGeni scaraventandolo lontano.

“Sììììì!!!” lo incitava il mutante fatto di fumo “Continua così!!!”

“E tutti i miei amici verranno ogni giorno a piangere sulla mia tomba!!!” e un’altra esplosione, che prese in pieno MangiaGeni mentre tentava di rialzarsi “E il sindaco organizzerà una parata in mio onore!” Chamberocchio aveva cominciato a prenderci gusto nel vedere MangiaGeni travolto dalle sue raffiche, ma decise di dargli il colpo di grazia e quindi disse “E il presidente del mondo erigerà una megastatua per ricordarmi!!!”

BOOOM!!!!

L’energia di Chamberocchio raggiunse il soffitto, ma soprattutto lasciò MangiaGeni disteso a terra dolorante e neppure in grado di muovere un muscolo.

“Grande!!” gli disse il mutante intrappolato, e poi “Adesso perché non vieni a liberarci?!”

Chamberocchio prese le chiavi della cella da MangiaGeni ed aprì tutte le gabbie, liberando gli altri mutanti, poi dopo aver accettato i loro ringraziamenti li salutò ed uscì da lì, deciso a tornare da Banshetto che di sicuro ormai lo stava aspettando preoccupato visto che si era già fatta notte. Mentre era a metà strada, li incontrò. Erano due tipi strani. Uno aveva la pelle scura come il carbone ed era pelato. Portava un paio di occhialetti neri e attorno a lui c’era una specie di arcobaleno. L’altro invece aveva la pelle grigia e la faccia appuntita, e si reggeva ad un bastone dal momento che zoppicava un po’.

“Oh oh oh... ma che bel bambino che abbiamo qui!” disse il primo.

“Piccolino e proporzionato... proprio un amore!” gli fece eco il secondo.

“E non si spaventa una creatura così dolce ed indifesa ad andare in giro tutta sola la notte?”

“Qualsiasi uomo di brutti intenti potrebbe rapinarlo!”

“Non è vero!” esclamò Chamberocchio “So difendermi io!!”

“Ah sì? E come fai?” il volto di quello grigio si avvicinava minacciosamente a lui.

“Guarda qua!” disse Chamberocchio, e poi, dopo essersi schiarito bene la gola “L’America è un Paese libero e democratico!” e subito dopo una piccola esplosione si formò all’altezza della sua bocca.

“Ohhhhh....!” dissero all’unisono i due ceffi, molto impressionati da quello spettacolo.

“E questo solo perché ho detto una bugia piccola, una cosa che sanno tutti. Se ne dicessi una grande l’esplosione sarebbe più forte!” ammise quasi con orgoglio Chamberocchio. Da minaccioso che era, l’atteggiamento dei due ceffi diventò improvvisamente amichevole.

“Ma ti abbiamo considerato male!! Perdonaci! Ci presentiamo, siamo il Gatto Grigio e la Volpe Nera, al tuo servizio.” e si esibirono in un goffo tentativo di inchino.

“Piacere di avervi conosciuto.” rispose Chamberocchio, e quindi prendendo una viuzza aggiunse “Ci rivediamo in giro allora!”

“Nooooooo....” lo fermò la Volpe Nera prendendolo per un braccio “Dov’è che scappi così in fretta?!”

“Devo tornare dal mio babbo Banshetto... lui ha speso tanti soldi per mandarmi a scuola ed è già così povero...”

“Bhe allora vai, se proprio devi...” intervenne il Gatto Grigio con un tono malizioso “...se proprio vuoi lasciarlo povero...”

“Che intendi dire?” chiese Chamberocchio, caduto nella trappola dei due.

“Vedi...” rispose la Volpe Nera passandogli un braccio attorno al collo “...fuori in periferia c’è una fattoria di un contadino chiamato Bastian, e sui suoi alberi crescono monete d’oro!”

“Monete d’oro!” esclamò stupefatto Chamberocchio.

“Monete d’oro!” confermò il Gatto Grigio, che però subito dopo assunse un’espressione triste “Purtroppo però davanti all’albero c’è sempre la sua sentinella Melampo, un cane robot che non fa avvicinare nessuno!”

“No!” si lasciò scappare Chamberocchio, subito ripreso dalla Volpe Nera:

“Sì! Ed è un vero peccato, visto che volevamo rub... ehm... prenderne in prestito qualcuna!”

“Prenderne in prestito?” chiese Chamberocchio.

“Ma sì!” rispose il Gatto Grigio “Bastian ne ha così tante che non vedrà nemmeno l’assenza di una o due monete. E poi quando potremo gliele andremo a restituire... Peccato solo per quella sentinella...”

“Già... peccato.” disse Chamberocchio pensandoci un po’ su, e poi “Bhe allora niente, è stato un piacere conoscervi!”

“Aspeeeeeeetta!” lo fermò nuovamente la Volpe Nera “Pensavamo che forse tu...”

“...con il tuo potere...”

“...potessi tenere occupata la Sentinella...”

“...quel tanto che basta da raccogliere un po’ di monete!”

“Mmmmm...” Chamberocchio aveva le mani sul mento e si vedeva che ci stava pensando “...non lo so...”

“Andiamo chi vuoi che se ne accorga...?! E poi in questo modo tuo padre potrà vivere tranquillo per il resto della sua vita...” gli rammentò il Gatto Grigio. Chamberocchio, che in fondo voleva molto bene al suo patrigno, ci pensò un altro po’ e poi:

“Va bene mi avete convinto!”

“Bene!! Bravo!!” esclamarono assieme i due uomini dandogli festose pacche sulle spalle “Allora noi andiamo a prendere tutto l’occorrente, ci vediamo alle porte della città a mezzanotte!”

“Va bene, allora mi troverete lì.” disse Chamberocchio, dopodiché si avviò verso il luogo dell’incontro. Raggiuntolo piuttosto in fretta, si sedette su un gradino mentre aspettava i suoi due nuovi amici, con l’unica compagnia delle cicale che facevano la loro serenata notturna alla luna. Ad un certo punto però, sentì una vocina che proveniva dall’erba davanti a lui e che strillava:

“Ehy tu!”

Chamberocchio si guardò intorno, ma non vide nessuno, quindi ritornò ai propri pensieri.

“Ehy bello, dico a te!!”

Questa volta la voce era più chiara. Guardando meglio davanti a sé, vide un esserino minuscolo che gli saltellava davanti nel tentativo di attirare la sua attenzione.

“E tu, chi sei?” gli domandò incuriosito.

Parbleu ! Meno male che mi hai visto!” esclamò l’esserino andando a posarsi sul suo ginocchio. Era una specie di insetto, ma aveva anche le forme e il viso di una ragazza dalla pelle scura e dai lunghi e lisci capelli neri “Sono un Grillo, non lo vedi?!”

“Sì? E cosa vuoi?”

“Ragazzino, dovresti imparare ad avere rispetto per gli altri! I bravi bambini non si comportano così!”

“Ci mancava solo il Grillo Saccente...” commentò Chamberocchio. Come se non l’avesse sentito, il grillo rispose alla sua precedente domanda:

“Comunque sono qui per farti ragionare! Quello che stai facendo è sbagliato!!”

“Oh andiamo non sono affari che non ti riguardano!”

“Sì che lo sono, perché io ti voglio bene e non voglio che tu finisca male!”

“Vai via grillaccio del malaugurio!!” esclamò adirato Chamberocchio e tento di scacciarlo con una mano. Il grillo però fu più veloce e saltò prima di essere colpito, andandosi a posare su un gradino lì vicino.

“Chamberocchio rubare non è giusto!”

“Non stiamo rubando! Stiamo solo prendendo in prestito qualcosa che restituiremo quando potremo...”

“Ma quello che stai per fa...!”

“Salve ragazzo!”

“Di’ un po’ con chi è che stavi parlando?!”

Le voci del Gatto Grigio e della Volpe Nera fecero girare immediatamente Chamberocchio, che quando tornò a guardare nella direzione del grillo non trovò più nessuno.

“Non importa...” disse cercandolo con lo sguardo, senza successo, per poi rinunciare ed aggiungere “Allora avete tutto?”

I due si scambiarono un’occhiata cattiva, quindi il primo rispose:

“Sì sì, è tutto pronto.”

E il secondo propose:

“Allora, andiamo?”

Chamberocchio annuì, e i tre si misero in viaggio verso la fattoria di Bastian. Una volta arrivati, i due si voltarono verso di lui e senza dire una parola indicarono la sentinella, che dormiva placida nella sua cuccia, e cominciarono a spingerlo avanti come a dirgli: fa’ il tuo lavoro. Chamberocchio inspirò una volta, quindi cominciò ad avvicinarsi circospetto, stando attento a tutti i movimenti che il cane robot faceva mentre riposava. Arrivato a qualche metro da lui, si prese coraggio e disse:

“Il mondo è un bel posto e la gente è tutta gentile e tollerante!”

Subito dalla sua bocca si levò una scarica devastante di energia, che prese in pieno il cane robot incenerendolo completamente. Soddisfatto del proprio operato, Chamberocchio si voltò verso gli altri due dicendo:

“Avete visto?! Ce l’ho fat...!” ma non finì la frase che una randellata lo prese in piena fronte tramortendolo. A dare il colpo era stata la Volpe Nera, mentre il Gatto Grigio stava facendo man bassa dei frutti sugli alberi dell’orto di Bastian. Quando ebbero finito, se ne andarono in tutta tranquillità lasciando Chamberocchio al proprio destino.

Il mattino dopo, di buon’ora, il contadino Bastian prese la sua zappa ed uscì fuori come faceva ogni giorno per controllare che i frutti stessero crescendo bene. Con sua grande sorpresa invece si accorse che gli alberi erano stati svuotati di tutti i frutti, e cominciando ad avere il sospetto di cosa era successo si recò immediatamente alla cuccia del fido Melampo. Quello che vide gli piacque ancora meno di vedere il proprio orto derubato di tutto ciò che era commestibile. Melampo, la sua fida sentinella robot, giaceva carbonizzata accanto ad un ragazzino che sonnecchiava pigramente. Con la rabbia negli occhi, Bastian prese per un braccio il ragazzo e, sollevatolo in aria, gli dette un paio di scossoni per svegliarlo.

“Eh...? Che c’è...? Avete già preso le monete d’oro...? Io il cane l’ho sistemato...” stava farfugliando Chamberocchio, che evidentemente stava ancora sognando quanto successo la notte prima.

“Ah... bravo il mio ladruncolo!!” esclamò Bastian guardandolo fisso negli occhi. Quello sguardo truce fece svegliare immediatamente Chamberocchio.

“Dove sono?!” chiese cominciando ad agitarsi “E chi sei tu?!”

“Sono il padrone del cane che hai sistemato, caro mio, e sono quello che ti farà pagare per il crimine che hai commesso!”

“No... io... io... non ho fatto niente di male!” e dalla sua bocca partì una scarica di energia diretta verso il viso del contadino, che però con grande stupore di Chamberocchio rimase illeso.

“I tuoi trucchetti non funzionano con me!” esclamò Bastian, e poi, cercando la catena del cane per terra “Allora vediamo... tu hai aiutato dei ladri a derubarmi e hai distrutto la mia sentinella... la tua punizione sarà di prendere il suo posto!”

“Cosa?!”

“Sì! Resterai qui il giorno e la notte a controllare che non venga nessun altro ladro a rubare i frutti del mio orto, e se succederà comincerai ad abbaiare per farlo scappare. Sappi che se non lo farai assaggerai la mia frusta!!”

“No la prego mi lasci andare signore prometto che non lo farò più prometto che sarò buono...” cominciò a dire Chamberocchio, ma era tutto inutile. Bastian lo legò al collare del cane e, prima di andarsene, gli fece vedere la sua frusta per ricordargli cosa gli sarebbe successo se non avesse svolto il suo compito. Fu così che Chamberocchio rimase attaccato a quella catena per tutto il giorno dopo aver tentato senza successo di liberarsi con i suoi poteri, fino al sopraggiungere della notte. Guardando il disco pallido della luna gli venne in mente di nuovo il suo patrigno, e prima di rendersene conto stava piangendo a dirotto.

“Mi sta bene! Stupido che sono stato! Dovevo andare a scuola! Dovevo tornare a casa subito e non seguire quei due malandrini!! E ora ecco come sono finito, appeso ad una catena come un cane! Ma io sono un animale! Anzi peggio!! Sono un mutante, è tutta colpa di questi schifosi poteri! Se non li avessi mai avuti niente di tutto questo sarebbe successo!! Ah, se potessi liberarmene! Se ci fosse un modo per diventare un bambino normale!!!”

In quel momento successo qualcosa di strano. Nell’aria cominciò a sentirsi un piccolo crepitio, seguito da scariche energetiche dei colori più diversi. Davanti a Chamberocchio si aprì una specie di varco circolare, che sembrava generato da un piccolo barboncino umanoide dal pelo nero che a zampe incrociate a mezz’aria roteava sopra la propria testa delle bolas. Da quel varco uscì una donna bellissima, i cui lisci capelli bianchi le arrivavano perfetti fino alle spalle. Indossava un tailleur argenteo molto scollato, e i suoi occhi erano di un azzurro glaciale. Inoltre sembrava tutta presa da una conversazione al cellulare che teneva appoggiato all’orecchio.

“Sì Sebastian, ti ho detto di vendere... Hai capito bene, vendile tutte, e... no... no... senti, da quanto mi hanno riferito le mie fonti le Worthington Enterprises stanno fallendo, e non voglio colare a picco con loro, quindi fidati e vendi tutto... lo so che non ci avevi pensato, è per questo che sono io la mente e tu il braccio. Ora ti saluto, ho da fare.” e con uno scatto chiuse il cellulare interrompendo la comunicazione.

“Allora...” esordì guardando per la prima volta Chamberocchio “...sembra che abbiamo un bel bimbo mutante che ha bisogno di aiuto, qui. Qual è il tuo nome? E come mai sei legato a quella catena?”

“Mi chiamo Chamberocchio!” rispose il mutante “E sono qui legato perché... ehm... sto facendo un gioco!” ed immediatamente dopo una piccola esplosione si espanse dal suo mento.

“Dire le bugie non sempre è produttivo,” disse la donna “specie a chi sta tentando di aiutarti.”

“Sei una fata? E sei qui per esaudire i miei desideri?” chiese Chamberocchio, affascinato dalla sua bellezza.

“Più o meno... Sono la Fata Bianca.” la donna estrasse dalla borsetta alla moda che aveva a tracolla un bigliettino di presentazione e lo porse a Chamberocchio, il quale vide che sopra vi era scritto Frost Enterprises “Mi occupo del recupero dei mutanti rifiutati dalla società ma dai poteri utili, e oggi è il tuo caso che mi è apparso sulla scrivania. Dimmi cosa ti serve ma fai in fretta, il tempo è denaro.”

“Io... voglio diventare un bambino normale!”

A sentire questa dichiarazione il viso della Fata Bianca si alterò improvvisamente:

“Cosa?! E perché mai dici bestialità di questo genere?!?!”

“Perché i miei poteri portano soltanto guai!”

“Quelli o l’uso che ne fai...?”

“Sono stati i miei poteri a farmi prendere in giro da tutti i miei compagni, e per colpa di quelli quel MangiaGeni mi ha catturato. Senza di loro poi il Gatto Grigio e la Volpe Nera non si sarebbero mai interessati e me e io non sarei qui!”

La Fata Bianca lo scrutò per un attimo pensierosa, indecisa su cosa dirgli, poi:

“E va bene, allora ti faccio una proposta: adesso farò in modo che venga qualcuno che ti liberi, in modo che tu possa tornare a casa tua. Lì però dovrai comportarti bene, andare a scuola e fare il bravo bambino, ed alla fine se ci assaggerairai, ti trasformerò in un bambino vero. Va bene?”

“Va bene va benissimo graziefatinabuona!!” cominciò a dire Chamberocchio e fece per abbracciarla, ma la catena era troppo corta e la Fata Bianca non guardava di buon occhio le sue manine sporche di terra sul proprio tailleur firmato.

“Ottimo... allora ci rivediamo quando sarai diventato un bravo bimbo.” e poi, rivolgendosi al barboncino nero “Medoro? Apri un gateway per favore.”

Il barboncino roteò nuovamente le bolas nell’aria, aprendo così un nuovo varco, all’interno del quale i due scomparvero lasciando Chamberocchio di nuovo solo. Dopo circa una mezz’ora però, Chamberocchio sentì un piccolo rumore. Cominciò a guardare nella direzione in cui era arrivato, indeciso se aspettare di vedere cosa lo aveva prodotto o cominciare ad abbaiare temendo le botte che avrebbe preso se non l’avesse fatto. La prima soluzione però vinse e Chamberocchio restò con le orecchie e gli occhi tesi per vedere se assaggeraiva a scoprire l’intruso. Dopo circa cinque minuti si accorse di qualcuno che si stava avvicinando, e che ancora non l’aveva visto. Si muoveva circospetto come un ladro, e i suoi vestiti erano poveri e consunti. Arrivato a distanza di sguardo però, Chamberocchio si accorse che non si trattava di un ladro, ma di una ladra. La più bella ladra che avesse mai visto nella sua vita. Aveva i capelli del colore delle spighe, e gli occhi come il cielo limpido d’Estate. Anche lei lo vide, e rimase bloccata un attimo indecisa se scappare o rimanere lì. Forse era coraggiosa, o forse era stato lo sguardo di Chamberocchio a convincerla che non aveva niente da temere da lui, eppure non solo rimase, ma anche pronunciò un timido:

“Ciao...”

“Ciao...” le fece eco Chamberocchio, anche lui abbastanza impacciato.

“Io... stavo facendo una passeggiata qui vicino quando non so perché ho notato questa fattoria e mi sono avvicinata. E’ stato come se qualcuno me lo stesse suggerendo...”

La Fata Bianca, pensò Chamberocchio, e quindi fece per alzarsi e presentarsi, ma non ci riuscì a causa del collare che aveva attorno al collo:

“Puoi... liberarmi?” chiese allora alla ragazza. Lei si avvicinò a guardarlo meglio. Era fatto semplicemente da una catena metallica molto robusta. La ragazza si tolse i guanti, poi disse:

“Ora vediamo...” ed afferrandosi le mani si strappò letteralmente la pelle di dosso, rivelando sotto di essa due mani metalliche, con le quali afferrò la catena e cominciò a tirare finché non riuscì a romperla.

“Ecco fatto!” affermò soddisfatta.

“Wow!” esclamò Chamberocchio ad occhi sgranati mentre si massaggiava il collo “Sei forte! Sei... una mutante?”

“Eggià!” rispose la ragazza mentre le mani le tornavano normali “Lucignola Guthrie, al tuo servizio!” e gli porse una mano con cui lo aiutò a rialzarsi.

“Io sono Chamberocchio.” si presentò il ragazzo, e poi, ricordandosi di Bastian “Ora è meglio che andiamo oppure il tipo che mi ha intrappolato qui si accorgerà che sto scappando.”

Lucignola annuì ed i due imboccarono la strada della città.

“Allora vuoi dirmi cosa ci facevi incatenato a quella cuccia?” chiese la ragazza.

“E’ tutta colpa dei miei poteri!” esclamò Chamberocchio “A causa loro la gente o mi prende in giro o tenta si sfruttarmi! Vorrei non essere mai nato mutante!!”

“Ti capisco...” rispose Lucignola “...anche per me è stato un problema, ma domani tutto cambierà!”

“Perché?” chiese incuriosito Chamberocchio.

“Perché domani partirò!”

“E dove andrai?”

“A Genosha, il Paese dei Balocchi!”

“E che cos’è?”

“E’ un paese in cui i mutanti sono bene accetti e tutti quanti li amano! Dove si può giocare tutto il giorno con i propri poteri e non bisogna studiare per imparare a controllarli!! Dove ogni giorno ci sono parate in onore dei mutanti!!!”

“Wow!!!” esclamò Chamberocchio che non credeva a quello che sentiva “E dov’è?!”

“E’ in un posto lontano... domani passerà una mega astronave a prendermi e a portarmi lì!”

“Bello!” esclamò di nuovo Chamberocchio “E... quanto costa?”

“Niente! E’ tutto gratis!!” rispose Lucignola, e poi, abbassando il tono di voce “Vuoi... venire con me?”

“Io...” cominciò a dire Chamberocchio incerto. Da un lato pensava alla promessa fatta alla Fata Bianca, ma dall’altro gli occhi azzurri di Lucignola su di lui gli facevano ribollire il sangue. E poi se davvero esisteva un Paese così poteva chiamare il suo babbo e farlo venire a vivere con lui lì... “Va bene, vengo con te!”

Lucignola sorrise, poi disse:

“Ok, allora ci vediamo domani mattina nello spiazzo accanto quella fattoria.” ed indicò una piazzuola poco lontana da lì “A domani!” e diede un leggero bacetto sulla guancia di Chamberocchio prima di andarsene.

“Wow...” commentò lui guardandola allontanarsi finché non scomparve dalla sua vista. Poi si avviò verso casa contento di quanto successo. Appena entrato chiamò un paio di volte il suo babbo Banshetto, ma nessuno gli rispose. Pensando che fosse fuori a fare qualche commissione, Chamberocchio si mise a letto e si addormentò tranquillo. La mattina dopo, fu svegliato da un piccolo rumore, una specie di ‘cri-cri’, accanto all’orecchio.

“Uh...? Che succede...?”

Bonjour, Chamberocchio! Sono io, il Grillo!” disse una vocina di ragazza al suo orecchio.

“Oh no, di nuovo tu!” esclamò Chamberocchio alzandosi dal letto.

“Sì! Sono venuta a ricordarti di andare a scuola! Ecco lì c’è l’abbecedario e il quaderno, e là...”

“Non ci vado a scuola.” la interruppe Chamberocchio.

“Ma... ma come?! E perché?!”

“Vado in un paese bellissimo, dove potrò dire a tutti che sono un mutante e nessuno mi prenderà in giro! E poi farò venire papà con me!!”

“Ma.... ma... non esiste un paese del genere!”

“Sì che esiste, e si chiama Genosha! Me l’ha detto Lucignola!!”

“E... e la promessa fatta alla Fata Bianca?!”

“Questo è più importante! E poi in un posto così bello farò venire anche lei e tutto andrà bene!!”

“Oh... Chamberocchio, Chamberocchio, ma non capisci che non può esistere un posto così? Se ci andrai ti succederà qualcosa di brutto!”

“Di nuovo a portare jella, eh?!” esclamò lui, e poi dopo aver preso una scarpa cominciò a tentare di schiacciare il Grillo gridando “Ora ti faccio vedere io se devi continuare ancora a farle l’insettaccio del malaugurio!!” ma per quanto tentasse di schiacciarlo il Grillo era sempre un salto avanti, finché non sparì del tutto. Contento di essersi sbarazzato di lui, Chamberocchio si vestì e si avvio verso la fattoria indicatagli da Lucignola. Lì vi trovò già la ragazza, che stava aspettando l’astronave seduta su un muretto.

“Ciao Chamberocchio!” disse con gioia non appena lo vide.

“Ciao Lucignola!” rispose lui ugualmente felice “E’ arrivato ancora niente?!”

“Dovrebbe essere qui a momenti!” e, come se avesse ascoltato la sua frase, nel cielo comparve una gigantesca astronave tutta nera e dalla linea aerodinamica, che cominciò ad abbassarsi in quello spiazzo alzando un grande vento. Il portellone anteriore si aprì, e comparvero i visi di altri mutanti come loro e il faccione allegro dell’autista, un uomo sulla cinquantina ma ancora giovanile, con i soli capelli bianchi che indicavano la sua vera età.

“Oh oh oh!” rise di gusto “Ma abbiamo non uno, ma ben due mutanti qui! Io sono il capo di Genosha, chiamatemi Magneto! Questo che sto pilotando è il Blackbird, e fa un un’unica fermata: il Paese dei Balocchi! Allora volete unirvi a noi?!”

“Sìììììì!!!” gridarono assieme Chamberocchio e Lucignola, e salirono di corsa sul Blackbird che si levò subito in volo e dopo qualche ora li portò in una città che sembrava venire dal futuro. Dei grattacieli altissimi che sembravano fatti di vetro salivano fino a toccare il cielo, auto volanti occupavano tutto lo spazio aereo e in ogni angolo vi erano sale giochi con le consolle più nuove e divertenti.

“Ohhhhhh....” esclamarono di stupore i bambini mentre vedevano tutto questo ben di dio, e le esclamazioni divennero di gioia quando scesero dall’astronave e cominciarono a giocare e ad usare i loro poteri senza che nessuno dicesse loro niente. Il divertimento andò avanti per tutta la giornata e per buona parte della notte, fino a che i bambini esausti non si ritirarono nelle loro casette per riposare e ricominciare a divertirsi il giorno dopo. Quando però Chamberocchio si risvegliò, una brutta sorpresa lo attendeva. Durante la notte, infatti, tutti i suoi capelli erano caduti!

“Oh mamma!” esclamò Chamberocchio guardandosi allo specchio impaurito, e allarmato decise di andare a controllare come stava Lucignola. Così si fece una specie di turbante con le lenzuola per coprire la testa calva ed uscì di casa.

“Ohi Lucignola, ci sei?” disse mentre stava entrando nella casa della ragazza.

“Sì sì sono qui, vieni avanti.” si sentì rispondere. Chamberocchio entrò nella casa di Lucignola, e la vide che usciva dal bagno. Aveva un asciugamano annodato attorno ai capelli. Come se non fosse successo niente, Chamberocchio disse:

“Salve Lucignola...”

“Salve Chamberocchio...” rispose la ragazza, gettando uno sguardo diffidente al lenzuolo che lui aveva attorno la testa.

“Dimmi... come mai porti quell’asciugamano?”

“Mi sono appena lavata i capelli e si devono ancora asciugare...” mentì Lucignola “E tu come mai porti quel lenzuolo?”

“Ho deciso di giocare al predone arabo!” ma non appena disse quella bugia la sua bocca esplose facendo cadere il lenzuolo e mostrando la sua bella testa calva. Lucignola la vide e cominciò a ridere sguaiatamente indicandola, ma si mosse così tanto che fece cadere anche il suo asciugamano, sotto al quale c’era una testa pelata almeno quanto quella di Chamberocchio con addirittura sopra scritto il numero 20. Al vederla anche Chamberocchio cominciò a ridere, e per qualche minuti i due continuarono a ridere delle proprie disgrazie, finché Lucignola non disse:

“Chamberocchio.... Chamberocchio mi sento strana!”

Chamberocchio smise di ridere mentre vedeva gli occhi della sua amica che diventavano bianchi.

“Sì... anche io...!” confermò lui.

“Chamberocchio che mi sta succedendo!” esclamò lei, ma poi subito dopo non riuscì ad aprire la bocca. La stessa cosa Chamberocchio, era come se non potesse più controllare il proprio corpo. L’ultima cosa che vide prima di immobilizzarsi era il suo viso calvo allo specchio sul quale spiccava il numero 06. Passò una buona mezz’ora, e nella stanza entro Magneto, il capo di Genosha.

“Vi volevate divertire, eh?! Volevate che tutto fosse facile! Volevate fare la bella vita! Ed invece adesso siete miei, e vi userò per fare andare avanti questo paese!! Bestie siete e bestie rimarrete!!!” e detto questo li prese sotto le braccia e se li portò via.

Lucignola fu destinata ad i lavori forzati, mentre Chamberocchio fu venduto ad un brutto ceffo di nome Tom Black, il quale cominciò ad usarlo per svaligiare le banche dello stato. Ma i suoi poteri funzionavano solo quando diceva bugie, e né Tom né Magneto lo sapevano, così dopo le prime volte che Chamberocchio fece cilecca Tom preso dalla rabbia ebbe la bella idea di legarlo con una corda e di buttarlo giù da una scogliera dritto dritto nell’oceano. Lì però Chamberocchio non ebbe nemmeno il tempo di spaventarsi che sentì un’ombra gigantesca dietro di lui, e poi due fauci gigantesche calarono su di lui e lo inghiottirono. Il povero mutante rotolò per qualche minuto in una specie di tubo, finché non atterrò in una pozza di liquido verde, che si accorse subito essere piena di acido. Le sue corde furono le prime a sciogliersi, e assieme a loro anche il numero che aveva tatuato sulla fronte sparì, permettendogli di riprendere conoscenza e di saltare fuori dallo stomaco dell’enorme animale che lo aveva mangiato. Chamberocchio così si ritrovò su una specie di zattera che galleggiava su quel mare di acido, e per la prima volta potè vedere il posto in cui era capitato. Era gigantesco. Da quella pozza immensa di liquido verdastro spuntavano le carcasse di animali e di galeoni che un tempo dovevano essere maestosi. E giù, in fondo, poteva vedere una specie di luce. Con prudenza, Chamberocchio cominciò ad avvicinarsi, fino ad arrivare abbastanza vicino da poter vedere chi l’aveva accesa senza essere visto a sua volta. Il suo cuore fece un tuffo, una volta che ebbe riconosciuto il suo babbo! Era lì, chino su un fuocherello che bruciava alcune delle assi del galeone mentre arrostiva dei pesciolini scappati alla fame del mostro che li aveva ingoiati.

“Babbo!!” gridò Chamberocchio pieno di gioia balzando davanti a Banshetto, che per lo spavento quasi non rovesciò tutti i pesciolini. Non appena si riebbe, aguzzò lo sguardo sul piccolo mutante e spalancando le braccia urlò di rimando:

“Chamberocchio!!” e lo abbracciò forte forte. Rimasero così per qualche minuto, finché Banshetto non si discostò e cominciando a tastarlo per vedere se era vero prese a chiedere “Sei davvero tu?! Ma com’è possibile!! E’ un miracolo, è sicuramente un miracolo!!” e lo abbracciò di nuovo. Quando ebbe finito con i saluti, Chamberocchio gli raccontò la sua storia, e tutto quello che aveva fatto per essere finito lì. Questa volta fu completamente sincero, e sebbene vedesse che ogni tanto Banshetto storceva il naso, a fine racconto si accorse che la contentezza del suo babbo per averlo ritrovato era più forte di tutto il resto, e che qualsiasi cosa sarebbe successa poteva sempre contare sul suo amore. Quando ebbe finito, fu la volta di Banshetto di raccontare le sue peripezie. Non vedendolo tornare infatti, aveva cominciato a cercarlo ovunque, arrivando addirittura a spingersi sul mare aperto. Qui aveva incontrato il PesceMondo, un gigantesco pescione che si nutriva di tutto quello che trovava in acqua, e che aveva fatto un sol boccone di lui e della sua barca.

“Oh babbo! Mi dispiace così tanto per quello che ti è successo!!” disse sincero Chamberocchio.

“Non ti preoccupare, non ti preoccupare figlio mio, l’importante è che siamo di nuovo assieme.” risponse Banshetto.

“Ma fra non molto il PesceMondo ci digerirà e noi scompariremo!”

“No, figliolo, ti dimentichi di una cosa importante: i tuoi poteri.”

“Ma mi hanno portato sono gua...!”

“Ascoltami, voglio rivelarti un segreto. In realtà, anche io sono un mutante.”

La faccia che fece Chamberocchio fece capire abbastanza eloquentemente quanto quelle parole lo avessero sbalordito.

“Sì, figliolo, la natura mi ha dotato di corde vocali più forti di qualsiasi altra persona al mondo, è anche grazie a loro che sono diventato un famosissimo cantante. E’ per questo che conoscevo Mastro Lindo ed è per questo che gli ho chiesto un mutante come figlio. Anche io avevo le tue stesse paure da piccolo, ma poi ho capito che non puoi rifiutare una parte di te. Il tuo potere è qua dentro...” e mise la mano sul petto di Chamberocchio “...e aspetta soltanto che tu lo tiri fuori. Accettati così come sei, in tutte le tue caratteristiche, solo in questo modo potrai avere il punto di partenza da cui cominciare a migliorarti.”

Quando Banshetto ebbe finito di parlare, Chamberocchio aveva lo sguardo a terra, e i pugni serrati. Le sue parole lo avevano toccato al cuore, e adesso sentiva ribollire dentro di sé un’energia potentissima. Ma, a differenza delle altre volte, non la trattenne. Anzi, si voltò verso la pancia del mostro e disse:

“Sono stato un bravo bambino!” e subito dalla sua bocca proruppe una scarica d’energia che colpi le pareti dello stomaco del PesceMondo. Da lontano, si levò una cupa eco di dolore.

“Non voglio più andare a scuola!!” ed una nuova esplosione, più forte della prima, colpì l’interno del mostro, che urlò di dolore ancora più forte. Chamberocchio inspirò, poi raccolse tutte le sue energie e gridò:

“NON VOGLIO PIU’ ESSERE UN MUTANTE!!!!” e l’intero ambiente fu riempito dal giallo accecante della sua energia, così forte e potente da aprire letteralmente in due il PesceMondo e da scagliare sia Chamberocchio che il suo babbo in aria. Qui, Banshetto fece appello a tutte le sue forze per attivare il suo potere ed afferrare il suo figliolo prima che finisse di nuovo in mare. Una volta arrivati a riva, Banshetto aiutò Chamberocchio a rialzarsi. Era esausto dopo aver portato il suo potere a quei livelli, ma era soddisfatto di essere riuscito ad usarli per qualcosa di buono, una volta tanto.

“Bravo figliolo, sono fiero di te!!!” esclamò Banshetto abbracciandolo.

“E anche io, garçon, anche io.” gli fu portata dal vento la voce sottile di una ragazza. Alzandosi poco di sopra la spalla del suo babbo, Chamberocchio vide il Grillo Saccente su una roccia poco lontano che lo salutava sorridendo. Il piccolo mutante ricambiò lo sguardo.

In quel momento l’aria si illuminò e subito dopo vi si aprì un varco circolare da cui uscirono una donna bionda vestita di bianco e un barboncino nero che levitava dietro di lei.

“Allora, Chamberocchio,” esordì la Fata Bianca “finalmente sei diventato un bravo bambino.”

“Sì...” ammise il piccolo “Basta con le scuse e le bugie, voglio fare sul serio adesso.”

“Bene,” commentò la Fata “quindi è tempo che anche io mantenga la mia promessa e ti trasformi in un bambino normale.” e cominciò ad avvicinarsi a lui mentre l’antenna del suo cellulare si allungava a mo’ di bacchetta.

“No no no!!” si affrettò a dire Chamberocchio “Non voglio più essere un bambino normale! Sono un mutante e voglio continuare ad esserlo!!”

La Fata sorrise, poi disse:

“Vedo che finalmente hai imparato la lezione. Non serve a niente dare la colpa ai tuoi poteri, al tuo fisico o alla tua diversità quando la causa dei tuoi problemi è il tuo comportamento. Ed è troppo facile sperare che esista una società disposta ad accettarti per quello che sei, per quanto strano tu possa essere, se non le dimostri un po’ di buona volontà. Quella società non esiste ancora, ma se ci mettiamo tutti al lavoro, forse un giorno chiunque fuoriesca dalla norma riuscirà ad essere considerato al pari degli altri. Ma ci vuole impegno ed olio di gomito. Tu sei disposto a darti da fare?”

“Sì!” rispose tutto d’un fiato Chamberocchio.

“Allora possiamo davvero sperare in un mondo migliore...” e, prima di andarsene per il varco da cui era entrata, si rivolse a Banshetto “Abbi cura di lui, è un bambino speciale.”

“Lo farò.” replicò lui, e poi aggiunse “Da domani la mattina andrà a scuola e il pomeriggio e la sera li passerà a studiare i suoi libri, non è vero figliolo?”

“Ehm... sì... certo papà...” rispose Chamberocchio, e nulla successe. La Fata Bianca, ormai quasi interamente dentro il varco, si voltò verso di lui e subito prima di scomparire gli disse:

“Complimenti... stai già dimostrando un notevole controllo sui tuoi poteri.” quindi il varco svanì e la spiaggia tornò normale. Banshetto guardò Chamberocchio perplesso, poi gli chiese:

“Secondo te che voleva dire?”

“Oh, non ne ho idea papà, non ne ho idea.” mentì sorridendo Chamberocchio.

 

FINE-

 

Jubilee, finita la sua storia, fa un sospiro e si volta verso Artie e Pulce. Entrambi si stanno facendo cullare tra le braccia di Morfeo già da un bel po’.

“E’ proprio un peccato...” sussurra tra sé e sé guardandoli dormire placidi “Invento una storia così bella, e non c’è nessuno ad ascoltarla.”

Quindi si alza ed esce dalla stanza, spegnendo la luce dietro di sé.

 

 

Note dell’autore: vi giuro che l’idea per questa storia ce l’avevo da molto tempo prima che Benigni decidesse di fare Pinocchio;) I temi base della novella di Collodi si prestavano benissimo, con le dovute modifiche, ad una favoletta leggera e semplice, da raccontare prima di addormentarsi a due piccoli mutanti che stanno vivendo sulla propria pelle le conseguenze della propria diversità. E, come tutte le favole, anche questa ha la sua morale, che potrà sembrare melensa o moralista, ma se non si è sdolcinati nelle favole, allora dove?

Per commenti, suggerimenti o insulti l’indirizzo è: gambittolo@hotmail.com

 

Buonanotte.