Ma#velit & D.C.italia present:

 

What if... in a Else World. n.1

Kaine in:

Ghosts of Past... Shadows of Future. #4

di Yuri N. A. Lucia

Fuori dalla Tela.

Gordon era già lì ad attendermi quando arrivai. Scivolai silenzioso alle sue spalle e lo chiamai, usando la voce più profonda ed inquientante che sapessi fare. Si girò verso di me con un'aria seccata.

"Ti diverti sempre ad inscenare entrate così teatrali?"

"La tentazione è sempre troppo forte ed io proprio non riesco a resisterle!"

Mi fece un cenno spazientito con la mano ed io mi staccai dal muro, andandomi a posizionare al suo fianco. Guardava la città che si dipanava sotto di noi con espressione malinconica, quasi cercasse disperatamente qualcosa che non riusciva a trovare.

Delle volte proprio non riesco a riconoscerla. Sai, non è mai stato il posto più bello del mondo ma… è come se qualcosa avesse fatto esplodere tutto il male che prima era intrappolato nei mattoni antichi e che…”

Sembrò lottare per cercare le parole. Mi sentivo meravigliato, per me era difficile accettare tutto quello che avevo visto, proprio come Peter ero sempre stato un po’ scettico nei confronti dei così detti fenomeni paranormali… ma ora dovevo ricredermi… lui sembrava aver intuito qualcosa, che anche lui avesse ricevuto strane visite? Chi poteva dirlo.

“Allora, torniamo a noi.”

Disse quelle parole con durezza, come per richiamarsi al tempo presente dal quale, un’istante prima, sembrava voler fuggire.

“ Cosa ti fa pensare che dietro la mala di Gotham ci siano i Doogies?”

“Molte cose commissario, le stesse che l’hanno probabilmente portata alle mie stesse conclusioni.”

“Andiamo piano con le congetture.”

“Io credo di averci preso. Lei è un tipo troppo intelligente per non aver capito qualcosa… comunque prendiamo la cosa in esame punto per punto. Vediamo un po’ come si sono svolti i fatti: arriva in città la forza speciale istituita dal Governo, poco dopo nasce il Grande Grigio, un cartello del crimine che sembra nato dal niente. Riesce la dove molti avevano fallito prima, detronizza tutti i Signori della Mala in circolazione, bella impresa non trova? Ha un’organizzazione capillare, che controlla tutto, dallo spaccio alla prostituzione… probabilmente ha anche un bel po’ di uomini della polizia ordinaria sul suo libro paga non è vero?”

“Ancora parole grosse…”

“Ma vere. D.O.G. ha avuto libero accesso a molte informazioni dei servizzi segreti, roba che la C.I.A. ha accumulato nel corso degli anni sulla situzione qui da voi… direi sapeva cose che neanche voi sapevate… e ha gli uomini ed i mezzi per costituire un’apparato tale…”

“… da divenire quello che in pratica è il Grande Grigio. Non mi stai dando prove… e poi che motivo avrebbero avuto di fare una cosa simile?”

“Tutti quelli che lei riesce a trovare Commissario. Sono nati come speciale forza d’emergenza, i suoi componenti sono quasi tutti ex appartenenti a Forze Speciali o altra gente dei Servizzi. Prendono un bello stipendio, lei lo sapeva? Cosa accadrebbe se le cose qui tornassero alla normalità? Bene, dall’espressione vedo che come sospettavo ci aveva già pensato. Loro se ne tornano tutti a casa… se invece l’emergenza al contrario continua… e addirittura peggiora… lavoreranno ancora per molto tempo e gli saranno stanziati altri fondi. E chi si gode quei fondi? Sicuramente sono i loro vertici a mangiarci parecchio sopra… inoltre c’è qualcun altro che ci andrebbe a guadagnare…”

“Ovviamente parli del Pretore…”

“Io non ho detto niente. Mi sembra che quello che doveva essere un Governo provvisorio della Città stia durando da un po’ troppo tempo… inoltre il nostro amico dispone di un grosso potere nelle sue mani con i doogies… un vero esercito personale non trova?”

“Mantenuto a spese pubbliche…”

“Non ho detto nulla neanche questa volta… come vede signore è semplice arrivarci. Ovviamente non possono essere tutti coinvolti in questo piano… solo i papaveri delle forze speciali e il Pretore stesso.”

“Tu invece continui a non fornirmi prove.”

“Quelle deve aiutarmi lei a trovarle. Mi ascolti, questa storia è un schifo bello e buono. Tiranneggiano  come se fossero i signori del mondo, opprimendo la popolazione civile e mettendola di continuo in pericolo… lei lo vede tutti i giorni, ed intanto si ingrassano giocando a tutti e due i lati del tavolo. Io dico che è ora di finirla.”

“E da me cosa ti aspetti? Che te le dia io? Se fosse come dici tu, e bada bene, non sto dicendo che sia così… e io avessi elementi solidi in mano, non pensi mi sarei rivolto già alle autorità competenti.”

“Ma io non sono le autorità competenti, non mi servono prove da portare in tribunale. Voglio solo mettere con le spalle al muro quei porci ed è quello che vuole anche lei… a questo punto deve scegliere: mi dà la caccia come le hanno ordinato di fare ed io continuo a lavorare per conto mio… oppure…”

Stette qualche istante in silenzio… poi si voltò verso di me, allungandomi un dischetto che aveva estratto da una tasca del soprabito. Lo presi e lo osservai un po’.

“Vedo che si è dato molto da fare per uno che considera la mia una fantasiosa ipotesi.”

“Io non ti ho dato nulla, e se un’indomani dovessi essere preso…”

“Lo so, non ci siamo mai parlati.”

“Ti darò la caccia… devo… con ogni mezzo a mia disposizione. Le pressioni che ricevo sono grandi e non posso permettermi di farmi destituire… capisci?”

“Certo. Commissario io la ringrazio…”

“Fai male! Se ci fossero altre persone ora dovrei spararti addosso, lo sai? Ora va, ci si rivede qui tra due giorni, stessa ora, non cercare di contattarmi prima, manca all’appuntamento e te la faccio pagare, tutto chiaro?”

Assentii, lo salutai scimmiottando un attenti militaresco che gli strappò una mezza imprecazione.

“Ah, commissario… le volevo chiedere un’ultima cosa…”

“Dimmi, ma sbrigati…”

“Lei cosa ne sa di Crime Alley…”

“Perché me lo chiedi?”

“Avrei bisogno di informazioni…”

Guardò in alto squotendo la testa.

“C’è parecchio materiale nel disco che ti ho dato...”

Ringraziai di nuovo e scivolai nelle tenebre.

Lei mi aspettava sul tetto della chiesa dove ci eravamo scontrati. Andando da lei ero passato sopra i luoghi dove avevo visto la prima volta il bambino e mi aspettai quasi di sentire un richiamo che invece non arrivò. Mi ero chiesto che fine avesse fatto e sentii una morsa d’angoscia per quel piccolo spettro senza nome che mi aveva cercato… cosa gli era successo? Perché aveva scelto il sottoscritto? Forse solo perché ero l’unico a poterlo vedere? Atterrai sulle tegole e la fissai cercando di darmi un contegno per impressionarla, ottenendo come unico risultato un’alzata di spalle che lasciava trasudare un’umiliante indifferenza. Sbuffai deluso, e mi avvicinai alla gatta.

“Allora Dark Spider… a proposito, ti ho detto che è prorpio un bel nome?”

“No, me lo dici ora.”

“… che cosa vuoi da me? Perché mi hai voluta rincontrare.”

“Perché tu non sei andata via da Gotham?”

“E perché dovrei?”

“Sono in molti a volerti fare la pelle e hanno buone chances di riuscirci.”

“Questa è la mia città cocco… il mio territorio… nessuno mi fa sloggiare se non lo voglio.”

Sibilò quelle parole con stizza improvvisa.

“Perfetto, allora diciamo che è per questo che ti ho voluta rivedere. Tu vuoi rimanere qui, scommetto anche che hai una gran voglia di vivere e non sei, diciamo, troppo entusiasta all’idea che ti facciano fuori… ora l’unica soluzione che hai è di fermare chi vuole metterti il cappio al collo prima che lo faccia.”

“E di chi staresti parlando?”

“Tu lo sai vero?”

“Non ti seguo…”

“Ed invece sì… perché volevano farti fuori? Io dico che la scusa di aver collaborato con quell’idiota da sola non basta… diciamo che da un po’ sospettano di te, forse sai qualcosa di troppo o così pensano… motivo più che sufficiente per farti fuori, almeno per loro.”

“Ti tieni molto sul vago, troppo per i miei gusti.”

“Il Grande Grigio.”

“Potrei sempre chiarire la mia posizione con loro…”

“Hai detto che non lavoravi per loro… sai bene che non hai possibilità di chiarire alcunché con quella gente. Sei segnata…”

“Ma vaffanculo! Sarai tu ad essere segnato! Io posso…”

Rimase ammutolita quando le saltai addosso, con tutta la rapidità di cui ero capace per toglierla dalla traiettoria del proiettile che fece esplodere una decina di tegole, mandandole in pezzi. Lei si allontanò da me, rotolando sulla schiena, senza perdere tempo ne la calma. Cominciò a fuggire saltando da un tetto all'altro, con grandissima agilità ed io la seguivo, per guardarle le spalle. Temevo sarebbe successo... non così presto. Qualcosa colpì un vecchio edificio sul quale eravamo saltati un attimo prima, facendolo esplodere. Una gran nube di calcinacci e polvere si alzò ingoiandoci tutti e due e nonostante la maschera cominciai a tossire in modo  convulso. Avvertivo il calore alle mie spalle delle fiamme che si erano sprigionate ed in terra, dopo essere caduto per via del forte spostamento d'aria, cercavo di raccapezzarmi un po' in quella situazione. Un missile, senza dubbio, chi voleva morta la Gattina non scherzava di certo ne lesinava sui mezzi da utilizzare. Era un quartiere disabitato, se si escludeva la presenza di qualche povero barbone e altri disgraziati quindi, se come credevo, c'erano di mezzo i nostri amici doogies, stavolta non si sarebbero dovuto neanche fare troppo problemi per salvare le apparenze. La chiamai, mentre sentivo i miei polmoni bruciare per lo sforzo e per le sostanze inalate, però non sentii alcuna risposta. Avvertii una cupa disperazione farsi largo in me e cominciai a temere il peggio... io avevo la mia super forza e la mia resistenza da ragno di 75 kg ad aiutarmi, ed uno speciale sesto senso che, avvertendomi con leggero anticipo sul pericolo, mi aveva permesso di non essere colto alla sprovvista e di reagire nel modo migliore possibile... lei purtroppo non aveva nessuna di queste cose. Tra il polverone intravidi qualcuno muoversi e per alcuni istanti mi sentii sollevato, poco prima che dietro la nuca avvertissi il segnale che ero in pericolo. Evitai l'attacco della figura per un pelo. Era decisamente veloce ed agile, almeno quanto la gatta se non di più. Avevo già visto un attacco come quello e quando comiciai a distinguere bene i contorni della sagoma riconobbi la suit e la figura: era l'agente con cui mi ero già scontrato qualche giorno prima. Aveva assunto una posizione che gli avrebbe permesso in breve di passare dalla guardia all'attacco e mi girava intorno, studiandomi. Nel frattempo, sicuramente, si stavano appostando i cecchini che alla prima occasione mi avrebbero rispedito al creatore, e questo voleva dire che dovevo filarmela il prima possibile, altrimenti sarei stato preso in trappola e messo nell'impossibilità di agire in alcun modo, situazione che dovevo evitare ad ogni costo.

La sua voce uscì, filtrata dai diffusori dell'elmetto.

"Sei in arresto Dark Spider. Sei accusato di crimini contro la legge pretoriana provvisoria. Attività paraumana non approvata dal governo federale e da quello provvisorio, attività vigilantesca non approvata, favoreggiamento di una nota criminale, ferimento ed uccisione di agenti della special police Departement Of Gotham. Se ti arrendi adesso, senza opporre resistenza non ti verrà fatto del male e avrai diritto ad un regolare processo. Altrimenti rinuncerai automaticamente ai tuoi diritti e in qual caso saremo autorizzati a fermarti con ogni mezzo possibile."

Mi resi conto, istintivamente, che era sincero mentre parlava: credeva davvero che se mi fossi arreso avrei avuto un regolare processo. Ma le cose non stavano così, avevo visto e sapevo troppo. Cosa sarebbe accaduto se in un'aula di tribunale me ne fossi uscito con il racconto dei mezzi che i doogies usano per contrastare una rapina o sul racconto di come si erano svolti i fatti l'altra sera... no, mi avrebbero ucciso subito. Si sarebbero giustificati dicendo che il cecchino aveva avuto l'impressione che stessi per tentare qualche colpo di testa contro l'agente.

"Salve agente speciale Claws... è un piacere rivederti, anche se avrei preferito circostanze più amichevoli."

Senza rispondere alla mia battuta, cercò di nuovo di colpirmi, muovendosi con estrema rapidità ed eleganza. Era un vero professionista: faceva sempre in modo di non rimanere completamente scoperto e di mettere assegno ogni colpo. Con me non era facile, visto che ero un bersaglio provvisto di un sistema d'allarme che anticipava i suoi attacchi. Tutta via anche per me non era semplice tenerlo lontano. Cercava di colpirmi con una velocissima sequenza di pugni, costringendomi ad indietreggiare, quando s'abbassò all'improvviso e cercò di agganciarmi le gambe con le sue. Saltai in alto evitando per un pelo quella pericolosa tenaglia, facendo il suo gioco, e quando me ne resi conto era troppo tardi. Lanciò un disco contro la mia testa ma riuscii a colpirlo con l'avambraccio, deviandolo. Provai un dolore fortissimo, e mi sembrò che la pelle e la carne fossero venute a contatto con del ghiaccio gelido. Mi chiesi che tipo di arma fosse... forse conteneva qualche sostanza radioattiva? Mentre ricadevo a terra, cercò di prendermi all'inguine ma ruotai leggermente, e il suo piede affondò nel fianco sinistro. Atterrai goffamente, cadendo indietro, riuscii comunque a sfruttare la spinta che mi aveva dato per rotolare alcuni metri più indietro e con uno scatto mi rimisi in piedi. Mi reggevo la parte dolorante e capii che non potevo certo andarci leggero perché era un semplice essere umano: quello mi avrebbe ammazzato. Mi riavvicinai di colpo, sperando che se qualcuno avrebbe preso la mira si sarebbe fatto scrupolo nel cercare di colpirmi così vicino all'agente. Evitai un gancio abbassandomi di scatto e colpii con un calcio, mirando al ventre e, all'ultimo, alzando in modo da prenderlo sulla visiera dell'elmo. (all’ultimo cosa?) Quella si incrinò vistosamente, ma lui non si perse d'animo. Eseguì una capriola all'indietro e si dette lo slancio in avanti per avventarmisi addosso, lanciando altri due dischi che teneva dietro la schiena. Stavolta ero preparato, e gli bloccai tra le mani i dischi mentre saltando, lo feci finire con la testa tra le mie ginocchia, stringendo e schiantandolo a terra con il peso del mio corpo. Lo sentii gemere per il dolore, e anche se mi dispiaceva pestare un tipo così coraggioso, dovevo pensare alla mia pellaccia. Lo mollai dopo aver esercitato una pressione sufficiente a farlo svenire senza ammazzarlo. Gli sfilai l'elmo, curioso di vedere chi ci fosse sotto. La vita era una strana giocatrice, che fissa regole spesso incomprensibili ai più, questo era quello che avevo sempre pensato dentro di me e ne stavo ricevendo conferma in quel momento: era il Dick che mi aveva aiutato nel vicolo qualche tempo prima. Aveva una brutta escoriazione sulla guancia destra e il labbro vistosamente tumefatto. Mi assicurai di non averlo ferito accidentalmente e apparentemente, a parte la perdita di coscienza, sembrava stare bene. Invece sentii la vibrazione che mi avvertiva che ero sottotiro. Non potevo rimanere lì vicino per sempre, prima o poi avrebbero tentato di farmi secco comunque e non volevo fuggire facendomi scudo di quel tipo. Mi comportai come se ignorassi la loro presenza poi, di colpo, scattai con uno dei balzi più potenti di cui fossi capace, coprendo una distanza di circa 15 metri. Cominciai a zigzagare mentre quelli aprivano il fuoco, facendo esplodere alcuni fumogeni che mi ero portato dietro. Mi infilai in un dedalo di vecchie strade sporche e dall'aria abbandonata e mi accorsi che c'erano molti barboni che stavano sui marciapiedi. Alcuni sdraiati su sudice stuole, altri in scatoloni tutti rotti. Qualcuno aveva accesso un fuoco su cui stava cucinando qualcosa di non meglio identificato mentre si scaldava dal gelo dell'aria notturna. Avevano tutti la stessa espressione di disperata rassegnazione, come agnelli da macello in attesa della fine, tutti insensibili a me, alla mia fuga o a qualsiasi altra cosa che succedesse lì intorno. Provai un brivido lungo la schiena, lo avevo già sentito quando ricevetti la visita di quel mostro con la faccia di clown. Mi guardai intorno, cercando una via di fuga che mi permettesse di sparire agli occhi dei miei inseguitori, quando una mano, uscita da un vicolo, mi fece un gesto perentorio. Mi infilai la dentro immediatamente, perché avevo riconosciuto quel guanto.

"Shhh - fece lei, zittendomi poco prima che le urlassi la mia gioia nel saperla ancora viva. - Coraggio, non abbiamo tempo, tra poco qui pullulerà di doogies. Stavolta siamo messi male, non si arrenderanno tanto facilmente e non abbiamo molti posti dove nasconderci."

"No. - Concordai seccamente io, mentre mi guardavo preoccupato alle spalle, il senso di Ragno ronzava come in risposta ad un pericolo ancora vago, ma sapevo che presto la situazione sarebbe cambiata drasticamente. - Tu cosa suggerisci gatta?"

"Spogliati."

"Che?"

Senza che avessi la possibilità di replicare ulteriormente la vidi togliersi la tuta aderente. In breve, vidi le sue nudità in tutto il loro splendore... ed effettivamente era uno spettacolo indimenticabile.

"Non hai mai visto una donna nuda? - Mi schernì con aria infastidita. - Svelto, fallo anche tu."

La vidi prendere da un cantuccio alcuni cenci, probabilmente sottratti con le cattive ad qualcuno di quei poveri derelitti che avevo visto. Cominciò a coprirsi alla bene e meglio e notai che in terra c'erano altri stracci simili ai suoi. Logori, sudici, con addosso i segni di una vita di stenti e sofferenze. Non avevo scelta, l'avevo capito, così, vincendo il mio imbarazzo cominciai a togliermi anche io il costume. Indossai il travestimento, sentendomi in colpa per il povero cristo che sarebbe morto assiderato quella notte. Ricacciai dentro quel pensiero, perché era importante che sopravvivessi: avevo una missione. Ci buttammo in mezzo ad un gruppo di senza tetto, dopo aver nascosto in un buco nel muro i nostri costumi e cercammo di assumere un aria del tutto innoqua. C'eravamo sporcati il viso con della sozzura raccolta da terra e avevamo arruffato i capelli. Lei mi aveva visto, lo sapevo bene, anche se avevo cercato di evitarlo. Ma questo non importava, dovevo uscire vivo da quella notte, dovevo avere delle risposte. I doogies arrivarono poco dopo, con camionette e moto. Fecero domande in malo modo ai disgraziati che vivevano lì, ma quelli sembravano troppo instupiditi dall'alcool e dalle droghe per rispondere coerentemente. Uno mi si fece d'appresso e interrogò anche me, ed io, fingendo di tossire nel modo più credibile possibile, gli farfugliai qualcosa. Per tutta risposta stava per colpirmi con un calcio quando cadde a terra. Era stato colpito con una spazzata alle spalle ed era stato l'Agente Claws a farlo.

"Invece di perdere tempo a tormentare queste nullità, pensa a cercare i due fuggitivi!"

"Si.. si signore."

Fece quello ossequioso, mentre si tirava su a fatica. Il tipo si girò verso di me.

"Tutto bene?"

Feci cenno di sì con la testa.

"Hai visto qualcosa? Un tipo che indossava una suit nera molto aderente, con un ragno bianco sul davanti e la schiena, due grandi lenti a specchio sulla maschera... dovrebbe essere passato di quì."

Feci cenno di no. Mi guardò con aria scontenta per quella risposta. Tuttavia, invece di arrabbiarsi, mi disse:

"Va bene lo stesso. Vedi di tenerti fuori dai guai, intesi?"

Assentii. Lo vidi girarsi e ritornare al gruppo di ricerca che cominciò ad allontanarsi. Rimanemmo lì ancora un po', poi ci alzamo, fingendo di andare cercando qualcosa tra l'immondizia della strada e ci allontanammo.

"Hai una casa dove andare? Un appartamento? Qualcosa?"

"Io..."

"Ti ho visto in faccia ed io ho un'ottima memoria. Quindi o mi porti in un posto sicuro, o ti sputtano pubblicamente, visto che è colpa tua se ora sono segnata."

"Eri segnata già da molto tempo. Non me la dai a bere."

"Ma posso sempre sputtanarti."

"Vero."

"Allora che si fà?"

"Si va al mio Appartamento della Giustizia."

"Cosa?"

"Non guardavi i cartoni animati da piccola?"

"Non lo sono mai stata."

"Cosa? Un cartone animato?"

"No. Piccola."

“Giusto… del resto un cartone animato su di te non me lo saprei proprio immaginare…”

“Sarebbe sicuramente vietato ai minori…”

“Sicuramente…”

Storie.

Si era infilata nella doccia da oltre mezz'ora. Mentre io ero ancora tutto sporco per via del travestimento. Per mia fortuna nessuno ci aveva visto entrare, altrimenti avrei dovuto inventare una bella balla per giustificare quella mise decisamente poco usuale. Ero seduto per terra, con le spalle al muro quando squillò il telefono.

"Chi è?"

Chiesi cercando di nascondere la preoccupazione per aver ricevuto una chiamata a quell'ora tarda della notte.

Era Peter, si scusò per quella chiamata a notte fonda.

"No! Non dirlo neanche per scherzo! Sono felicissimo di sentirti. - ed ero dannatamente sincero. - Cosa posso fare per te?"

Aveva delle notizie da riferirmi. Si era incontrato con il Doctor Maine…

"Ti ringrazio ma ho già parlato con una specie di maga... una certa Lady Hysteria..."

Aggiunsi poi di riferirle lo stesso. Mi disse che su Gotham c’erano decine e decine di tomi, solo per parlare di quelli ufficiali, che trattavano delle sue peculiarità mistiche. Secondo questi era stata edificata in un punto di intersezione tra il nostro mondo e altri... piani... tra cui quello del regno spettrale... così l’aveva  chiamato il Mago Supremo della Terra. Il mio non sarebbe stato il primo caso di contatto con un entità disincarnata... anche se presentava, a dire del mistico, certe interessanti peculiarità. Aggiunse che dopo domani sarebbe stato a Bludheaven per una conferenza di Maghi o qualcosa del genere, un evento riservato e a cui si desidera dare pochissima risonanza, anzi, nessuna risonanza. Tuttavia aveva comunicato in via confidenziale l'indirizzo a Peter, con cui aveva un certo rapporto di stima e confidenza, e aveva detto che se volevo potevo incontrarlo per parlarne di persona, lui sarebbe stato felicissimo di aiutarmi.

"Wow! Ecco cosa significa essere membri onorari di Force One! Delle volte di invidio proprio fratellone! Non so davvero come ringraziarti."

Mi rispose che un modo c’era.

"Tutto quello che vuoi."

Mi espose rapidamente la sua richiesta.

"Ok, non mancherò! Bacia M.J. e la piccola anche per me."

Attaccai e riflettei perplesso su quanto mi aveva detto. Nella nostra casella di posta speciale avrei trovato tutto quello che mi serviva. Occuparmi di xeno mineralogia e xeno metallurgia non era qualcosa che avevo in preventivo per l'immediato futuro. Ma avendomelo chiesto lui... certo, gli avevo spiegato che mi ci sarebbe voltuo qualche giorno ma avrei fatto tutto il possibile. Mi chiesi a che cosa stesse lavorando di così delicato. Mi aveva risposto che più avanti sarebbe stato meno avido di particolari e mi avrebbe spiegato tutto per filo e per segno. Mio fratello Peter era fatto così... e del resto ero uguale a lui in quell'aspetto del carettere, anche io quando avevo qualcosa in mente ero sempre, come dire, così preso da dimenticarmi il mondo intorno.

Presi il disco che avevo avuto da Gordon e lo infilai nel pc. Sentivo lo scroscio dell’acqua che cadeva fragorosa, mentre il vapore cercava di filtrare da sotto la porta. Curioso, avrei giurato che i gatti odiassero bagnarsi. Mi concessi un sorriso mentre cominciavo ad armeggiare con il mouse. Cercai i files su Crime Alley e comincia a scorrerli in ordine cronologico, partendo però dai fatti recenti fino a quelli più vecchi. Con il passare degli anni, questa era la mia opinione, i fatti di violenza che si erano susseguiti negli anni, in quel posto maledetto, avevano fatto sempre meno notizia, confondendosi con quelli di una città che aveva lentamente perso il controllo e che era stata definitivamente affondata nel caos e nell’anarchia dai recenti fatti. Ma man mano che i giorni e i mesi scorrevano a ritroso, ripercorrendo la storia di Gotham in una bizzarra caccia alla volpe, i rapporti erano più lunghi e dettagliati, corredati da articoli di giornale oltre che dei vari dati relativi ad eventuali processi, o al lavoro di ricerca investigativa. Scorrevo a gran velocità, pagine e pagine di word, sotto i miei occhi, ringraziando che il morso di una bestiola radioattiva a otto zampe, alcuni anni prima, avesse affrancato Pete, e quindi anche me, dalla miopia, o sarebbe stata dura quella ricerca, più di quanto già non fosse. Mi fermai un attimo per stropicciarmi gli occhi.

“Kaine, Kaine… - pensai- se ci maltrattiamo così toccherà rimetterci gli occhiali prima o poi… ti ci vedi con quelle vecchie lenti da telescopio sulla faccia?”

Ridacchiai, pensando a come avesse fatto quel buon diavolo in rosso e blu a portarli per tutti quegli anni. Sentì un paio di braccia cingermi all’improvviso, e sussultai un poco. Il senso di ragno se ne era stato buono, quindi non ero in pericolo, almeno al momento.

“Vuoi che mi tolga? Ti peso?”

Il suo corpo era avvolto da un accappatoio, il mio, ed era ancora umido per la doccia. Il seno era contro la mia schiena ed era una sensazione decisamente piacevole, anche se ero evidentemente imbarazzato. Mi affrettai a mettere in stand by il computer, ricordandomi dove ero arrivato nel mio lavoro di ricerca.

“Scusa. – le dissi tirandomi su.- Visto che hai finito prendo io il bagno. Ho bisogno di togliermi questo sudiciume di dosso… mentre sono dentro, se vuoi puoi leggere qualcosa. Lì ho qualche libro e qualche rivista… ci vediamo tra un quarto d’ora.”

Presi dall’armadio un accappatoio di ricambio, che avevo comprato poco dopo il mio arrivo in città e mi infilai dentro la porta, chiudendola a chiave. L’aria era ancora piena di vapore che andava lentamente condensandosi in tante goccioline. Detti un’occhiata allo specchio e mi feci una smarfia di disapprovazione da solo per quella fuga da codardo. Del resto non volevo correre rischi: lei era una ladra, e per quanto ne sapevo, anche peggio. Chissà quanta gente aveva ucciso a sangue freddo… eppure, non riuscivo a capacitarmene, anche se avevo avuto più di una dimostrazione della sua ferocia. Mi svestii, e entrai nella cabina della doccia, ridotta ad un vero macello. Decisamente la ragazza non sapeva cosa fosse l’ordine. Mi limitai a fare spallucce, avrei rimesso a posto dopo, quello che volevo in quel mometo era solo sentire il calore dell’acqua che mondasse il mio corpo dallo schifo che avevo accumulato in quei giorni. Alzai la testa, accogliendo il getto sul mio viso con gioia, mentre passavo le mani tra i capelli che, nonostante la protezione della maschera, si erano notevolmente impolverati. Rimasi un po’ in quella posizione, come se fosse una posa religiosa, un modo nuovo di pregare e ringraziare di essere ancora vivi. La situazione era decisamente inquietante: ancora non sapevo nulla del Grande Grigio, avevo solo congetture e sensazioni. Era i Doogies… e anche qualcosa di più… ripensai all’agente speciale Claws… Dick… non potevo credere che quel tipo fosse coinvolto in qualche modo nella faccenda, ma chi era il cervello dietro tutto? Chi era il Batman? E i suoi misteriosi aiutanti? Sentivo che il loro sguardo si era posato su di me… loro potevano vedermi, forse spiavano ogni mia mossa, forse avevano fatto delle ricerche, facendo due più due e correlando l’arrivo di questo tipo di New York con… no… impossibile. Non ero il solo venuto da lì… ce ne erano tanti di disperati che avevano cercato rifugio in quel calderone di disgrazie e vizii che era diventata la vecchia Gotham. Ma se fossi stato in loro, avrei cominciato ad indagare tra quelli che venivano dalla Grande Mela. Cercai di non irrigidirmi, volevo godermi quel momento di relax. Per alcuni istanti, mi sembrò di sentire il profumo di quella micetta che permaneva ancora nell’aria, e immaginai il suo corpo mentre le gocce gli scivolavano addosso, cercando di cacciare quel pensiero. Poi mi sembrò che l’afrore si facesse più forte... sbarrai gli occhi… e di nuovo i miei muscoli si tesero. Di nuovo quella sensazione contro la mia schiana, stavolta però nessun tessuto si frapponeva tra me ed esso… i capezzoli erano duri, e li sentivo andare su e giù mentre il suo viso si strofinava dolcemente contro i miei capelli… spinse il bacino contro le mie natiche e avvertii il pelo morbido premuto contro con studiata lentezza

“Ti prego io…”

“Non sei stanco di questa storia? Mi sei scappato già una volta, e potevo anche capire… in fondo non mi conoscevi… ma questa è la seconda volta che scampiamo insieme alla morte… è la seconda volta che mi salvi… siamo diventati intimi non credi?”

“Non credo…”

Risposi, ma senza la convinzione che avrei voluto o dovuto metterci. Lei mi costrinse a girarmi.

“Sono così disgustosa.”

Mi fissava negli occhi mentre mi mostrava le forme sinuose del suo corpo… così sodo, così giovane, così simile a… no! Lei non c’era, non era più parte della mia vita, era solo uno dei tanti fantasmi che affollavano la mia esistenza già prima di capitare in quel posto assurdo. Ero stanco di farmi condizionare da quelle ombre… volevo essere io a decidere per me. Ricambiai il suo sguardo e presi a massaggiarle quel globi così pieni, così caldi.

“Non ti ho sentito entrare… e poi mi pareva…”

“Sono o no un’abile scassinatrice?”

Disse quelle parole prima di zittirmi con un bacio. Le sue labbra, morbide, carnose, vive, contro le mie, le lingue che si compenetravano, in un abbraccio sotto una coperta di saliva. Il cuore che batteva forte, all’impazzata, quasi volesse esplodere per quella contatto, così intenso e vitale… si… vita, dopo tanta morte e spettri, vita. Mise una gamba intorno ai miei lombi e mi spinse contro di lei… il pene era duro e ritto e sfregò contro le sue intimità. Ci sciogliemmo da quella posizione solo quando la presi tra le braccia e la portai di là, sul letto, mentre lei infilava lei giocava (?), graffiandomi le spalle e mordicchiandomi il collo. Quello che successe dopo non saprei descriverlo… era stato come se… avessi scoperto per la prima volta cosa fosse essere un uomo. Tutte le altre volte, le poche volte, quelle che ricordavo come mie e non di Peter, era stato un atto meccanico, quasi dovuto, un modo per ricordarmi che esistevo e che ero una creatura individuale e non una semplice replica. Adesso invece… mi lasciai andare, mentre le sue unghie penetravano nella schiena, non mi importava di sanguinare, non mi importava del bruciore, mi importava solo di quel corpo che gemeva e fremeva sussultando spasmodicamente ad ogni mio assalto. Quello che ci dicemmo non è traducibile, si trattava soprattutto di versi animaleschi, di chi ha scordato millenni di evoluzione per tornare ad uno stato primordiale, forso molto più vero di quello nostro attuale. Uniti insieme, una bestia a due schiene, impegnata in una bizarra danza, vecchia come il mondo o quasi. La vidi piangere, ho un vago ricordo di quel momento, di lei che si mordeva il labbro inferiore, fino a farlo sanguinare mentre la prendevo con sempre più forza, ed io con la lingua correvo a leccare quel nettare scarlatto, dal sapore denso e viscoso. Gli umori uscivano copiosi dal basso ventre e impregnavano l’aria di un odore denso e selvaggio che mi rendeva ancora più… feroce… solo quando capii che quelle lacrime che vedevo non erano solo dovute alle intense sensazioni fisiche mi fermai per un attimo. Aprì i suoi grandi occhi, fissandomi spaurita, allentando la stretta delle gambe e degli artigli. Non so perché, ma le sorrisi… non mi era mai capitato, mai. Lei mi abbraccio con forza, affondando la sua faccia tra i miei capelli e mi sussurrò di continuare. Andammo avanti per ore, finché non fu tarda mattinata.

Mi svegliai e dopo l’iniziale sensazione di stordimento, mi girai di scatto, trovandola ancora distesa al mio fianco. Al pensiero che potesse essere sparita all’improvviso mi ero sentito morire… che stupido che ero. Se non se l’era svignata era solo perché al momento le serviva un rifugio sicuro e nulla più… ma la sua mano era stretta alla mia, buffo che non me ne fossi accorto prima. No, dovevo cacciare quei pensieri assurdi dalla mia mente… lei era quello che era ed io mi stavo comportando come un decerebrato di quindici anni. Alzatomi pensai che sarebbe stato meglio lasciarla dormire e mi avviai al computer. Lo riaccesi per continuare nella mia ricerca, riprendendo da dove avevo lasciato. Lessi con attenzione tutti i files finché qualcosa non mi fece sgranare gli occhi. Feci scorrere le pagine con il pad finché non ebbi memorizzato tutto. Ora avevo un punto di partenza… Bludheaven… una coincidenza veramente strana.