PROLOGO: Revelation, Texas, 2004

 

Una doppia nuvola di polvere precedette l’arrivo del camioncino nell’arido deserto che era la periferia della città di Revelation.

Il veicolo si fermò ad un passo dalle due figure in uniforme -uniformi un po’ lacere, a dire il vero. Decisamente, a giudicare dagli strappi alle spalle ed ai calzoni, quei vestiti avevano visto dei momenti migliori. Così come chi li portava, lo Sceriffo Dereck Trainor e il suo vice Beauregard Feiffer; privi del cappello d’ordinanza, degli occhiali, con i capelli assolutamente scompigliati e la pelle ormai del color della sabbia.

Il motore fu spento. Lo sportello del furgoncino si aprì, e ne uscì una donna con una gran tuta azzurra da meccanico e occhiali da sole. “Però,” disse toccandosi la visiera. “Quando dicevate di avere bisogno di trasporto, mica scherzavate. Credevo di dovere recuperare solo la vostra auto…ma non è il caso, vedo.”

L’auto dei tutori della legge era ridotta a un povero scheletro annerito e semifuso, con molti dei suoi pezzi sparsi un po’ dappertutto.

“Non credo che scapperà via, Donna,” disse Trainor. “Puoi venire quando vuoi per lei.”

Lo sguardo del terzetto si spostò sul vero carico: un draconico, una creatura dalla spessa pelle grigia e quello che sarebbe stato un maestoso paio di ali, se non fossero state saldamente legate, insieme a braccia e gambe, da solidi cavi di adamantio. La creatura brontolò qualcosa, ma con il muso saldamente legato, non poteva dire un granché di più.

“Speriamo solo che non sia di gusti difficili,” disse Feiffer. “Al vecchio Todd verrà un malanno, a cucinare per un simile bestione.”

“Già. Speriamo che Quinn si faccia vivo presto, per aiutarci ad interrogare questo bastardone spaziale.” E diede una pacca alla schiena della creatura di nome Reptyl Prime.

In quel momento, in distanza, qualcosa lampeggiò intensamente all’altezza del suolo.

“Ma che diamine..?” fece Trainor. “Donna, ce l’hai mica un binocolo?”

 

 

MARVELIT presenta

Episodio 5 - Giustizia per un Fantasma (III Parte)

 

 

Salem, Massachusetts, 1693

 

Tre metri di altezza. Pelle di un innaturale rosa pallido, grinzosa. Un volto che di umano non aveva che il contorno, ma con due aperture al posto del naso, dalla bocca larga e dai denti aguzzi. Orecchie appuntite. Capelli neri alla mohicana. Un abito nero, nella stessa foggia severa di un puritano di quel secolo.

Il suo vero nome si perdeva nella notte dei tempi, da molto prima che l’Uomo trovasse la forza di ribellarsi ai mostri che dominavano il mondo. Era un mago, e si faceva chiamare il Cavaliere Oscuro.

Sopra di lui, il cielo era acceso da una danza di lampi e scosso da potenti venti -uno sconvolgimento causato dalla magia usata per riportarlo a nuova vita.

La creatura teneva il suo sguardo sulla vecchia avvizzita che si stagliava ai suoi piedi. “Tituba, mi hai saputo servire bene ancora una volta! I tuoi sforzi non saranno stati vani, te lo assicuro.” Il Cavaliere stese una mano. L’energia brillò nel palmo.

L’anziana donna sorrise, mentre veniva irradiata dal bagliore smeraldino. I suoi vestiti ne furono consumati, il suo stesso corpo tremolò, sembrò prima afflosciarsi come materia protoplasmatica…ed infine riprese una forma precisa, più snella, più alta…

E quando la fiamma si estinse, al posto di una vecchia avvizzita, c’era una donna in un bikini di pelliccia. Una donna giovane, bella, dalla carnagione caffelatte, i lunghi capelli pure neri e due occhi d’ossidiana intrisi della luce più sinistra che animo umano possa generare.

Solo a quel punto, Tituba si inchinò al suo padrone. “È stato un mio onore ed un mio piacere servirti, Cavaliere.”

I testimoni di quel surreale quadro, nonché involontari partecipi della resurrezione, erano:

Ø      Solomon Quinn, il raptoroide alieno e capo della S(Squadra)I(Investigativa)S(Speciale) di Revelation.

Ø      Miranda Quinn, la figlia, anche se si presentava come un’umanoide vestita di un costume nero.

Ø      O.Z. Chase, umano, cacciatore di taglie, insieme al suo wolfdog Cerbero.

Ø      Zed, l’ibrido rettile-mammifero, luogotenente di Solomon.

Ø      Bob, il potente Annichilatore.

 

Il gruppo era steso a terra, privo di forze, dopo che queste erano state assorbite attraverso il rito di resurrezione. Era uno sforzo considerevole il solo restare coscienti.

Le prospettive non erano affatto buone, rifletté Chase. Per quanto si scervellasse, non vedeva soluzioni concrete a questa crisi!

Il Cavaliere voltò lo sguardo sulle sue prede. “L’ultima volta che dei mortali venuti dal futuro mi sconfissero, feci l’errore di sottovalutarli.” Ghignò sinistramente. “Non accadrà di nuovo, ve lo posso assicurare.”

La sua mano crepitò di nuovo.

Questa volta ho toppato forte! Fu il lucido pensiero di Chase, forse l’ultimo della sua vita… Poi tutto intorno a lui divenne una luce abbagliante.

E per una ragione ben precisa.

Era la luce del Sole. Il Sole rovente del deserto che ne rifletteva ogni fotone.

“Ma che diavolo..?” Chase socchiuse gli occhi, guardandosi intorno, incontrando solo sassi, pilastri rocciosi e sabbia, piante dalle forme tremolanti sotto le onde di calore. Un mondo alieno?

“Siamo a casa,” disse un non meno sorpreso Solomon.

La debolezza stava lentamente passando, nonostante tutti si sentissero ancora forti come cuccioli…tutti, tranne uno di loro -Bob, per la precisione, che fu il primo a rimettersi in piedi.

“Si sta già…adattando…” disse Solomon, riuscendo a mettersi in ginocchio. Per lui, il più anziano di quel gruppo, era uno sforzo immane. Fu Bob ad aiutarlo ad alzarsi.

“Padre…” fece Miranda, sostenuta da Zed. Quanto a Chase, trovò appoggio sulle spalle di Cerbero. “Perché diavolo…non ci ha uccisi…sul posto?”

“Posso solo ipotizzare…” rispose Solomon. “Forse teme un effetto…paradosso. Una battaglia aperta in quell’epoca…poteva biforcare il flusso temporale…”

“Esattamente, sciocchi. Perché rischiare quando posso aspettarvi qui e ora?”

Si voltarono tutti…ed incontrarono la figura in nero del Cavaliere Oscuro!

A un gesto dell’antico stregone, il gruppo fu avvolto da una sfera di energia. “Vi devo ringraziare, mortali: anche se molto debbo alla fedele Tituba, voi siete stati più che preziosi.

“Sono stato io a creare l’illusione temporale che per voi era un ‘fantasma’, per spingervi a venire dalla mia serva, e fornirle la preziosa materia prima per la mia resurrezione. Cerchio chiuso. E ora, rimane solo la vostra eliminazione!” Strinse il pugno ribollente di energia.

 

1693

 

La donna procedeva per il bosco con lo stesso incedere sicuro di una regina nel suo palazzo.

Una donna bella, dai capelli corvini, il volto ovale, gli occhi grigi come ferro, e l’espressione risoluta. Il suo lungo abito nero frusciava contro foglie e rami. I suoi piedi non sembravano incontrare alcun ostacolo, come se la foresta stessa avesse aperto un comodo sentiero per lei.

La donna giunse finalmente alla sua destinazione: una capanna immersa fra gli alberi, quasi indistinguibile nel buio. Era una struttura misera, di legno parzialmente marcito, dotata di una sola finestra e un caminetto di metallo che spuntava dal soffitto. Un caminetto inutilizzato, a giudicare dal nido che gli uccelli vi avevano fatto.

Lo stato della capanna non era di minimo interesse, per la donna. A lei interessava il suo occupante.

Si avvicinò alla porta, e bussò. Sotto il tocco delle sue nocche, la porta si aprì.

 

L’interno era buio, saturo di umidità e dell’odore di muffa e funghi. La luce lunare che filtrava dalla finestra aveva una sfumatura maligna, sinistra.

Era un luogo malsano, che solo un selvaggio poteva abitare…oppure, un penitente.

“Reverendo?” chiese la donna.

La voce rispose da un cono d’ombra, in fondo alla capanna, così fitto che il suo proprietario non sarebbe stato visibile neppure ad un gatto. “Non sono degno di essere chiamato più così, donna. Tu chi sei?” Una voce triste, rassegnata, carica di una stanchezza spirituale indicibile.

“Joan Antoniette Sterling, Reverendo.”

Un sospiro. “Così, è destino che il mio recente passato debba perseguitarmi fino alla fine, ovunque? Una strega, di tutte le persone…”

“Il termine è corretto, Reverendo, anche se la natura del mio potere è ben lontana dall’oscurità che lei stesso ha invocato più volte.”

“Che differenza fa, ormai? Che importa avere avuto ragione o torto, quando tutto quello che ho fatto è stato uccidere innocenti? Non mi chiami Reverendo, donna. Sono fuori dalla grazia di Dio…”

“Può tornare nella Sua grazia, Reverendo. La sua fede ancora arde, nel suo cuore, anche se lei sta cercando di soffocarla nell’accidia.”

“Fede malriposta, debole, perversa. Nella mia arroganza, credevo di ascoltare le voci degli angeli, ed invece prestavo attenzione al canto di una sirena infernale. Il sangue di così tanti innocenti scorre sulle mie mani, sento le loro voci che mi accusano…”

Joan entrò nella casa. Se da fuori l’odore dell’interno era sgradevole, qui era un assalto fisico. Lei quasi trattenne il fiato. “Voci che la tormenteranno fino alla morte ed oltre, Reverendo… A meno che lei non desideri fare quello che doveva da tempo.”

Questa volta, ci fu una pausa. “So cosa intendi dire, strega.” La sua risata ricordò il verso di un animale agonizzante. “Che ironia che proprio tu debba ricordarmelo…ma sono debole, così debole…”

Lei avanzò fino al cono d’ombra. Si fermò e stese una mano. “Non c’è tempo per i dubbi, o per le paure, o per i rimpianti, Reverendo. Questo è il momento in cui il cuore e la fede di un uomo devono trovarsi dalla parte giusta. Io potrò darle la forza fisica, il vigore esteriore. Il resto spetterà a lei: questa è l’ultima occasione che le si offre per non essere ricordato dalla storia come un folle assassino.”

Inizialmente, le rispose il silenzio.

Poi, dall’ombra emerse una mano ossuta, quasi scheletrica. Il braccio era avvolto in un tessuto blu, lacero e sporco. Un bagliore di lunghi capelli bianchi emerse alla luce lunare…

La mano prese quella di Joan.

 

La sfera esplose, e per un attimo, nel bagliore, non fu dato di vedere cosa ne era stato della SIS…ma non serviva di vedere, al sorridente Cavaliere.

Tutto era andato come previsto, il suo piano era stato svolto alla perfezione. Ora doveva solo colpire gli altri viaggiatori del tempo di questo secolo, e da quel momento il dominio sarebbe proceduto… Hm?

Il bagliore si dissolse, e l’espressione del Cavaliere divenne di somma sorpresa. “Impossibile.”

Il gruppo della SIS era lì, fresco e pimpante come nuovo e senza un solo graffio.

“Visto che ti piacciono le spiegazioni,” disse Solomon, “è stato facile per Bob incanalare le tue energie e usarle per ricaricarci, così come tu ce le avevi rubate. Al di là di un bell’effetto speciale, il tuo attacco è servito solo a salvarci.”

Il resto del discorso lo concluse Bob, che sparò una coppia di laser dagli occhi.

Il Cavaliere si trovò colpito al volto. Si coprì il volto bruciante con le mani. “Aaarh! Dannati, piccoli…”

Zed scattò! Con gambe d’acciaio, raggiunse con un solo balzo il suo nemico, e lo colpì allo stomaco con i potenti artigli…purtroppo, senza alcun effetto tranne la lacerazione del costume!

Il Cavaliere afferrò la coda dell’alieno. “Idiota! Quelli della mia razza erano impervi ai vostri patetici attacchi fisici!” E a dimostrarlo, sollevò Zed come se fosse stato senza peso, e lo sbatté a terra come una clava con una tale forza che anche l’Uomo Ragno si sarebbe trovato con la schiena spezzata in più punti.

Zed, invece, emise un verso di dolore e frustrazione. La sua rabbia, che rischiava sempre di emergere dominante in quello stato, crebbe geometricamente, e la sfogò con un calcio al mento del suo nemico! E anche se il Cavaliere non ne fu ferito, fu comunque sbalzato all’indietro.

Appena il Cavaliere fu a terra, due mani apparvero dal nulla e lo afferrarono alle tempie. “Dici che un pugno non ti può far male? Vediamo se questo va meglio!” E un flusso neuroshock colpì il Cavaliere dalla testa ai piedi. Antico o no, potente o meno, lo stregone era ancora una creatura di carne e sangue, e il suo corpo divenne preda di tremende convulsioni. Il dolore era tremendo, ma il crollo del sistema nervoso non gli permise neppure di articolare se non dei rantoli.

“Zed, stai indietro!” ruggì Solomon, impugnando una pistola. “Ci è voluto tempo, ma sono riuscito a sincronizzare il generatore di impulsi sulle bioenergie di questa creatura.” E premette il grilletto.

Un colpo smeraldino investì il Cavaliere Oscuro all’altezza del torace! E questa volta, ferito a morte, il Cavaliere urlò. Il suo corpo si distese, e non si mosse più.

“Devo ricredermi, gente,” disse Chase, togliendosi il berretto. “Non siete affatto così scombinati come credevo.”

“Non sentirti inutile, Chase,” disse Solomon, mentre esaminava il cadavere con una specie di palmare. “Ognuno ha una sua funzione, in questa squadra, come ti ho già spiegato. Per questo avversario, tu non…” Aggrottò la fronte. “Dannazione!” Spiccò un salto, appena in tempo per evitare un colpo di energia! Restando sospeso in aria dalle unità anti-G cucite nel costume, disse, “Attenzione SIS! Si è perfettamente rigenerato!”

 

“Ma non mi dire!” fece Chase, sparando una raffica di energia dal suo fucile al plasma -per quanto preferisse la sua vecchia doppietta, decisamente questo era un lavoro per calibri più adatti!

Il Cavaliere fu colpito alla spalla. Il suo vestito andò in fiamme, ma lui si limitò a ridere. Con il corpo in fiamme, stese una mano e lanciò un colpo all’indirizzo del moscerino.

Chase, avendolo anticipato, aspettò all’ultimo momento per saltare via. Rotolando, sparò un altro colpo -nella speranza che gli altri sapessero cogliere il suggerimento.

 

E fu così, infatti: Solomon lanciò un altro colpo verso il Cavaliere, colpendolo alla schiena…ma senza effetto, questa volta!

Lo stregone, ormai coperto solo dai brandelli anneriti del suo abito, ma altrimenti intatto, si voltò. “Idiota!” Lanciò un colpo ottico. “Credevi che non mi fossi premunito?! Mi hai solo colto di sorpresa, prima!”

Il raptoroide fu colpito in pieno!

“Padre!” urlò Miranda, correndo verso di lui. Solo all’ultimo, si avvide che la creatura aveva puntato su di lei. Solo la sua straordinaria agilità le permise di evitare di essere colpita a sua volta.

“Sto bene, figlia. Il campo di forza mi ha protetto,” disse Solomon, rimettendosi in piedi.

La soddisfazione del Cavaliere durò poco. La prensile coda di Zed lo avvolse alle caviglie. Veloce, l’ibrido lo scagliò verso Bob.

L’Annichilatore fu altrettanto veloce a colpirlo con un’artigliata satura di energia!

 

A una distanza di sicurezza da quella scena, scrutando attraverso il binocolo, Derek Trainor osservò lo svolgersi della battaglia. “Ma tu guarda: un preumano, non credevo che ce ne fossero ancora, in giro.”

“Sceriffo..?” chiese il suo vice.

Derek abbassò il binocolo e scosse la testa. “Fammi un favore, Beau: punta la pistola sulla testa del nostro amicone qui,” e dicendo ciò si avvicinò a Reptyl. “Ora ti tolgo la museruola, mister: fai il furbo e muori dove sei. Chiaro?” Senza aspettare la risposta, sciolse il muso. “Ti faccio un’offerta, bello: prima hai detto che Revelation non è sulla tua agenda, quindi sono disposto a chiudere un occhio se manterrai la tua parola.”

“Sono finito qui solo per caso, mammifero,” ringhiò il draconico. “Cosa vuoi?”

“Ti do la libertà in cambio di un aiutino al momento giusto ai miei amici. Poi, smamma. Che mi dici?”

“Se non avessi problemi più importanti, ne approfitterei per uccidervi tutti. Ci sto. Cosa devo fare?”

 

1693

 

Su una finestra temporale, la bella e letale Tituba osservava compiaciuta lo svolgersi degli eventi a 311 anni di distanza.

La donna sedeva in ginocchio dentro il cerchio tracciato col sangue di bambini corrotti, un sangue mantenuto fresco dalle terribili energie delle sue arti magiche. Nelle sue mani, stringeva un pupazzo che riproduceva le fattezze del Cavaliere Oscuro. Nella sua mente, rimbombavano le preghiere che davano forza al suo padrone di un lontanissimo passato, quelle preghiere che lo rendevano invincibile. E in tale stato lei lo avrebbe tenuto, fin quando i loro nemici fossero rimasti ben lontani nel futuro.

Il frusciare di foglie davanti a lei non turbò la sua sicurezza. “Chiunque tu sia, puoi evitare di nasconderti, perché nessuno può oltrepassare il cerchio di sangue,” disse quasi cantilenando le parole.

“Non ho bisogno di arrivare a tanto, Tituba,” disse Joan Sterling, emergendo nella radura. Al suo fianco, procedeva un uomo vestito, come nei suoi giorni migliori, dell’abito scuro del Puritano, con tanto di mantello. Nella mano destra stringeva una croce d’argento.

La strega nera mostrò un sorriso sfottorio. “Ma guarda chi si rivede: il vecchio alleato, Cotton Mather. A cosa debbo l’onore, vecchio sciocco? Forse una tua conversione in extremis?”

Cotton era cambiato, e non solo nell’aspetto, da quando Joan lo aveva incontrato. Il suo corpo era di nuovo forte, e negli occhi brillava una nuova luce. “Ho sempre creduto in Dio Onnipotente nostro Creatore, strega malvagia. Sono stato sviato, nella mia arroganza, e so che pagherò… E se anche non posso disfare quello che ho fatto, posso ancora impedire che il tuo tetro signore faccia altro male!”

Tituba vide il Puritano sollevare la croce, impugnandola con entrambe le mani. Ridacchiò. “Parole grosse per un uomo corrotto come te, vecchio: hai perso la tua fede tempo fa, l’hai venduta al Cavaliere insieme alla tua anima immortale.”

“La mia anima è solo del Signore. Deciderà lui cosa farne, strega.”

Tituba distolse appena la sua attenzione dal pupazzo, per deviare una frazione del suo potere sulla foresta.

E la foresta rispose: gli alberi vicini ai suoi due nemici si piegarono in avanti, stendendo i rami.

La Sterling rispose con un gesto appena percettibile delle mani, e una sola parola sussurrata nell’antica lingua dei Pitti.

Gli alberi tornarono al loro posto. “Fuori dal tuo cerchio, la foresta obbedisce solo a Gaea e a chi La venera, Tituba. Cotton Mather, fai quello che devi. Innumerevoli vite dipendono da te, ora.”

Mather si era come escluso dal battibecco fra le due streghe, dalle loro ragioni e dalla loro presenza. Il suo mondo, il suo essere, era concentrato solo sulla croce fra le sue mani e nelle preghiere che scorrevano nella sua mente.

Lui era solo uno strumento di una volontà superiore, così come ogni uomo, donna e bambino di questo mondo, doveva ricordare solo questo.

Per quanti peccati dovesse scontare, il Signore non sarebbe mai stato sordo alle sue preghiere.

E ora Cotton Mather non stava pregando per sé, per il potere di fare la volontà del Signore, bensì per salvare vite innocenti.

Non importava quale sarebbe stato il costo, chiedeva solo un ultimo segno di benevolenza, un segno che la speranza non si fosse estinta, persino per un peccatore come lui.

E appena la Sterling gli disse di colpire, lui guardò in faccia il nemico, e obbedì!

La croce si illuminò di una luce soprannaturale, radiosa, bellissima.

Luce che si concentrò in un fascio di energia!

“NO!” Tituba poté solo guardare, orripilata, il pupazzo investito non dal fuoco infernale, bensì da un potere superiore ad ogni essere di questo mondo.

Il pupazzo fu ridotto in cenere, così come le mani che lo stringevano. Mentre Tituba cadeva a terra, reggendosi i moncherini, il cerchio di sangue evaporò in una nuvoletta malsana.

Joan Sterling fece un cenno verso la sua controparte. “È finita, discepola del VooDoo.”

“Lo dici tu, Pitta!” e la donna divenne nebbia, disperdendosi velocemente nella foresta.

Mather si guardò intorno. “Come..?”

“Tituba è stata vampirizzata a suo tempo. Avrei dovuto immaginare che avesse finito con l’apprendere questi trucchi elementari.”

 

Il Cavaliere e Bob si trovavano in uno stallo, mani ribollenti di energia contro mani ribollenti di energia. Il Cavaliere era potenziato dalla sua magia e da quella di Tituba. Bob si adattava alla situazione, ma senza mai prevalere. Intorno a loro, crepitava un bozzolo di energia mista, che impediva agli altri membri della SIS di avvicinarsi.

“Credo che potrebbero andare avanti così fino al Giorno del Giudizio,” disse Chase a Solomon. “Qualche idea per aiutare il nostro amicone?”

Solomon scosse la testa. “Sono uno scienziato, non un mistico. Temo che qualunque intervento si limiterebbe a riportarci ad una battaglia che finirebbe con l’esaurire noi. Se solo conoscessimo il punto debole del Cavaliere…” in quel momento, il comunicatore a forma di stemma di Chase emise un ronzio.

L’ex cacciatore di taglie premette il simbolo della SIS. “Sono Chase.”

“Salve, capo,” disse la voce di Trainor. “Ascoltate, so chi è quel tizio e so quale dovrebbe essere il suo punto debole.”

Chase e Quinn si scambiarono un’occhiata. “Sono tutt’orecchi, Sceriffo.”

“Fra un attimo avrete la distrazione che vi occorre. Appena quel bastardo sarà occupato con altro, di’ a Cerbero di azzannarlo alla gola, mi hai capito bene?”

Chase non ne era tanto sicuro. Le zanne del suo wolfdog contro un mostro che aveva resistito agli artigli di Zed?! “Sceriffo…”

“Non avremo un’altra chance. Devi fidarti.”

“OK, allora. Ma se gli succede qualcosa, ti darò la caccia anche fino alla Giudecca se necessario.” E chiuse la comunicazione. Fece un fischio a Cerbero, che gli si avvicinò.

 

“È tutto tuo, Reptyl,” disse Trainor, sempre tenendo il fucile -giusto per precauzione!- puntato sull’alieno.

Reptyl non disse nulla. Avvicinò le mani tridigiti l’una all’altra, a coppa. Lampi di energia scoccarono fra i palmi e gli artigli, lampi che si raccolsero al centro della coppa.

Reptyl scagliò la bolla di energia, che schizzò alla velocità della luce verso il suo bersaglio…

 

…cioè la schiena del Cavaliere Oscuro! Nessuno dei presenti poteva saperlo, ma nel momento in cui quel colpo raggiunse lo stregone, il suo solo legame con Tituba veniva esorcizzato da Cotton Mather!

In altre parole, il Cavaliere fu ferito dal fuoco cosmico, e si irrigidì, piegandosi all’indietro.

 

“Cerbero, uccidi!” comandò O.Z. Chase, indicando la gola del nemico. Cerbero spiccò un salto.

Il Cavaliere si accorse di quel nuovo pericolo solo quando le zanne del mezzo lupo affondarono nella sua carotide! E, incredibilmente, la carne si lacerò. Un fiotto di sangue schizzò in un arco dalla ferita.

“Ho avuto il tempo di ri-sincronizzare l’arma…” Solomon puntò la sua pistola e fece fuoco, mirando alla testa.

Il raggio di energia colpì l’occhio e trapassò il cranio!

Il Cavaliere Oscuro cadde, questa volta per l’ultima…volta? Invece di toccare il suolo, il suo corpo si dissolse in un bagliore smeraldino, lasciando dietro di sé appena una voluta di plasma.

“Speriamo che abbia apprezzato la nostra accoglienza,” disse un’ansante Miranda. “Cavolo, questo era uno tosto.”

Chase annuì distrattamente, mentre si chinava ad accarezzare un orgoglioso Cerbero. Si toccò lo stemma. “Sceriffo?”

 

“Dica, Chase.”

“Come diavolo faceva a saperlo?”

“Sapere cosa?”

“Che sarebbe bastato Cerbero a fare la differenza?”

“Quel tipo era un preumano, membro di una razza vecchia di circa centomila anni, gente molto tosta; la loro stirpe aveva una sola debolezza: i licantropi e chiunque altro avesse sangue di lupo puro nelle vene. Come Cerbero, o me.”

“Prego?”

“Sono un licantropo e studio la storia della mia gente, e allora? Mi denunci.” Fu la disinvolta risposta. In compenso, lo Sceriffo si divertì molto a immaginare l’espressione di Chase.

 

1693

 

Mather infilò la croce in una tasca del mantello, accanto a una vecchia Bibbia. “Credo che questo sistemi le mie pendenze nei suoi confronti, Milady.”

Joan gli mise una mano sulla spalla. “Buona fortuna, Reverendo. Possiamo essere di fedi diverse, ma rispetto un uomo d’onore.”

Lui le rivolse un’occhiata cupa. “Ho imparato nel modo più duro che non spetta ad un uomo di giudicare, ma non per questo rispetto le tue pratiche pagane. Ti ringrazio per avermi teso una mano amica, ma niente di più.”

“Cosa farà, adesso?”

“Resterò in ritiro. Scriverò un volume per illustrare i miei errori. Il Diavolo è astuto, ha molte forme…ma i miei successori dovranno capire come svelarle.”

Vedendolo allontanarsi mestamente, Joan sorrise, fra sé e sé. Quello di Salem era stato uno degli ultimi sussulti. Per quanti sforzi potesse fare Mather, i Puritani sarebbero stati relegati negli angoli bui della storia come gli ultimi fanatici religiosi dell’occidente. Mather stesso sarebbe diventato il simbolo di quella follia, ricordato per il male commesso. E questo alla Sterling, così come alle vittime i cui fantasmi circondavano la donna in un muto corteo, andava benissimo.

 

“Una pessima abitudine del pensiero maschile, quella di credere che ci sia ‘un solo discendente’. Avrà a che fare con le ossessioni di controllo di quel sesso.”

Così parlando, la donna indiana aprì un cofanetto d’argento con il bordo orlato di madreperla. Lo aprì, e delicatamente ne estrasse il cammeo. “Ecco. La mia famiglia, o almeno, il nostro ramo degli Sterling, se lo tramanda di generazione in generazione. Un oggetto prezioso, non trovate?”

Chase prese l’oggetto che gli venne porto. “Solo una cosa, Desiree: perché?”

Desiree Longbow, la proprietaria del ‘Ma Rose Antiquities’, gli rivolse un occhiata imperturbabile. “Perché..?”

“Perché tutto questo? Perché ha detto di non saperne nulla a chi glielo chiedeva? Ha un’idea dei pericoli…”

Lei lo interruppe guardandolo fisso negli occhi. Di nuovo, le sue pupille mandarono un lampo. La sua voce, in compenso, rimase quieta. “Niente succede per caso, Mr. Chase. Ogni evento è strettamente collegato ad un altro, in archi di tempo la cui lunghezza può essere inconcepibile ad una mente mortale.

“Quello che è successo aspettava solamente di succedere. È semplice così. E gli eventi di oggi si ripercuoteranno sul domani, nel bene e nel male.” Levò lo sguardo verso il cielo, nella direzione in cui una creatura non di questo mondo volava verso il proprio destino…

Chase non si sentì affatto rassicurato dalle parole di Desiree. Poteva solo sperare che il Cavaliere Oscuro, se era ancora vivo, si tenesse lontano da Revelation…