Marvel It Presenta…

 

Ciclope

Un uomo ferito

 

Di Rossointoccabile

 

 

Sono stato ferito.

Hanno impiantato nel mio corpo un terribile ordigno. Una bomba nanotech in grado di colpire un’area enorme. I miei amici hanno tentato di estrarla, rischiando le loro vite per questo.

È stata questa la ferita più grande. Più del tempo necessario per riprendermi dalle ferite, più del tempo servito a cicatrizzare il mio petto squarciato è il tempo necessario ad accettare di essere stato usato come arma per eliminare i miei compagni che mi preoccupa. Si, questa è una ferita difficile da rimarginare, una ferita alla mia stessa sicurezza che mina la mia capacità di azione.

Posso costituire un pericolo per i miei compagni, è difficile accettarlo.

È sostanzialmente per questo che ora sono qui, davanti all’ingresso di questo simbolo di un governo che ha tradito i suoi cittadini, la nostra Costituzione permettendo di dare l’avvio ad un progetto che nulla aveva da invidiare alla Soluzione Finale. E retrocedendo da essa solo perché non pagava da un punto di vista di immagine.

Strano che dopo tanto tempo, dopo tante persecuzioni e tanti “Progetti Sentinella” io mi senta ancora tradito da questo paese, che mi ha visto nascere ma non mi ha dato altro, non mi ha protetto da Sinistro, ne da Jack, non ci ha protetti dalla folla inferocita che voleva linciare Bobby e ci ha scagliato contro qualunque folle razzista che si dichiarava pronto a sterminare i mutanti.

Si, è davvero incredibile.

Ora sono qui, non è più il momento di recriminare, sarebbe una distrazione fatale.

Ci siamo quasi, ecco il cambio della guardia, fra poco anche l’ultimo turno uscirà, tra poco è il momento di passare all’azione.

Le porte si aprono, una folla festante esce. Scappa, come aspettava di fare da ore, dal posto di lavoro. Ora restano solo i guardiani e pochi, sfortunati, costretti a lavorare di notte, è, questo, il momento migliore per me. È certamente un rischio, non sappiamo ancora quanta parte dei dati contenuti nei nostri computer sono riusciti a decrittare, non sappiamo quanto di quei dati è stato trasferito al governo americano. Se non ricordo male, però, questa “porta d’accesso” era riservata a me e Kurt, questi dati non dovevano essere contenuti in nessun computer. Ho, in fondo, buone possibilità di cavarmela. Mi incammino, girando l’angolo cambio la programmazione dell’induttore di immagini, funziona con la stessa tecnologia Shi’ar della stanza del pericolo, non tutto il mio travestimento è olografico. È una delle poche cose che ci è rimasta tra i doni di quel popolo. Almeno non c’è questa tecnologia nel palazzo, questa è una consolazione. E una possibilità in più per me.

Basta rassicurarsi, la troppa sicurezza è fatale.

Sono davanti all’ingresso, mostro le mie credenziali, vere, pur essendo falsa l’identità.

Mi aprono la porta, ora viene il difficile.

Non tanto per le impronte digitali o il tracciato retinico, l’induttore di immagini è perfettamente in grado di fornire delle perfette repliche, ma quando le macchine prelevano il campione di DNA non posso non reprimere un brivido.

Spero non abbiano un tracciato energetico o qualche residuo della nostra dilettantistica incursione di qualche tempo fa.

In quel periodo eravamo troppo sotto pressione e non eravamo preparati per questo tipo di azione. Stavolta, spero, le cose andranno meglio.

Errore, ancora troppa sicurezza.

Sono passato, questa breve attesa per l’analisi genetica è la parte peggiore.

Ora che sono dentro è semplice, conosco la mappa di questo edificio come le mie tasche ed ho rilevatori più che sufficienti ad individuare sistemi d’allarme e telecamere, il problema è che non ho l’accesso a tutte le aree, non ho fatto in tempo a procurarmelo, soprattutto ora che il nostro vantaggio tecnologico è fortemente ridotto.

Non importa, le informazioni che cerco non sono così difficili da reperire, se non l’ho fatto da fuori, attraverso la rete è perché una parte del materiale che mi serve è cartaceo, come sempre, i sistemi a bassa tecnologie sono i più sicuri. Pesanti, di lunga e difficile consultazione. La difficoltà di scambio delle informazioni sta alla base del controllo.

Questo ufficio va bene, entro, accendo il computer, richiamo i dati, trovo la collocazione di ciò che cerco e senza che questo software imperfetto e primitivo che ormai gira su tutti i computer governativi si impalli neppure una volta, un vero miracolo.

Il resto è più semplice ancora, raccolgo i miei dati, cancello le tracce ed esco. Arrivo al mio covo attuale, entro nei computer della sicurezza del Pentagono ed altero gli orari della mia visita. Ancora una volta reprimo la soddisfazione per il mio operato e mi metto a studiare ciò che ho recuperato, poca roba, meno di quanto mi aspettassi, ma più che abbastanza per continuare la mia indagine, ma mancano le prove.

Due istallazioni, una la conosco, dolorosamente.

Comincerò dalla seconda.

Prima però…

 

Altra città, altro palazzo. Entrare in questo sarà più facile, non certo perché i sistemi di sicurezza siano peggiori, anzi, non credo di avere molte possibilità di forzarli.

Nuova identità, muovo qualche passo, entro, mi avvicino alla reception.

Chiedo del mio “ospite”, non faccio in tempo a finire la frase che i miei strumenti mi segnalano di essere stato individuato. Speriamo bene.

I nostri rapporti sono stati abbastanza buoni, a causa del figlio, ma ultimamente hanno molto e a lungo sofferto a causa nostra.

<Può entrare, mr. Smith>. È chiaramente un robot, eppure ho la vaga impressione che ironizzi sul mio nome. Nessuna fantasia, è la cosa più semplice ed efficiente nella scelta dei nomi.

<Puoi togliere quell’occultamento, Ciclope. Non ti serve con noi, dovresti saperlo ormai.>

È alto, più di me, anche se non sembra. Cammina leggermente incurvato. È pensoso. <Cosa ti porta da queste parti? Non dovresti essere ancora in convalescenza.>

Lo sa, è tornato da poco da un viaggio interdimensionale durato un intero anno (da uno dei suoi tanti viaggi) e si è subito messo alla pari con le informazioni. Non sembra segnato dalla lunga assenza, come chi è abituato a viaggiare tra i mondi. La vita di quest’uomo, di questo “sfidante” dell’ignoto è incredibile anche per me, che ho cresciuto mio figlio in un altro corpo e in un altro tempo.

Quest’uomo che viaggia tra i mondi ha sconfitto Galactus in un periodo in cui noi ancora avevamo problemi a sconfiggere Blob.

<La prudenza non è mai troppa, dr. Richards…>

<Reed> mi corregge

<… soprattutto dopo i fatti più recenti.>

Spengo l’induttore di immagini. questo semplice atto mi costa uno sforzo.

<Viviamo su un mondo primitivo, molto più incline al pregiudizio di quanto sarebbe bene augurarsi, mi rendo conto, ma la paranoia non è mai una buona consigliera>

Ha ragione lui, io ne sono la prova.

Cerco di rilassarmi e gli espongo il mio problema. Di fronte a una nuova sfida il suo sguardo si illumina, ma la cosa non gli prende, in realtà, che pochi decine di minuti. Mi invita a cena, declino l’invito e sono gia fuori, appena più di un’ora. Sorprendente.

 

Avvicinarmi a questa istallazione rappresenta davvero un rischio. È stata bonificata da tempo, ma in maniera sommaria. Non ho la minima idea di cosa sia rimasto.

Non sembra muoversi nulla. È inutile indugiare, per molti versi la paura è più pericolosa dell’imprudenza.

Che i militari non abbiano lasciato neppure un posto di guardia non è necessariamente un buon segno.

Ci sono degli allarmi, piuttosto complessi, mi postano via alcuni minuti. Durante l’operazione devo tirare il fiato due volte, il pericolo, se c’è, è davanti a me, oltre questa porta. Non mi corre dietro nessuno, ne c’è alcuna ragione perché mi faccia prendere dalla fretta.

Disattivati gli allarmi e le serrature altamente tecnologiche faccio pressione sul battente, nulla. Guardo stupito il battente e noto che c’è una normale serratura. Mi viene quasi da ridere, ho imparato dai migliori, anzi, dalla migliore. Tiro fuori un grimaldello dalla cintura e faccio per aprire la serratura. Calma, troppa sicurezza può essere fatale. Infatti all’interno del foro ci sono quattro nanofilamenti, non un problema, a patto di accorgersene.

La velocità con cui mi chiudo la porta alle spalle è impressionante, attraverso velocemente un enorme ingresso e mi acquatto dietro una colonna, a mio agio tra il cemento e acciaio delle istallazioni militari come se fossi a casa. In realtà sarei stato felice di non vederne mai una. Di crescere i miei figli in una casetta in campagna, tutte le domeniche dai miei genitori. Essi sono stati rapiti da un’astronave. Mio figlio, infettato da un virus tecnorganico è cresciuto in un futuro dominato da Apocalisse e in seguito, da vari altri scagnozzi, altro che prati in campagna.

E di istallazioni come questa ne ho viste così tante da trovarle familiari.

Attorno a me nessun movimento, stranamente silenzioso, il buio mi avvolge. Il mio scomodo visore, in questo caso si dimostra utile, una lente ad intensificazione della luminosità si sovrappone a quella al quarzo-rubino. Nulla, ma il silenzio è eccessivo, alzo il volume dei rilevatori sonori. Neppure uno squittio, ma il rumore di uno spostamento d’aria si. Abbasso il volume su standard sopportabili in caso di rumore violento.

Per la quasi totalità dei sensori sono un agente dello SHIELD, spero per tutti.

Avanzo nel buio, per così dire. La luce non è un problema per nessuno dei possibili ospiti di questo complesso.

La pianta era fastidiosamente imprecisa ma la porta giusta dovrebbe essere questa.

Niente allarmi, provo la porta, aperta. Ascolto, nulla. Entro con prudenza, la stanza non è vuota, ci sono dei computer, spenti. Ne accendo uno, cerco, seppur frammentari questi sono i dati che cercavo. Collego un’unità esterna ed inizio il salvataggio. Passi… metallici…

Tre, no quattro avversari. Se sono chi penso io sono nelle mani di Richards.

Do un’occhiatina fuori… Prime Sentinelle.

Il loro passo non è sicuro, potrebbe essere una trappola.

A questo punto tanto vale verificare, sollevo il mio visore, ciò mi rende cieco alla luce per qualche istante, quando la mia visione torna, una delle Sentinelle è smembrata in terra. I disassemblatori in cui Richards ha mutato le nanomacchine parte integrante delle Sentinelle sembrano funzionare.

Scanso velocemente uno dei loro colpi, fuori il secondo. Due Sentinelle con due colpi, un vero record.

Mi nascondo dietro una colonna, cambio il mio travestimento, se le altre nanomacchine funzionano ora, dal loro punto di vista è mio fratello Alex a colpire la terza, che cade a terra fuori uso. Il colpo che mi spara la quinta è eccessivamente vicino. Uno scerzaccio anche questo dell’eccessiva sicurezza. Il mio colpo di rimando è più preciso, meno quattro. Nel mio giochino spara e nasconditi ora sono la Cosa, la Sentinella mi è addosso, fa per prendermi le braccia, ma un colpo ben assestato del mio raggio ottico la decapita. Cinque Sentinelle da solo, meglio di qualsiasi prestazione nella stanza del pericolo, merito del fatto che sono allo sbando, senza nessuno che le coordina e del genio di Richards. Io, invece sono stato goffo e impacciato, questa convalescenza mi ha aiutato a sedermi.

Mi riaccosto alla stanza, la porta è rimasta aperta. Oramai i dati dovrebbero essere stati tutti scaricati. Entro ed inizio, mentalmente ad imprecare.

Sono riusciti a sparare due volte, la seconda scarica per poco non mi colpiva e nello scansare la prima ho lasciato che colpissero il computer. Colpo elettromagnetico, l’intero sistema è saltato. Controllo la mia unità, sembra intatta ma il software è sparito, non c’è protezione che tenga. Il tutto prima che iniziasse a scrivere il dischetto. Reistallo il software facendo gli scongiuri tra i denti, mentre finisce di caricarlo accendo un altro dei terminali presenti nella stanza. Dio stramaledica gli apparati di autodistruzione. Il software di sistema è andato quasi integralmente. Immagino ci sia ormai poco da salvare. Recupero la mia unità augurandomi di trovare qualcosa tra i suoi bit distrutti e mi precipito fuori, sperando di non incappare in qualche sentinella superstite e che l’autodistruzione riguardi soltanto il software. È sempre spiacevole correre tra le esplosioni.

Mentre sbuco all’aria aperta penso a quale fallimento è stata questa missione.

Più tardi, a mente più lucida, analizzo i pro e i contro.

Richards è un potenziale alleato, non che questa sia una novità, ma ripensando a ciò che le sue nanomacchine hanno fatto alle sentinelle è una conferma rassicurante. Venti, venticinque minuti di lavoro.

Il Pentagono non è provvisto di tecnologia Shi’ar, ma metà dei suoi sistemi di sicurezza erano costruiti con nanomacchine Kree, neppure troppo, visto le centinaia di istallazioni che questa civiltà ha lasciato sul nostro pianeta.

Per contro, ho usato gran parte delle nanomacchine di Richards nella prima missione, che si è rivelata un fallimento quasi totale. La mia forma è discutibile e da ciò che posso dedurre dal poco che sono riuscito a salvare dei dati raccolti non trovo che la conferma che nella seconda istallazione c’è più che nella prima.

Preferirei non tornarci, ma non c’è scelta.

 

Appostato sull’altura guardo il cratere fiammeggiante che ha preso il posto della clinica. Tre aerei da caccia si stanno allontanando proprio in questo momento.

In lontananza si vede un elicottero con le insegne dello SHIELD che si sta avvicinando.

Chiunque sia stato a combinare questo disastro ha compromesso tutte le mie residue speranze di trovare prove utilizzabili di quello che tutti sappiamo essere il coinvolgimento di Bastion nell’assassinio di Craydon Creed, candidato alla Presidenza degli Stati Uniti.

Non una voce, non una dichiarazione ma prove vere, inconfutabili, circostanziate che rendano impraticabile per qualsiasi futura amministrazione, almeno per un po’ di anni, il coinvolgimento col Progetto Sentinella e con Zero Tollerance e i sui futuri imitatori.

Mi allontano prima di essere individuato, un vuoto nel petto. Speriamo di non dovercene pentire.

 

 

Note dell’autore.

Scott Summers è uno dei personaggi centrali del cosmo Marvel e uno dei pionieri che ha costruito il primo nucleo degli X-Men.

Lo scopo di questa storia è di evidenziare il mio pensiero sul ruolo che tecnologia ed addestramento dovrebbero avere nelle storie del gruppo, e dei supereroi in generale.

Non ho mai sopportato quando fanno la figura dei dilettanti, non lo sono.

Questa storia si colloca in contemporanea con Zero Tollerance Omega. L’ultima scena è la descrizione dell’ultima vignetta del numero 2, un paio di ore circa sono passate da quell’evento.