Morso da un ragno, colpito durante una dimostrazione scientifica al suo liceo, il quindicenne Peter Parker acquisisce, in seguito ad un’alterazione del D.N.A., capacità ragnesche proporzionali alla sua grandezza, nonché un misterioso “senso di ragno” che lo mette in guardia dalle minacce alla sua persona. Per una sua leggerezza, provoca involontariamente la morte dell’amato zio Ben, avvenimento che condizionerà il resto della sua vita e che lo spingerà ad intraprendere la carriera di giustiziere mascherato. Ora, a 27 anni, Peter deve fare i conti con sé stesso e con il suo passato, per riuscire a capire, ad anni di distanza, se è o no ancora giusto continuare sulla strada che scelse quel fatidico giorno…

 

 

MarvelIT presenta

#37 - Rain on New York /1

di Yuri N. A. Lucia

 

 

Mentre la pioggia ululava ferocemente, flagellando la città quasi a volerla spazzare via, le cose giù al porto si mettevano decisamente male. Gli uomini del clan Gambini stavano cadendo uno dopo l'altro, finendo a pezzi sotto le raffiche d’armi automatiche che devastavano qualsiasi cosa incontrassero sul loro cammino. La banchina era ricoperta di buchi e ormai inutilizzabile, mentre sul cemento c'era un tappeto di schegge di legno, proveniente dalle assi saltate e da alcune casse disintegrate, e sangue. Sparsi qua e là quelli che erano stati esseri umani, contorti, squarciati, privati d’arti, teste, con i visi spesso irriconoscibili. Da quel destino infame aveva cercato di salvare un ragazzo ma questi, colto dal panico, non capendo che voleva solo aiutarlo, aveva cercato di sparargli addosso con il suo mitra impedendogli di toglierlo dalla linea di fuoco del mitra che lo avrebbe diviso in due un attimo dopo. Con un balzo aveva cercato rifugio sul tetto di un magazino antistante alla nave, un vecchio mercantile in malarnese, dal quale circa quattordici uomini stavano facendo fuori gli italiani. Si era appiattito, cercando di offrire un bersaglio meno visibile possibile, ma a giudicare da come il senso di ragno aveva calmato il suo grido, almeno al momento non stavano pensando a lui come nemico. Il costume sul davanti era sozzo di quanto era schizzato fuori da quel poveretto e tagliuzzato su un fianco da frammenti di pietra esplosi. Cerca di non pensare a quello che aveva sul petto mantenendo l'attenzione su l'azione in corso anche se al momento non sapeva cosa fare. Avevano armi molto potenti, non di tipo comune, le aveva intraviste, piccole come uzi ma molto più potenti. Erano furbi, non si erano ammassati tutti in un punto, facevano in modo di controllare la fetta di terreno più ampia possibile così da impedire la fuga agli avversari e che qualcuno provasse ad avvicinarsi all' imbarcazione. Dovevano alternarsi al fuoco in modo da avere il tempo di ricaricare le armi e in pratica non far cessare quel massacro. Vagliò diverse soluzioni tra cui quella di spiccare un balzo verso la prua della nave che aveva di fronte ma la scartò quasi subito: poteva farcela, la distanza non era troppo per lui ma se lo avessero visto, e sapeva che sarebbe stato così, lo avrebbero potuto colpire in volo, un momento in cui sarebbe stato un facile bersaglio, falciandolo. Ormai erano rimasti in pochi tra quelli che stavano a terra: sette ne contò, che cercavano di ripararsi alla bene e meglio. Chi erano gli altri era difficile dirlo, visto che avevano il viso coperto; il mercantile batteva bandiera indiana, ma non significava nulla. Anche come era iniziata era un mistero, aveva sentito l’urlo furioso di quel macello sollevarsi rabbioso e coprire per alcuni attimi quello della tempesta mentre era di ronda. Una ronda tranquilla, almeno così era iniziata. Il vento si sollevò all'improvviso come una bestia che è stuzzicata e balza in avanti sorprendendoti, sollevando una nuvola d'acqua arrossata dal fluido fuoriscito da morti e feriti. Come un vello coprì tutto per alcuni attimi, abbassando una visibilità di per sè non certo ottimale, visto quel cielo oscuro che voleva negare ai mortali il conforto del sole, le cui tenebre erano squarciate ogni tanto da occasionali lampi e in quel luogo dalla fiammata delle armi. Pulì come meglio poteva le lenti della maschera, disperando perchè non riusciva ad optare per una linea d'azione che non comportasse la sua morte e si figurava Mary Jane con in braccio la piccola che lo guardava con disapprovazione.

"Peter! Te lo dicevo di non uscire stasera. Ti avevo pregato! Tu invece niente, dovevi giocare a fare il salvatore della povera umanità. Dovevi calarti nei panni del redentore d’ogni peccato, del crociato della verità e della giustizia! Avresti dovuto lasciare questo ruolo a gente che ne è davvero degna. Capitan America ad esempio, lui sì che è un vero eroe. Ed invece no. Hai dovuto cedere al tuo stupido orgoglio mascherato da senso di responsabilità ed ora guardaci... hai davanti a te una vedova, la vedova Parker Watson e un'orfana... May Parker."

Rabbrividì e non solo per il gelo che gli stava divorando le ossa, mordendole con denti di ghiaccio, anche per quell'assurda visione paratagli davanti nel momento meno opportuno.

Pensò con rabbia che la polizia a quell'ora avrebbe dovuto essere già lì, ed invece la guerra procedeva indisturbata mentre lui era l'unico che poteva far qualcosa ad essere presente.

"Ovvero starsene da parte"

Battè un pugno frustrato per quella situazione assurda.

Uno degli ultimi sopravvissuti cercò di indietreggiare trovando scampo tra lo spazio che c'era tra una costruzione e l'altra, ma era troppo lento.

"Ora basta stare da parte!"

Si lanciò verso di lui con un unico elegante balzo, sospinto dalla potenza di muscoli geneticamente modificati, con la precisione datagli da un istinto non completamente umano e da anni di pratica, agganciando l' intelaiatura della porta mobile del magazzino con una tela dura come l'acciaio ma flessibile come il nylon. Afferrò il ragazzo abbracciandolo con tutta la delicatezza che poteva, per non rompergli le ossa, e contemporaneamente con decisione e poi tirò con il braccio, contando anche sull' effetto elastico del sottile cavo da lui tessuto, ottenendo di togliersi da una sventagliata di proiettili che ridusse lo spazio dove stavano un secondo prima in una groviera. Aveva contato sul fatto che la porta del magazzino era semiaperta e aveva calcolato tutto con precisione, in modo da passare perfettamente nella piccola porzione di spazio a loro disposizione. Raggiunse il fondo dell'edificio con un paio di potenti salti tenendo quel poveraccio tra le braccia. Trovò un riparo momentaneo dietro alcune merci imballate e impilate in colonne di diversa altezza sul fondo. Quando posò il ragazzo con delicatezza a terra, controllando che stesse bene si accorse di non essere stato rapido come credeva.

 

Le nubi sembravano un orda di mostri provenienti dall'incubo di un folle e minacciavano di inghiottire New York tutta. Neanche  la tranquilla Forest Hills era risparmiata dalla loro furia e il telegiornale che stava ascoltando distrattamente, mentre era vicino alla finistra, confermava i suoi sospetti: la Grande Mela tutta era stata presa d'assalto da quello che aveva l'aria di essere il tentativo divino di spazzare via la città dalla faccia della Terra. Poteva essere anche vero, pensò tra sè e sè, forse era il castigo divino, la volta buona in cui il padreterno, o chi per lui, si era stancato della piccolezza dei mortali, punendo i loro peccati con quel castigo di biblica memoria. Si strinse rabbrividendo per quell' immagine apocalittica e soprattutto al pensiero che anche nell'ultima ora, gli abitanti di quella folle metropoli sarebbero stati incapaci di mostrarsi degni del giudizio, intenti a saccheggiare, urlarsi contro, cercare di rubarsi l'ultimo taxi libero a vicenda... sospirò.

Valeva davvero la pena rischiare la pelle per loro? Peter non ci aveva mai pensato? Neanche una volta? Lo dubitava. Il pensiero doveva averlo sfiorato eccome.

Lui che risposta si era dato? Aveva dei poteri che gli davano delle responsabilità ma non lo rendevano il loro giudice. Era suo dovere proteggere, non emettere sentenze.

Senza dubbio era questo quello che si era ripetuto più volte quello stupido, avventato, meraviglioso Peter Parker. Lei aveva accettato tutto questo quando decise di sposarlo nonostante quello che faceva, ciò che era. Ma non sempre riusciva a rimanere impassibile poichè nessuno è fatto d'acciaio. Certi giorni era dura da mandare giù ed era il caso del giorno in questione. Si diresse verso la camera di May. Un incubo doveva averla svegliata ed doveva essere stato piuttosto brutto a giudicare da come piangeva.

"Tesoro della mamma" la prese delicatamente in braccio, carezzandole la testa che teneva sulla spalla, cercando di calmarla. "Va tutto bene ora, ci sono qui io."

"Mammina..." la voce era rotta dai singhiozzi e tremava tutta. "… papà?"

"E’ fuori per lavoro, te l' ho detto prima May. Lo sai che la mamma non ti dice le bugie."

In un certo senso non l'aveva fatto visto che Peter era veramente al lavoro... un tipo di lavoro diverso da quello che la maggior parte dei padri normali svolge. Pur sempre il suo lavoro... anzi il Lavoro con la maiuscola, si disse tra sè non senza una punta di amara ironia che la sorprese.

"Sognavi piccolina mia, era so..."

Ma quelle parole non la calmarono… anzi… riprese a piangere più forte di prima.

Gli occhi di sua figlia, pieni di lacrime, la fissavano ora con fermezza.

"L' ho visto mamma.- Avrebbe, voluto dirgli la piccola.- Papà danzava saltando, faceva balzi lunghissimi, sembrava quasi che volasse. C'erano degli uomini che volevano fargli male ma lui riusciva ad evitarli tutti... li stendeva come se fosse stato Capitan America, mamma. Ed era... tutto vestito di rosso... poi però arrivava uno... un tizio tutto verde... non capivo chi era... ma voleva fargli tanto male e ci riusciva mamma! Vedevo papà piangere... e io ero là, ma non potevo far niente..."

Ma May Parker, due anni, non aveva i mezzi per descrivere quello che aveva visto nel suo incubo.

Cercò il conforto dell'abbraccio materno, sperando che potesse strapparla a quella disperazione che a malapena capiva. Mary Jane la stringeva cercando di proteggerla, impotente perchè non poteva sottrarla al destino che ora sotto i suoi occhi si stava tragicamente delineando. Pregò che Peter tornasse a casa presto... dovevano parlare.

 

Il piede destro era saltato, staccato di netto dall'ultima raffica. Aveva rattopato il moncherino come meglio poteva, usando la sua tela come laccio emostatico in modo da fermare la copiosa emorragia. Di sangue comunque ne aveva perso anche troppo e ormai era stava iniziando a delirare.

"Dov'è Antonio?...Dimmelo ti prego..."

"Starà cercando anche lui un rifugio sicuro. Vedrai che starà bene..."

Cercò di sembrare il più convincente possibile. A giudicare dal fatto che gli spari erano cessati, Antonio doveva aver raggiunto i suoi antenati insieme agli altri. Forse il ragazzo davanti a lui era l'unico sopravvissuto e lo sarebbe stato per poco se non l'avesse portato subito in ospedale. Aveva circa vent'anni.

"Buon Dio" si disse dentro "E' un ragazzino! Cosa ci faceva qui?"

"Come va?" gli disse, mentre tastava con delicatezza la gamba "ti fa ancora male?"

"Antonio... oddio... 'tonio... no... ness...un male... non preoccuparti di me... io me la caverò... c'è mio fratello là fuori..."

"C'era" ma quella risposta la tenne per sè "Ok, non devi preoccuparti" mentì una seconda volta mentre gli rispondeva "cerca di non agitarti, io ora vado a vedere fuori com'è la situazione. Te la senti di stare qui da solo per un pò?"

"Ci... avevano detto... che al porto stava arrivando... della merce... non so di che tipo... ma nessuno... nessuno ci aveva chiesto l'autorizzazione per... questa parte del porto... era... dai tempi di mio nonno... era nostra... nessuno mai... non c'è stato Kingpin o Gufo o.... nessuno...aveva mai osato..."

"Capisco... ora però vedi di non parlare troppo. Hai preso una bella batosta e devi riposarti. Come ti chiami?"

"Gabriele..."

"Bel nome! Senti Gab, io ora vado, tu stringi i denti che torno subito."

"Morirò...?"

La domanda lo spiazzò per un attimo.

"Nooo! L'erba cattiva non muore mai. Te la caverai, ti farai qualche mese al fresco, giusto il tempo di riposarti. Poi gli avvocati della tua famiglia ti tireranno fuori ed io ti rincotrerò sulla strada e dovrò darti un'altra bella batosta come faccio sempre con voi delinquenti da strapazzo."

Gabriele sorrise con gli occhi velati.

"...se fossi in forma migliore te la farei vedere..."

"Un'altra volta, Capone... ora non sforzarti ok?"

"... bene testa di tela... aspetta un attimo... dagliele ok?... vendica... i miei amici... e mio fratello."

Lo disse quasi implorandolo e lui non potè far altro che assentire con un cenno del capo.

Ora sapeva che suo fratello era un pazzo, perchè solo un pazzo avrebbe portato un ragazzino ad una spedizione punitiva con tutti i rischi che ne conseguivano.

Lasciò il ragazzo lì a malincuore, ma doveva occuparsi di quegli assassini. Scivolò da una finestra che stava poco più su di lui e aggirò l'edificio aspettando, attaccato al muro, spiando le mosse di quei tizzi. Era arrivato un camion che si era fermato poco distante dalla prua della nave... non capiva ancora cosa volessero fare. Ora erano distratti, avevano abbassato la guardia, pensando che fosse ancora nel magazzino. Doveva prenderli giocando tutto sulla sorpresa. Saltò sul tetto e con un possente balzo raggiunse la nave.

Gli uomini sembrarono sorpresi ma non aprirono il fuoco.

"Furbi" pensò "evitano di sparare per non colpirsi tra loro."

Dovevano essere dei professionisti.

Era accerchiato, ma fintanto che rimaneva lì non avrebbero sparato. Poteva risolverla con un confronto corpo a corpo e sapeva di riuscire a spuntarla tranquillamente anche contro quattordici insieme... è facile quando possiedi una forza un centinaio di volte superiore alla norma. L' ipotesi che non fossero dei principianti si rafforzò quando attaccarono. Erano rapidi, ben addestrati e coordinati. Il senso di ragno lo aveva avvertito per tempo permettendogli di evitare un tizio con un coltello che voleva aprirgli la schiena. Da come lo maneggiava sembrava essere un esperto. Contemporaneamente altri due avevano cercato di prenderlo alle spalle ma lui, passando sopra di loro, li aveva evitati. Erano veloci, non c'era che dire. Gli ci volle un po' per capire che non volevano stenderlo... no. Dovevano aver sentito parlare di lui e sapevano che non potevano vincerla se la buttavano sulla forza. Piuttosto sembravano giocare come dei gatti che si divertono a stuzzicarti, colpendo e ritirandosi subito, sapendo che lui non si sarebbe allontanato per evitare di farsi sparare contro. Molto furbi. Erano in stallo e lo sapevano benissimo. Volevano mantenere quella situazione. Il motivo divenne evidente quando sentì un rumore meccanico. Come di qualcosa che si solleva... la prua. Stavolta prese l'iniziativa e a sorpresa prese uno dietro di lui. Questi cercò di divincolarsi ma venne scaraventato contro un compagno che stava alla sua sinistra e finirono tutti e due fuori bordo. Un terzo uomo, un tipo con un fisico atletico e evidentemente esperto di arti marziali, cerco di colpirlo ma l' Uomo ragno evitò tutti i pugni che questi gli indirizzò, abbassandosi per non essere colpito da un circolare che avrebbe potuto fargli molto male. Di nuovo il trucchetto di prenderlo alle spalle mentre era impegnato con un'altro ma non sapevano che lui aveva una speciale facoltà precognitiva che gli permetteva di percepire in tempo il pericolo sotto ogni forma. Prese il braccio che gli sfiorò la spalla ed eseguì una proiezione mandando l'uomo a cadere sopra l'altro. Parò un altro pugno assecondando il movimento per un breve tratto, poi lo bloccò e diresse larto verso il basso torcendolo leggermente. Dosò la forza in modo da non maciullarlo; egualmente, da come urlò e da come gli scricchiolò l'arto doveva essere molto doloroso. Non amava fare quel genere di cose. Ma quelli non erano dei prezzolati qualsiasi da trattare con leggerezza... erano dei pericolosi killers ben addestrati e lo avrebbero ucciso se gliene avesse data l'occasione. Evitò un calcio eseguendo un salto all' indietro. Atterrò sulle mani e scattò di nuovo in avanti colpendo con i piedi. Mandò il tizio a sbattere sulla cabina del timone. Qualcosa di simile ad uno shuriken gli sibilò a breve distanza e un altro gli si diresse contro il volto. Lo bloccò tra due dita. Non c'era che dire, decisamente un bel trucco per impressionare qualcuno anche se sapeva che non funzionava con tipi del genere. Un altro lo attaccò con un bastone. Lo usava molto bene e per evitare un pugnale che gli sfiorò la nuca prese un paio di colpi, uno sul viso che gli incrinò vistosamente la lente destra ed uno al fianco. Sentì un bel bruciore e sapeva che se non fosse stato per la sua forma fisica superiore a quest'ora sarebbe stato a terra, incapace di muoversi per il dolore. Invece si riprese subito e, agganciato il Bastone con una tela se lo tirò a sé passando al contrattacco. Fece cadere sulla schiena quello a cui lo  aveva sottratto prendendolo alla gamba e tirando verso l’alto all’improvviso, poi, dopo essergli saltato alle spalle,colpì l'altro che aveva lanciato il coltello.Sentì dei rumori provenire dal basso. Una catena gli sfiorò la guancia mentre si muoveva di lato. Il secondo colpo spezzò il bastone lasciandolo disarmato. La afferrò al volo, mentre cercava di colpirlo la terza volta, strappandola dalle mani dell'aggressore e facendogliela a pezzi sotto gli occhi. Era intenzionato a capire cosa ci fosse là sotto. All'improvviso, spiazzandoli, colpì con forza il pavimento e poi, tirando, ne divelse un pezzo.

Sotto, nella stiva, era buio nonostante la prua si stesse sollevando. Ne veniva un fetore nauseabondo... urina, sterco, sudore... uomini, donne e bambini! La nave era carica di clandestini. Saltò di nuovo all'indietro sfiorando con la schiena la lama che avrebbe dovuto tagliarlo in due. Eseguì una capriola in aria e atterrò senza problemi. Li stavano portando fuori! Li volevano caricare sul camion. Dalla cambusa vennero su altri uomini. E stavolta aprirono il fuoco. Qualcuno di quelli con il passamontagna urlò qualcosa... sembrava cinese... probabilmente malediceva quegli idioti perchè avrebbero potuto colpire loro o la merce... ed infatti andò così... il tipo cadde con il cranio pieno di piombo e gli altri suoi amici non ebbero sorte migliore. Caricò in avanti lasciando di sasso i nuovi venuti, impreparati ad un eventualità simile, sbaragliandoli completamente. L'impatto ne mandò a finire molti contro la parete alle spalle. Altri caddero in acqua o sulla banchina dall'altra parte. Il camion iniziò a muoversi. Non avevano caricato tutti, probabilmente volevano salvare il salvabile visto come erano andate le cose. Doveva seguirli. Il senso di ragno urlò selvaggiamente, così forte che quasi gli esplose la testa. Agì di puro istinto, quasi qualcosa avesse disattivato la coscienza umana che stava dietro la maschera, riattivando invece istinti primordiali appartenenti ad un corso evolutivo differente. Entrò in acqua senza sollevare neanche uno schizzo mentre la nave saltava in aria. Urla strazianti si levarono mentre le fiamme lambivano le carni dei disgraziati che non erano morti subito. Quando riemerse, con lui tornò a galla Peter che aveva sbarrato gli occhi mentre galleggiava tra pezzi di metallo e di legno in fiamme. Il fuoco si levava alto, doveva fare qualcosa per mettere in salvo... poi con orrore, si rese conto che non poteva più salvare nessuno... si tirò sul molo mentre le lacrime gli rigavano il volto, reprimendo a stento la voglia di vomitare. Solo la rabbia che cominciava ad appienare il corpo gli impediva di crollare alla vista di quella mattanza.

Dentro c'erano ancora dei sorpavvissuti. Lo vide chiaramente ma non riuscivano a muoversi, parte del soffitto della stiva era caduto bloccando loro la via di fuga. Si precipitò verso di loro urlando per superare il clamore delle loro voci, dicendo loro di mantenere la calma. Come se fosse stato facile, pensò. Si erano trovati in mezzo all' inferno e questo per colpa sua, del suo intervento. Il metallo scottava per via del fuoco e i guanti del costume costituivano una ben misera protezione. Non gli importava, continuava e stringerlo saldamente. Lo sollevò con una forza sconosciuta ad un normale essere umano, muscoli poderosi che compivano imprese stupefacenti lo gettarono da parte. Riuscì a far uscire fuori un gran numero di persone ma non potè contarle tutte. Poi sentì che qualcun'altro era arrivato. Sperò non forssero altri uomini della banda. Sarebbe stato un disastro.

Il camion forzò un blocco improvvisato da un paio di auto della polizia che gli si erano parate d' improvviso innanzi. Le sirene ululavano ma il senso di ragno ululava di più. Evitò il fuoco di un cecchino appostato su una gru. Lanciò una tela e si sollevò in aria. Eseguì un giro trovandosi a testa in giù proprio sopra quello che aveva sparato. Prima che questi potesse avere una qualche reazione gli fu sopra, come un ragno con la preda.

"Fermo..."

Lo minacciò, mentre lo teneva inchiodato in basso, sul tetto della cabina di comando. Per un istante avvertì di nuovo pericolo, ma passò subito. Aveva sentito degli spari in basso. La polizia che si scontrava con i malviventi rimasti. Dette un'occhiata e vide che tutto era finito. Tolse il passamontagna a quello che aveva preso per capire chi era... cinese. Come aveva sospettato. Ma quelli che aveva visto giù nella stiva non lo erano. Da quando la mafia cinese trafficava con clandestini che non fossero dei loro? Si sentiva disgustato, stanco, ed era fradicio di acqua e non solo. La pioggia continuava a cadere, impietosa, da un cielo indifferente a tutto quello che era successo. Si calò giù dopo aver legato il tipo.

Si trovò di fronte un uomo alto, circa uno e ottanta, corpulento, e uno sguardo di chi ti studia per capire cosa farai, mentre lo fissava la tesa di un cappello fuori moda, più adatto ad un vecchio film che non alla realtà. Quella realtà in cui sentiva puzza di carne bruciata portata dal vento... carne umana... non aveva voglia di parlare con la polizia, voleva solo avvertirli del ragazzo nel magazzino.

"Dentro c'è..."

Ad un cenno dell' uomo si interruppe e vide che un paio di uomini lo stavano portando fuori, privo di vita. Si portò una mano al volto quasi volesse coprire i suoi occhi per non vedere.

"Ascolta, siamo riusciti a portare in salvo molti di quei poveri disgraziati ammassati nella stiva."

"Quanti ne sono morti?"

"Difficile dirlo. Credo una ventina comunque."

"Una ventina? Ma quanti erano?"

"Parecchi... più di un centinaio."

"Cristo! Ammassati lì dentro come bestie."

"Già... ma tu sei riuscito a salvarne tanti..."

"Bell'impresa... dopo che ho causato io tutto questo..."

"Andiamo, non dire idiozie!"

Quel rimprovero lo stupì e guardò l' uomo con curiosità.

"E' iniziato tutto per colpa dei Gambino che sono arrivati qui per la loro missione punitiva. Ti sei trovato nei paraggi per caso e hai cercato di fare del tuo meglio. Se c'è qualcuno da biasimare siamo noi. Ci avevano messo su una pista falsa... eravamo altrove ad attenderli. Poi abbiamo sentito il macello. Pare che gli informatori degli italiani fossero migliori dei nostri. Comunque piacere, sono Terenzio Rucker, squadra investigativa speciale, tu non hai bisogno di presentarti, ti conosco."

L' Uomo Ragno era sorpreso del comportamento di quel poliziotto. Era da molto tempo che non ne incontrava uno che gli parlasse così o non lo incolpasse subito di qualche cosa... ce ne erano stati due a dire il vero. Il capitano George Stacy e... Jean... senza dimenticare l'unica attuale eccezione, ossia Arthur Stacy.

"Grazie per le belle parole, Rucker."

"Prego, dovere. Non credo che i miei superiori condivideranno le mie opinioni. A tal proposito, ti consiglio di andare, stanno arrivando gli altri e non credo saranno ben disposti come il sottoscritto nei tuoi confronti."

"Certo, capisco, ci sono abituato. Comunque dimmi una cosa... le armi che usavano quelli?"

"Bel casino eh? Sono mitragliatori compatti ad alta velocità. ND-565-H.V.I.S., si chiamano così. Roba d'alta tecnologia. Ultimamente i crimini in cui sono impiegate questo tipo di armi sono aumentati del 45%, dovresti seguire i telegiornali, sai? La provenienza di questi giocattoli non è ancora chiara, ma in genere si tratta di roba trafugata allo S.H.I.E.L.D., tecnologia di scarto dell' A.I.M. piazzata sul mercato a sottocosto... difficile dirlo con sicurezza. Spesso molti articoli si somigliano... non credo sia il caso di questi cosi."

"E loro chi sono...? Per chi lavorano?"

"Jong... un clan cinese che si è fatto largo con prepotenza sulla scena di Honk Kong negli ultimi cinque anni, rivoluzionando la mappa della criminalità cinese."

"Sono della Triade allora."

"No. Direi che sono la Triade, ormai. Le vecchie famiglie sono state in gran parte eliminate e le nuove hanno capito subito che aria tirava schierandosi dalla parte del vincitore. Ora vogliono lanciarsi in grande stile sul mercato americano."

"Importando immigrati?"

"Anche. Comunque la parte del carico più importante per il momento sono riusciti a portarla via. Cercheremo di fermare il camion ma..."

"La parte più importante?"

"Ragazzini e ragazzine. Dai 12 anni ai 21 anni. Merce preziosa per il mercato della prostituzione e della pornografia. Sospettiamo gestiscano almeno una trentina di bordelli di lusso a Manhattan, roba per ricchi. Le altre le piazzeranno a qualche casa produttrice di porno estremo, forse addirittura snuff, sicuramente fuori dalla città."

Era disgustato... arrabbiato per quanto era successo e pieno di schifo.

Rucker gli si fece vicino e rimase sorpreso dall' aria gentile e comprensiva che aveva il suo viso. Gli mise uma mano sulla spalla.

"Ragazzo, so cosa provi. Sono più di trent'anni che ci passo anche io. E' una merda, lo so io e lo sai tu. Ma è il nostro dovere stare su queste strade proprio per impedire che certe cose succedano e cercare di arginare questi mostri che sfruttano le miserie umane. Non sempre ci riusciamo. Però credo che le cose andrebbero decisamente peggio se non ci provassimo nemmeno. Ora va', ci rivedremo in giro."

"Grazie... Rucker... mi terrò informato sulla faccenda. Ci vediamo presto."

"Tenente!" chiamò un giovane poliziotto.

Rucker si girò un attimo per rispondere e quando tornò a guardare davanti a sé non trovò nessuno. Prese il pacchetto di sigaretta dalla tasca interna dell' impermeabile liso e sporco. Cercò di accendere, ma la pioggia frustrava la sua voglia di riempirsi la bocca di quel sapore disgustoso che copriva quello ancora più disgustoso della morte di cui era pregno quel luogo. Guardò in alto e sorrise. Era arrivato da poco a New York e sperava proprio di incontrare una delle sue meraviglie in costume. A vederne una da vicino non sembravano quegli esseri mostruosi o semi divini che i media dipingevano. Aveva parlato con quello che sembrava un ragazzo dell' età di Micky, ne più ne meno, un tipo che si era trovato in mezzo all'azione e non aveva rifiutato di fare qualcosa.

"Ci si vede, Ragno."

 

Sentì il rumore del letto che cedeva sotto il peso di qualcuno che ci si sdrai sopra e questo la svegliò. Si era addormentata sul divano mentre guardava il telegiornale notturno. La notizia speciale che al porto si era verificato un sanguinoso scontro tra bande aveva catalizzato subito la sua attenzione mettendola in agitazione.

Corse in camera, doveva essere lui per forza.

Era steso, con la parte inferiore del costume ancora indosso. Era stato impegnato tutta la notte doveva essere sfinito. Gli si fece d'appresso e si coprì la bocca per non urlare quando vide il volto livido dell' uomo che amava. Sotto l' occhio c'era un enorme livido e un segno. Allungò la mano come per toccarla, ma si fermò a pochi millimetri temendo di fargli male. Lui aprì gli occhi e le sorrise. Lì nella penombra rimasero in silenzio, con lei in piedi di fronte. Non dissero niente per un po'. Mary Jane guardò la ferita... e notò che si sgonfiava molto rapidamente.

"Ho visto il telegiornale notturno. C'eri anche tu al porto?"

"Sì."

"Dio Peter... lì era un macello... tu?"

"E' stato terribile M.J...."

"Vuoi parlarne?"

"Non ora..."

"Da quanto sei...?"

"Poco... sono andato a vedere se May dormiva. Tu eri addormentata e non volevo svegliarti."

"Non volevi ti vedessi così."

"Domani si noterà poco, sarò in forma strepitosa per lo spettacolo."

"Ah... verrai?"

Le parole di M.J. non riuscirono a celare una nota amara. Si pentì subito di essersela lasciata sfuggire.

"Sì. So di essere un pessimo marito e un pessimo padre... ma domani ci sarò. So quanto è importante."

M.J. cadde in ginocchio piangendo mentre lui le carezzava la testa dandogli dei baci sulla nuca.

"Non fare così piccola. Ti prego... "

"Io... mi dispiace... dopo tutto quello che hai passato tu questa sera..."

"No. Dopo tutto quello che devi aver passato tu da quando siamo sposati. Hai sopportato più di quanto avrebbe sopportato chiunque altro. Ti chiedo tanto ogni giorno e mi rimani lo stesso vicino. Ora però asciuga le lacrime tigrotta..."

Le prese delicatamente il mento tra due dita e le fece alzare gentilmente il viso. Baciò la guancia e senti in bocca il sapore salato del suo dolore e della sua pena. Lei sorrise e il suo viso si illuminò così tanto che sembrava riuscire a squarciare le ombre che si erano abbattute sulla città.

"Vuoi che prenda delle medicazioni? Potrei..."

"Facciamo l'amore."

"Peter sei..."

"Ti prego angelo mio. Facciamo l'amore. "

Non disse niente. Si alzò e fece scivolare via la veste da notte rimanendo completamente nuda. Lui la cominciò a toccare con delicatezza, come faceva sempre. Come a lei piaceva tanto perchè la faceva sentire al sicuro. Le carezzo l'interno della coscia salendo piano piano e lei gemette un poco. Penetrò con un dito stuzzicandola come quando, non ancora sposati, andavano al parco per avere un pò di intimità. Rise sommessamente ricordando che non c'era mai il rischio che venissero scoperti... lei non sapeva ancora bene il perchè al tempo ma era merito del senso di ragno del marito. Si chiese se era lo stesso istinto di quella bestia che viveva dentro di lui a suggerirgli come fare... dove toccare... quando essere delicato...o quando essere irruento... come quando la prendeva... lei sapeva che lui si tratteneva. Con la sua forza doveva farlo... ma era comunque come essere presa da più di un uomo... da centinaia... essere travolta da una fiamma che minacciava delle volte di bruciarla.

Si amarono ora delicatamente ora con foga, rubandosi a vicenda quanti più baci possibili, scambiandosi promesse silenziose di eterno amore.

La pioggia si abbatteva come un flagello su New York e minacciava di non calare d'intesità...

 

Fine prima parte