Ma#velit & D.C.italia present:

 

What if... in a Else World. n.1

Kaine in:

Ghosts of Past... Shadows of Future. #5

 

di Yuri N. A. Lucia

 

 

Parallelismi.

 

 

Ero ancora confuso per quanto accaduto con Selina, la vista della luce del giorno, anche se offuscata da numerose nubi, non mi aveva portato consiglio come avevo sperato. Buffo come richiamassi la sua immagine associandola al nome di battesimo e non a quello che si era scelto come creatura della notte. Era stata lei che mi aveva chiesto di usarlo, quando eravamo nel letto insieme e cercavo di evadere l'argomento nottata appena trascorsa. Le avevo parlato delle mie intenzioni, chiedendole di accompagnarmi nel mio viaggio ma si era rifiutata dicendo che preferiva non spostarsi, in fondo lei era un volto noto a quelli del Grande Grigio... sicuramente qualcuno dei loro l'avrebbe riconosciuta al varco delle frontiere e poi non le andava di fuggire, anche se per poche ore, ripeteva ostinatamente che quella era la sua città e che nessuno l'avrebbe mai cacciata. Tipico dei gatti: un senso del territorio ipersviluppato. Eppure, mi sembrava anche dispiaciuta che io stessi partendo senza di lei, lasciandola sola... ma forse era solo una mia impressione, perché per il resto si era comportata con estrema naturalezza dopo quello che era successo. Oh si, mi aveva fatto diversi complimenti sul fatto che compensassi la mia mancanza di esperienze nel campo erotico con un ardore che aveva dello straordinario e cose del genere, ma non sembrava che fosse rimasta coinvolta in altri modi... mentre io... che stupido vero? Mi era bastato averla tra le braccia per una notte per illudermi che... ma questi sono dettagli. Ero passato al Gazette, non volevo sparire senza una valida motivazione, e volevo aggiornare Farrel sulla situazione Grande Grigio. Mi tenni molto sul vago, dicendogli che mi stavo occupando di come organizasse la distribuzione della droga nelle scuole e, che al momento, preferivo tener riserbo sul materiale accumulato. Gli proposi un servizio invece sulla corruzione in quella che era stata considerata un tempo la sorella povera e sfrotunata di Gotham e che ora invece stava divenendo una fiorente metropoli. Sarebbe stato interessenta raccogliere notizie sulla locale criminalità e comparare diversità e similitudini. Non fece molte storie, pensando probabilmente che avevo in mente qualcosa di connesso alla mia inchiesta principale ed io non feci nulla per fargli credere il contrario. Era uno che dava molta fiducia ai suoi uomini e questo mi piaceva parecchio.

 

Il viaggio a Bludhaven durò un po', visto le condizioni in cui versavano le strade che collegavano la città oscura a tutte le altre nello stato. Una volta arrivato lì mi diressi al luogo che Peter mi aveva indicato essere il ritrovo per la conferenza segreta, deciso a parlare per primo con il Dr. Maine. Tecnicamente non avevo mai conosciuto il buon vecchio dottore, visto che ero un clone, ma Miles mi aveva impiantato tutti i ricordi del mio affezionato clonato e quindi avevo ben presente i giorni in cui Spiderman si era unito insieme a Submarine, Wonderman, Aceman e Knight Owl, nel gruppo capeggiato dal mago e rispondente al nome di Mistery Squad per fronteggiare la minaccia del Resurrettore e dei suoi accoliti. Il palazzo davanti al quale il taxi si fermò aveva tutto fuorché l'aria del posto dove uno si sarebbe aspettato di trovare riunite le maggiori autorità nel campo dell'occulto. Era una delle costruzioni più moderne di Bludhaven, da diversi anni sede di una delle più importanti filiali della Stark corps. 45 piani in un piacevole stile moderno dalla linea pulita e al contempo elegante, che si ergeva nel quartiere finanziario e sembrava scrutare con occhio benigno in ogni dove. Chesi all'uomo della reception a che piano fosse il convegno degli appassionati del manierismo, questa la copertura ufficiale, che tra l'altro trovavo stranamente ridicola. L'ascensore mi portò al 33 piano e quando aprì le sue porte sul corridoio per poco non ebbi un colpo. C'erano dei globi di luce che galleggiavano un po' ovunque, ognuno con una particolare sfumatura di colore che sembrava ribollire, e ogni tanto, qualche solitaria scintilla che attraversava l'ambiente, lasciandosi dietro una scia profumata. Vidi che mi veniva incontro un ragazzo, di circa 20 anni, un tipo dall'aria molto sicura di se, vestito come un pittore della beat generation: baschetto rosso, maglioncino a collo alto e pantaloni di velluto neri, un paio di occhialetti da antologia, capelli alle spalle, sul biondino e un curioso pizzetto tinto di viola.

"Salve a te gradito ospite. No... non disturbarti a dirmi chi sei... dimentichi che so molte cose? Conosco particolari dell'esistenza che tu faticheresti persino ad immaginare e... sopratutto... l'identità dell'uomo dal quale sei stato creato, quindi anche la tua."

Rimasi a guardarlo intontito, cercando di capire, poi ricordai...

"Che mi prenda... Dr. Maine! E' un vero piacere incontrarla!"

Lui mi sorrise con aria comprensiva. Il Mago Supremo della Terra cambiava continuamente aspetto fisico, da quando il suo corpo originale era andato distrutto nella battaglia mistica contro Morgul posseduto dal temibile demone Dormammu, che quasi era costata la vita al pianeta stesso, e aveva traslocato, essenza vitale, ricordi, e bagagli nel corpo di un mezzo sangue skrull-rhaniano, di nome Sobecca, fondendosi con questi. Non sapevo come reagire, ero decisamente imbarazzato, istintivamente avrei voluto abbracciarlo, come si fa con un vecchio e caro amico, ma mi chiedevo se sarebbe stato fuoriluogo visto quello che ero. Fu lui a sbloccare la situazione abbracciandomi per primo. Mi dette diverse pacche sulle spalle invitandomi a non sentirmi a disagio e che dovevo considerarlo mio amico proprio come faceva Peter.

"Tuo fratello mi ha parlato spesso di te ed in un certo senso ci siamo già conosciuti anche se tu non lo ricordi... no, non chiedermi nulla! E' una storia molto lunga e complessa e riguarda paradossi temporali e viaggi interdimensionali! Dovresti dedicarmi almeno un paio di giorni per saperla tutta e tu non hai tutto questo tempo vero? Vieni, andiamo nella mia camera dove saremo un po' più tranquilli... vedo che sei rimasto un po' interdetto dallo spettacolo eh? Sai, si ha l'idea errata che questo tipo di convegni tra maghi siano all'insegna della serietà e del rigore e che noi siamo, come dire, dei vecchi barbagianni arroccati  sul proprio scranno di autorevole occulta conoscenza... ed invece anche noi festeggiamo, beviamo e... ma non divaghiamo, ecco entra e siediti pure dove vuoi. Bevi qualcosa? Io mi faccio un buon vecchio on the rock... ah! Quelle sono di una mia amica che le ha scordate ieri sera, ti dispiace posarle lì così mi ricordo di ridargliele dopo? Grazie! Allora cos'è che volevi? Facciamo un On the Rock anche per te?"

"Ok... facciamone uno anche per me."

Risposi divertito, e mi sentii rinfrancato dal suo comportamento che anche se era frastornante riusciva a mettermi meravigliosamente a mio agio. Brindammo e sorseggiammo i nostri cockatils.

"Bene, passiamo ora al motivo della tua visita - disse facendosi improvvisamente più serio. Posò il bicchiere e mi scrutò con aria incuriosita.- Sono stato messo al corrente di quanto ti è successo e devo dire che l'ho trovato interessante. Ovviamente non sei il primo caso di contatto con il Piano Spettrale che mi sia capitato di incontrare ma, diciamo, che ci sono delle interessanti peculiarità. La prima è il luogo dove è successo: Gotham, una città che di per se ha un grande peso nell'ordine mistico delle cose; l'altra sei tu: i tuoi poteri di precognizione ti rendono una singolarità vivente visto che hai una sorta di rapporto privileggiato con la Coscienza Cosmica. Non meravigliarti, ne ho parlato anche a Peter. Sono sicuro che l'origine del tuo senso di ragno sia legata alla tua natura avatarica di incarnazione vivente del Dio Ragno. Ti vedo un po' interdetto e confuso."

"Perdonami Doc... ma dammi atomi di carbonio, molecole instabili, polimeri basici, processi di fusione fredda e mi sentirò come a casa... ma le Scienze Occulte non sono mai state il mio forte, a differenza di quelle più tradizionali."

"Perdona tu me ma, da quando mi sono fuso con il buon vecchio Sobecca, l'eroe del pianeta Rhann conosciuto anche come Captain Zero, sono divenuto molto più esuberante e... petulante, anche se mi duole ammetterlo. Comunque, per arrivare al nocciolo della tua questione, lo spirito che hai incontrato ti ha sicuramente eletto il suo personale paladino. Il che significa, mio caro, la necessità di riparare ad un avvenimento il cui peso ha sconvolto la sua vita e non solo..."

"Cosa intendi con quel non solo?"

chiesi leggermente allarmato per la pausa che aveva fatto seguire.

"Credo che quanto occorsogli in passato, parlo dell'evento che ha troncato la sua vita, abbia avuto un influsso sul divenire delle cose piuttosto importante. Ci sono persone, che per nascita, giocano un ruolo fondamentale nell'Ordine Cosmico: Chiavi Viventi; costoro fanno si che la storia prenda determinate pieghe piuttosto che non altre, contribuendo insomma, a formare la realtà così come la conosciamo. Pensa solo alla genesi dell'alter ego di Peter... non ha dell'inceredibile? Tutta quella sequenza di coincidenze che lo hanno forgiato, facendone l'eroe che è oggi. E pensa anche a tutti gli altri... se andassimo ad analizzare la storia di tutti quelli che sono definiti oggi eroi, capiresti che cosa intendo dire. Delle volte capita però, che le Forze che tendono a sovvertire l'Ordine delle Cose, cerchino di portare questi esseri dalla propria parte, di convertirli al lato oscuro, sperando che Lucas non mi citi in giudizio per plagio, ma quando non ci riescono allora li stroncano, spesso colpendoli sul nascere o in momenti in cui sono particolarmente fragili... i momenti cruciali della propria esistenza. Chi può dire cosa sarebbe stato quel povero fanciullo se fosse cresciuto? Potrei anche sbagliarmi... magari sarebbe stato un uomo come tanti... ma non credo che una personalità comune sarebbe riuscita a rimanere integra dopo la scorporazione violenta. Solitamente, a seguito di una morte traumatica, del defunto rimane poco più che una traccia psichica che si manifesta sotto forma, diciamo, di apparizione ma, in questo caso, dal tuo racconto si capisce perfettamente che c'è una volontà di manifestarsi e comunicare, facilitata, come dicevo prima, dalle tue facoltà. Hai avuto altre apparizioni oltre a quelle del piccolo?"

Avevo seguito con grande attenzione quello che mi aveva detto, meditando sulle sue parole. Lo guardai negli occhi e risposi alla sua domanda, cercando di non omettere nulla per dimenticanza e provando un brivido dietro la schiena mentre ricordavo le forti emozioni che avevo provato al manicomio abbandonato di Arkam.

"Si... quel posto era quello più ovvio per un apparizione del genere. In passato, prima del disastro, ci sono stato per delle ricerche e le energie presenti sul luogo erano terrificanti. I pazzi sono dei generatori potentissimi di emanazioni psichiche... e queste attirano, come il miele attira le api, certe creature... sé il ragazzo è una sorta di Essere Chiave mancato... deve esserci per forza una Presenza avversa che lo ha colpito e che è rimasta tutt'ora nella città, nutrendosi di disperazione, odio, violenza, follia... alimentandole per averne sempre di più. Ti ha attaccato, forse perché in te ha visto un pericolo ma ricorda bene... come tutte le Presenze, ha bisogno anche di un ricettacolo in cui rifugiarsi, in cui poter assimilare quanto ha divorato per rinvigorirsi e perpetrare la propria esistenza. Tale ricettacolo non può che essere un essere vivente..."

"Il Batman!"

Quasi lo avevo gridato e mi sentii terribilmente imbarazzato per quello scatto improvviso. Il mago sembrò non farci caso e mi fece un gesto come a dire che non c'era problema e che andava tutto bene. Ritornai a sedere dopo essermi alzato senza praticamente accorgermene. Quell'idea mi era balzata spontanea alla mente ed ora cominciava a delinearsi un quadro inquietante davanti a miei occhi... un territorio di caccia! Ecco cosa era divenuta Gotham City! L'enorme riserva privata di quel mostro che avevo affrontato qualche sera prima. La cosa che non mi quadrava del Grande Grigio e dei doogies era il loro eccesso di violenza, spesso ingiustificato nei confronti dei cittadini, che dava l'impressione di essere frutto di una mente sadica e sanguinaria. Non erano i soldi, non era il mero potere che interessava il capo dell'organizzazione criminale... quelli erano solo mezzi con i quali conseguire i propri scopi e controllare i propri sottoposti. Era il male... anzi... il Male...  quello era il suo vero interesse. Più lo avrebbe diffuso e più abbondante sarebbe stato il suo raccolto di miserie e disgrazie... il Batman era questo: l'Avatar di quella cosa che avevo visto e che avevo sconfitto; una figura oscura che incuteva terrore solo con il pronunciare del suo nome... qualcosa che rendeva più saldo il regime di terrore in cui era costretta la città... ma sotto quella maschera, doveva esserci un uomo, qualcuno che dava ospitalità a quella sosozzura senza name che aveva cercato di sorpaffarmi. Qualcuno di vivo, che poteva sanguinare, morire... o essere battuto dall'astuzia.

"Grazie dottore! Quello che mi ha detto è stato molto importante... ora comincio a capire molte cose che prima mi apparivano oscure."

"Felice di averti aiutato spidey... ma c'è un'altra cosa di cui vorrei chiederti... prima, raccontandomi il fatto, mi hai detto che qualcuno ti aveva già avvertito del rischio che correvi... una specie di sensitiva. Potresti dirmi il suo nome."

Mi resi conto di essermi scordato per qualche attimo dell'esistenza della strana donna che mi aveva aiutato a capire quello che mi stava accadendo.

"Lady Hysteria. Perché?"

"Potresti descrivermela?"

Acconsentii alla richiesta e cercai di essere il più preciso possibile. Lui sembrò sprofondare in una profonda meditazione. Poi alzò la testa verso di me.

"Cosa c'è che non va Doc... la conosci per caso?"

"Si."

"Ah! Una buona notizia! E' una tua amica?"

"E' morta."

"Eh?"

"Sembra che tu di fantasmi ne abbia incontrato tre..."

 

Salutai il dottore dopo un quarto d'ora, il tempo di riprendermi dallo shock e scesi in strada, aspettando che arrivasse il taxi che aveva chiamato per me dalla sua stanza. Lo ringrazia di cuore per quanto aveva fatto per me e gli dissi che se mai avesse avuto bisogno del mio aiuto io sarei accorso subito e lui mi rispose in modo alquanto inquitante, anche se con il sorriso sulle labbra.

"Ah, non ne dubito! E così sarà, quando verrà il momento. Perché sappi che il giuramento di tuo fratelllo è anche il tuo...  ma quel giorno, potresti pagare un grande prezzo per onorarlo... un prezzo che ad altri parrebbe spropositato."

Non disse altro, sembrava che quando voleva sapesse essere ancora criptico come ai vecchi tempi… ma del resto con il vecchio Doc spesso si doveva andare sulla fiducia. Tutte quelle rivelazioni mi avevano fatto uno strano effetto: non ultima quella della presunta morte della signora Hysteria… eppure il suo nome era conosciuto! Possibile che nessuno si accorse di aver avuto a che fare con una defunta? A questo avrei pensato dopo. C’erano ancora alcune cose che mi sfuggivano e desideravo mettere ulteriore chiarezza nei miei pensideri. L’ospedale centrale di Bludheaven sarebbe stata la mia prossima meta.

 

Attraversai il lungo corridoio accompagnato da una gentile e giovane infermierina, decisamente deliziosa nel suo camice e mi sorpresi nell’accorgermi che le stavo fissando le tette con una certa voglia… non riuscivo a non pensare a quelle di Selina. Mi dissi che ero stupido a pensare che le cose sarebbero rimaste uguali al mio ritorno… anche se eravamo stati abbracciati insieme nel letto questo non voleva dire nulla… era pur sempre una donna navigata, un’assassina a sangue freddo e dovevo tenerlo a mente perché altrimenti mi avrebbe fregato per bene alla prima occasione. Mi chiesi che tipo di uomini avesse frequentato la micetta, dovevano piacerle i giochini pesanti da quello che avevo potuto vedere, ovviamente non le avevo chiesto nulla perché durante ero preso da altre cose e dopo non mi sembrava il caso.

“Eccoci arrivati signore, quello è il dottor Herbert Crussmayer.”

“La ringrazio, molto gentile.”

La salutai, sperando che non si fosse accorta delle occhiate che le avevo lanciato prima e mi feci d’appresso al dottore, un uomo di mezza età, dall’aspetto giovanile e curato, con due baffi decisamente fuori moda ma che gli conferivano quell’aria di rigore ed eleganza che avrebbe dovuto avere un primario di una struttura così importante e rinomata.

“Buon giorno! Lei deve essere il sig. Fitzpatrick vero? E’ stata una bella sorpresa ricevere il suo fax. Essere intervistato per un articolo del Gotham Gazette è un onore, visto che è l’ultima voce libera della povera Vecchia Signora.”

Risi tra me e me, pensando che anche quello ormai era comunque vincolato dalla paura che attanagliava tutto e tutti in quel posto disgraziato.

“E’ un onore per me conoscerla.”

Risposi io e lui mi fece strada mentre cominciammo a parlare.

“E’ strano che qualcuno si interessi ad una storia così vecchia…”

“La trovo molto rappresentativa del processo di decadimento che ha interessato la città negli ultimi 27 anni… per certi versi è stato più di un semplice evento simbolico.”

Quello che dicevo non era un semplice discorso di circostanza. Leggendo il file sul disco che Gordon mi aveva dato mi ero davvero fatto quest’idea… e ne avevo avuto conferma parlando con Maine. Eravamo passati nell’ala destinata a chi soffriva di problemi mentali, ma non era considerato pericoloso. C’erano diversi pazienti che giravano, tutti con l’aria tranquilla, si che se non avessi saputo dove mi trovavo li avrei scambiati per comuni degenti. Quell’aria di quiete e di pulizia contrastava terribilmente con quella di abbandono e di degrado dell’ormai abbandonato Arkham. Provai una fitta allo stomaco ripensando a quel detestabile luogo, alla sporcizzia di cui sembrava imbevuto e di come avessi avuto la sensazione continua che cercasse di entrarmi dentro, frugando, come se fosse un parassito vivo, in ogni angolo della mia anima.

“Devo chiederle, sig. Fitzpatrick, di usare la massima attenzione nel parlare con il nostro ospite. E’ molto tranquillo, anche se taciturno e solitario, ma la sua mente non si è mai ripresa dallo schock. La domanda o la parola sbagliata potrebbero procuragli gravi sofferenze e vanificare anni e anni di terapie. Eccolo lì. Come vede è una  persona molto ordinata e pulita - sorrise con affetto il medico. - anche qui ha sempre voluto indossare i suoi vestiti, una volta ripreso dal coma e dal primo periodo di totale inedia, e si occupa della pulizia della sua stanza. Noi lo lasciamo fare, è parte della sua terapia, consideriamo positivo questo suo interesse nella cura delle proprie cose e della propria persona. Ah, non ci faccia troppo caso, ma tende ogni tanto, a perdere la concentrazione durante le conversazioni, rimane qualche secondo inerte, come se fosse assente, ma dura pochissimo. Purtroppo, a casua dell'operazione subita alla testa, soffre di piccole perdite di memoria. Potrebbe dimenticarsi, in ogni momento, quello di cui stavate discutendo.”

Il vecchio uomo guardava fuori da una grande finestra, con aria assortra e triste, fissando un punto imprecisato del giardino. Per un attimo mi sembrò che stesse annuendo silenziosamente e mi chiesi se stesse comunicando con qualcuno, magari un altro paziente.

“Alfred... sono Herbert… la posso disturbare un momento?”

Quello si girò con aria indifferente e rispose con educazione.

“Certo, mi dica pure dottore.”

“Qui c’è un signore… mr. Abel Fitzpatrick che vorrebbe farle alcune domande. Lavora per il Gotham Gazette, è un giornalista. Sta scrivendo un articolo sulla storia della Gotham bene, le piacerebbe aiutarlo?”

Gli feci un rispettoso cenno di saluto, cercando di nascondere la sorpresa nel vederlo. Era molto diverso dalle foto esaminate: avevo difronte un uomo invecchiato, distrutto dal dolore e sconfitto dalla vita, sul volto una maschera di lutto e costernazione, forse qualcosa che si era autoimposto, forse una punizione per qualcosa che pensava di aver fatto... o di non aver fatto. Sul lato destro della testa era visibile la cicatrice dell’operazione che era servata a mettergli una placca di metallo.

Alfred Crane Pennyworth, maggiordomo e amico della famiglia Wayne, dopo la tragedia aveva tentato di porre fine alla sua vita piantandosi una pallottola nella tempia me senza successo. Fu ricoverato subito al Central di Bludheaven, che aveva delle strutture più adatte e da allora non ne era più uscito.

“Molto volentieri dottore. Se vuole, può anche lasciarci soli, so che ha numerosi impegni oggi. Non si preoccupi per me, posso gestire la cosa da solo.”

Aveva mostrato una sicurezza nel rispondere che aveva sorpreso anche il dottore. Questi si limitò ad annuire, evidentemente non voleva contraddirlo o mostrargli poca fiducia.

“Bene Alfred, se c’è le serve qualcosa mi chiami pure, intesi?”

“Certo dottore. Lei mi segua giovanotto, saremo più comodi nella mia stanza.”

 

Il dottore aveva ragione: la stanza in cui stava l'ex servitore dei Wayne era bene in ordine e sicuramente era evidente che l'arredo interno era frutto di un uomo dai gusti raffinati e dal grande senso dell'eleganza.

"Sono io che ho consigliato il dottore di farsi fare quel tipo di baffi dal barbiere, e anche il taglio di capelli. Quando l'ho conosciuto, diversi anni fa, pensai subito che era una brava persona, per via dello sguardo, ma con poco senso dell'estetica. So che sono di una foggia che potrebbe essere considerata demodè, ma quello che è importante non è seguire l'ultima moda ma essere equilibrati, anche nell'aspetto. Lei, vedo, ha scelto di dare un immagine di se piuttosto aggressiva, se mi consente il termine."

L'osservazione non era stata pronunciata ne con tono di disprezzo ne in modo provocatorio, era una pura e semplice costatazione.

"Ognuno sceglie per se l'aspetto che meglio rappresenta quello che ha dentro."

Replicai tranquillamente.

"Condivido il suo pensiero. Ma ora mi dica pure, non voglio farle perdere tempo, lei è venuto quì per un articolo sui Wayne?"

"Diciamo sulla Gotham bene... sulla sua storia..."

"Allora sui Wayne: loro erano la Gotham bene, loro erano la sua storia, loro erano Gotham."

Mi limitai a rispondere con un cenno d'assenso. Bene, temevo che sarebbe stato difficile trattare l'argomento e che se si sarebbe potuto mostrare ritroso se fossi stato troppo diretto.

"La famiglia degli Wayne è molto vecchia. Le sue radici non sono certe, la storia dei suoi membri è nota con esattezza per quel che concerne la trasformazione di Gotham da piccolo centro abitato a grande città, snodo di commerci fluviali e non. Come le ho detto la loro stessa esistenza è un tutt'uno con la più grande città del New Jersey."

C'era dell'orgoglio autentico in quello che diceva.

"Il loro ingegno e la levatura morale avevano fatto grande la Vecchia Signora. Furono loro a chiamare gli architetti che ne ridisegnarono l'aspetto, trasformandola in un'immensa cattedrale, una fortezza."

"Una fortezza? Che intende dire?"

"Una fortezza contro il male, ovvio. Il male c'è sempre stato, e se lei viene da Gotham lo sa molto bene. Capisce quello che le sto dicendo vero?"

Cosa voleva dire quell'affermazione? Contavo, con quella chiacchierata, di riuscire a ricavare qualcosa di più, cosa di preciso non lo sapevo. Adesso aveva preso una piega decisamente inaspettata.

"Si. - Risposi con franchezza. - Capisco perfettamente quello che intende dire signore. E' qualcosa che striscia tra le pietre della città. Pietre che erano state poste per sigillarlo..."

"Per esorcizzarlo...- precisò lui - ma l'esorcismo non riuscì. Forse chi lo pronunciò non era abbastanza puro di cuore, o la sua fede era meno salda di quello che avrebbe potuto credere."

Sorrise divertito, guardandomi in modo strano. Ora avevo la sensazione precisa di aver di fronte qualcuno che era stato nell'abisso della follia e ne era tornato. Ma ne era riemerso storpiato, trasformato in qualcosa di grottesco e di caricaturiale, anche se lottava per non lasciarsi andare completamente, forse solo per il desiderio di non cedere completamente a quella cosa raccapricciante che avrebbe goduto terribilmente nel vederlo totalmente distrutto... disgregato.

"Lei mi vuole chiedere del marito della mia padrona... il dottor Thomas Wayne, non è così?"

"C'è una scuola dedicata a suo nome a Gotham. Doveva essere una persona straordinaria."

"Molto di più. Il signore era un animo nobile, in ogni senso. Andò contro la volontà paterna quando alle riunioni d'affari e alle visiste in borsa, preferì il volonariato in posti dove la morte mieteva un raccolto abbondante tra popolazioni stremate dalla fame e dalla povertà. Rischiò la sua vita in prima persona, solo per poter aiutare. Nessuna ricompensa, niente: solo altruismo nella sua forma più alta e pura. Aveva il dono di poter infondere fiducia solo con la sua presenza ed era un uomo di cui ti potevi fidare, ciecamente. Ero felice... così felice quando lui e la mia piccola lady... che sciocco, la consideravo ancora una bambina quando lui la incontrò... capì che era una donna solo dopo il suo matrimonio... quando ebbe il piccolo. Si amavano, veramente, anche se qualche maligno insinuava che il loro era solo un matrimonio d'interesse. Ma se li avesse visti come li ho visti io... se avesse visto il modo in cui si completavano l'uno con l'altra e come amavano loro figlio."

Mi fissò dritto negli occhi e sussultai per l'ulteriore cambiamento d'espressione a cui avevo assistito. Ora il suo volto era freddo, di ghiaccio, una  maschera.

"Si chiamava Bruce... un bambino bellissimo sa? Io giocavo con lui, ed era un vero piacere. Aveva due occhi che ti fissavano dritto e che sembravano dire: un giorno, vedrai, io farò qualcosa di grande, io sarò qualcosa di grande, di unico; aveva un'energia incredibile. Era così buono ed ubbidiente ma al tempo stesso vitale, gioioso. Fu educato all'amore per il prossimo, ma anche per il sapere, per le cose del mondo. Erano giorni felici... giorni meravigliosi. Ma fuori dalla villa, fuori da quel santuario dove il tempo sembrava essersi fermato a quando ancora era la luce a dominare... la degradazione e la corruzione dilagavano. Nonostante l'opera dei Wayne, i veri Signori di Gotham, che generazione dopo generazione avevano combatutto per redimerla e salvarla, la Tenebra continuava ad avanzare. Avevo la sensazione, netta, assoluta, che quel bambino meraviglioso, con quel sorriso che scaldava il cuore, avrebbe preso il vessillo di quella famiglia di cavalieri arturiani, nati nell'epoca sbagliata, e che avrebbe sbaragliato il Male... e altresì ero sicuro che quella cosa... lo sapesse e temesse. Tramava nell'ombra, desiderando ardentemente prenderlo tra i suoi artigli."

Guardò il soffitto, interrompendo quel racconto. Ero ammutolito, incapace di dire qualsiasi cosa. Davanti ai miei occhi stavo rivivendo quei giorni, e quasi mi sembrava di sentire le grida gioiose di un bambino che giocava felice in quella grande casa, sotto gli occhi amorevoli della famiglia e del fidato domestico. Continuò, all'improvviso, così come si era fermato:

"Era la loro serata speciale. Il dottore portava il piccolo e la moglie fuori a cena e poi a vedere un film. Il film lo facevano scegliere al piccolo signore. A lui piaceva tanto il cinema lo sa? Rimaneva incantato dalla magia che c'era nel buio della sala, dal silenzio, rotto poi dal commento sonoro, e da quel fascio di luce che su uno schermo proiettava le immagini di fantasie e sogni d'ogni tipo. Seguiva sempre gli spettacoli con il fiato sospeso, tremando, ridendo, stringendosi alla mamma e la babbo. Quando tornava a casa veniva sempre da me... e mi raccontava tutto... per filo e per segno... mimandomi tutte le mosse e i gesti... e poi il giorno dopo disegnava tutto..."

Sembrò che il fiato gli si fosse rotto in gola.

"... quella sera doveva vedere un film di Zorro. Un vecchio bianco e nero di quando era bambino il signor Thomas. Era una serata speciale diceva, ed era il bambino più felice del mondo... e quella sera... quella sera..."

cadde in un profondo silenzio mentre le lagrime cominciarono a rigargli il volto.

"Signor Pennyworth..."

"... alla fine quell'osceno abominio senza nome c'era riuscito... c'era riuscito... e nessuno voleva credermi. Io lo dissi a tutti... lo urlai! Era la fine, il Mostro aveva vinto, aveva strappato il cuore di Gotham, il suo futuro, la sua speranza. Nessuno ha voluto credermi! Si voltarono tutti dall'altra parte e fecero finta di niente. Il cadavere era ancora caldo ma con il tempo si sarebbe freddato ed imputridito. Ed ora è così che vivono tutti... come vermi in un corpo in decomposizione. Ed è così che hanno ridotto i miei padroni... i miei amici... le persone che amavo di più al mondo... e quel bambino meraviglioso. Un piccolo corpo in una piccola e fredda bara... sotto tutta quella terra umida e sporca... umida e sporca... tutto solo... solo..."

Il suo corpo fu scosso da un tremito e chinò il capo.

"Io sapevo... io sapevo... io sapevo..."

Ripetè come un ossessiva cantilena.

"Pennyworth... Alfred... lei non poteva fare nulla... nessuno poteva..."

Alzò di nuovo lo sguardo e nei suoi occhi c'era una luce nuova, intensa.

"Ma ora qualcosa si può fare... lei può... lei deve... glielo deve..."

"Cosa intende? Di chi parla? Parla di lui vero? Di Bruce? Il figlio degli Wayne? Come? Mi dica solo come ed io lo farò..."

Inclinò la testa leggermente da una parte e candidamente mi chiese:

"Buon giorno giovanotto, lei chi sarebbe?"

Aprì la bocca per rispondergli, ma il suo sorriso vago e cortese e gli occhi che mi fissavano con aria interrogativa mi fecero desistere.

"Nessuno signore, solo uno che cercava qualcosa."

"E lo ha trovato?"

"Si. Ora la devo salutare."

"Buona giornata..."

"Buona giornata a lei, signore."

Mi alzai, voltandomi ed uscii. Ora sapevo con certezza perché quella morte. Doveva eliminare l'unica persona che avrebbe potuto sconfiggerlo, privare del suo salvatore la città e i suoi abitanti. Ma ora cosa dovevo fare io? Potevo vendicarlo, anzi sapevo e sentivo che era mio dovere, anche se fino a qualche settimana prima per me quel posto era solo un nome su una carta geografia, un servizio alla tv. Adesso era il mio posto, quello che il Fato mi aveva riservato ed era decisamente buffo, visto che al fato io non ci credevo neanche. Ma sarebbe bastato questo a salvare tutta la città... ero veramente in grado di purgarla da quell'infame sozzura? Potevo essere un angelo vendicatore, forse... ma un redentore?

"... forse chi lo pronunciò non era abbastanza puro di cuore, o la sua fede era meno salda di quello che avrebbe potuto credere..."

questo aveva detto il maggiordomo. Se gente come i Wayne non erano riusciti in quella missione, come potevo io, che mi ero in passato macchiato di così tanti delitti?

 

 

 

 

Verità.

 

Stavo avvicinandomi alla cinta d'ingresso della città. Cercavo di riordinare mentalmente tutto quello che avevo appreso, dal primo fino a quel giorno. Avevo gli appunti di Tech sulle attività del Grande Grigio, e alla luce di quello che sapevo ora ero ancora più convinto della mia tesi: emergeva la volontà di terrorizzare, depredare, distruggere, più per il gusto di farlo che non per il profitto in se stesso. Mancava ancora qualcosa, ci riflettevo su da quando ero partito da Bludhaven, anche se la domanda mi era ronzata in testa da diverse notti. Selina mi aveva mentito. Ne ero certo, perché quell'accanimento nei suoi confronti da parte del cartello criminale era insensato, almeno alla luce di quello che mi aveva detto lei. No, c'era un'altra motivazione, ed io l'avevo intuita, ed era successo qualche sera prima, mentre mi trovavo sul mio letto e facevo vagare le mie idee in quel reame imprecisato che si trova tra il sonno e la veglia, quando siamo liberi dagli affanni che ci deconcentrano, e siamo in grado di riordinare i dati che accumulati in forme e strutture impensabili durante la piena lucidità. La verità era arrivata e per un istante, un solo istante, aveva brillato con tutta la sua accecante luminosità. Purtroppo non ero stato abbastanza pronto per registrarla sulla superfice della coscienza ed era scivolata indietro, in quel buio antro della mia mente in cui era quasi impossibile calarsi. Ma ora sapevo che potevo di nuovo richiamarla a me, anche perché avevo visto qualcosa che mi aveva stimolato, ricordandomi dell'esistenza di quella conoscenza momentaneamente auto negatami. Avevo, a questo punto, bisogno di chiarificare chi fossere veramente i miei alleati e chi i miei nemici, visto che della gatta potevo fidarmi ben poco, ed eventualmente cercare altri che avrebbero potuto aiutarmi nella folle impresa in cui stavo andando ad imbarcarmi: eliminare il Grande Grigio.

 

Come sospettato non trovai traccia della gatta al mio ritorno all'appartamento. Ancora una volta mi diedi dello scemo e mi buttai sul letto, ancora disfatto. La signorina non si era data la pena di dare una messa a posto dopo aver ancora, evidentemente, usufruito della mia ospitalità. Tra le pieghe delle lenzuola sentivo ancora il suo afrore, lo stesso che cercavo disperatamente mentre assaporavo la sua pelle. Avevo in mente un quadro preciso di cosa fare e l'avrei fatto la sera stessa. Prima dovevo parlare di nuovo con una persona.

 

Tim era stato più che felice di rincontrarmi, intendo nelle mie vesti di Dark Spider... devo dire che quel nome non mi entusiasmava molto. A New York, il Bugle mi aveva appioppato diversi nomignoli. Spiderman II°, Black Spider, e altri meno edificanti. Quello del Gazette mi sembrava un po' troppo pretenzioso per i miei gusti, come di uno che vorrebbe essere una sorta di spauracchio per i cattivi ma che corre il rischio di risultare ridicolo. Tenevo puntato sulla strada il microfono che trasmetteva i suoni amplificati al piccolo auricolare che avevo. Casterville stava parlando con un paio di tizzi. Puntai il piccolo monocolo a infrarossi e tirai su la maschera per vedere meglio nell'obbiettivo. C'era poca luce ma con quel giocattolo era un problema superato.

"Sentite, non posso farci niente! Questo fesso che gira sta terrorizzando tutti i miei uomini! Non sappiamo chi sia veramente né da che parte stia. Inoltre uno dei vostri ha pestato un paio dei miei ragazzi qualche giorno addietro. Mi hanno detto che si tratta di quel Grayson... l'agente speciale Claws... Cristo! Pensavo che aveste tutti sul vostro libro paga!"

"Brutto stronzo! Abbassa quella cazza di voce!"

L'uomo, un mulatto sulla trentina, rasato e con indosso un trench logoro, aveva sibilato quelle parole, estraendo rapidamente da una fondina ascellare una pistola, una smith e wesson automatica, 8 millimetri, che gli puntò alla gola, premendo con tanta forza da farlo barcollare pericolosamente.

"Hey! Cazzo! Dico, calmati fratello! Ho solo chiesto..."

"Ti consiglio di stare zitto."

Era intervenuto l'altro, un caucasico alto quasi due metri, con una vistosa cicatrice sul sopracciglio, un pizzetto rossastro molto curato, e una codino molto miami vice.

"Tanto per cominciare lui non è tuo fratello ed è meglio che tu non te ne esca più così o addio cervella. Secondo, niente nomi, riferimenti... niente di niente. Casterville, una volta eri uno che lavorava molto bene, e non ci siamo mai lamentati di te, anzi, ti abbiamo sempre pagato più che profumatamente per i tuoi servigi. Adesso però ci stai dando una delusione dopo l'altra: Contarbo, la Gatta, la storia della Thomas Wayne, i tuoi due uomini che parlano troppo con i poliziotti. Per fortuna che abbiamo degli amici che hanno potuto porre riparo alla situazione. Ci sei costato decisamente troppo. Ora, se vuoi vivere, devi fare quello che ti abbiamo detto prima. L'Intermediario vuole vedere la Kyle e tu, brutto bastardo che non sei altro, sicuramente hai un idea di dove potrebbe essere. Falle sapere che siamo pronti a perdonarla, a dimenticare tutto, l'unica cosa che ora ci interessa è avere informazioni su quel tizio... Dark Spider. Ricorda Casterville, la tua stella può tornare a brillare sé giochi bene questa mano... fai qualche cagata e il mio amico, invece di spararti, ti strapperà i gioielli di famiglia e te li cucinerà per cena. Intesi?"

Il delinquente annuì, bianco in volto, consapevole che non si trattava di vuote minacce. Avevo registrato tutto, altro materiale per Gordon ed ero stato decisamente fortunato: sapevo cose molte interessanti ora.

 

Caterville era scortato da un paio di gorilla, due tipi dall'aria ottusa, vestiti come in un video di 2 Pack. Era sceso da una Passat verde scuro metallizato, e si diresse verso una strada che entrava nella vecchia zona di Gotham dove c'era il cinema e il vicolo di Crime Alley. Dopo un quarto d'ora arrivò proprio davanti a quest'ultimo e fece cenno ai suoi di aspettarlo fuori. Quando i due che lo avevano minacciato se ne erano andati gli avevo attaccato uno dei miei gingillini al colletto della giacca e il cretino non se ne era accorto. L' O.D.2.5. che avevo incorporato nella mia cintura gli era collegato mediande un sistema di trasmissione eterico e avrei, con calma, potuto ascoltare tutto quello che lui e la micetta si sarebbero detti. Una volta che fu dentro, saltai giù dall'edificio sul cui cornicione mi ero appollaiato e muovendomi tra le ombre scivolai silenziosamente dietro le sue guardie. Il primo lo presi alle spalle, premendogli la mano sulla bocca, attento a non esagerare con la pressione, e mettendogli un braccio intorno al collo. Lo soffocai quel tanto che bastava a farlo svenire ma l'altro, che era sul chi va là, si era accorto della cosa e aveva estratto la pistola. Si ritrovò a puntarla al nulla, mentre io continuavo a cambiare rapidamente posizione per non farmi individuare. Avanzò con molta cautela, esplorando il terreno con i piedi e ruotando in continuazione lo sguardo di qua e di la per capire dove mi ero cacciato. Urtò il collega e si chinò un secondo su di lui per sincerarsi che fosse ancora vivo e proprio mentre sentiva se ci fosse il battito mettendogli le dita intorno al collo gli balzai addosso. Reagì con una rapidtà e una freddezza che gli facevano onore, ma c'era troppa differenza tra noi, e tutta mio vantaggio. Prima che potesse spararmi afferrai l'arma e, ruotandola all'indietro, gli spezzai il dito. Si lasciò scappare un grido di dolore che cercò subito di soffocare e senza arrendersi tentò di sferrarmi una ginocchiata che evitai arretrando di un paio di metri. Estrasse, da dietro la schiena, una farfalla, e fece balenare con abilità la lama attraverso la leggera foschia che si era alzata, spezzata dalla fievole luce ambrata di un lampione malandato. Disegnò diversi cerchi e semicerchi nell'aria, ruotando il polso con grande abilità, e, a giudicare dall'altrettanta sicurezza con cui impugnava la pistola con l'altra mano, doveva essere ambidestro. Aveva lasciato cadere a terra l'arma da fuoco, deciso a fronteggiarmi in un corpo a corpo. Teneva la mano con il dito piegato e sanguinante per l'osso che aveva lacerato la carne, davanti a se, a mò di guardia e continuava a fissarmi impassibile, avanzando lentamente, con passo strisciato.

"Ho capito l'antifona mr. Sei un vero professionista e non uno stronzo qualsiasi ma hai visto bene che sono più veloce e forte di un figlio di puttana qualunque. Non hai scampo con me e non ti conviene neanche portare avanti questo duello."

Scattò in avanti senza preavviso, cercando di spiazzarmi, evitai tutti i fendenti che cercò di mettere a segno finché ne blocco uno verticale e lo tramutò in un micidiale affondo. La lama, lunga 7 cm, arrivò appena a sfiorare il ragno bianco sul petto ma io mi girai, scansandola, e gli misi la mano sugli occhi, colpendo con l'altra di taglio alla nuca. Il coltello cadde in terra e lui si piegò sulle ginocchia, privo di sensi, mentre lo sorreggevo. Lo adagiai sul marciapiede e mi preparai alla chiacchierata con il suo capo.

 

"Boris, Renè? Dove cazzo siete..."

Casterville si interruppe terrorizzato quando mi parai dinnanzi a lui. Cercò di balbettare qualcosa e di raggiungere l'arma che teneva nascosta sotto la giacca. Prima di poter fare qualsiasi cosa l'avevo già afferrato e con un salto di 10 metri arrivai sulla facciata di un palazzetto di mattoncini, e la scalai fino al tetto. Lo tenevo per la cavaglia a testa in giù.

"Devo dire che uno dei tuoi sgherri mi ha sorpreso. Un tipo di gran classe, ha fatto il suo dovere fino in fondo, senza fiatare e sapendo di non avere speranza. Tu però non hai l'aria di avere una simile forza di volontà, anzi. Secondo me sei un cagone di prima categoria. Sarò rapido: voglio sapere tutto! Dove e quando è l'appuntamento che Catwoman ha con l'Intermediario.  Perché la vogliono fare fuori? Non voglio sentire le tue cazzate, voglio la vera motivazione."

"Se parlo m'ammazzano!"

"Si. Ma avrai il tempo di cercare di fuggire da Gotham prima che scoprano il tuo tradimento. Se non parli invece ti ammazzo io e subito. La probabilità altissima di morire contro la certezza della propria fine. Ti sto offrendo una speranza che è piccola si, ma pur sempre una speranza di sopravvivere. Hai 10 secondi per decidere, lo so che è un scelta ardua, ma la vita è così... è fatta di scelte difficili -10"

"Col cazzo che ci casco amico!"

"-9"

"... non mi fotti! Tu sei Spiderman di New York! Tu non ammazzi la gente!!!"

"-8 Casterville ed io non sono Spiderman e una volta ero uno psicopatico serial killer..."

"io non..."

"-4"

"Cosa?! E gli altri numeri che fine hanno..."

"-3, mai stato una cima in matematica e neanche molto paziente perciò addio!"

"machecazz....!!!!!!!!!!!!!!!!"

La sua espressione quando lo mollai fu impagabile. Chissà se aveva pregato qualche santo mentre correva veloce verso il cemento di sotto. La tela che gli avevo attaccato era di una formula speciale, più elestica di quella che usavo di solito e rallentò la caduta fino a smorazarla a pochi cm dal suolo. Dopo un breve istante in cui era rimasto immobile e in cui doveva pensare di essere morto, ritornò su rapidamente e poi, inevitabilmente, di nuovo giù. Urlava in preda ad una crisi isterica, ridotto ad uno yo yo umano.

"Io posso stare quì con il braccio teso, diciamo, ancora qualche minuto, e tu puoi continuare a fare su e giù ancora per molto. Ma come ti dicevo ho pochissima pazienza e tu mi hai decisamente annoiato. Perciò ora io..."

"NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!!!! Basta!!!! Ti prego!!! Parlerò!!!! Ti dirò tutto ma basta!!!"

Piangeva come un bambino, e tremava come una foglia. Se non avessi saputo che di fronte avevo la lurida merda d'uomo che appestava le scuole della città con la droga, mi avrebbe potuto far compassione, ma siccome ero consapevole di chi fosse, avrei desiderato che il suo terrore fosse anche più profondo di quello provato in quell'istante.

"Il vecchio palazzo delle Wayne Heavy Industries! Dove producevano armi per la Guerra! L'appuntamento è lì! L'Intermediario verrà da solo! Alle 00.30 di stanotte! Non so perché la vogliono uccidere! So solo che il furto del documento nello studio legale era tutta una messinscena per fregarla! Dovevamo farla fuori! Tutto qui! Nessuno discute mai i suoi ordini..."

"Non parli dell'intermediario vero? Parli del Batman?"

"Si! Per l'amor di Dio! Quello non è un uomo! E' il diavolo in persona! Il diavolo! So solo che l'ordine è partito da lui in persona! Ora lasciami ti prego! Quando i miei uomini si sveglieranno andranno a fare rapporto ed io sarò fottuto! Non voglio morire! Voglio vivere! Lo hai promesso ti prego!"

Lo lasciai andare, anche se ero disgustato da quel sacco di lerciume che altri non era. Ora avevo altro a cui pensare... avevo l'occasione di partecipare ad una festa privata dove ci sarebbero stati sia la mia micia che l'Intermediario..."

 

Durante la Seconda Guerra Mondiale, il supporto allo sforzo bellico che dettero le industrie Wayne fu davvero notevole. La grande fabbrica era l'orgoglio di una dinastia che entrava di diritto non solo nella storia della propria città ma anche della propria nazione. C'erano 5 grandi edifici in cemento, dalle ampie finestre, più alcuni capanni di minori dimensioni poco distanti. Il Gotham Big One aveva provocato notevoli danni alla struttura, le facciate erano crepate, gran parte dei vetri erano a terra, solo le grandi canne fumarie, che torreggiavano imponenti, avevano resistito fieramente all'assalto della natura stessa. Dentro era pieno di detriti, e c'era una gran puzza. Durante il contagio molti si erano rifugiati lì in cerca di scampo ma non ne erano usciti vivi. La disinfestazione che vi era stata attuata aveva reso di nuovo il posto accessibile, o quasi. C'erano ancoro i segni di improvvisati focolai dove a decine si ammassavano cercando invano di scaldarsi. Era orribile, come guardare l'eco di un orrore che ancora si strascicava a distanza di tempo. C'erano delle scritte sui muri e, avvicinandomi, non so spinto da quale strana curiosità mi accorsi che erano delle preghiere. Spensi la luce del proiettore e proseguii nel mio seguire Selina. Non si era accorta di me, anche se un paio di volte si era girata preoccupata. Per fortuna quel posto era pieno di topi e aveva attribuito i pochi scriocchiolii uditi a quelle bestie. Si fermò in un punto dove ai vecchi tempi, doveva esserci una delle catene di montaggio più importanti, a giudicare dai resti. Metallo arruginito, tra calcinacci polverosi, qua e la qualche impronta, spesso di piedi nudi, insagunati, rimasta indelebile testimonianza dei giorni bui. Come se fossero passati. Sembrava molto tesa, persino impaurita e la cosa in un certo senso mi turbava. La sua freddezza e lo sprezzo del pericolo che aveva più volte mostrato erano una specie di sicurezza... ma adesso.

"Salve ms. Kyle."

La voce era venuta da dietro una grossa affilatrice. Catawoman fece un salto indietro, mettendosi in posizione difensiva, pronta a tutto, mentre io, dietro ad una trave del soffitto, sarei intervenuto al minimo cenno di pericolo.

"Oh mi sento molto offesso, credevo le avessero riferito che aveva la mia parola che non avrebbe dovuto temere nulla se si fosse presentata a questo ronde vouz."

"Va al diavolo! Striscia fuori dalla tua tana se hai coraggio."

L'Intermediario venne fuori dalle ombre e rimasi colpito dal suo aspetto. Era un bell'uomo, 35 anni circa, in un elegante completo Versace, di taglio sportivo. Aveva i capelli pettinati all'indietro ed uno sguardo penetrante, un sorriso sardonico sul viso e sembrava dannatamente sicuro di se. Fece un gesto con la mano.

"No, no, no, no... mi dispiace contraddirla, mia cara signorina, ma quì ad aver paura è soltanto lei e, mi creda, fa benissimo ad averne. Fin'ora i nostri rapporti erano sempre stati dei migliori ma lei si è incapricciata di questa storia della libertà. Mi permetta: è stata una grossa sciocchezza. Adesso, tuttavia, le viene generosamente offerta una via per riparare."

"Davvero?!- Sputò in terra sdegnata. - A quale prezzo? La mia anima?!"

"La sua anima?- Le dette un'occhiata stupita e rimase un po senza dire niente. Poi proruppe in una sonora risata che riecheggiò a lungo. - La sua anima dice? Oh oh si, questa è buona! Ma quella ce l'ha già data da un pezzo, mia bellissima fanciulla, e se ricorda bene, non valeva neanche gran che. Eh sì, era decisamente lercia e mi creda, al tempo farle un offerta per quell'ammasso di putredine che chiamava anima fu più che generoso. Devo ammettere che aveva dei talenti notevoli e che per un po' ha ripagato la nostra fiducia. Comunque il prezzo da pagare per questo perdono è uno solo."

"E sarebbe?"

"Dark Spider."

"Dark Spider?"

"Certo. Lei lo conosce, si è incontrata con lui l'altra sera, nei pressi della vecchia Villa Wayne, e avete procurato non pochi fastidi ai doogies. Poi insieme, avete di nuovo evitato la cattura e ci siete di nuovo costati tempo e risorse. E' lui che ci interessa e siamo sicuri che lei, mia cara, sappia qualcosa sul conto del nostro tenebroso vigilantes."

"E chi ti dice che sia così?"

"Questo lo stabilirà lui."

A Selina mancò letteralmente il fiato e prese a tremare, incapace di nascondere le sue emozioni. Ero stupito e preoccupato.

"Lui...?"

"Certo. Lo incontrerà questa notte stessa. La sta aspettando."

"No!!!"

Urlò la gatta con tutto la forza che aveva in corpo. Cercò di scappare ma l'uscita dove si diresse venne prontamente bloccata da una montagna su due gambe. Il tipo era davvero enorme, ed i suoi muscoli erano gonfi in modo grottesco, tesi sino all'inverosimile, coperti di qualcosa che li rendeva lucidi alla luce della luna che filtrava dalle finestre. Il volto era coperto da una maschera bianca, su cui spiccavano due grandi occhi rossi romboidali.

"Tu?!"

"Non è felice di rivedere il nostro amico Bane ms Selina? Sa che gli è mancata molto? Non vede l'ora di riabbracciarla. Purtroppo ricorderà bene che ogni tanto, a causa della sua esuberanza, riduce piuttosto male i destinatari dei sui slanci affettuosi. Se ci segue, tranquilla e senza fare storie, potrò evitarle la sedia a rotelle vita natural durante."

Ma Catwoman, anzichè ascoltarlo tentò la cosa più folle: un attacco diretto a quel mostro. Lui le bloccò i polsi in una stratte che doveva esserle terribilmente dolorosa. Quando la mia tela d'impatto colpì il suo volto emisse un grugnito animalesco e cominciò a contercersi cercando di capire che cosa gli fosse successo. Il senso di ragno vibbrò e mi spostai velocemente, evitando una doppia scarica di proiettili. Due automatiche, erano comparse nelle mani del misterioso gentleman, che imperturbabile aveva cercato di accopparmi. Saltai giù per fronteggiarlo, mentre la gatta, sorpresa, mi guardava completamente smarrita.

"Mr. Dark Spider! Quale onore conoscere il personaggio che sta facendo così tanto parlare di se in questi giorni!"

"La ringrazio per il complimento ma non credo di meritarlo."

"Oh no! Mi creda, lei lo merita, altrochè! In questi tempi di cupa disperazione la gente si è praticamente assueffata ad ogni sorta di cattiva notizia e ben poche cose attirano la loro attenzione. Invece lei è sulla bocca di tutti: dalla casalinga all'edicolante sotto la propria casa. Lei è una celebrità e c'è chi vorrebbe incontrarla."

"Ma davvero?"

"Davvero."

"E magari vorrebbe anche il mio autografo?"

Sentì un gran fragore dietro di me. La cosa chiamata Bane, nel suo vano tentativo di liberarsi dal bozzolo che lo aveva avvolto dalla cintola in su, aveva buttato giù un pezzo di parete e ora stava pestando i piedi con furia infantile.

"Il nostro povero Bane si è decisamente arrabbiato."

"Oh ma davvero? Che peccato! Perché non lo porta sulle giostre dopo, così il pupo si rabbonisce un po'."

Sorrise, rinfoderò le armi e mi fece un piccolo applauso.

"Complimenti per il suo spirito. Proprio come quello del famoso Spiderman di New York. Mi hanno detto che anche difronte alla morte scherza sempre è vero?"

"E' un vero burlone! Mi creda sulla parola se le dico che è l'anima della festa. Ed ora se vogliamo tornare a parlare ci cose importanti... mi diceva che il suo capo voleva vedermi..."

"Si. Vorrebbe conoscerla, parlarle, scambiare idee ed opinioni."

"Interessante. Quando?"

"Anche stasera."

"Ci stò."

"Nooo"

Era stata Selina ad urlare. Gli balzò al fianco artigliandolo ad un avambraccio. Lui tirò indietro l'arto facendola quasi cadere.

"Sei impazzito?! Ma che cosa vuoi fare?!?"

"Questo non ti riguarda! Se il Batman mi vuole parlare, perché no? A me sta bene. Se vuoi starne fuori, meglio per te. Intermediario... se vengo, cosa farete a lei?"

"Per il momento nulla. Dopo si deciderà ma adesso può anche andare via. Stanotte è al sicuro."

"Ho la sua parola."

"Ha la mia parola."

"Vattene."

"No io..."

"Vattene!"

Mi ero voltato di scatto verso di lei e glielo avevo detto alzando la voce. Indietreggiò impaurita, poi si girò e corse via. Esitò solo un attimo, solo per guardarmi un'altra volta, come se fosse l'ultima e poi sparì tra le ombre.

"Molto bene, adesso possiamo andare"

L'Intermediario mi sorrise. Forse stavo per mettermi un cappio al collo, ma del resto spesso si deve rischiare per arrivare alla verità.

 

Fine dell'episodio.