PROLOGO: Memorie.

Memorie di lei. Della prima donna speciale della sua vita, il centro del suo universo.

Memorie sbiadite, come vecchie fotografie. Ricordi dei colori dei suoi capelli biondi come il grano, ma il volto è granuloso. Ricordi della sua voce pacata, mentre gli leggeva le favole…Ricordi del suo profumo…Ma il suo tocco è ormai una sensazione dispersa nelle correnti del tempo.

Joan.

Sua madre.

Era piccolo, quando lei morì, portata via da…cosa? Una malattia? Un incidente? Che cosa strana, lui ricordava di essere stato tanto rattristato da non avere mai osato chiedere perché Dio avesse voluto portare via una donna tanto speciale. Aveva smesso di credere in Dio. E suo padre, forse per le stesse ragioni, non era mai sceso nei particolari…

Solo altre due donne erano state capaci di farlo sentire protetto, da allora. Una, Judith Klemmer, un agente dello SHIELD di cui aveva da tempo perso le tracce [MARVEL TEAM-UP #37] e l’altra, la dottoressa Ashley Kafka. Un goffo tentativo di relazione era stato abbozzato con entrambe, ma la cosa non aveva messo radici –perché in quelle donne, lui cercava un conforto che loro non avrebbero potuto dargli.

Erano dovute intervenire nuove circostanze, decisamente più…originali, ma cosa importava, alla fine?

L’uomo-lupo dalla bianca pelliccia, che questo mondo del Microverso conosceva come Stargod, aveva finalmente trovato sé stesso, e la pace interiore.

Il Dio delle Stelle sedeva sulla schiena di un grande dragone azzurro, che si librava nel cielo con una grazia quasi eterea per una creatura di 25 metri di pura potenza muscolare. Davanti a loro, si stendeva l’orizzonte infiammato dell’alba, tempestato dalle ‘montagne volanti’ che componevano l’anello di Altro Regno. L’aria era piacevolmente fresca contro il suo manto. Era nudo, e sarebbe rimasto tale fino a quando non fosse stato strettamente necessario altrimenti.

Una vita fa, un mondo fa, John era un astronauta. Sapeva riconoscere i ritmi dei corpi celesti come il palmo della sua mano, era un suo dono innato.

Le lune gemelle, ognuna piccola circa la metà della Luna terrestre, si muovevano su due orbite diverse, su posizioni apparentemente equidistanti. E le loro posizioni si stavano avvicinando, un disco appena più grande come a volere inghiottire l’altro. John aveva visto abbastanza volte il cielo di Altro Regno, per capire che un fenomeno spettacolare stava preparandosi. <Max?>

Niente parole. Solo la telepatia poteva permettere loro di mantenere quella fusione che i loro corpi avevano iniziato in circostanze meno pacifiche [Ep. #8] e poi suggellato nel puro amore, sotto le stelle della notte precedente [Ultimo ep.].

<Dimmi, John,> solo la telepatia poteva permettere la transizione di emozioni, e l’anima del dragone brillava di esse come una stella.

<Presto ci sarà un’eclisse, vero? Com’è?>

L’amore per l’uomo-lupo fu rimpiazzato da una sensazione ancora più forte, che Stargod stesso poteva comprendere avendola vissuta in prima persona. <L’Occhio di Antesys. Il Giorno del Giudizio è vicino.

<Ogni due anni, per un solo giorno, Antesys in persona scruterà ogni angolo di Altro Regno, in ogni cuore come in ogni mente. In quel giorno, e il giorno prima come il giorno seguente, non vi saranno guerre o combattimenti. Persino i rinnegati come Satranius rispetteranno la tregua del Giorno del Giudizio. Chi osasse infrangerla, non importa la ragione, sarà marchiato dall’infamia, respinto da tutti, posto al livello più basso della catena alimentare.

<Ma anche coloro che saranno trovati puri di cuore non avranno il diritto di crogiolarsi, perché due anni dopo, saranno chiamati nuovamente a giudizio. Alla fine delle loro vite, le esistenze di tutti saranno condannate all’oblio o rinnovate.>

Stargod non si pose il minimo dubbio su quelle parole: lui stesso aveva addirittura parlato con l’incarnazione del Multiverso, e sempre Antesys in persona aveva permesso la fusione dei loro corpi per respingere i Tok [sempre ep. #8]… <E, dimmi…Anche io..?>

Max si fermò, agitando le potenti ali degne di un aereo. Voltò la testa, a incontrare lo sguardo ambrato dell’uomo-lupo. <Anche tu sarai giudicato, come lo furono i miei simili quando abusarono del potere della Godstone,> fissò brevemente il gioiello, incastonato in un elaborato collare dorato, che splendeva sulla gola di una brillante energia scarlatta. <John, non devi temere il Giudizio…Anche se sei il Dio della Vita, sei sempre il Protettore designato di questo mondo. Antesys non ti giudicherà male per averlo difeso, anche se con la forza. Andrà tutto bene. Lo so.>

Stargod accarezzò dolcemente l’enorme muso. Max emise un verso fra il chiocciare ed il ronfo, e riprese a volare.

Lo so -tutta la fiducia del mondo, in quelle due parole. Tutta la certezza di un compagno verso l’altro…Stargod chiuse gli occhi, respirando a fondo…

Quando riaprì gli occhi, vide che erano quasi arrivati. Sospirò, ma non c’era pensiero cupo che potesse turbare il suo spirito… Qualunque cosa il futuro gli avrebbe riservato, non l’avrebbe più affrontata da solo.

 

 

MARVELIT presenta

Episodio 11: SEPARAZIONE!

 

 

La carovana era composta di numerosi carri coperti delle più svariate forme e dimensioni, tutti accomunati dalle dimensioni, che andavano da quelle di un prefabbricato a quelle di un Tir su dodici ruote. A trainare questi mastodonti in legno e metallo, erano impiegate batterie di erbivori dal corpo, coperto da un rado pelo bruno a strisce color fango, simile a quello di un cavallo, ma con il muso a proboscide che si sarebbe visto in un tapiro. Erano comunque abbastanza grandi e robusti da fare sembrare dei puledrini i potenti cavalli da tiro olandesi! Le creature erano state lasciate libere di pascolare al di fuori del villaggio, e per quanto potessero essersi allontanate, esse erano tornate a al vibrante richiamo di un corno di conchiglia.

Tutto era pronto. Solo il terreno calpestato e scavato sarebbe rimasto a testimonianza del villaggio, ma presto la fitta vegetazione avrebbe ricoperto anche quelle tracce.

 

“I prigionieri sono stati incapacitati,” fece rapporto l’essere noto come Avatar. La sua nuova voce aveva perso ogni inflessione sintetica, ma era comunque priva di emozioni di sorta. L’unico occhio visibile, essendo l’altro coperto da una placca metallica che altresì copriva asimmetricamente il lato sinistro del volto, era un pozzo nero se possibile ancora più vuoto della sua voce. Uno zombie avrebbe mostrato più vitalità.

La tetra, nera figura del Seminatore di Morte accolse il rapporto con identica impassibilità. Stava in piedi, alla periferia della carovana, una solida ombra appena perturbata dal vento. Il suo sguardo era puntato da qualche parte verso l’orizzonte.

L’intera squadra dei ‘Cavalieri-Protettori’ di Altro Regno era radunata in quel punto. Alla destra del Seminatore, insieme ad Avatar, stava Diablo, il sinistro alchimista. Al fianco sinistro, un uomo di mezza età, il fisico ancora bene allenato e coperto da un costume rosso e nero; il braccio destro reggeva un casco. E accanto all’uomo noto come Overrider o Iron Monger, stava un enorme uomo-gatto, dalla pelliccia arancione e il corpo parzialmente coperto da un’armatura di cuoio. Un’ascia bipenne dalle lame decorate da una fila di rune, pendeva al suo fianco sinistro.

Richard Rennsaeler poteva non essere un sensitivo, ma la natura demoniaca dell’essere che si faceva chiamare Grigar era qualcosa che solleticava i lati più oscuri del suo spirito…

“Lo hai sentito anche tu…ieri notte..?” la domanda gli venne con una leggera stecca nella voce, ma se non cercava di intavolare una parvenza di conversazione con quel…coso, era sicuro che si sarebbe messo ad urlare!

‘Sentito’ era un termine alquanto inadatto, visto che erano i loro stessi spiriti, ad essere stati toccati, riscaldati come dalla luce del sole nascente, dalla gioia ancestrale, elementare, della comunione del lupo e del drago. Era stato molto più di un accoppiamento, era stata una dichiarazione all’intero Altro Regno, un richiamo di gioia comune, da condividere, ma anche monito a chiunque osasse solo pensare di mettersi fra loro!

Grigar annuì, continuando come gli altri a guardare verso l’orizzonte.

Per conto suo, Rennsaeler non sapeva più come raccapezzarsi in quella situazione –lui era solo un ex agente SHIELD, attaccato alle comodità ed alle regole della società occidentale del XXI secolo sulla Terra, non apparteneva a un mondo dove simili comodità erano assenti e le regole etiche sovvertite!

Purtroppo, cosa poteva fare? L’unica via di fuga passava non per Stargod, ma per il Seminatore, per ora…

O, meglio, per il suo ‘ultimo’ incarico. Era stato molto chiaro, quel bastardo…

 

“Rennsaeler, comprendo perfettamente la tua situazione. Così come comprendo che la posta in gioco è enorme, superiore persino alla liberazione di questo mondo dai Tok.”

Il Seminatore di Morte aveva appena terminato il suo colloquio con Diablo, e se possibile appariva ancora più cupo del solito. La sua voce conteneva, per la prima volta, una sorta di passione oscura, qualcosa che il mutante non voleva cercare di raffreddare…

Sotto l’ombra che era il volto del Seminatore, nascosto fra le falde del cappellaccio e del colletto del mantello, gli occhi gialli sembrarono tremolare come fuochi fatui. “E comprendo anche che l’unità del gruppo debba per necessità, per ora, non essere minata. Questo ci costringerà ad uscire per un po’ dal seminato, ma non dovrebbero esserci conseguenze per l’ultimo incarico che ho per te.

“Se lo adempirai secondo programma, con pieno successo, adempirò alla mia parte: sarai svincolato da quest’alleanza, e tuo figlio continuerà a ricevere le migliori cure che il denaro possa comprare. Se fallirai, tuo figlio non sarà abbandonato, ma tu…”

Quegli occhi erano ipnotici, maligni, e sembrarono volere divorare l’anima di Richard! In quel volto-ombra, l’uomo vide una lunga serie di soluzioni al suo fallimento, tutte accomunate da vari gradi di atrocità e sofferenza…

 

Poteva chiedere aiuto a Stargod, in fondo quella mezzabestia *era* un telepate –fra le altre cose, inclusa la capacità di assorbire un’esplosione nucleare con il suo potere [Ep. #4]...Ma era anche vero che il Seminatore era il suo luogotenente, il viceboss...

Richard Non si accorse di avere tenuto lo sguardo fisso a terra, fino a quando il sole non sembrò scomparire. Mentre una corrente d’aria gli scompigliava i capelli stempiati brizzolati.

Levò lo sguardo giusto in tempo per vedere Max atterrare aggraziatamente davanti al gruppo.

Mentre saltava a terra, il corpo di Stargod si illuminò di energia, e fu rivestito della sua familiare armatura smeraldo e oro –o quasi, perché questa versione, oltre ad essere sottile come uno strato di tessuto, presentava uno spacco anteriore dalle spalle alla fibbia della cintura, lasciando scoperti gran parte del torace e dell’addome.

Immediatamente, Max si rimpicciolì fino alle dimensioni di un draghetto, per poi posarsi sulle spalle di Stargod. Questi si avvicinò a Diablo, fissandolo con uno sguardo di un’intensità che fece quasi rattrappire il maestro alchimista, che a sua volta ne aveva viste abbastanza da credersi ferrato a tutto...

Quando furono muso a faccia, l’uomo-lupo torreggiava come un angelo della giustizia sull’uomo. La criniera sembrava agitata di vita propria. “Hai fatto molto male, a credere che non avrei usato la telepatia per scoprire le tue intenzioni, Diablo...Sappi che è passato il tempo in cui John Jameson si faceva abbindolare come un ragazzino.

“Le tue arti sono ancora preziose per la liberazione di Altro Regno, e se saprai comportarti senza fallo, attenendoti alle mie regole, ti lascerò vivere...Ricorda che hai ancora molti crimini di cui rispondere, e nessuno sentirebbe la tua mancanza.”

Osservando la scena, il Seminatore annuì impercettibilmente, soddisfatto. Conoscendo Diablo, non poteva certamente fidarsi della sua versione dei fatti. Informare il Dio era stato un passo logico.

Ma la vera ciliegina sulla torta era la fiducia ritrovata di Jameson. Una trasformazione semplicemente stupenda. Adesso era davvero pronto.

Diablo chinò la testa...e poi si mise su un ginocchio, tenendo lo sguardo basso. “Chiedo perdono. È stato un attimo di debolezza, non si ripeterà.”

Stargod annuì, apparentemente pacato. Aveva inteso ogni singola parola, e Diablo non poteva avere fatto finta di non capire. “Ho un’ultima cosa, da fare. Aspettatemi qui.” E si mosse verso la carovana.

Diablo si mise in piedi giusto il tempo di vedere Max che gli faceva una pernacchia draghesca! Stava già per formulare un pensiero molto rude sull’utilità di un paio di buone scarpe di pelle di rettile, quando Stargod, senza neppure fermarsi o voltarsi, levò un dito ammonitore, censurandolo sul nascere!

 

Ad una cosa, proprio non poteva farci l’abitudine: l’adorazione. Non importavano le ragioni, sentirsi un idolo vivente era ancora una cosa al di fuori della sua concezione.

Il popolo guerriero di Azunbulxibar, terminati i lavori di sistemazione della carovana –ed era chiaro che dovevano avere lavorato ininterrottamente tutta la notte- si era disposto in ranghi serrati, tutti proni su un ginocchio, le armi in pugno, in fedele attesa del ritorno del loro nuovo leader.

Questa gente era stata formata esclusivamente per l’arte di mietere vite, non conoscevano letteralmente altra via che la predazione e la pirateria, per sostenersi. La sola ‘fortuna’ di Altro Regno era che la loro stessa brama guerriera causava un numero di morti sufficienti ad impedire che si moltiplicassero –John era sicuro che avrebbero potuto desertificare l’intera foresta Amazzonica!

Stargod puntò un guerriero a caso in mezzo a quella folla di armature e pellicce. “Alzati.”

L’uomo lo fece, emozionato dall’onore. “Parla e morirò per te, Signore.”

“Come ti chiami?”

“Ryger, Signore.”

“Allora, Ryger, da questo momento tu sarai il mio braccio, i miei occhi e le mie orecchie. Avrai la piena responsabilità della tua gente in mia assenza.”

Un mormorio preoccupato percorse la folla. Stargod si affrettò ad aggiungere, “Questa missione è solo per me ed i miei Cavalieri. Voi dovrete dirigervi alla volta della città-isola di Shildance, a Mournhelm. Io vi raggiungerò al più presto...Ma ricorda, Ryger: usate gli oggetti di valore appartenuti ad Azunbulxibar per pagare il cibo e l’acqua, restate sulle rotte commerciali. E che nessuno di voi osi levare un solo dito su chicchessia, senza il mio permesso, o la mia ira vi raggiungerà prima di me. Sono stato chiaro?”

Ryger accolse gli ordini con la flemma di un maggiordomo a cui fosse stata appena letta la lista delle commissioni del giorno. “Non ti deluderemo, Signore. Ti obbediremo come un solo uomo fino alla morte ed oltre.”

Ed era proprio questo, che lo preoccupava...Ma aveva altra scelta?

 

Per la prima volta in anni, il licantropo stava dormendo il sonno del giusto fra le braccia di Max, quando i suoi sogni furono bruscamente interrotti da una presenza!

Si svegliò...solo per scoprire di essere un fantasma egli stesso, separato dal proprio corpo ancora immerso nel sonno.

°Ti chiedo scusa per quest’interruzione, John,° disse la presenza, la forma astrale del suo vecchio amico, lo stregone Lambert. A differenza del Lambert che conosceva, questa figura era giovane e dotata delle proprie mani. °Ascoltami, devi portare la tua tribù a Mournhelm. La loro presenza contro gli invasori alieni è vitale lì.°

Mournhelm. Un nome e basta, nella sua esperienza su Altro Regno, ma John sapeva bene a chi fosse associato quel nome. °Garth è in pericolo? Sta bene?° l’improvvisa agitazione fece tremolare la sua forma, e vide il suo corpo tremare nel sonno.

°Sì, sta bene,° si affrettò a rassicurarlo Lambert. °Lo vedrai tu stesso del resto...No, c’è un’altra ragione per dirigersi nel suo regno. Vieni con me.°

Stargod non si accorse neppure di stare volando. Semplicemente, il mondo sotto di lui sembrò scorrere via come una carrellata all’indietro...Fino a quando... °Mioddio!°

Per la prima volta, Stargod vide il ‘suo’ mondo. Razionalmente, sapeva di non potere aspettarsi una copia della Terra...Ma non per questo non poteva restare sorpreso.

Un solo continente occupava l’emisfero boreale e parte di quello australe...Apparentemente, non c'erano altre terre emerse...

Ma era ben altro, ad attirare la sua attenzione: un gigantesco arcipelago, esteso quanto il doppio dell’Australia, una corona di montagne vulcaniche, due delle quali almeno alte quanto il Mons Olympus! E, all’interno dell’arcipelago, una miriade di isole disposte a grappolo. Una titanica montagna frastagliata giaceva al centro dell’arcipelago...

Una rete di catene montuose e canyon da sminuire il Grand Canyon si estendeva lungo il lato sud del continente, partendo all’altezza del mega-arcipelago.

°L’arcipelago è Mournhelm,° disse Lambert. °Nato tempo immemorabile fa dalla stessa catastrofe che creò l’anello delle montagne e le lune.

°A quel tempo, gli umani avevano sviluppato una fiorente civiltà, molto avanzata nel campo della tecnologia: la catastrofe spense quei lumi di conoscenza...ma qualcosa sopravvisse. Parte di quella conoscenza è stata tramandata di decano in decano...° Si interruppe, lasciando a Stargod il tempo di concentrarsi.

Su un particolare.

Ma certo! Il ricordo era annebbiato, l’esperienza vissuta quando ancora era un bruto senza controllo, ma adesso che ci pensava...

Era a bordo della stazione spaziale, dove aveva incontrato per la prima volta Lambert, Gorjoon e Garth [CREATURES ON THE LOOSE #36]. Aveva fatto appena in tempo a fare irruzione nella sala comando, e mentre Garth e Gorjoon lo tenevano impegnato, Lambert sedeva ai comandi... °Tu eri familiare con quei pannelli di controllo.°

Lambert annuì. °Purtroppo, molto di quello che so è semplicemente accademico, nel mondo di oggi...Ma tu puoi fare di meglio. Si dice che sotto quei canyon, qualcosa della vecchia civiltà sia sopravvissuto, ma nessuno lo ha mai potuto verificare, sopratutto a causa dei dragoni rossi e del loro capo Satranius, che difendono senza pietà le viscere della terra.

°Stargod, i Tok sono purtroppo, allo stato attuale, invincibili, capaci di anticipare le nostre mosse e di reagire ad esse molto in fretta. Solo la tecnologia perduta può esserci di aiuto...Lo so, è una scommessa, un salto nel buio, ma non c’è altra scelta...°

 

Del resto, da qualche parte doveva cominciare, no? E, almeno, a Mournhelm avrebbe potuto cominciare a costruire una solida alleanza...Senza contare che la ‘sua’ tribù possedeva delle nozioni di tecnologia –un altro mistero da risolvere, dove si erano procurati delle armi ad energia? Forse avevano fatto razzia di quelle lasciate sul campo dopo la caduta di Arisen Tyrk, forse venivano proprio da qualche razzia nei pressi del sud del continente...Purtroppo, gli originali detentori di quelle armi erano morti in battaglia, e gli unici a potergli dare informazioni erano il visir di Azunbulxibar, che se l’era svignata, lo stesso ‘dio-guerriero’, che ormai era poco più di un vegetale semidistrutto, e sua moglie Sashiel, portata al coma da Stargod stesso.

Una cosa era certa, quelle armi dovevano venire riparate, in qualche modo! Una verità fondamentale, dell’hi-tech, è che esso richiede manutenzione continua, o diventa techtrash.

A questo stava pensando, quando si riunì ai suoi compagni. Richard aveva già indossato la massiccia armatura blu di Iron Monger. “Grigar, sei pronto?”.

Il demone felino annuì. Si concentrò, focalizzando la sua volontà sulle coordinate mentalmente trasmessegli dal Dio. Nella sua mente, il mondo perse la propria tridimensionalità, la propria fisicità, per diventare un non-luogo, un piano di infiniti punti connessi fra loro dalle correnti dell’etere. Correnti che solo le creature versate nelle arti arcane potevano percorrere senza perdere la propria sanità mentale.

Grigar intraprese il primo passo, i suoi compagni legati a lui da un cordone etereo che li avrebbe tenuti insieme fino a quando*

Avvenne troppo in fretta, perché l’ex-Balkatar del Popolo Felino potesse reagire! Fu l’equivalente di un fulmine divino dal cielo, e colpì il cordone, spezzandolo come un incantesimo minore. In un momento, i sette Cavalieri furono intrappolati in varie correnti, e sparpagliati, impotenti, verso le più disparate destinazioni!

 

A migliaia di chilometri di distanza, al centro di una maestosa caverna nel mezzo di un quieto inferno vulcanico, il responsabile di quel disastro osservava, compiaciuto, il risultato della sua opera attraverso una sfera di fuoco al calor bianco.

Satranius gongolò. “Eccellente! Non che i tuoi alleati potessero darmi più preoccupazione di tanto, naturalmente, caro Stargod...Ma la nostra battaglia deve avvenire alle mie condizioni. E quando la Godstone sarà di nuovo mia, se i tuoi compagni saranno vivi, saranno un’eccellente parte del mio esercito.

“E i grandi draghi riconquisteranno il trono di Altro Regno!”

Ruggì, e geyser di lava sorsero tutto intorno a lui.

 

Episodio 12 - Tregua armata (I parte)

 

 Maestro!

L’anziano essere umano, interamente vestito del rosso del fuoco, iniziò a cadere. Naturalmente, nonostante gli anni, ancora una parte di lui era convinta di possedere delle mani, là dove le sue braccia terminavano nei polsi inglobati da capsule metalliche.

Istintivamente, Lambert si aggrappò al braciere rovente, e naturalmente cadde all’indietro…E fu solo grazie al pronto intervento del giovane e robusto allievo, a salvarlo dal rovinare lungo le scale dell’altare.

Nell’antro ricavato dal cuore di un vulcano estinto, l’altare spiccava come una torre. Una colonna di nera ossidiana elegantemente venata da graniti rossi come lingue del fuoco in cui la pietra era nata. Per accedere alla cima, la strada obbligata era una serie di scalini disposti in un’unica spira.

Il braciere stesso era un enorme piatto bronzeo, supportato da quattro piloni, ogni pilone forgiato a mo’ di dragone rampante. Le maniglie del piatto erano saldamente tenute nelle fauci ringhianti di teste di lupo.

Lambert accettò volentieri l’aiuto offertogli. Nonostante il tremendo calore di quell’ambiente, calore che solo un Decano del Cerchio di Fuoco ed i suoi migliori allievi potevano sopportare, la fronte di Lambert era imperlata di sudore gelido. Il fuoco trasformava i suoi capelli e baffi bianchi in disegni ardenti. “Ce…l’ho fatta…Sono riuscito ad impedire che venissero…separati ulteriormente…”

Il suo allievo trepidava –il Maestro era così leggero, così debole. Eppure, nessuno avrebbe osato solo suggerire di metterlo da parte. Nessuno fra gli aspiranti Decani poteva ancora sperare di combattere contro un incantesimo del potente Satranius in persona! E senza mani!

Poteva sembrare curioso, osservare uno sfoggio di muscoli e forza in un aspirante mistico, considerando che normalmente le discipline arcane procedevano a scapito della prestanza fisica…Curioso solo per chi non sapesse che per essere tutt’uno con le energie dell’elemento fuoco bisognava essere forti e guizzanti come il fuoco stesso.

Il ragazzo rispettava almeno i requisiti fisici, anche se aveva ancora una lunga strada davanti…Ma non volle pensarci, non ora, mentre accompagnava il Decano lungo le scale, aiutandolo a sorreggersi, offrendo la propria schiena come supporto, lungo una scalinata che permetteva il passaggio di una persona per volta.

“Maestro…Dunque Stargod è in pericolo?” la frase sembrò echeggiare nell’antro come la più infame bestemmia –naturalmente, Stargod era invincibile, era il Protettore di Altro Regno. Non poteva essere in pericolo!

“No, Lavius. Non è per il Dio, che sono preoccupato, ne’ per il compagno che con lui condivide vita e anima…Sono i suoi camerati, che mi preoccupano. Sono alieni, inesperti…E in questi sacri giorni, il rischio…” si fermò, e tossì.

In nome del rispetto, il giovane apprendista non disse o chiese nulla, ma aspettò pazientemente che quella piccola crisi si fosse risolta da sola.

Non vide il suo Maestro osservare con mortale preoccupazione i ceppi tempestati di gocce di sangue.

Ripresero a camminare. Lambert pregò di potere tirare avanti solo per poco tempo ancora, giusto quel tempo necessario a liberare il suo mondo dagli altri alieni. Dal nemico più feroce finora incontrato. Dai Tok.

 

Città orbitante di S’Shadz

 

Non aveva bisogno di guardare il display che indicava a grandi caratteri il countdown. Gli bastava guardare attraverso l’ampia finestra panoramica.

La congiunzione non era ancora completa, e già la sua maestà toglieva il fiato.

Le due lune gemelle di Altro Regno erano quasi disposte su un segmento che trovava un suo vertice nel sole di quel sistema, e nel pianeta vibrante di vita l’altro vertice. Le lune brillavano come di una propria aureola fiammeggiante, che non faceva che accentuare la loro zona in ombra.

Oggi, come la prima volta che assistette al fenomeno, come assistettero tutti i suoi simili, il Principe Ssylak provava il desiderio irresistibile di mettersi rigido sull’attenti ed alzare il muso, per offrire la gola in sottomissione.

L’Occhio di Antesys. Il Giorno del Giudizio era prossimo.

La prima volta che l’erede al trono dei Tok aveva udito della leggenda, nonostante venisse per bocca dei suoi stessi ‘fratelli’, i grandi dragoni nativi di Altro Regno, aveva liquidato gli avvertimenti dei dragoni come superstizione.

Fino a quando tutti i Tok avevano visto.

Il colmo dell’ironia fu che la grande eclisse avvenne proprio durante una campagna militare, quando ancora i possenti rettiliani stavano consolidando il loro dominio.

Fu peggio di un’epurazione: tale fu il senso di colpa per non avere creduto nel Giorno del Giudizio, che soldati e Sacerdoti indifferentemente si tolsero la vita in massa. Fuggirono su una nave, la diressero verso un’orbita stabile intorno al più lontano mondo del sistema solare, e disattivarono tutti i sistemi vitali. Morirono agonizzando, lontani per sempre dalla nuova patria la cui ricerca tanti sacrifici aveva già richiesto. La punizione peggiore che potessero concepire…

Ssylak allontanò quei pensieri. Lui stesso aveva guidato quell’infausta campagna: egli era l’erede Depositore delle Uova della Stirpe Reale. Era il maschio più potente dopo il suo genitore; era solo naturale, che guidasse le sue truppe mettendosi alla loro testa.

Ma non si era suicidato. Sapeva di essere condannato a un limbo, rifiutato dal paradiso e dall’inferno…Ma Ssylak viveva per la sua gente! Avrebbe fatto di Altro Regno la patria sicura per il suo popolo errante da troppo tempo! Costasse quel che costasse.

Ma per ora, che gli piacesse o no, Ssylak doveva pensare a guarire.

Il rettiliano, il cui corpo nato in un ambiente a G2, era costellato di placche naturali che lo facevano sembrare coperto da un’acuminata ed affilata armatura arancione, si mise seduto sul suo letto a nido. Il suo dovere era superare il dolore inflitto dal blasfemo ‘Stargod’[i]. I tre giorni di tregua globale –il giorno precedente l’eclisse, quello dell’eclisse e il successivo- lo avrebbero aiutato a guarire senza stress, mentre avrebbe esercitato la propria indomabile volontà su ogni cellula…

“Vostra Maestà,” disse qualcuno dietro di lui.

Ssylak si voltò, per incontrare lo sguardo preoccupato di un soldato Tok –o, meglio, il perfetto ologramma di un Tok preoccupato. “Parla.”

Il soldato presentò la gola. “Vostra Maestà, abbiamo perso il contatto con il blasfemo.”

Ssylak non esplose. No, fu sufficiente emettere un sibilo prolungato, come un cobra prima di colpire. Il soldato si affrettò a dire, il panico nella sua voce, “Il satellite ha perso la loro posizione 02.34 minuti fa, in seguito ad un’operazione di teletrasporto[ii] del blasfemo e del suo gruppo. I biorilevatori hanno tuttavia captato due potenti interferenze energetiche di origine ignota convergere sul punto di apertura della distorsione del...”

“Mi interessa solo una cosa: sapere dove si trova il blasfemo.”

“Non abbiamo ancora rilevato portali di uscita, Vostra Maestà. La rete è attiva per cercare il gruppo...”

“Dimenticate i suoi compagni, è lui che ci interessa.” Una specifica dettata da un’urgenza: gli piacesse o no, il blasfemo era contaminato da un’orda di naniti presenti nel suo circolo sanguigno come un organismo simbionte. E come dei naniti avevano distrutto il pianeta natale dei Tok, adesso questo tecnovirus trasformava Stargod in una bomba a tempo ambulante. Tenerlo sotto controllo, mentre si cercava un modo di eliminarlo senza diffondere il contagio, era imperativo.

Ssylak avrebbe avuto volentieri sbattuto le ali per l’esasperazione, se non fosse che ancora erano saldamente legate in attesa che si ricomponessero le fratture subite. Guardò verso il pianeta, che splendeva come una gemma.

Non morire, Stargod..Non osare morire per altra mano che la mia!

 

<Mi sentite? Cavalieri, mi sentite?>

Era difficile non sentirla. La voce mentale era come una scossa, che lo fece uscire con una certa bruschezza dal suo sonno semicomatoso.

Sollevò la testa...pentendosene immediatamente. “O...ddio...Cosa ci ha colpiti...Dove..?” la testa gli girava come se gli avessero messo i centri dell’equilibrio in una lavatrice. Si sarebbe volentieri tolto l’elmo per vomitare anche l’anima, ma il suo addestramento ebbe la meglio. Con un semplice atto di concentrazione, grazie all’interfaccia psionica, Iron Monger ordinò all’armatura di alzarsi in piedi indipendentemente dal desiderio del suo corpo di restarsene sdraiato in mezzo a...

A cosa? I sensori entrarono in funzione, ma tutto quello che videro intorno a loro, per un raggio di chilometri era la desolante palude nel cui mezzo si trovava*

‘Si trovavano’ era corretto, visto che Iron Monger non era da solo.

Il problema era che c’erano solo lui e Diablo, in mezzo a quel casino. E i sensori non trovavano traccia di alcun altro membro del gruppo!

Mentre anche il mastro alchimista si riprendeva dallo choc del teletrasporto abortito, Iron Monger attivò istintivamente il comunicatore. “Ti ho sentito, Stargod. Cosa...”

“Lascia stare,” fece Diablo, che, tremante, stava faticosamente mettendosi in piedi appoggiandosi  ad un albero. “Rispondi...mentalmente...”

Prima che Iron Monger potesse farlo, la voce del Dio lupino si insinuò nuovamente nei suoi pensieri. <Secondo Max, è stato un dragone a separarci...Purtroppo, per questo ed i prossimi due giorni, saremo del tutto inabilitati a restituirgli il favore.> E spiegò della tregua globale. <Diablo, sarai in grado di contattarmi, in caso di necessità? Tentare di riunirci, fino alla fine della tregua, risulterebbe solo in un altro tentativo abortito.>

Diablo annuì. “Sarà facile, Stargod. Altri...ordini?”

<Fate quello che dovete per difendervi, ma, ripeto, combattete solo in caso di estrema necessità.> La comunicazione terminò.

In quel momento, la superficie di un acquitrino nero come la pece si mise a gorgogliare. Un serpente dalla testa cornuta emerse piano, sibilando un avvertimento.

“Se almeno ci avesse definito ‘estrema necessità’...” fece Iron Monger. “Che fai, ora?”

Diablo gli rivolse un cenno stanco. “Taci, va bene? Se non fossi forte abbastanza neppure per un incantesimo semplice come questo...” il suo costume era stracciato in più punti, facendo sembrare l’alchimista ancora più emaciato del solito. L’uomo sollevò una mano, e con le dita fece un cenno come a volersi cospargere di polvere.

E, effettivamente, una sottile polvere iridescente scese dalla sua mano. Una polvere che andò rapidamente ad avvolgere in spirali il corpo del suo padrone, trasferendo la propria luminosità agli abiti...

Come in un fotomontaggio, al passaggio della polvere, il costume del signore dell’alchimia si trasformò, passando ad un design diverso, più simile ad una tonaca dalle ampie maniche, di due sfumature di verde, con spalline a cerchio pure verdi. E non aveva più una maschera, rivelando un volto dai tratti duri di un uomo delle steppe russe.

“Bello spettacolo,” fece Iron Monger, che ne aveva davvero viste troppe, per stupirsi di un seppure interessante cambio d’abito. “Volevi dimostrare qualcosa?”

Solo per quel tono sfottente, Diablo avrebbe ucciso l’uomo...Ma quei tempi erano passati. Per ora. “Solo che Estaban Corazon del Diablo non ha più bisogno di una maschera. Ricostruirò il mio nome e la mia vita così come ho cambiato pelle. E ora...” si avvicinò all’acquitrino. Sorrise –una cosa, bisognava dirla, di quel mondo: il suo mana era abbondante. Poteva quasi vederlo, anche senza la vista astrale.

Naturalmente, Diablo aveva preso molto sul serio l’avvertimento dell’uomo-lupo: secoli di esperienza con le forze ultraterrene gli avevano insegnato bene a non sottovalutarle...E la congiunzione imminente, che increspava il mana come un oceano alle prime avvisaglie di tempesta, non faceva che sottolineare la delicatezza del momento.

Diablo levò una mano verso la superficie dell’acquitrino. Recitò una formula dell’Universalis Artis Sapientia, la traduzione di un testo antico quanto il Necronomicon stesso; un testo che solo pochi eletti come lui sapevano essere la base di ogni pratica alchemica. Sulla Terra, l’Universalis era un testo estremamente pericoloso da maneggiare –le sue formule erano state scritte partendo dalle nere parole del Darkhold stesso. Pochi che avevano letto interamente l’Universalis avevano tenuto salda la mente...Ma, per Diablo, che aveva superato quella terribile prova, il gioco era valso la candela: senza la conoscenza dell’Universalis, i suoi riti basati sugli elementi ed i bioritmi terrestri non sarebbero valsi a nulla su quel mondo alieno...

Ora, invece, la superficie limacciosa si increspò, ribollì...

Cristo!” Iron Monger quasi fece un salto all’indietro. Era stato improvviso, letteralmente! Il ribollire si era trasformato in un’esplosione, in una colonna non di materiale putrido, ma di acqua purissima. E, un attimo dopo, la colonna era diventata una figura femminile, una fata liquida dalle forme perfette, delicate, dai lunghi ‘capelli’ che andavano a fondersi con la superficie dell’acquitrino.

°Tu chiami, io rispondo. Cosa desideri, maestro?°

Compiaciuto, Diablo annuì. “Acqua, tu che sei presente in ogni forma vitale di questo mondo, negli oceani come nell’aria...Mostrami dove ci troviamo.”

Non avrebbe avuto la risposta, perché un colpo di fuoco investì la figura elementale! L’essere urlò pietosamente, mentre si trasformava in vapore, per poi condensarsi in un’innocua cascata inerte.

Diablo e Iron Monger si erano già voltati verso i responsabili dell’attacco. “La tregua non dovrebbe valere anche per loro?” fece Iron Monger.

I ‘loro’ in questione erano cinque draghi. Non grandi dragoni, ma creature non più grandi di cani, fatti interamente di fuoco.

“Sono elementali anche loro,” disse Diablo. “Non hanno alcuna anima, da perdere.”

Uno degli elementali chinò la testa in avanti, sorridendo biecamente. “Esatto, alchimista.” La sua voce era qualcosa che solo i potenti polmoni di un grande dragone potevano generare. “Gli strumenti perfetti, per eliminare i miei avversari durante la tregua. Essi hanno una mente propria, e ricordano bene gli ordini impartiti anche a mesi di distanza.”

“Satranius,” ringhiò Diablo.

 

Caverne dell’Abisso della Disperazione

 

Circondato da un lago di lava abbagliante e rovente come la superficie stessa del sole, il grande dragone rosso ghignò come un gatto soddisfatto. “I vostri sforzi, piccoli mammiferi mortali, sono e saranno per sempre vani. Il giudizio di Antesys non può raggiungermi, mentre io potrò sempre arrivare a voi.” I tre portali di fuoco mostravano ognuno un gruppo di Cavalieri –Diablo ed Iron Monger, Avatar ed il Seminatore di Morte, Stargod, Max e Grigar[iii].

“La vostra fine suggellerà il ritorno del regno dei dragoni, come era inteso da prima che Antesys ci togliesse la Godstone. E questa è l’ultima cosa che saprete da me, prima di morire.”

Stargod si rivolse a lui, mentre la battaglia iniziava per gli altri Cavalieri.

 

Come uno, i draghi sputarono fiamme abbastanza intense da fondere l’acciaio.

Muovendosi con insospettata velocità, Iron Monger si frappose fra quelle fiamme e Diablo. L’armatura non fu nemmeno scalfita, nonostante il calore fosse sufficiente a fondere il migliore acciaio di Altro Regno.

“Sorpresa, idiota,” disse l’ex-agente SHIELD. Levò le braccia, i repulsori già pronti a sparare...

No!” esclamò Diablo, che invece recitò una formula. In un attimo, un bozzolo di terra e vegetazione umida avvolse la coppia in un abbraccio protettivo.

“Che diavolo...Mago, questa non la chiameresti situazione di estrema necessità?!”

“L’avrei chiamato ‘spreco di energie’, tecnocrate! Ti ho detto che sono elementali; non sono fatti di carne e sangue! I tuoi repulsori li avrebbero attraversati e basta.”

La temperatura del bozzolo stava aumentando visibilmente. Le pareti erano già secche e venate di crepe, fumanti. Diablo iniziò a recitare versi.

 

Il bozzolo, finalmente, esplose sotto quell’attacco concentrato...Ma i due Cavalieri non c’erano. Erano scomparsi. Un elementale ruggì dell’ira del suo padrone, mentre gli altri fissarono a lungo il punto in cui i nemici si erano trovati, scrutando con la vista astrale, alla ricerca della più piccola traccia che tradisse i maledetti!

Finalmente, riluttantemente, gli elementali si allontanarono come comete, lasciandosi dietro una scia abbagliante.

Pochi minuti ancora, e l’aria sopra i resti del bozzolo tremolò...e prese consistenza e colore, e finalmente la solidità di Diablo ed Iron Monger!

Come hai fatto?” fece l’uomo in armatura.

Diablo si fregò uno dei suoi lunghi baffi. “Satranius sarà anche potente per gli standard di questo mondo, ma è troppo giovane per sapere come vincere gli incantesimi dell’Universalis. Così, ora abbiamo anche scoperto il suo tallone d’Achille...” ridacchiò, poi, tornando serio, si voltò verso Iron Monger.

Monger si sentì a disagio sotto l’improvviso scrutinio di quegli occhi neri, intensi.

“La tua armatura possiede dei pezzi di ricambio per le piccole riparazioni, immagino.”

*?*

“Il mio punto debole è la voce. Le magie si basano sulla corretta conoscenza e pronuncia dei nomi. Un mistico muto è un mistico debole, inutile. E devo premunirmi contro una simile eventualità, in vista dei futuri scontri che ci attendono.”

“Allora?” chiese Iron Monger, che di quel gergo da juju ci capiva un piffero.

“Voglio alcuni di quei pezzi. Ne basteranno pochi. La mia arte farà il più del lavoro.”

Iron Monger fece un passo indietro. “Tu scherzi, vero? Se non te ne fossi ancora accorto, l’articolo più progredito di questo mondo è l’aratro. O credi che ci sia un’officina...”

Diablo espresse la sua contrarietà con un sorrisetto contrastato dalla luce dura negli occhi, la sua voce di ghiaccio. “La scelta è tua: se io cadessi, la fine della tua preziosa armatura sarebbe solo rimandata. Nei prossimi giorni, potrà succederci di tutto, e a fronte di un maggiore danno, non li troveresti comunque, i pezzi. Dunque?”

Richard Rennsaeler bestemmiò a fil di voce, poi, “Di cosa hai biso*”

L’esplosione li distrasse entrambi...e non solo quella! L’intera palude fremette, dal suolo agli alberi, come un unico organismo!

I sensori si attivarono. “Gli elementali!” esclamò Iron Monger. “Stanno attaccando a fuoco concentrato su un punto della palude*huff!*”

Il nuovo fremito, stavolta, fu come un sisma del quinto grado della scala Richter! Due alberi crollarono nell’acquitrino. E Diablo fu certo di avere percepito il loro dolore. “Cosa diavolo vuole combinare..?”

<Vi vuole attirare allo scoperto, e non avete altra scelta che rispondere!> giunse la voce di Stargod. <Capirete dopo: ora andate. Dovete salvare la palude!>

Diablo ed Iron Monger si scambiarono un’occhiata. “Ho una pastiglia per la gola, giusto se ti servisse...”

 

Stavano usando ogni iota di energia, concentrando le fiamme in un unico punto nel cuore della fitta vegetazione. Intorno a quell’inferno, si era formato un cerchio di moncherini fumanti ed anneriti e piegati all’indietro, come se fosse appena caduta una meteora.

Tale era la concentrazione delle loro semplici menti, che non si accorsero di essere in pericolo –non fino a quando una coppia di raggi magnetici non distrusse la coesione di altrettanti elementali!

“Uno a zero per la fisica applicata, che mi dite?” fece Iron Monger, sospeso a mezz’aria dai suoi jet, le mani ancora crepitanti di energia.

I rimanenti draghi di fuoco ruggirono all’unisono, e diressero le proprie ‘attenzioni’ sull’eroe!

Le loro fiamme, per quanto intense, di nuovo non fecero altro che risultare inefficaci contro la lega metallica dell’armatura concepita per resistere agli attacchi di Iron Man.

“Testardi e stupidi...Come piace a me. Bon Voyage, mostri!” Iron Monger puntò le braccia e fece fuoco!

Altri due elementali furono trasformati in un’innocua esplosione. Ne rimaneva uno... “Oddio..!”

Quello che era rimasto dei quattro elementali distrutti non si disperse...ma confluì nell’ultimo, troppo velocemente perché Iron Monger potesse impedirlo.

In un momento, il suo avversario era una creatura lunga almeno 10 metri, il cui calore, persino ad un centinaio di metri dal suolo, riusciva a fare avvizzire le piante sottostanti!

Rennsaeler quasi se la fece addosso –quella cosa poteva seriamente sovraccaricare i sistemi di raffreddamento dell’armatura, e cuocercelo dentro!

Inaspettatamente, invece di rivolgersi al suo nemico, il drago elementale volse la testa in basso, e vomitò una colonna di fiamme al calor bianco, abbagliante. Come una sciabola, il fuoco tagliò la vegetazione, fino ad infrangersi contro un ostacolo. E nell’infrangersi, innumerevoli shrapnel ardenti si sparsero per la vegetazione –fortunatamente, estinguendosi contro il tappeto pregno di umidità.

Iron Monger si scosse dal trance: concentrò quanta più energia possibile, date le circostanze, nelle unità palmari, e sparò una nuova doppia raffica magnetica nel ventre del mostro.

La ‘carne’ si increspò come la superficie del Sole durante un flaring. Il drago strillò, ma non perse la sua coesione –invece, sembrava molto più arrabbiato! Voltò il collo a fissare il ‘moscerino’ in blu.

Sono fritto, ebbe il tempo di pensare l’uomo...prima di ritrovarsi avvolto da un viluppo di liane!

 

A terra, Diablo si stava riprendendo da quell’attacco. Aveva alzato uno scudo appena in tempo, ma doveva ammettere di avere sottovalutato la forza bruta del suo avversario...Ma non c’era tempo per le sciocchezze. Doveva...

Improvvisamente, l’elementale fiammeggiante ruggì come in trionfo. Si avvolse su sé stesso come un serpente, fino a ridursi a una sfera perfetta. A quel punto, saettò via.

Che cosa..? Ebbe la risposta a quello strano comportamento nel momento in cui liane e radici avvolsero anche lui! “Oh, no, non di nuovo!” Stavolta, dopo l’esperienza con Veggany[iv], si era premunito. Anziché perdere tempo ad estrarre una fiala dalla manica, bevve una goccia di pozione di cui i lunghi baffi pendenti erano impregnati...e si trasformò in una massa protoplasmatica acida! Il solo contatto consumò i viticci, che si ritrassero vibrando come serpenti feriti.

Un attimo dopo, Diablo tornò alla sua forma originale. Con una formula, forgiò un campo protettivo intorno a sé. Avrebbe potuto liberarsi di quegli ostacoli naturali in modi ancora più drastici ed efficaci...ma sentiva di avere sfidato abbastanza la sorte ferendo la palude che doveva ‘salvare’, e proprio nel giorno della tregua...

Creò un vortice, e si lasciò trasportare verso il punto da cui erano venute le liane che avevano intrappolato Iron Monger.

Non ci si avvicinò neppure! Un muro di pura bioenergia si frappose fra lui ed il suo obiettivo. Fu come avere avvicinato un cattivo conduttore a un campo magnetico perfettamente bilanciato. Il campo di Diablo fu dissolto, e il feedback tolse i sensi al mastro alchimista!

Inerte, l’uomo cadde sulla schiena, in una pozza di sabbie mobili.

 

<Voi mi avete fatto del male. Voi dovete essere puniti.>

Se non fosse stato per l’armatura, Richard Rennsaeler sarebbe stato praticamente squartato, data la forza dei viticci che ora facevano del loro peggio per strappargli l’armatura –e, purtroppo, se il metallo era robusto abbastanza, altrettanto non si poteva dire per le giunture, che stavano già scricchiolando paurosamente.

<Tu sarai sacrificato, perché io possa ricostruire le vite che mi sono state sottratte.>

Se non fosse stato per tutto quello che aveva già visto, Richard Rennsaeler sarebbe impazzito, sarebbe morto urlando il suo terrore.

‘Salvare la palude’, aveva detto Stargod.

Già, e chi salvava lui?

Iron Monger, immobile, tenuto fermo a mezz’aria da viticci spessi come un braccio, contemplava il tremendo cuore pulsante oscuro sospeso in una specie di aura energetica. Lo stesso cuore che stava inviando pensieri di morte nella sua mente.

Poi, delle liane si infilarono nelle fessure degli occhi e della bocca della sua armatura...

 

Episodio 13 - Tregua armata (II Parte)

 

Se qualcosa può andare storto, lo farà. Legge di Murphy.

Corollario di Dawson: Murphy era un ottimista.

Non si poteva riassumere meglio il pensiero del Seminatore di Morte.

L’attacco era giunto nel momento di massima vulnerabilità. Grigar aveva attivato la sua magia di teletrasporto[v]; naturalmente, aveva dovuto attingere al mana presente su Altro Regno…ed in quell’esatto momento, una nuova forza aveva usato quel mana per fare impazzire il processo mistico e sparpagliare i membri del Knights Team 7 ai quattro angoli di quel mondo del Microverso.

Con un po’ di fortuna, gli altri potevano trovarsi insieme in piccoli gruppi, come era successo a lui ed Avatar, ‘prigionieri’ su un’isola nel mezzo

dell’oceano.

 

Un oceano vasto abbastanza da sminuire il Pacifico. Altro Regno possedeva un solo supercontinente, il resto era coperto dalle acque, queste a loro volta tempestate di innumerevoli isole ed arcipelaghi.

Di fatto, senza una carta nautica, o un qualunque riferimento navigazionale, il deserto blu poteva tenerti nella sua morsa fino alla fine dei tuoi giorni. Anche il migliore dei velivoli convenzionali avrebbe dovuto fermarsi a fare rifornimento nell’immensità d’acqua.

L’unico vantaggio, se tale poteva essere considerato, era il clima. L’inclinazione dell’asse di rotazione di Altro Regno era prossima agli 0°. Il che voleva dire un regime uniforme e privo di stagioni, appena turbato in prossimità dei poli. Le grandi tempeste tropicali, generate dai complessi scambi termici di un mondo con più marcati cicli stagionali, erano quasi assenti, qui.

La tetra figura, vestita interamente di nero, dall’elegante completo all’ampio mantello dal collo alto, collo che, andando quasi a toccare la falda del cappellaccio pure nero, formava un’impenetrabile zona d’ombra là dove avrebbe dovuto esserci il volto, si rivolse, apparentemente, all’aria. “Rapporto, Avatar.” La voce del Seminatore era un qualcosa che avrebbe potuto uscire direttamente da una tomba, modulata per ottenere una pronta risposta basata sulle paure ancestrali…

Ma l’essere, vestito di un’armatura bianca che nei suoi riflessi splendeva come un sole a parte, ulteriormente illuminata dalla pura energia che splendeva all’altezza di cosce e braccia scoperti, che atterrò dolcemente, in un frusciare del suo mantello azzurro, accanto al Seminatore, da simili emozioni –da alcuna emozione- non era afflitto.

Colui chiamato Avatar era un sintezoide, o, per la precisione, la simbiosi fra il corpo sintezoide dell’Empatoide, frutto dell’alta tecnologia di una popolazione estinta della Zona Negativa, ed il bizzarro Agron, un sedicente essere di energia vivente proveniente dall’estremo futuro stesso della Terra.

Ed Agron, in pieno controllo di quel corpo artificiale, obbediva al Seminatore di Morte solo perché l’alternativa mostratagli era anche peggiore[vi].

“L’isola non presenta forme di vita evolute al grado 5. Ho individuato una colonia di piccoli draghi sul versante nord, ma nessun segno di esseri umani. Flora e fauna non presentano tratti biologicamente incompatibili alla fisiologia umana.”

Il Seminatore soppesò quell’ultimo pezzo di informazione…Come era possibile, che un mondo alieno potesse risultare geneticamente compatibile con la struttura a DNA terrestre? Non ci aveva mai riflettuto, ma sotto il costume, Mary Elizabeth Sterling sentiva che la risposta poteva essere molto, molto importante…

Comunque, il tempo per la filosofia spicciola non c’era. “Segni di attività correlabili al possesso di alta tecnologia?”

La domanda era puramente retorica, almeno per quanto riguardava la tecnologia locale: Altro Regno viveva in un medioevo globale…Ma c’era ancora speranza che quel piccolo arcipelago potesse contenere anche solo un avamposto automatizzato dei Tok, gli alieni rettiliani per i quali quel mondo era la nuova casa e riserva di cibo.

“Negativo. Assenza completa di simile attività per un raggio di 150.30 Km”

Corollario di Frickman: Dawson era un ottimista.

Perso com’era nei suoi pensieri, il Seminatore non fece caso al variare delle condizioni di luce, non fino a quando non iniziò a levarsi il vento.

Fu allora che notò che, lentamente, ma a vista d’occhio, il giorno stava trasformandosi in crepuscolo.

Sia lui che Avatar levarono gli occhi al cielo.

Le stelle più luminose già brillavano contro il blu serotino, che circondava l’incredibile spettacolo dell’imminente eclisse. Le due lune gemelle erano prossime alla completa sovrapposizione, ed entrambe, presto, sarebbero state al centro del disco solare. Già ora era possibile osservare una parte dei due corpi celesti senza l’interferenza del riflesso solare. Le lune erano giovani, rugose e segnate da piccoli canyons.

<State bene?>

Se il Seminatore fu sorpreso dalla voce mentale di Stargod che si introdusse nei suoi pensieri, non lo diede minimamente a vedere. “Sì. In quanto normalmente sfasato rispetto al tessuto spaziotemporale, non ho subito appieno l’effetto dell’attacco. Avatar è perfettamente operativo. Hai un’idea di chi sia il responsabile?”

<Ne sono felice. E, sì…almeno, è Max che ce l’ha. Pare si tratti di un dragone di nome Satranius, un altro essere dedicato a riprendere la Godstone con ogni mezzo. Ho già contattato Diablo ed Iron Monger. Tutti gli altri sono con me.

<Non dovremmo comunque essere in pericolo immediato: domani, le due lune ed il sole formeranno l’Occhio di Antesys. Un eclisse che durerà un giorno intero, chiamato il Giorno del Giudizio, durante il quale, così come nel giorno che lo precede ed in quello che lo segue, ogni attività ostile in tutto il mondo è proibita.>

“Un inaspettato risvolto positivo, dunque…Stargod, riunirci è imperativo. Non credo che usare il tuo potere…”

<Sono potente, ma non così esperto, Seminatore. Max mi ha avvertito: lasciare delle trappole attive non equivale ad un atto di aperta ostilità, e lui è convinto che Satranius lo abbia fatto in previsione del Giorno del Giudizio. Dobbiamo contare sulle nostre sole forze, per riunirci, in questo periodo.>

“E i Tok? Difendersi da loro verrebbe ugualmente considerato come…”

<I Tok non oseranno muovere una scaglia. A loro modo, sono fedeli al limite del fanatismo nei confronti di Antesys.>

Il Seminatore guardò di nuovo all’insù. “Consolante. Almeno, sei in grado di capire in quale punto di questo oceano ci tro…”

Il contatto mentale fu bruscamente interrotto, contemporaneamente alla stabilità stessa del suolo! Dove un altro essere umano avrebbe probabilmente lanciato una sorda imprecazione, in preda allo smarrimento per l’improvviso evento, il Seminatore, che aveva fatto dell’autocontrollo la propria forza, si sfasò rispetto allo spaziotempo. “Avatar?” chiese con calma spettrale.

“Temo di avere commesso un errore, nella mia precedente ricerca: ho settato gli scansori per le forme di vita note o più familiari a quelle Terrestri ed a quelle finora incontrate. Ho cercato gli alberi senza guardare alla foresta.”

Il Seminatore capì cosa stava intendendo il sintezoide, quando vide la spuma circondare l’intero isolotto. Allo stesso tempo, vide le isole più vicine iniziare ad allontanarsi

Avatar si levò in volo, e i suoi occhi confermarono la supposizione, che trasmise al Seminatore. I suoi scansori, ora propriamente regolati, percepivano l’intero isolotto come un enorme ricettacolo di bioenergie…

…Perché tutto l’isolotto era una cosa viva. Era un immenso pesce, il cui dorso a placche era un perfetto travestimento!

“Scanalisi conferma,” disse Avatar, atterrando di nuovo al fianco del Seminatore. “Questa creatura sta generando bio-interferenze che prevengono i contatti mentali. Stargod e gli altri Cavalieri sono fuori della portata del mio comunicatore.”

La velocità della creatura saliva. Ora sembrava di viaggiare sul Titanic lanciato a tutta birra…con la differenza che, probabilmente, questa ‘nave’, gli iceberg se li mangiava a colazione! “Debbo presumere che attaccare questa creatura equivarrebbe a trasgredire alla tregua. Non possiamo che lasciarla libera di muoversi…” la mente del Seminatore lavorava febbrilmente. Come Mary Sterling, aveva studiato con molta attenzione tanto i segreti dell’alta finanza, che le avevano permesso di fondare un suo impero in Europa, quanto le arti arcane, retaggio dimenticato della sua famiglia. Analizzare una situazione nei dettagli era una sua seconda natura.

E in quel momento, Mary Sterling si chiedeva in che modo un simile travestimento potesse tornare utile per quel colossale pesce. A giudicare dalla sua velocità di movimento, doveva usare non poche energie… “Avatar, mostrami di nuovo l’olo-scansione di questo ‘pesce-isola’. E dammi una stima sulla natura della vegetazione.”

L’occhio della mezza ‘maschera’ del sintezoide si illuminò. L’ologramma mostrò una creatura elegante, coperta di placche come un Placodermo del Devoniano, dalla bocca simile ad un becco dalle punte aguzze. “La flora è spontanea, perfettamente adattata allo spessore ed alla composizione del terreno. Alcune radici arrivano fino alla corazza dell’animale.”

Niente fanoni, pensò il Seminatore. E non possiede, apparentemente, un collo estensibile. Se la sua bocca servisse per predare, non avrebbe bisogno di un simile travestimento, caccerebbe in immersione…e se lo facesse, rovinerebbe il travestimento…

È giocoforza dedurre che il pesce-isola usa il travestimento stesso per il suo cibo…Il che vuol dire…

Ebbe la risposta non appena una miriade di tentacoli esplose dal terreno! Il Seminatore ne fu attraversato, ma non si poté dire lo stesso di Avatar, che fu intrappolato per i piedi ad una velocità fulminea!

Per quanto lo riguardava, il sintezoide poteva essere benissimo stato appena imprigionato dalla pastafrolla, preferendo l’analisi della situazione a sua volta. “Interessante. I tentacoli secernono neurotossine altamente concentrate e soluzioni acide diluite al 70%. Rilevo la presenza di microplacche ossee a lama disposte longitudinalmente lungo i tentacoli.”

In altre parole: in un modo o nell’altro, se la preda non cadeva subito per i veleni, ci pensavano le ferite e la perdita di sangue ad indebolirla perché non fuggisse lontano. A quel punto, la preda diventava un boccone.

Il Seminatore vide una miriade di triangolari pinne dorsali frastagliate fiancheggiare il mostro marino –la coorte degli ‘spazzini’, senza dubbio…Solo che, se le dimensioni di quelle pinne erano un’indicazione, questi spazzini dovevano essere grandi come orche!

Poi, le pinne si sparpagliarono, prima di immergersi velocemente e sparire.

Il Seminatore ebbe un’intuizione. “Avatar. Sei in grado di analizzare le emozioni di questa creatura?”

“Affermativo. Il suo stato dominante corrente è di paura. Sta fuggendo da un nemico. Le ondate emotive sono molto intense.”

Infatti! Non ci sarebbe stata altrimenti ragione, perché sprecasse energie a muoversi; non disponendo dei mezzi per intrappolare le prede restando fermo…Ora, la domanda era: che razza di nemico poteva spingere un simile leviatano alla fuga?

Nel frattempo, evidentemente comprendendo la futilità di cercare di eliminare un nemico insensibile alle sue ‘attenzioni’, i tentacoli si ritirarono da Avatar, i cui scansori erano già occupati su un nuovo fattore. “Attenzione. Rilevo cellula anomala di mutazione barometrica a 14.3 miglia nautiche, in direzione sud-sud-ovest. Velocità di spostamento: 121.1 Km/H. Pressione rilevata all’interno della cellula…”

Ma, già alla parola ‘anomala’, il Seminatore stava osservando l’orizzonte nella direzione in cui guardava Avatar. Ed era impossibile non vederla.

Una tempesta! Un’impossibile zona di turbolenza fatta di cumuli venati da imponenti lampi, un’ameba di distruzione che sembrava emergere dal mare stesso; che scorreva su di esso come un’oscenità liquida. A quella distanza, i suoi tuoni ed i terribili venti suonavano come la voce di un dio irato.

La collisione era imminente, e non c’era dubbio che l’animale avrebbe come minimo perso il suo travestimento…Ma giustificava una simile paura..? “Avatar. Bio-scanalisi della cellula di turbolenza. Dammi una lettura dell’ammontare di mana coinvolto.”

Pochi istanti, mentre oramai la tempesta sembrava volere occupare l’orizzonte intero, poi Avatar disse, “Ipotesi confermata: si tratta di un fenomeno artificialmente indotto a mezzo di imposizione di volontà.”

Il vento era arrivato al punto da strappare le foglie dalle palme. Gli alberi erano pericolosamente piegati.

Il Seminatore soppesò la situazione. Ormai la tempesta era tutt’intorno a loro. Avatar aveva alterato la sua densità fino all’inconsistenza.

Gli atti ostili erano proibiti. Come tali, dovevano intendersi gli atti ad personam, o Satranius non avrebbe neppure potuto seminare le sue trappole mistiche.

Il Seminatore non credeva alle coincidenze: non poteva essere finito in quell’angolo di mondo, in quella situazione, per puro caso. Non nel mezzo di un super-oceano.

A un comando mentale, i sofisticati circuiti nascosti nei guanti del Seminatore si attivarono.

Molto probabilmente, Satranius aveva concepito quella trappola per il solo Avatar. Perché se quella tempesta era comandata dalla magia, a sua volta nutrita dalle energie vitali…

Le mani iniziarono a crepitare di energia.

…Allora era sufficiente agire altrettanto indirettamente. Senza alcuna malizia.

Il Seminatore di Morte fasò le mani, sincronizzandole sulle correnti vitali. Toccò l’etere, e le unità bio-scrambler fecero impazzire il mana! Un solo tocco.

Tentacoli di energia si diffusero nell’aria dalle mani neroguantate, tentacoli di un colore malato, che subito conversero sul centro della tempesta.

Alla fine, il cuore della tempesta esplose. Le nuvole furono dissolte dagli shrapnel di luce, i fulmini si spensero come lampadine. Il vento scemò in un lungo sospiro.

“Notevole,” disse il Seminatore, osservando per la prima volta la causa della tempesta.

Una nave. Una nave varata dai cantieri dell’Inferno stesso. Un vascello imponente, maestoso, fatto di innumerevoli ossa di ogni forma e dimensione al posto del legname e di lacera pelle e tendini sanguinanti quale sartiame. La sua polena era un atroce cumulo di corpi umani contorti in un dolore senza fine, disposti a formare un ghignante volto demoniaco.

Niente di strano che il pesce-isola continuasse a cercare di fuggire a tutta forza. Ma era inutile: nonostante non ci fosse vento sufficiente a fare muovere l’enorme vascello dei dannati, una corrente invisibile tendeva le vele, e la cosa scivolava veloce sull’acqua come sull’olio, in un silenzio terrificante rotto da un occasionale scricchiolio d’ossa.

Un effetto scenico decisamente sprecato, con i due alieni. Per loro, il vascello era poco più di un mezzo da usare per accorciare le distanze fra loro e Stargod.

Mentre Avatar prendeva il volo, il Seminatore svanì dall’isola,

 

per riapparire sul ponte della nave. Avatar atterrò al suo fianco. “Assenza completa di forme di vita. Rilevata Forte presenza di bio-energie.

“Una nave posseduta. Prevedibile.” Il Seminatore si diresse verso il timone, che, naturalmente, si muoveva da solo in impercettibili aggiustamenti di rotta. I suoi stivali echeggiarono sordamente sulla pavimentazione di scapole.

Arrivato davanti al timone, l’essere in nero studiò l’orizzonte crepuscolare. L’inseguimento del pesce-isola era finito, e loro si stavano allontanando dalla creatura ormai ferma. Si vedevano altre stelle, ma potevano benissimo navigare nel buio più assoluto, per quello che lui ne sapeva di navigazione astrale sotto un cielo alieno. Quindi, Piano B! Sollevò le mani, attivando i bioscrambler, il sorriso nascosto dall’ombra –nessuna azione ostile, naturalmente. Solo la semplice curiosità di osservare cosa avrebbe fatto un contatto più…diretto con la nave stessa, invece che con le sue emanazioni…

“Non sarà necessario arrivare a tanto.”

Ritirò le mani ad un passo dal timone. Si voltò.

Lui era lì. Il Capitano. Un’entità spettrale come il suo vascello. Circondato come da un’aura di nebbia che lo rendeva sfocato, traslucido. Vestito di abiti che, in vita, dovevano essere stati della più elegante foggia e dei colori più vistosi, ma che ora erano ridotti a stracci pallidi, frusti e laceri. Almeno, non aveva la benda all’occhio, una gamba di legno e un uncino al posto della mano destra.  La sua voce era intonata al suo volto rugoso dai bianchi capelli: quella di un uomo consumato, cinico, più occupato a compatire gli altri che a pensare ai propri sentimenti.

L’essere, gli abiti mossi da un vento invisibile, si avvicinò al Seminatore. “Sono il Capitano Elas Aykreon, Signore di questa nave, la Styxia. Ti do il benvenuto, anima mortale, nel nostro eterno viaggio.”

I due si fronteggiarono. “Lei possiede un concetto alquanto breve di ‘eternità’, Capitano,” disse il Seminatore.

Aykreon scosse la testa. “E tu possiedi un concetto alquanto elevato di te stesso, mortale. La Styxia sarà la vostra nuova casa, ed infine la tomba. Le vostre ossa andranno ad aggiungersi alla sua architettura. Le vostre anime nutriranno la sua polena. Così come è stato per gli innumerevoli prima di voi che credevano di potere scendere da qui.”

In risposta, il Seminatore di Morte allungò una mano crepitante su un parapetto di tibie. Appoggiò l’arto…

Non capì neppure come fosse finito a terra. Seppe solo di trovarsi improvvisamente in ginocchio, debole come un gattino, ansante come se fosse uscito da uno sforzo sovrumano.

Aykeron si avvicinò. Sorrideva, scuotendo la testa. “Era per questo, che ti avevo avvertito, in precedenza, povero stolto. La Styxia sa difendersi da sola. La sua stessa natura è ostile ad ogni forma di vita, e il contatto con lei può essere alquanto…spossante.”

“Giochi al gatto col topo?” Il Seminatore si rimise in piedi. “Non credevo che nel tuo stato fosse…importante…”

“E non lo è…Ma è così tanto tempo che non ho occasione di godere del tormento di un mortale, prima di ammetterlo nel mio equipaggio, che posso permettermi un’eccezione.

“Nel Grande Mare, tutti sanno quale sia il destino che attende il navigatore sprovveduto che osasse tentare una traversata senza passare per un porto sicuro, e cioè finire nella mia tempesta. I coraggiosi scarseggiano, ormai, e voglio assaporare quelli che vengono di loro spontanea volontà.”

A quel punto, fu solo per non lasciare nulla di intentato, che il Seminatore decise di tentare il teletrasporto –e, va detto, riuscì a svanire…Per riapparire, l’istante successivo, nello stesso punto da cui era scomparso.

“Era speranza, quella che ho sentito?” chiese Aykeron. “Continua pure a nutrirla…Renderà la tua dipartita più gradevole.”

“Semmai, l’attesa renderà la tua fine più brutale, spettro. Se anche riuscissi a sfuggire a Stargod, quando la tregua sarà finita…”

Fu a quel punto, che Aykeron, per la prima volta, rise. Ed era una risata fatta di sospiri di ricordi perduti, di echi di dolore. “’Finita’, dici? Povera anima mortale, guardati intorno.”

Il Seminatore lo fece…e non capì il motivo del trionfo nella voce di Aykeron. Il cielo era immutato, occupato dalle due lune prossime alla congiunzione…

*!

Fece correre l’occhio all’orologio. E gli venne voglia di bestemmiare.

Il display era fermo su un lampeggiante 00:00

“Il tempo è un’illusione dei viventi,” disse Aykeron. “Qui a bordo, il tempo non esiste. È sempre la stessa notte! Uscirne dipende esclusivamente dalla mia volontà, e non c’è nulla che possa farmi cambiare idea!”

Senza fare trasparire altra emozione che una calma tetra, il Seminatore disse, “Il tuo padrone può, almeno a giudicare dal disturbo che ti sei preso per darci la caccia in suo nome.”

“Parli di Satranius?” Aykeron sembrava sul punto di volere scoppiare in una risata ancora più forte, ma si limitò ad un ghigno triangolare. “No, mortale. Il Capitano Aykeron non serve nessuno. Semplicemente, il suo desiderio di rimuovervi dall’alleanza con Stargod coincide con il mio desiderio di tornare a dominare il Grande Mare.

“Quando il primo Stargod decise di allontanarsi da Altro Regno, approfittai del momento per fondare il mio regno da un orizzonte all’altro, sotto la bandiera del potente Arisen Tyrk. In suo nome ho dominato e sparso la sua fede insieme al terrore…fino a quando…”

Non era necessario essere dei detective, per comprendere la pausa che seguì. O meglio, per comprendere l’espressione di dolore di quella creatura tormentata –era un’inevitabile punto debole di coloro che erano rimasti costretti sul piano dei viventi: la questione sospesa, che fosse una semplice ossessione o un errore o una colpa le cui conseguenze dovevano o scontare o ripetere all’infinito…

…A meno di venire perdonati, o esorcizzati. O di avere una seconda chance…

“Uno alla volta,” riprese Aykeron, le mani giunte dietro la schiena, intento a scrutare l’orizzonte. “Gli alleati di questo Stargod periranno tutti. A quel punto, lui sarà facile preda, inesperto com’è.”

E non stava violando la Tregua, purtroppo! Non era certo colpa sua, se loro due avevano deciso di andare sulla sua nave, invece di squagliarsela!

Il Seminatore guardò verso Avatar, sul ponte sottostante, intento a scrutare con gli scansori perfettamente inutili –quale tecnologia poteva essere d’aiuto, in un ambiente in cui non valevano le normali leggi dello spaziotempo?

Calma. Analisi.

Avatar…

Aykeron non si curava minimamente della sua presenza, nonostante fosse una figura tutt’altro che invisibile. Perché?

Il Seminatore ripensò alle parole del fantasma. Parole rivolte solo a lui. Ripensò alla debolezza provocata dal contatto con la nave…debolezza che avrebbe potuto ucciderlo molto prima, se non fosse per il provvidenziale sadismo del Capitano Aykeron.

La trappola non era per Avatar! Era il Seminatore di Morte, a dovere perire su quella nave, contro la quale il suo potere era del tutto inutile!

Per contro, Avatar, apparentemente inutile in quanto artefatto puramente tecnologico contro un potere magico…

Apparentemente…

L’Empatoide poteva nutrirsi di emozioni, trarne forza! E chi meglio di un fantasma era un ricettacolo ambulante di pure emozioni??

Era comunque un azzardo notevole –se Agron veniva soppresso nel processo, l’Empatoide poteva decidere di riprendere la sua esistenza di puro vampirismo mentale. A quel punto, Altro Regno avrebbe avuto un’altra minaccia scatenata e Stargod avrebbe perso fiducia nel Seminatore. Gli stessi Cavalieri sarebbero stati a rischio…

L’alternativa, del resto, era la fine prematura dei Cavalieri.

“Avatar. Protocollo Omega.”

Un ordine dato quietamente, quasi casualmente. Di fatto, l’equivalente di scatenare una bomba H.

Quando Agron era stato integrato nell’Empatoide, una serie di circuiti ottici impediva ad una delle due parti di prendere il sopravvento sull’altra. Il Protocollo Omega dava pieno accesso alla personalità dell’Empatoide, che anni prima era stata ‘soppressa’ a causa di un overload empatico[vii].

Avatar rispose al comando voltandosi.

La mezza maschera che copriva il lato sinistro del volto si ritirò con un breve sibilo. Il volto dell’Empatoide era perfettamente scoperto.

E i suoi occhi neri scintillavano nel volto contorto dall’ira!

 

Episodio 14 - Liberazione (I parte) [un INFERNO2 Tie-in]

 

 

Nella nebbia della semi-incoscienza, si faceva largo un solo pensiero, cristallino.

Era stato uno stupido.

Semplice così.

Era stato uno stupido, a sottovalutare il profondo rancore dei suoi simili contro il solo e legittimo Stargod. Si era concentrato esclusivamente sugli umani, e nel farlo si era abbassato al loro livello di arroganza.

In fondo, chi se non i suoi fratelli dragoni, i primi a detenere la potentissima Godstone, che avevano assaporato il piacere del dominio assoluto, erano i candidati ideali a tentare una simile viltà, un attacco nel momento di maggiore vulnerabilità dei Cavalieri-protettori di Altro Regno?

O meglio, un candidato. Un dragone in particolare…

Max?

L’attacco era stato di una violenza insospettata, giunto nel momento in cui i sette si stavano accingendo a lasciare questo piano della realtà per raggiungere il mega-arcipelago di Mournhelm[viii]. Le correnti dell’etere mistico che dovevano percorrere erano impazzite, e i Cavalieri erano stati separati.

<Max, ti prego…>

Il contraccolpo era stato terribile, e lui stesso era stato precipitato in un quasi coma. Era vivo solo perché non si sarebbe mai permesso di morire. Non ora che condivideva una parte di sé con qualcun altro –quello stesso qualcuno che ora lo stava chiamando con un sussurro terrorizzato nella voce ed una gentile carezza nella mente, accarezzando con altrettanta delicatezza il suo muso…

Aprì gli occhi.

 

Max poteva essere un dragone dei cieli, lungo 25 metri dalla testa alla coda, ed essere robusto da potere prendere a calci Godzilla nella coda, ma la presa frenetica al collo a cui lo sottopose il suo compagno di vita quasi finì il lavoro iniziato dal loro nemico! “Pulcino mio –erk- mi stai…”

John Jameson, nella sua forma di Stargod, abbandonò la presa, fliccando le orecchie in imbarazzo, ma senza smettere di fissarlo con il sollievo misto ad un residuo di paura. “Scusami. Dio, per un attimo eri…così…” Le emozioni che trasmetteva erano come un’ondata, che rischiava di travolgere la sua coerenza. Sacro Antesys, come avrebbe voluto abbracciarlo adesso...

Invece, il dragone azzurro levò la testa, istintivamente pensando prima a studiare l’ambiente. Vide che erano solo in tre: lui, Stargod, e Grigar. E che erano circondati dalle montagne –immense pareti frastagliate, su cui la vegetazione si riduceva a poche lingue smorte. La roccia era di un rosso acceso, mescolato al nero dell’ossidiana ed a venature quarzifere multicolorate. E la gola in cui si trovavano era troppo stretta per permettere a Max di spiegare le sue ali.

Poi, arrivò l’odore –un aroma unico, come se la roccia viva potesse essudare. Ed era tutt’intorno a loro!

Max non ci mise molto, a realizzare; la sua voce assunse un tono preoccupato. “Questo è il territorio di molte tribù di troll delle montagne. Satranius ci ha giocato un bello scherzo.”

“Chi..?” fece il bianco dio-lupo.

Max rispose, “Satranius. Un dragone del fuoco, il più potente della nostra specie, su questo mondo. I suoi poteri sono vasti come la sua forza, ed essa è eguale alla sua determinazione a farci tornare i signori di Altro Regno. E noi siamo un ostacolo…Ma non credevo che avrebbe avuto il coraggio di attaccarci apertamente nei giorni della tregua.”

A quell’ultima parola, Stargod levò gli occhi verso il cielo. La luce era quella del crepuscolo, ma solo in virtù dell’imminente evento celeste –l’eclisse totale, la congiunzione delle due lune gemelle di Altro Regno contro il disco solare. L’effetto sarebbe stato quello di un titanico occhio intento a scrutare quel mondo con impietosa accuratezza. Il Giorno del Giudizio, durante il quale, così come nel giorno che lo precedeva e che lo seguiva, tutte le attività ostili erano proibite.

Stargod avvertì il pelo fremere. Poteva percepire la tensione nell’etere –il Giorno del Giudizio non era una qualche festa pagana, ma qualcosa da prendere molto alla lettera

Il dio-lupo si concentrò, e lasciò spaziare i suoi pensieri. <Mi sentite? Cavalieri, mi sentite?>

La voce di Iron Monger giunse per prima, debole ed esitante –l’uomo gli stava rispondendo, istintivamente, a voce. <Ti ho sentito, Stargod. Cosa..?>

<Secondo Max, è stato un dragone a separarci...Purtroppo, per questo ed i prossimi due giorni, saremo del tutto inabilitati a restituirgli il favore.> E spiegò della tregua globale. <Diablo, sarai in grado di contattarmi, in caso di necessità? Tentare di riunirci, fino alla fine della tregua, risulterebbe solo in un altro tentativo abortito.>

Diablo annuì. <Sarà facile, Stargod. Altri...ordini?>

<Fate quello che dovete per difendervi, ma, ripeto, combattete solo in caso di estrema necessità.>

Terminata quella comunicazione, Stargod si concentrò sugli altri due membri mancanti, il Seminatore di Morte ed Avatar…Solo per scoprire che, in qualche modo, la percezione delle loro menti gli risultava…granulosa, come un’immagine video molto disturbata. Fece per concentrarsi ulteriormente…e si ritrovò a stringersi la testa, ruggendo il proprio dolore. Si inarcò all’indietro, e non cadde solo grazie alla prontezza di Max, che lo sorresse con una zampa.

Stargod accettò il supporto con piacere –Dio, era stato come se, improvvisamente, la sua mente fosse stata toccata dall’equivalente di una lancia termica. Ma che…

<I vostri sforzi, piccoli mammiferi mortali, sono e saranno per sempre vani. Il giudizio di Antesys non può raggiungermi, mentre io potrò sempre arrivare a voi.>

La voce di Satranius in persona era come fuoco liquido, ed allo stesso tempo ghiaccio che gelò il loro sangue. <La vostra fine suggellerà il ritorno del regno dei dragoni, come era inteso da prima che Antesys ci togliesse la Godstone. E questa è l’ultima cosa che saprete da me, prima di morire.>

Stargod si rivolse a Max. “Cosa significa? Non può attaccarci!”

Max scosse la testa, sconsolato. “Non lo farà lui, infatti. Lo faranno i troll...vedi, John, loro non credono in Antesys. Credono, letteralmente, solo in sé stessi. Sono le uniche creature, su Altro Regno, per le quali il Giorno del Giudizio non ha alcun valore. Sono troppo stupidi per assegnargliene uno.”

<E non è neppure colpa mia, se siete finiti in questa situazione, miei poveri nemici,> intervenne Satranius. <Vedi, Stargod, quello che per voi è stato un ‘attacco’, altro non è stato che un mio tentativo di tutelarmi contro una vostra possibile venuta. Desideravo solo impedirvi di diventare un problema, e vi ho sparpagliati un po’ dappertutto. Potete biasimarmi, se non siete in grado di sopravvivere in un ambiente...meno favorevole?>

In quel momento, le pareti rocciose iniziarono a riempirsi di un nuovo suono –anzi, di una sinistra cacofonia di suoni. Grugniti animaleschi, l’eco amplificata di innumerevoli respiri, passi pesanti. Ed erano tutti intorno a loro!

Stargod si diede dell’idiota, per avere permesso di farsi distrarre! In un attimo, estese la sua mente, per raggiungere le bioenergie di Altro Regno...e fu di nuovo il dolore! Aveva ‘toccato’ anche Satranius, ed il solo contatto con quella mente oscura era tale da fare vacillare i suoi sensi! Peggio, era come essere ferro di fronte ad una calamita –era impossibile staccarsi da Satranius!

E nella nebbia rossa del dolore, la risata del drago correva nei suoi muscoli come acido. <Oh, mi dispiace, ‘Salvatore’! Non immaginavo davvero, che tu potessi essere così debole ed inesperto, da non sapere sottrarti ad un contatto così elementare...Un vero peccato, no?>

Nello stesso momento in cui il corpo del Dio si era nuovamente contratto nell’agonia, Max aveva fatto per soccorrerlo...solo per ritrovarsi la schiena colpita da decine di lance di pietra affilata!

A scagliarle, erano delle creature degne del loro nome: esseri bipedi, deformi, sproporzionati, la pelle fatta di placche rocciose, gli arti degni di un gorilla, e forti a sufficienza a spezzare un uomo in due. Le loro voci erano grugniti incoerenti, i loro occhietti rossi e malevoli come il loro ghigno zannuto su mascelle sporgenti. Erano eccitati, e volevano il sangue!

Le armi, da sole, non avrebbero mai potuto fare seriamente del male a Max...ma i troll erano temuti dai dragoni perché, nonostante il loro aspetto, sapevano come indebolirli fino alla morte. Le loro lance trafiggevano con consumata sapienza fra le scaglie, che versavano sangue. Già le ali erano state perforate in almeno sei punti diversi. E, prima o poi, la pioggia di lance avrebbe raggiunto un occhio, ed allora...

Eppure, tutto questo non aveva la minima importanza per il dragone azzurro –l’unica cosa che importava era che quelle abominevoli creature si mettevano fra lui ed il suo amato! E solo questo dava alla Furia una forza inaspettata.

Max spalancò la bocca. Ruggì, ed una ragnatela di fulmini dalle sue fauci investì i troll –i quali, pur essendo isolati dalla corrente elettrica, non lo erano dalla pura spinta cinetica! Allo stesso tempo, un ventaglio di raggi laser dagli occhi incenerì le lance sulla loro traiettoria –e in questo, il flessibile collo serpentino dei dragoni aveva un vantaggio non indifferente, per coprire efficacemente i 360° del suo campo di fuoco.

 

Dal suo rifugio nelle caverne dell’Abisso della Disperazione, sdraiato su una piattaforma nel mezzo di un ribollente lago lavico, Satranius se la rideva della grossa.

Aveva rispettato i termini della tregua senza fallo! Da una parte, due dei compagni del Dio-lupo stavano per essere sacrificati al cuore nero della palude vivente[ix]! Dall’altra, altri due erano prigionieri senza scampo della nave Styxia[x]...Ma non importava. Loro erano pedine minori, in quel dramma. Con la morte del Dio e dei suoi alleati più potenti, la vittoria era cosa certa. Bastava avere un po’ di pazienza, e...

Il dolore gli venne addosso come uno tsunami. In un attimo, la sua mente, la sua stessa anima, furono invase da un fuoco tale da penetrarlo in ogni cellula, consumarlo come il più rovente degli abissi non avrebbe mai potuto fare!!

Satranius spalancò le ali, ruggì, contorse il collo. In simpatia, le rocce tremarono, vennero percorse da ragnatele di crepe. Le stalagmiti piombarono in una superficie improvvisamente agitata come un mare in tempesta, con geyser lavici talmente violenti da raggiungere la volta!

Satranius staccò il contatto con Stargod. Era improvvisamente debole come un pulcino. Ma cosa è successo? La presenza che ho percepito era completamente estranea a quel bastardo maledetto! Purtroppo, che gli piacesse o no, Satranius era ancora un dragone naturale, e quello che aveva percepito altro non era

 

che la presenza di un demone.

Grigar levò la mano dal cranio del lupo, che quasi gli crollò addosso. “Ti chiedo perdono, Stargod. Era il solo modo.”

“Grazie…” Stargod, la lingua penzoloni ed ansante, si rivolse a Max. “Stai..?”

“Punture di zanzare, pulcino mio. Niente di grave.”

“Le tue dimensioni…” gli era difficile completare una sola frase. Mai aveva avvertito un simile, ribollente odio in un essere vivente. Anche senza la sua telepatia, nei suoi trascorsi come il selvaggio Man-Wolf, aveva avuto contatti con esseri umani carichi di quella emozione[xi], mai aveva avvertito una simile intensità.

“Solo il mio corpo sta fra voi e loro. Se cambio forma adesso…” non completò la frase. In quel momento, la gola era sprofondata nel silenzio. I troll li fissavano, le lance in pugno, ma non facevano altro che aspettare, sottolineando lo scorrere del tempo con oscene risatine gorgoglianti.

Max si guardò intorno. “Vogliono trattenerci. I loro compagni causeranno una frana. Loro…” Qualunque cosa avesse voluto dire, la terminò in una specie di cinguettio di sorpresa.

Stargod l’avvertì nello stesso momento –come se un’ondata di nausea psichica e spirituale avesse pervaso l’etere! Come se, improvvisamente, la realtà intorno a loro fosse stata sostituita con qualcosa venuto dagli abissi del Tartaro!

“Il momento è giunto.”

Due paia di occhi si voltarono verso Grigar. Il demone felino aveva un’espressione quasi estatica, come se non avesse aspettato altro che quell’istante. “Le barriere con il Limbo sono state infrante[xii]. Stargod, ora possiamo accedere al piano dove sono prigionieri!”

Due paia di occhi lo fissarono come se fosse impazzito. In tutta risposta, Grigar non dovette che concentrarsi.

E, a quel punto, dragone e lupo si sentirono come se loro fossero impazziti!

Perché, in un battito di cuore, il gruppo si trovava ora in una realtà completamente nuova! Si trovavano su un dirupo, e il panorama era occupato da una gigantesca caverna, le cui dimensioni erano tali da potere inghiottire New York. Le uniche note di colore, nel grigio uniforme delle pareti e della volta frastagliata, erano il sole che splendeva nel ‘cielo’, il fiume che sembrava nascere dalla stessa roccia, e la città dorata che il fiume stesso attraversava, tagliandola in due.

La città era grande come Phoenix, ma il paragone finiva lì. L’architettura era qualcosa di spettacolare, fatta di guglie altissime e cupole sorrette da elaborate colonne o giochi di sostegni fra torri merlettate. Tubi di cristallo connettevano in un intrico geometricamente impossibile tutte le cime elevate della città.

Per contro, la vista potenziata del drago e del lupo poteva cogliere anche il gran numero di casupole, strutture simili ai trulli, di un colore ocra, smorto, sparpagliate come funghi alla base delle torri splendenti di pietra levigata fino a scintillare come metallo.

Almeno, lo choc era servito a schiarire la mente di Stargod, che ora stava cercando di ricavare un senso da quello sviluppo…Per quanto, per ora, non ce ne fosse uno! “Grigar..?”

Il felino arancione contemplava quella città con il petto gonfio d’orgoglio, e un sentimento inconfondibile nello sguardo: amore puro. “Questa, amici miei, è Karkas, la città della mia gente, il Popolo Felino.

“Più di mille anni fa, sulla Terra, due semplici gatti domestici furono trasformati in creature evolute, insieme feline ed umane[xiii] come tu, Stargod, sei uomo e lupo. La vita di quei due miei antenati, Flavius ed Helene, fu felice, al fianco del loro creatore e padrone, il mago Ebrok…fino a quando questi non fu convinto dai suoi ‘amici’ della Gilda degli Stregoni a creare altri di noi, per avere i loro animaletti domestici ‘speciali’.

“Ma in quel nuovo atto di creazione, quella proliferazione indesiderata, fu di fatto voluta e pilotata da tre stregoni che, come si scoprì dopo, con la Gilda non avevano nulla a che fare. Erano i cosiddetti Custodi, e il loro mondo era fra le stelle lontane.

“I Custodi non volevano dei semplici animali obbedienti, ma una nuova stirpe di feroci guerrieri…e riuscirono ad ottenerla[xiv]. E solo a quel punto, gli altri stregoni si accorsero dell’inganno. L’umano che poi sarebbe divenuto noto come Belasco scacciò i Custodi, e spinse tutti gli stregoni della Gilda a combinare il loro potere ed esiliare il Popolo Felino qui, nella Terra Interna.

“Ebrok, tuttavia, riuscì a convincere i suoi colleghi che almeno uno di noi avrebbe potuto essere controllabile, là dove una razza era troppo numerosa. E così, gli umani strinsero un patto con noi: il prescelto, l’Evocato, il Balkatar del Popolo Felino sarebbe stato il solo ad avere il diritto di tornare al mondo natio, anche se solo per obbedire alla volontà dell’evocatore.

“Purtroppo, c’era una cosa che neppure i nostri carcerieri non avevano considerato: col tempo, il confino in questa porzione del Limbo ci ha trasformato in demoni a nostra volta. Io, per il mio fallimento contro una semplice femmina umana[xv], venni esiliato in quella ‘tasca’ dimensionale da cui Diablo mi ha liberato[xvi]…E proprio quel confino mi ha salvato dalla corruzione completa. Di più, libero da ogni influenza, imparai a liberarmi del mio lato oscuro, a fare appello alla mia natura animale più pura.

“La mia gente non è stata altrettanto fortunata, e temo che la corruzione sia quasi completa…” A quel punto, Grigar fisso negli occhi Stargod. “Io ho potuto liberarmi. Sebbene sia ancora in parte un demone, ho il pieno controllo di me stesso. Stargod…” a quel punto, la possente creatura…cadde in ginocchio, umilmente prostrata davanti al dio-lupo. “Ti prego. Mi sono unito a voi per potere vedere il giorno in cui la mia gente fosse stata libera dal male. Tu puoi fare il miracolo.

“Ti prego, aiutaci. Su Altro Regno, il Popolo Felino sarà libero di ricominciare, e la purezza tornerà a predominare nel nostro sangue, di generazione in generazione.”

John Jameson non sapeva neppure cosa pensare. Tutte quelle informazioni, le prospettive –stava andando troppo velocemente. Per quanto ne sapeva, il demone poteva stare mentendo…In fondo, quale membro dello staff di supporto dei Vendicatori, l’ex pilota NASA aveva accumulato non poche informazioni sul Limbo, e sul suo più celebre abitante: Mefisto

Grigar vide il dubbio nei suoi occhi, perché disse, “Hai tutte le ragioni per dubitare, Stargod. Se può aiutarti a dipanare il dubbio, allora ricorda che avrei potuto facilmente ucciderti quando giacevi nel tuo coma[xvii]. E se temi che ti abbia attirato in una trappola per lasciare che la malignità ambientale ti corrompa, chiedi al tuo amante se ho fatto bene.”

Stargod si voltò verso Max. Il dragone scosse la testa. “La benedizione di Antesys ti protegge da qualsiasi influenza oscura, John. Senza contare che il lupo è una creatura naturalmente pura. La tua volontà è forte qui come nella nostra dimensione.”

John si trattenne ad un soffio da una potente bestemmia. La verità era che avrebbe voluto sentire una risposta diametralmente opposta –dannazione, sapeva che la folle alleanza con quegli ambigui super-esseri avrebbe avuto un prezzo, ma come poteva accollarsi, ora, in un momento già abbastanza critico, la responsabilità di un popolo di demoni?? Per quanto ne sapeva, con tutte le buone intenzioni del mondo, la loro liberazione avrebbe portato ad un nuovo disastro per il mondo che aveva giurato di proteggere!

Sotto gli occhi attenti dei suoi compagni, Stargod si mise seduto sul ciglio del dirupo. Fissò la città, in cerca di ispirazione...Cosa li aspettava, laggiù? Come potevano reagire dei demoni alla ‘purezza’ attribuitagli da Max? Tss, ‘purezza’! Sapeva bene che uso ne aveva fatto, quando girava per le strade durante la Luna Piena, alla ricerca della prossima vittima...

Uno scintillio nell’aria attirò la sua –e non solo sua- attenzione. Uno scintillio, seguito da un altro, ed un altro ancora...Presto, il sole sotterraneo si rifletté su uno sciame in rapido avvicinamento!

Aerei? Stargod scattò in piedi. “Grigar! Cosa significa?”

Ma lo stesso felino aveva le pupille come due piattini, dallo stupore. “Impossibile...Non abbiamo mai avuto bisogno di tecnologia..!”

Max emise un brontolio, e spiegò le maestose ali, ora perfettamente curate dal suo fattore di guarigione. Due colpi, insieme alla spinta delle zampe, ed il dragone fu in aria.

Stargod avrebbe potuto facilmente sondare le menti dei piloti, chiunque essi fossero...ma fu bloccato dalla sua paura. Anche se Grigar lo aveva liberato dal contatto con Satranius, quel rimedio si era proverbialmente quasi dimostrato peggiore del male! E proprio non aveva voglia di... <Attenti!>

L’avvertimento fu istantaneo come la sua reazione. Tecnologia diabolica, aliena o che altro, il pilota John Jameson sapeva riconoscere dei missili quando venivano lanciati. Alla vista delle fiammate, aveva già calcolato che, nel peggiore dei casi, avrebbero avuto due secondi scarsi per evitare di farsi fare a pezzi!

Senza esitare, Stargod focalizzò lo sguardo sullo sciame di missili...e non successe un bel niente!

Fu Max, a colmare quella improvvisa deficienza. Ancora una volta, gli occhi lanciarono un ventaglio di energia. In un istante, l’intero sciame fu disintegrato ad un secondo dall’impatto.

<Max! Non distruggere gli aerei! Rendili solo inoperativi!>

Il dragone ruggì, e si lanciò all’attacco. L’ordine gli era ben chiaro, grazie alla conoscenza del gergo acquisita durante la sua permanenza nel corpo di Maxwell Dillon. Conscio della sua maggiore debolezza contro quel tipo di avversario[xviii], si concentrò, ed il suo possente corpo fu sostituito da una versione antropomorfa, più piccola –un bersaglio più agile e difficile da colpire.

 

Guardandolo andare all’attacco senza la minima esitazione, Stargod provò una fitta al cuore, per non potere essere al suo fianco. “Grigar, perché non riesco a..?” stava per chiedere...e si rispose da solo, ringhiando per la frustrazione.

Quando non usava la Godstone che brillava alla sua gola, il suo potere derivava dall’assorbimento delle bioenergie ambientali...E in quell’angolo di Inferno, letteralmente, non poteva essere più lontano dalla sua fonte di energia!

Peggio, se solo provava ad usare la pietra del potere, rischiava di risvegliare i naniti dormienti che infestavano il suo corpo!

 

Nel frattempo, Max stava facendo del suo meglio per rendere la vita molto difficile ai suoi nemici. Schizzava con sicurezza, veloce come il lampo, fra i proiettili di plasma ed i velivoli. Non aveva neanche bisogno di perdere tempo a cercare un ‘aggancio’ elettronico con i suoi bersagli: appena vedeva un aereo, i suoi laser ottici segnavano un colpo ad un ala. Per giunta, questi apparecchi erano anche più fragili di quelli usati dai Tok! Già sette erano andati giù, ne rimanevano solo sei!

Sfortunatamente, anche la migliore esperienza nei duelli aerei non poteva compensare la deficienza di conoscenza nel campo della tecnologia. E Max non poteva, appunto, sapere che i suoi avversari potevano avere deciso di sacrificare qualche pedina per potere realizzare un nuovo approccio...

Diversi missili partirono da varie direzioni all’indirizzo del drago. I più furono distrutti, ma ne bastarono due, che si esplosero spontaneamente, liberando solide reti. E se anche Max avesse potuto liberarsi dal viluppo che aderì su di lui come una seconda pelle, tale intenzione fu prevenuta dallo choc karmico che percorse la sua essenza vitale!

 

Max!” istintivamente, John fece per attingere al potere della Godstone –persino sacrificare la propria anima sarebbe andato bene, se fosse servito ad aiutare il dragone...

Una mano artigliata si serrò dolorosamente al suo braccio. “Non quella,” disse Grigar. “Usa la mia energia.” E prima che Stargod potesse obiettare, le bioenergie più pure di Grigar lo percorsero dalla testa ai piedi.

Da qualche parte nella sua mente sconvolta dall’angoscia, il Dio-lupo considerò il sacrificio che Grigar stava facendo. Liberandosi di quella parte di sé, il felino cedeva il posto al demone...

Avvertendo il familiare vigore, mentre Grigar cadeva a terra, parzialmente trasformato in una versione più ferina di sé, Stargod giurò che non avrebbe sprecato quel gesto...

In un rapido gesto, estrasse la sua alabarda dalla custodia alla schiena. Appena la staffa si fu allungata, Stargod le fece compiere un ampio arco, trasferendo nella lama l’energia accumulata. Il risultato?

Nessuno dei piloti sopravvisse per raccontarlo!

Senza pensarci su due volte, Stargod saltò giù dal dirupo, nella direzione dove Max era caduto. Tale era la sua concentrazione su quello scopo, da non accorgersi dell’oggetto rotante dietro di lui...

Fu colpito in mezzo alle scapole! Un lancio abbastanza potente da ferire gravemente anche un suo simile...E solo l’armatura lo salvò da quel fato. Il sangue volò, ma la lama dell’ascia runica non riuscì a penetrare quanto desiderato.

In compenso, l’impatto fu sufficiente a fermare Stargod come se il tempo si fosse improvvisamente arrestato. Rimase immobile, a metà passo...prima che il sangue gorgogliasse dal suo muso. Poi, Stargod cadde, il nome di Max sussurrato in un gorgoglio di sangue.

Dietro di lui, con la calma del vincitore, si avvicinò Grigar, il muso contratto in un ghigno orrendo. Le ultime cose che il lupo percepì furono delle parole che avrebbe dovuto aspettarsi... “La tua volontà è servita, padrone. Il blasfemo è tuo, adesso.”

Poi, fu il buio...

 

Un’eternità dopo, le tenebre si diradarono in una specie di nebbia rossa. Tutto era indistinto, confuso. I suoi altri sensi non stavano meglio, occupati com’erano da un ronzio nelle orecchie e l’odore del sangue nel naso...

Si sentiva debole come un cucciolo, e dolorante come se fosse appena uscito da un laboratorio di vivisezione. La schiena era percorsa da una lingua rovente.

Naturalmente, era prigioniero. Il freddo metallo stringeva con tale forza i polsi e le caviglie da bloccare efficacemente la circolazione periferica. La sensibilità agli arti era ridotta a pezzi di legno. E senza dubbio, la lingua rovente era infetta.

In quella situazione, stava pensando ad una sola cosa: quanto tempo era passato? Cosa ricordava dei file dei Vendicatori? Che nel Limbo, il tempo scorreva differentemente. Anni ed anni lì dentro potevano corrispondere ad un mero istante sulla Terra.

Magnifico, vero? Rischiava di tornare invecchiato al punto di dovere succhiare le uova per vivere! O, nel caso contrario*

“Sono lieto di vederti vivo. Ero già pronto a squartare il tuo...amico, per avere osato versare il primo sangue senza il mio permesso, eh?.”

Quella voce! Le orecchie lupine scattarono in avanti. Sollevò la testa, ignorando le vertebre urlanti. Pregò di stare sbagliando...Non poteva essere vero, non ora.

Ma la voce maschile, arrogante, era quella che ricordava.

Una mano guantata di metallo lo afferrò per il muso, stringendolo in una morsa soffocante. “Sono anche lieto di vedere che ti ricordi bene dei vecchi amici, eh? Voglio essere sicuro di sapere che saprai a chi appartiene la mano che taglierà la tua testa, per esporla in cima al mio trono.”

All’odore del sangue, si mescolò quello che, purtroppo, ricordava bene come la voce.

Finalmente, mise a fuoco anche il volto –un volto pallido, decorato da un pizzo nero, occhi completamente bianchi bordati di nero.

Il volto e la voce di un uomo che doveva essere morto senza scampo.

Il volto di Arisen Tyrk.

 

Episodio 15 - Liberazione (II Parte) [un INFERNO2 Tie-in]

 

Il luogo, Altro Regno, Microverso. Il tempo, quello dei ricordi...

 

Ricordi di brevi giorni di sangue e di gloria, giorni in cui colui che si credeva un mostro era diventato un Dio, un eroe.

Ricordi di un momento in cui la sua assurda esistenza era giunta ad un bivio.

“Padrone, guardate! Egli ritorna!” una voce inumana, sepolcrale, di un essere il cui volto era attentamente nascosto sotto un cappuccio scarlatto. Uno dei tanti, seduti in un vasto anfiteatro, radunati per celebrare il loro Dio personale.

Un Dio umano. Folle. Un essere sicuro della propria onnipotenza, che pure si nascondeva dietro una donna disarmata, indifesa, confusa.

Arisen Tyrk disse, “Ah, pretendente! Qual’è la tua risposta? Striscia, e farò sì che la tua fine sia breve!”

Ma la creatura, l’uomo-lupo dalla bianca pelliccia, non cedette alla paura. In una posta statuaria come la sua voce, comunicando con la propria mente, John Jameson, Stargod, disse, <Uomo...Mostro...Dio...Non so cosa sono, Tyrk! Ma non smetterò mai di combatterti! E se farai del male a Kristine, ti strapperò la gola con i miei artigli!>

Tyrk, nella sua armatura azzurra e rossa, così simile ad un sinistro sceicco sanguinario, gli occhi bianchi invasati, aveva risposto usando ogni arma possibile contro di lui, fino a scatenare un’orgia di potere nucleare.

E Tyrk aveva perso. Stargod aveva assorbito quelle terribili energie, e le aveva ridirette con precisione chirurgica contro il tiranno ed i suoi seguaci.

Ma Tyrk non era morto, non subito almeno...Avrebbe dovuto capire, intuire? No, non poteva. Era ancora troppo stordito dall’accumularsi degli eventi. Non poteva immaginare...

Senza contare che, alla fine, ironicamente, il malvagio sedicente ‘dominatore’ di Altro Regno era caduto non per mano della sua nemesi, ma per un colpo alle spalle da una semplice donna: la bella Duna.

Era morto. Ne’ Stargod, ne’ i suoi amici ed alleati, ne avevano dubitato.

Forse loro si fidavano di lui. Se lui lo avesse capito...

Ma era troppo tardi per tornare indietro.

Non poteva rimediare a quell’errore.

E poteva solo urlare il suo dolore.

Ed il dolore di coloro che amava.

 

Tre giorni. Il tempo poteva scorrere diversamente, nel Limbo, ma l’orologio del corpo e del dolore non mentiva.

Tre giorni delle torture più feroci.

Il dolore lo aveva reso quasi cieco. Il mondo era colorato del rosso del suo sangue. Aveva vomitato, sangue e bile, eppure era il terrore che permeava la sua pelliccia, i suoi sensi, i suoi pensieri.

Stargod aveva appena la forza di tenere socchiuso l’unico occhio lasciatogli impietosamente buono. L’altro era ridotto a una massa tumefatta. Le sue orecchie erano state lacerate. Gli artigli strappati via.

Tre robusti ceppi, due ai polsi ed uno alla gola, lo tenevano sospeso al soffitto roccioso. Le spalle erano quasi slogate, il metallo mordeva a sangue le carni, ma lui era oltre quel dolore, oltre il senso di soffocamento.

Era ben altra, la sua preoccupazione. Il centro del suo terrore... “Max...”

“Amore...Quale fonte di delizioso tormento. Sei una sorpresa nella sorpresa, Jameson, eh? Mai mi sarei aspettato di vedere tanta devozione per un essere decisamente non umano...” Il suo torturatore, il redivivo Arisen Tyrk, stava davanti a lui, sicuro di sé nel proprio trionfo. Consapevole di essere inavvicinabile, anche se l’uomo-lupo fosse stato al pieno della forma.

Una mano corazzata gli afferrò il muso in una morsa dolorosa. Il fiato dell’uomo era rancido come il suo ghigno. “A tuo modo, terrestre, sei come me. Detestavi quella sciatta femmina, e l’avresti sacrificata volentieri, per il tuo potere...Non è divertente, che alla fine esso non mi interessi più?”

Dolore. Troppo. Pensieri confusi. Diceva la verità? Mentiva?

Max. Un nome curioso, per un dragone, ma il dragone l’aveva accettato volentieri. Un dragone nativo di Altro Regno, una creatura che Stargod amava più di sé stesso, più di chiunque o qualunque altra cosa.

Odiava Kristine? No. Non l’amava? Non l’amava.

L’avrebbe sacrificata? “Max...”

Uno strattone. Una nuova tortura per la gola. Nuovo sangue. Il suo fattore di guarigione era al limite, ma Tyrk non lo avrebbe sovraccaricato. No, lui voleva vederlo soffrire per molto ancora. Per sempre.

In cambio, Max sarebbe sopravvissuto. Prigioniero in quell’inferno, costretto a condividere, mentalmente e spiritualmente, il dolore fisico del suo amato.

“No, il fascino della Godstone è ormai solo un ricordo, per me,” proseguì Tyrk, lasciando andare il muso del Dio. “Ora sono un tuo pari, mostro.

“Il vile attacco della tua seguace[xix] non mi finì, e voi eravate troppo ebbri della vostra gioia per la mia sconfitta, per accorgervene. Quando la via fu libera, fuggii sulla Terra attraverso il mio portale...Ma con il tuo passaggio, la sua stabilità era compromessa, e finii ‘smembrato’ in più manifestazioni di me stesso: i Lunatik, come quelle pallide marionette si definivano[xx]. Una parte di me mantenne la propria identità di Harrison Turk, ed altre parti ancora finirono prigioniere nella dimensione chiamata Nilffim[xxi].

“Sfruttai quei poveri sciocchi dei Difensori per riunificare il mio essere...Ma, lo ammetto, commisi un errore: in cerca di vendetta, per ottenere il potere, sfidai l’entità suprema di quel mondo, l’Innominabile. E fui inghiottito nel suo abisso.

“L’Innominabile si rivelò essere il più potente dei demoni, Mefisto. Egli mi sottopose a sevizie tali da fare impallidire le piccole ‘attenzioni’ che ti sto dedicando ora. Tuttavia, intrigato dal mio odio verso di te, odio che mi diede la forza di resistere, Mefisto mi offrì questo posto di dominio nella Terra Interna. Egli governa lo spazio e il tempo, e sapeva della tua venuta. Sapeva che saresti giunto a me!

“Per qualche ragione, Mefisto crede che gli esseri come te possiedano una qualche ‘purezza’ che li rende immuni al male fondamentale del Limbo...Puah! Che idea assurda! E’ ovvio che Mefisto vuole sviarmi, perché crede che mi prenderò la Godstone dal tuo cadavere...ma a me basta il potere che lui stesso mi darà per portare l’Inferno su Altro Regno. Sarà più che sufficiente. Perché Mefisto stesso mi ha fatto vedere cosa può fare la presenza del Limbo sulla realtà!”

Delirio. Megalomania. Follia. Dolore, così tanto...Ignorarlo, ignorare le parole. Concentrarsi. Su Max. Parlargli. Difficile. Scudi mentali, scudi karmici, sigilli. Dolore. Max prigioniero dentro la gemma che brillava sulla fronte di Tyrk. Antesys, aiutaci. A cosa serve essere così potente da frantumare le stelle, se non posso aiutare chi mi è caro? Perché non posso sentirlo, come quando ci fondemmo la prima volta?[xxii]

Ma la supplica non ebbe risposta.

Le mani di Tyrk brillarono di energia, e il suo tocco contro il petto fu peggio dell’acido!

 

Karkas. La Patria.

Il primo rifugio costruito dal Popolo Felino quando questi venne esiliato nel Limbo. Allora erano innocenti, gatti trasformati in giocattoli antropomorfi da stregoni capricciosi. Ora sono demoni, corrotti dal paziente, sapiente lavoro di Mefisto. La loro organizzazione ‘politica’ è una patetica reminescenza del mondo in cui i loro antenati vissero. Tyrk detiene un trono vuoto, le cui fondamenta sono costruite sui sacrifici ed il terrore.

Una situazione che solo uno di loro poteva sperare di cambiare. Ed aveva fallito.

Grigar era stato per secoli il campione, il prescelto, il solo a potersi avventurare ‘di fuori’, nella realtà. Questo lo aveva in parte risparmiato dalla corruzione...In parte.

Altro prezioso tempo gli era stato regalato quando, per il suo primo grave fallimento, era stato esiliato in una ‘tasca’ dimensionale lontana dalla corruzione. Si era unito ad una strana congrega di mortali per aiutare il suo popolo.

Ma Grigar era un demone. Impuro. Vulnerabile. Pochi istanti dal suo rientro alla Terra Interna, e Tyrk aveva avuto gioco facile, comandandogli di colpire il suo più prezioso alleato![xxiii] E lui aveva obbedito con...con gioia!

Il suo compenso? Torturato sulla pubblica piazza, legato ad un paio di travi disposte a ‘X’, al centro dell’arena in cui fu sconfitto l’ultima volta. Oggetto di sbeffeggi, percosse, morsi, umiliato e ferito mille volte al giorno. Impotente.

E, peggio di ogni altra cosa, costretto a vedere i suoi simili ridotti ad uno stadio che sempre più li faceva somigliare a grottesche caricature delle fiere creature che furono. Ingobbiti fino ad una postura quasi quadrupede, i musi affilati, quasi canini. Le zanne come sciabole, il pelo duro come il ferro...E le voci! Le voci che un tempo avevano declamato poesie, cantato al mondo perduto, erano ora versi gorgoglianti, ruggiti inarticolati, sibili di serpente.

La stessa Karkas, che da lontano ancora risplendeva del suo splendore originale, era un luogo putrido, puzzolente, marcio, pronto a crollare ad un soffio...

Era la suprema ironia, e Grigar lo sapeva: era comunque troppo tardi.

Liberare il suo popolo equivaleva ormai a portare l’inferno su Altro Regno!

La morte sarebbe stata una liberazione, e Tyrk non lo avrebbe permesso. Re Tyrk non avrebbe permesso ad alcun difensore di Altro Regno di esistere, se non in stato di eterna soffere*!*

Avvenne così in fretta, che per un momento Grigar credette di essere preda di un’allucinazione. L’aria si fece elettrica, ricca di vibrazioni aliene nella loro purezza. Come se un Angelo avesse deciso di irrompere con la sua insopportabile luce nel territorio delle ombre!

Ma c’era qualcos’altro: una sensazione di familiarità. Un qualcosa che toccava le anime dei demoni felini, costringendoli a tacere in...rispetto?

Non poteva essere, diceva la mente, ma il cuore la pensava diversamente. E Grigar credette. E la speranza tornò, in un attimo, a rifiorire.

Perché, in un lampo di luce, nella piazza apparvero due figure: l’angelo e la dea. Un fiero lupo mannaro dal pelo rossiccio, e lei. L’unica e vera “TIGRA!”

Le voci si levarono come una, colme di stupore e reverenza. La furia dei demoni fu letteralmente placata all’istante. La corruzione di Mefisto fu temporaneamente eclissata da un incantesimo che legava a lei coloro che, a tutti gli effetti, erano i discendenti della prima Tigra e del primo Balkatar.

I due, gli unici in piedi, stavano in posa da combattimento...ma era chiaro che non ce n’era bisogno alcuno.

E Grigar, i cui occhi erano stati allenati a vedere sfumature che sfuggivano persino ai suoi ‘fratelli’ demoni, notò una cosa curiosa: la purezza dei due esseri non era intrinseca! Tigra e lo straniero erano protetti, protetti da una qualche magia, molto più potente della sottile corruzione, che li avvolgeva come un’aura!

“Grigar..?” Tigra posò finalmente lo sguardo sulla figura ferita. “Grigar! In una piccola esplosione luminosa, un’elegante armatura leggera avvolse il suo corpo. Poi, Il bracciale si rimodellò come metallo liquido, fino a diventare una lama affilatissima.

Una lama che la donna ferina usò per liberare l’ex-Balkatar, che, privo di forze, le piombò fra le braccia. “Mia signora...” riuscì a dire il maschio con voce roca, debole, quasi sommersa nel coro di brontolii che ora si stava levando dalla folla. Sapeva che fra poco, reverenza istintiva o no, ci sarebbe stato da versare sangue. “Ascoltami...Nel Palazzo Reale,” e indicò il maestoso edificio con la testa, “c’è l’unico essere capace di salvarci tutti. È prigioniero...Ti prego...”

“Grigar, ma tu...”

Lui riuscì a rimettersi in piedi. “Le mie condizioni non sono importanti.” I suoi occhi corsero alla folla, ormai in piedi “Guardali: fra poco essi faranno del loro peggio per impedirti di avvicinarti al palazzo. E ogni momento è prezioso...Chi ha dato questa protezione a te ed al tuo compagno?”

“Uh? Anubi, è stato lui...”

Grigar annuì. “E’ potente. Basterà, per ora. Adesso...” strinse gentilmente i polsi di lei. Immediatamente, un flusso di energia scorse come acqua dagli arti di Tigra a quelli del demone, le cui ferite scomparvero rapidamente, mentre il vigore perduto tornava a scorrere nelle sue vene. “Ti spiegherò dopo. Ora, andate; a loro ci penserò io.”

La folla aveva esitato, indecisa. Ora, nel vedere i due stranieri scattare verso il Palazzo Reale, non ci fu alcuna indecisione: con un ruggito orrendo, i demoni si diressero come uno verso di loro...Almeno, tale era la loro intenzione.

Il terreno fra loro e le loro prede si aprì in una fenditura, questa percorsa da una specie di muro di luce verdastra!

Grigar atterrò con un salto davanti agli altri demoni, brandendo la sua ascia runica satura di energie. Grigar sorrise. “No, fratelli: fosse l’ultima cosa che faccio, non vi permetterò di sacrificare la nostra ultima speranza!”

 

“Non per farla difficile, tesoro, ma non ci sto capendo un’acca. Tu?”

Gli abitanti di Karkas, disorganizzati nella loro follia, poterono solo ringhiare e ruggire alla vista degli intrusi che saltavano di tetto in tetto, nel mare di case di roccia che costellavano come funghi il terreno intorno al Palazzo Reale.

Solo un paio, per ora, tentarono di intercettarli –Tigra accolse il primo con un colpo di artigli che lo mandò a rotolare in strada a reggersi il muso. Sabre andò meno per le spicce: fece spuntare una lama dal polso sinistro, e squarciò il petto del malcapitato avversario!

“Ti ho già detto della ‘mia’ missione: liberare il Popolo Felino[xxiv]. Quello che non sapevo era come...Be’, pare che ora ci sia un modo, e non intendo perdere tempo a guardare in bocca a caval donato. Per ora.”

“Conosci così bene quell’essere da fidarti di lui?”

“E’ stato uno dei miei amanti, Jack.” Dannazione, doveva ricordarsi di usare i nomi in codice! “E per quanto orgoglioso e fetente, a me non oserebbe mentire...Senza contare che se fosse una trappola, avrebbe avuto gioco facile quando loro erano in sovrannu...eh?”

Le loro sensibili orecchie li percepirono per tempo: missili. Saltarono uno a destra e l’altra a sinistra, mentre la casa sotto di loro veniva distrutta!

“Che diavolo ci fanno degli aerei, qui?!” esclamò Sabre, rimettendosi in piedi dopo essere atterrato con una capriola.

Dall’altra parte della strada, che i demoni stavano evacuando in preda al panico, Tigra levò lo sguardo. “Non sono aerei...” mormorò.

In effetti, quelli che sembravano eleganti predoni dalle metalliche carni si rivelarono essere delle cose vive, delle imitazioni che a distanza ravvicinata mostravano le loro qualità organiche –come una bocca da squalo sotto il muso dotato di occhietti malefici!

Le cose-caccia, uno stormo di cinque, risero e spararono una pioggia di proiettili organici. I due guerrieri scansarono anticipando quella mossa, e si nascosero ognuno dietro una casa. Un rifugio del tutto temporaneo, certo, ma sufficiente per preparare un contrattacco!

Sabre fu il primo: umano di nascita, maledetto dall’influsso del Darkhold, in quella parte del Limbo la sua forza mistica era potenziata come non mai! Con un solo salto, fu addosso ad un ‘apparecchio’ –un salto fatto di eclettiche contorsioni, che lo resero un bersaglio imprendibile

per il tempo necessario ad atterrare sulla ‘calotta’ del pilota –un posto occupato da niente altro che una massa di carne amorfa. Al solo contatto con la ‘carne’, gli artigli avvolti dalla magia protettiva di Anubi fecero sfrigolare il materiale che per il licantropo era tenero come burro!

La cosa-aereo urlò, impennandosi come un cavallo impazzito, ma Sabre non perse la presa. Anzi, il mannaro levò un braccio, la lama già pronta.

Ed affondò! Un colpo dritto nella ‘calotta’.

La cosa-aereo non si impennò, non urlò, non esplose. Semplicemente, esorcizzata dalla tremenda aura di Anubi, si disintegrò.

Tigra, protetta dalla sua armatura –roba forte, evidentemente potenziata dalla magia del Limbo- intenta a fare da ‘bersaglio mobile’ per il resto dello stormo, guardò con orrore un sorpreso Sabre cadere da un’altezza di non meno di 20 metri!

Purtroppo, guardare era il massimo che le sarebbe stato consentito: gli altri ‘apparecchi’ tornarono all’attacco, concentrando raffiche su raffiche di ‘proiettili’, sicuri di potere sovraccaricare le difese del nemico...

Non avrebbero mai scoperto se era un buon piano. Come una cometa fiammeggiante, un’ascia rotante attraversò due di loro, distruggendoli sull’istante!

Un attimo dopo, Grigar arrivò al fianco di Tigra. “Guerriera, stai bene?”

 

Sabre atterrò senza danno, protetto dagli ammortizzatori del suo scheletro cibernetico. Tese il braccio, e dal comparto nascosto nel polso partì, questa volta, un cavo monomolecolare terminante in una punta a rampone.

Il cavo si infilò senza resistenza alcuna nel ventre di uno dei ‘caccia’ rimasti. Ondate di energia da un generatore mys-tech attraversarono il cavo fino al bersaglio. Il risultato: prevedibile.

“Davvero molto bene, stranieri! Sono piacevolmente sorpreso.”

Tre paia di occhi si voltarono ad incontrare lo sguardo crudele di Arisen Tyrk. L’uomo stava su un terrazzo, le mani sui fianchi in posa plastica. “La vostra resistenza è esemplare. Renderà più divertente strappare l’ultimo respiro dalle vostre carcasse.”

La gemma sulla sua fronte brillò.

 

<John..?>

Il dolore scomparve d’un colpo, lavato via dalla benefica ondata di speranza che travolse la mente di Stargod. <MAX!>

<Tyrk ha perso parte della sua concentrazione su di me. John, pulcino...Perché stai facendo questo?>

<Cosa?>

<Devi reagire! Puoi liberarti in qualunque momento. Tyrk deve essere sconfitto!>

<Tyrk ti ucciderebbe! Finché sei nella sua gemma, lui...>

<Io non sono così importante, John. Se muori tu, Altro Regno, forse l’intero Microverso sarebbero alla mercé di quel mostro. È questo quello che vuoi?>

<Tu sei importante. Per me. Io non ho accettato di difendere...>

<Stai mentendo a te stesso.> La voce mentale del dragone era amareggiata, ora. <Hai accettato di tornare al tuo ruolo di protettore prima di conoscere me. Saresti pronto a rinnegare il tuo destino per un sentimento?>

<Max...> l’uomo-lupo ringhiò con voce roca. <Maledizione, io ti amo! Sei il primo che mi abbia fatto conoscere la pace interiore! Non ti perderò, non mi importa per quale ragione!>

 

“Spero che abbiate apprezzato i miei demoni-caccia. Certe creature di questo piano sono così malleabili...Come lo diventerete voi, e presto.”

In risposta alle parole di Tyrk, Grigar lanciò la sua scure con tutta la forza che aveva in corpo!

Tyrk estrasse la sua spada, e con un solo colpo deviò l’arma, che tornò in mano ad un sorpreso Grigar.

Il Popolo Felino ora circondava il terzetto. Grigar roteò su sé stesso, lasciando che la sua ascia generasse un letale cerchio di energia che li tenne a distanza.

Tyrk ghignò. “Mi dispiace, mezzo-demone, ma io comando, qui, eh? Ma voglio essere generoso: ti lascerò la possibilità di strisciare a me, per tornare a ricoprire il tuo ruolo originale, vista la tua combattività...” Improvvisamente, il suo sorriso si incupì.

 

Anche Tigra, Grigar e Sabre lo percepirono. In particolar modo, i due eroi della Justice, Inc. –era come se, improvvisamente, qualcosa stesse affievolendo l’aura protettiva di Anubi!

Grigar seppe all’istante cosa stava succedendo. Ancora una volta, la barriera fra Limbo e Realtà stava richiudendosi!

 

<John. Io ti amo più della mia stessa vita...Ma altresì ti rispetto per il ruolo che copri.

<La tua responsabilità deve andare prima verso coloro che contano su di te...Dimmi una cosa: quando salvasti il Microverso dal collasso gravitazionale[xxv]...Lo avresti fatto lo stesso, se avesse significato abbandonarmi alla morte?>

<Max...>

<Avresti preferito abbandonare innumerevoli mondi abitati? Lasciare morire ancora più innumerevoli innocenti per me? Uno contro tutti? Valgo così tanto?>

La vergogna sopraffece ogni dolore fisico. Non era giusto. Non era giusto! L’uomo-lupo ricordava bene la propria determinazione a sacrificare anche sé stesso, per focalizzare le energie della Godstone in un processo di una potenza inimmaginabile.

Era anche vero che quel sacrificio non era un gesto di eroismo. Era stato solo un tentativo di fare almeno una cosa importante nella sua incasinata vita, un altro tentativo di redenzione, per provare a sé stesso che Man-Wolf non era solo un selvaggio incontrollabile..!

Avrebbe immolato coloro che credevano in lui per i propri sentimenti? Per un ultimo, supremo atto di egoismo?

<Io...Perdonami, Max. No. Neanche tu vali così tanto.>

Il corpo del dio fu avvolto da una fiammante aura luminosa. La voce di Antesys cantò nella mente e nello spirito.

Così sia, figlio mio. Sono fiera di te, Che la mia approvazione sia la tua vittoria.

 

“No, non ora!” Tyrk fu preso dal panico. “Mefisto mi ha promesso la libertà, se avessi ucciso Stargod! Non può tenermi confinato qui, non*” terminò la frase in un verso di dolore, quando l’ascia lo colpì allo stomaco! La corazza resistette, ma ugualmente il tiranno fu scaraventato contro il muro. Si accasciò, completamente privo di sensi.

 

Una piccola vittoria di Pirro, ad ogni modo: la barriera si richiuse in quel momento. Di conseguenza, il contatto con Anubi fu perso!

Tigra si piegò in due e lanciò un verso di dolore, mentre lo spirito della guerriera ferina reclamava violentemente il possesso del corpo di Greer Nelson. Allo stesso modo, l’oscura natura del licantropo sommerse il raziocinio di Jack Russell...

In quel momento, una sorta di fiamma eruttò da una finestra del palazzo reale!

Nello stesso istante, Tyrk si riebbe...giusto in tempo per vedere il suo gioiello esplodere! Brillò come una piccola nova, prima di eruttare a sua volta una fontana di luce azzurra.

Il raggio si unì alla fiamma. La potenza generata avrebbe incenerito chiunque avesse avuto la sventura di trovarsi vicino a quella sfera di potere.

Era difficile immaginare che da una simile forza potesse emergere un ordine,

una forma,

una vita, un essere unico che era due menti, due cuori, due spiriti. Con un corpo solo. Uno scopo solo.

Era dragone ed era lupo. Scaglie azzurre rimodellate come una corazza invincibile decorata di bianca pelliccia e con un muso lupino.

Ignorando il suo nemico, il gestalt rivolse la sua attenzione al piccolo dramma a due nella strada. Un solo gesto, ed una nuova protezione fu estesa intorno a Tigra e Sabre. Poi, il gestalt si rivolse ad un esterrefatto Tyrk.

“Questa è la tua fine, demonio. Questa volta...” disse la figura con la voce sia di Max che di Stargod. Poi, essa tremolò, si divise in due globi di luce,

uno dei quali atterrò davanti a Tyrk, per poi assumere la forma del dio, perfettamente guarito, e totalmente furioso. “...mi assicurerò personalmente della tua morte! Alzati!” Ed estrasse la sua spada

Tyrk lo fece, estraendo la propria. “Hai fatto un errore, usurpatore: hai gettato al vento l’unica possibilità a tuo favore. Io non sarò così pietoso!”

I due nemici si scagliarono l’uno contro l’altro, uno ruggendo l’altro urlando. Il contatto delle loro lame lanciò bagliori incandescenti.

 

Max, intanto, si era voltato verso la folla assassina degli abitanti di Karkas, pronto a tenerli a bada al minimo segnale di attacco...Ma, apparentemente, non c’era bisogno della sua opera, in tale senso: i demoni guardavano il duello sul terrazzo come se la loro vita dipendesse dall’esito.

E, in un certo senso, considerò Grigar, avevano ragione.

 

Tyrk poteva essere, per anzianità e per esperienza, meglio versato in quel duello...Ma John Jameson era, a sua volta, uno che imparava in fretta. Aveva dalla sua una lunga lista di battaglie con super-esseri, dall’Uomo Ragno al Seminatore di Odio, al Principe Ssylak. Era veloce ed agile, ed a suo confronto Tyrk si muoveva nella melassa. Il lupo parava ogni affondo quasi senza sforzo.

La verità era che, a questo punto, Stargod voleva saziare la sua sete di vendetta con calma. Voleva vedere Tyrk sudare per una vittoria che non avrebbe avuto, godere dell’odore della sua crescente paura, guardare la sua faccia perdere la delirante sicurezza di sé...

Prima di tagliargli di netto il braccio che reggeva la spada!

Tyrk urlò atrocemente, reggendosi il moncherino sanguinante.

Stargod sorrise, un sorriso di puro predatore.  Rinfoderò la spada, poi afferrò Tyrk per la gola. “Mi hai definito ‘pietoso’, Tyrk...Ma puoi credermi: non hai un’idea di quanto non lo sia!” e dicendo ciò, infilò la sua mano come un coltello nello stomaco di Tyrk! Un colpo deciso, che sfondò l’armatura come carta. Un colpo che sfondò lo stomaco come un sacco di tela. Un colpo mortale, ma non rapido. Tyrk ebbe il tempo di sputare sangue, fissare con inutile spregio il suo nemico negli occhi...prima di esalare l’ultimo respiro, di afflosciarsi...E di trasformarsi in una massa informe di materiale organico, come una medusa al sole, fino a che del tiranno non rimase che  l’armatura vuota.

Stargod lasciò andare il guscio. <Grigar.>

Il felino rispose mentalmente, i pensieri carichi di angoscia. <Stargod. Io...>

<So già tutto, dalla tua mente. E so che non è stata colpa tua...Grigar, io ho il potere per portarci fuori di qui. Tutti. Ma devo sapere dove andare. E...>

<Ti aiuterò volentieri. Ma, Stargod. Credo che dopo, le barriere torneranno a chiudersi...> Grigar non ebbe il coraggio di dirlo. Gli costava non poco il non mostrare la propria disperazione...

Del resto, Stargod non aveva bisogno che il poveretto andasse avanti: aveva estratto dalla sua mente anche quell’informazione. E sapeva quanto gli costasse lasciarsi indietro i suoi fratel*

Stargod spalancò gli occhi. <Grigar. Non possiamo tornare su Altro Regno. Non ora!> La paura nei suoi pensieri era più eloquente del terrore nei suoi occhi. E si trasmise a tutti.

La paura del suo ‘male’ interiore, che credeva di avere, almeno per ora, domato. Un male che poteva minacciare un mondo. Un male che il dio-lupo avvertiva invece attivo, e proprio nel suo mondo[xxvi]!

<Devo andare sulla Terra. Adesso.>

 

Episodio 16 - Il cuore nero della palude

 

Come aveva fatto, a cacciarsi in questo casino?

 

Richard Rennsaeler, il mutante un tempo noto come Overrider si pose questa domanda a ripetizione, ancora sperando, da qualche parte dentro di sé, di essere finito in qualche lunghissimo incubo da crauti.

Purtroppo, sapeva benissimo di essere sveglio e di essere prossimo a fare una fine orrenda!

Viticci spessi come braccia lo stringevano con una forza da squartare all’istante un uomo normale. L’armatura di Iron Monger teneva, ma le giunture erano sottoposte ad uno sforzo che presto le avrebbe distrutte. E la tensione era così bene distribuita, che non un movimento gli era permesso.

Cinque metri sopra di lui, sospeso fra getti di energia generati dalla vegetazione della palude, stava sospeso una specie di cuore pulsante, un organo fatto non di carne ma come di corteccia putrescente. Un ‘cuore’ oscuro capace di comunicare mentalmente, facendo accompagnare alle ‘parole’ delle emozioni malevole, fameliche come la sua dichiarazione. <Tu sarai sacrificato, perché io possa ricostruire le vite che mi sono state sottratte.>

I tentacoli, cose sottili, limacciose e di un colore verde marcio, iniziarono a strisciare nell’elmo, dalle fessure della bocca e degli occhi. La puzza di quelle cose quasi lo fece vomitare...

Decisamente non era questo che aveva in mente, quando aveva accettato quella maledetta offerta...Ma era anche vero che lo avrebbe rifatto, se questo fosse servito a suo figlio, Andrew.

Andrew era entrato in uno stato autistico, un effetto della ‘psicosi nucleare’, la paura estremizzata che il mondo sarebbe potuto finire da un giorno all’altro a causa delle armi nucleari sparse per il mondo, pronte ad essere usate...

Richard era stato un agente dello SHIELD, aveva fatto carriera e soldi...ma anche quelli, alla fine, erano finiti. Aveva allora deciso di aiutare suo figlio eliminando tutte le armi nucleari usando i propri poteri di controllo sulle macchine...Ma aveva fallito, ed era stato quasi ucciso.

Poi, aveva accettato di lavorare per dei criminali, pur di guadagnare il denaro necessario per le cure ad Andrew...ed ancora era stato sconfitto, imprigionato!

L’offerta di Mary Elizabeth Sterling di unirsi ad una specie di gruppo, in una ‘crociata’ per liberare un reame extradimensionale da un invasore alieno, gli era sembrata non meno pazzesca di quello che aveva visto sotto lo SHIELD. Per giunta, la donna aveva mantenuto la sua parte, pagando una cifra spettacolare per le cure di Andrew. Solo per questo, le avrebbe dato la vita.

Non sapeva ancora quanto era vicino alla realizzazione di quell’intento..!

 

Ma, nel suo terrore, Iron Monger aveva dimenticato che l’armatura MKIII possedeva un efficace sistema di difese interne, studiate per questo tipo di ‘infiltrazioni’: nel caso specifico, unità ad ultrasuoni, che polverizzarono le infiltrazioni subito dopo che queste furono spezzate dal chiudersi dei sigilli.

Con il sollievo, tornò altra lucidità. Rennsaeler realizzò di non essere del tutto indifeso,

non quando poteva attivare il campo di forza dell’armatura! Energia elettromagnetica, sufficiente per resistere a un missile Stinger o al calore della Torcia Umana...o per dare una bella scossa ai viticci!

Il cuore nero urlò il proprio dolore nella sua mente, gli alberi e la terra stessa furono percorsi da un tremore, ma le liane mollarono la presa.

 

Senza saperlo, l’uomo chiamato Diablo era stato molto fortunato. L’angolo e la velocità di caduta lo avevano spinto nelle sabbie mobili come un ciottolo lanciato nell’acqua per una gara di rimbalzo. E poiché le sabbie mobili hanno una densità appena superiore a quella dell’acqua, lo sprofondamento del corpo del mastro alchimista si era spontaneamente interrotto, lasciandolo libero, nel frattempo, di respirare.

E quando la palude aveva vibrato ed urlato il suo dolore, Estaban Corazon del Diablo fu svegliato. In un momento, analizzò e comprese la situazione. Passò la lingua su uno dei suoi folti baffi; un attimo dopo, al posto dell’uomo c’era una nuvoletta di gas inerte!

Diablo si diresse a riva, dove riprese la sua forma umana. Contemporaneamente, dal cielo venne un tremendo ruggito!

Diablo levò lo sguardo. Nel cielo, sopra il tetto verde, c’era un gigantesco dragone, una creatura elementale composta interamente di fuoco. Aveva la bocca spalancata, il collo teso in avanti. Stava preparandosi a...

 

La raffica di plasma lo colse di sorpresa! La lega dell’armatura tenne, e così pure i sistemi di raffreddamento, ma l’impatto fu anche fisico. Iron Monger fu scaraventato di nuovo a terra, alla base dell’ennesimo albero.

Di nuovo, le liane lo avvolsero. Figlio di..! Sta cercando di farmi esaurire le energie! Un vero peccato che l’armatura non fosse alimentata a particelle Beta, come il Mark I...Purtroppo, come Stark stesso aveva informato lo SHIELD, quell’alimentazione era instabile, alla lunga.

In compenso, la mancanza era ora supplita da altri sistemi di back-up –per la precisione, dagli accumulatori solari fino a quel momento inutilizzati! Accensione!

Iron Monger strattonò, e di nuovo fu libero. Sopra di lui, il serfita si preparò ad un altro attacco...Quando fu aggredito da un suo simile, o meglio, da un uomo di fuoco! I due si strinsero in un abbraccio letale, in perfetto equilibrio.

E ora che diamine..? Ma i pensieri di Iron Monger furono subito rivolti al cercare un riparo finché poteva. Volò via a tutta birra, mentre la tragedia nel cielo si consumava...

 

Ad un segnale mentale, l’avatar abbandonò il suo avversario. Il serfita, per ordine del suo padrone, inseguì l’avversario. Era chiaro che non poteva distruggerlo, perciò lo avrebbe inglobato per rinforzarsi!

Un ultimo sforzo, e l’avatar aumentò la distanza. L’inseguimento proseguì fino a quando, inaspettatamente, l’avatar esplose –una fiammata di una potenza pari a quella della fiamma-nova della Torcia Umana, che, anche se costò la ‘vita’ all’avatar, consumò ogni traccia di ossigeno, effettivamente spegnendo anche il serfita!

 

“Però!” commentò Rennsaeler. Non fosse stato per le lenti polarizzabili, sarebbe rimasto accecato da quello spettacolo...

Improvvisamente, si irrigidì. Diablo! Se ne era dimenticato, porca...

“Lo prenderò come un ‘grazie’,” disse la voce dell’alchimista, alle sue spalle.

Iron Monger si voltò, tirando un sospiro di sollievo. “Mica male, quel trucco.”

Diablo si lisciò un baffo. “Mi piacerebbe prendermene il merito, ma l’ho imparato da una delle mie fallimentari esperienze contro i Fantastici Quattro...” sorrise. “Sai una cosa? Avevo dimenticato quanto fosse dolce il sapore della vittoria...”

 

Per contro, il sapore della sconfitta era due volte più amaro.

Soprattutto quando lo sconfitto era una creatura che si riteneva infinitamente superiore a due miseri mammiferi alieni.

“NO! Luridi, piccoli...insetti!” vomitò la parola insieme ad un torrente di fiamme. La sua ira causò un tremendo ribollire del mare di lava che lo circondava.

Nelle Caverne dell’Abisso della Disperazione, Satranius, il grande dragone rosso, dalla pelle di roccia ed il sangue di napalm, fissò con rinnovato odio lo specchio di fuoco, in cui stava osservando i due umani. Simulare la ‘voce’ mentale del loro leader, Stargod[xxvii], a quel punto, sarebbe stato inutile: colui chiamato Diablo era troppo cinico per cadere 2 volte nella stessa trappola. E non poteva creare un altro serfita adesso, o sarebbe stato interpretato come un atto ostile..!

Un cenno della colossale zampa, e lo specchio mostrò il cielo di Altro Regno. L’eclisse era al culmine: le due lune gemelle, una appena più grande dell’altra, erano perfettamente sovrapposte al centro del disco solare, formando l’immenso, severo Occhio di Antesys.

Per 23 ore, tanto durava una rotazione di Altro Regno, l’occhio sarebbe stato visibile in tutto il mondo. Per 23 ore, chiunque avesse osato un’azione di guerra od ostile alla vita ed alla pace, sarebbe stato giudicato dall’Onnipotente Antesys in persona. Non ci sarebbero state punizioni, in questa vita...ma dopo, sarebbe stato un altro discorso!

Altro cenno, altra visione: un enorme veliero fatto di ossa, sospeso in un limbo spaziotemporale, dove il Giudizio di Antesys non poteva arrivare.

Satranius sorrise. Almeno, quei due ‘Cavalieri di Stargod’ non avevano scampo –una piccola consolazione, di fronte all’umiliazione appena subita, ma pur sempre un passo in avanti per la riconquista del dominio che spettava ai grandi dragoni!

Il sorriso si accentuò -senza contare che i due umani erano ben lungi dall’essere fuori pericolo..!

Poveri stolti! Neppure io oserei avventurarmi là dentro, non senza un nutrito appoggio esterno. Neanche Stargod potrà trovarvi, se la palude non lo vorrà..!

 

“E’ solo un’impressione mia, o...” Iron Monger fissava il tetto di foglie sulle loro teste. O, senza saperlo, si erano infilati in una zona particolarmente fitta della palude, oppure...

“Non è una tua impressione,” disse Diablo, accigliandosi. “Il tetto verde si è chiuso spontaneamente. La palude vuole tenerci qui.”

Iron Monger ripensò a quel mostruoso cuore oscuro, e non dubitò un momento della veridicità di quella frase. “Per cui, che si fa?”

“In virtù della tregua globale, non possiamo scavarci la via d’uscita. Dobbiamo trovarla, la strada...” un sorrisetto. “Paura?”

“Solo di radere al suolo tutto ‘sto verdurame, farmacista d’alto loco.”

I due si fissarono in cagnesco, ma alla fine si avventurarono a piedi nel cuore della palude.

 

“Questo posto è peggio di Okefenokee,” disse Iron Monger. Erano ormai 2 ore che viaggiavano su una rotta irregolare costellata di acquitrini e sabbie mobili mimetizzati, radici così grosse che bisognava per forza passarci intorno, e sciami di insetti che avrebbero fatto venire gli incubi a David Cronenberg. “Perché non consultiamo uno dei tuoi spiritelli acquatici, come quello che quella specie di drago di fuoco aveva distrutto? Una guida ci farebbe como...”

Senza voltarsi, Diablo lo interruppe un cenno seccato della mano. La sua voce tradì impazienza. “Anche se in questo mondo il mana è abbondante, non lo sono le mie pozioni, tecnomane. Ne ho usate molte per liberarci di quell’elementale, e...”

“Mi scusi tanto, vostra signoria! La prossima volta, mi limiterò a chiederti le previsioni del tempo. Va bene?”

Diablo mormorò qualcosa. Iron Monger proseguì. “Questo ambiente mi è totalmente estraneo, non so nemmeno da che parte girare la testa per...Cos’avevi detto?”

“Ho detto: siamo degli idioti.”

“Eh?”

Diablo si fermò, si voltò e puntò un indice al petto metallico. “Idioti. Per non avere pensato entrambi alla tua armatura. Invece di stare lì a piagnucolare in attesa del prossimo ordine, perché non provi ad usare la testa come avrei dovuto fare io? Hai degli scansori a lungo raggio, fra i tuoi strumenti, giusto? Cosa aspetti ad usarli per trovare eventuali tracce di altri abitanti di questo posto??”

Rennsaeler ebbe voglia di darsi una pacca sulla fronte –ma la cosa più irritante era che era quel criminale, ad avere ragione! Subito attivò gli scansori. Signore, fai che ci sia un insediamento dei Tok nei paraggi, così svolgo la mia ultima missione in questo mondo di pazzi!

Ma, fino a quel momento, per quanto concentrata fosse la sua attenzione, di una simile oasi di tecnologia, come quella incontrata poco tempo prima[xxviii], non ne rilevava l’ombra...Hm?

In compenso, rilevò le emanazioni termiche! Poca roba, ma prova sufficiente che a ore 5 c’era qualcuno che sapeva usare il fuoco. Una rapida analisi spettrografica confermò che non si trattava di fuochi naturali di metano, i fuochi fatui. “Bingo. L’ultimo che arriva è un uovo marcio!” E detto ciò, si levò in volo a tutta birra. Pochi istanti dopo, già si udivano i rami spezzarsi pietosamente.

Mettendo mano ad una delle sue fiale, Diablo sospirò –non tutti potevano arrivare alla saggezza dei 1.000 anni di età, dopo tutto...

 

Iron Monger arrivò alla fine del suo viaggio: atterrò alle porte di un villaggio.

Era un agglomerato di palafitte di canne tenute insieme da intrecci di viticci, sostenute su pilastri di solida pietra, nel mezzo di una radura. Tutte le palafitte erano disposte in cerchio, in modo che le piattaforme su cui poggiavano le capanne vere e proprie formassero una piazza sopraelevata. Un grande fuoco, almeno a giudicare dagli scoppiettii e dal gioco di luci, stava bruciando al centro di quella piazza.

Diablo atterrò al fianco del guerriero. “Segni di vita?”

“Sto già controllando: niente di niente. Sembra una replica della Mary Celeste.”

“Hm. A questo punto, tu che faresti?”

L’uomo in armatura annuì. Cominciava a ritrovare il gusto della tattica applicata. “Andare lassù, ed aspettare. Quelli che hanno messo su quel fuoco dovranno tornare, e noi dobbiamo essere in posizione di vantaggio. Vuoi un pass...OCCHIO!”

Ringraziando il radar, spinse Diablo appena in tempo, 1 secondo prima che la lancia fendesse il punto in cui l’alchimista si trovava! Ma da dove diavolo veniva? Gli scansori non avevano rilevato traccia di...

vita? “Signore onnipotente.”

Ecco, quella era una vista che all’ex-agente SHIELD ancora mancava. La vista di scheletri umani armati che stavano emergendo dalla melma. Scheletri i cui denti erano zanne acuminate, le orbite ferine, le ossa dotate di lame proprie. Tutti erano coperti da un’armatura, ed impugnavano chi spade e scudi, e chi lance.

“No, non è possibile...” l’ansimare dell’uomo si trasformò rapidamente in una specie di ringhio. “Basta...BASTAAAAA!! Non ne posso più di mostrimostriciattoliedaltriorroriiii!” e nel gridare quasi maniacale, Iron Monger lanciò a mitraglia dalle mani le più potenti scariche di repulsori del suo arsenale! L’intera radura si trasformò in un inferno di energia, esplosioni ed ossa fracassate. “Mi avete capito? Quando uno è morto, almeno deve restare morto!!!” E solo quando ebbe terminato la frase, si accorse di avere letteralmente fatto piazza pulita! I pezzi più grossi del nemico erano frammenti di costole e qualche falange fra i crateri fumanti.

Diablo si mise in piedi. Se fosse stato credente, si sarebbe fatto il segno della croce: era la prima volta che vedeva espresso un simile potere di devastazione rapida da colui che credeva il più debole del gruppo!

Lentamente, Iron Monger smise di ansimare, i palmi ancora crepitanti di energia. “Spero di essermi spiegato.”

“Ti sei spiegato molto bene, straniero. E grazie.”

Una fiala sembrò spuntare per magia nella mano destra di Diablo, Iron Monger puntò il braccio, pronto a sparare a...

...Un elfo. Decisamente, un ‘parente’ degli abitanti di Woodgard. Un maschio magro, dal fisico scattante ed elegante, le orecchie a punta e un paio di grandi occhi verdi e attenti, la pelle verde come le foglie degli alberi. Come abbigliamento, non indossava niente più di un perizoma. Come armi, portava una cintura di radici intrecciate con attaccata la fodera per un pugnale –lo stesso oggetto di ossidiana che stringeva nella sinistra. Aveva anche un arco ed una faretra, entrambi sulle spalle. “Mi chiamo Valriss, e sono la sentinella preposta alla difesa di questo villaggio. A nome del mio popolo, i ringraziamenti per avere eliminato queste orde di Indegni. Sono state una vera piaga per noi...finora.”

“’Indegni’? E gli altri, la tua gente, dove sono?” fece Iron Monger, abbassando il braccio. E come aveva fatto quello scricciolo lì a nascondersi ai suoi strumenti??

Valriss rinfoderò il pugnale, ed avanzò verso gli stranieri. Annuì. “Sono parte di un esercito che, secoli prima, tentò una guerra durante il Giorno del Giudizio. Morirono tutti per nostra mano, ma non ebbero più il diritto alla pace, e da allora infestano questa zona, svegliandosi non appena un vivente passa sul cimitero che fu il campo di battaglia.” Ed indicò con un ampio cenno del braccio il suolo sotto i loro piedi. Poi, la sua espressione si fece mesta. “Quanto agli abitanti del villaggio...loro sono andati via. Io sono rimasto qui, quale ultimo custode, per tramandare la loro leggenda.”

Fu ricambiato da un paio di occhiate interrogative.

Valriss indicò la piazza con un dito. “Lassù ci sono i nostri canti. Stranieri, se riusciste a portarli al Regno di Woodgard, i nostri cugini saprebbero che non abbiamo abbandonato questa terra per vigliaccheria. È molto importante.

“Io non posso lasciare questa palude...Il Cuore Nero me lo impedisce, è troppo forte, e mi consumerebbe come ha fatto con tanti altri.”

Adesso le occhiate, i due super-esseri le scambiarono tra loro, sapendo esattamente l’uno cosa pensava l’altro.

L’elfo non aveva ragione di mentire: era quindi chiaro che dovevano sconfiggere il Cuore Nero, o non uscivano vivi da quel posto. Un favore in più sulla strada, almeno, avrebbe figurato bene agli occhi di Stargod...

E, ad ogni modo, se potevano riposare e recuperare le forze, nel frattempo, tanto di guadagnato!

 

I tre sedevano vicino al fuoco, su stretta raccomandazione di Valriss. Il fuoco teneva lontani gli Indegni, aveva detto –e, infatti, di sotto si potevano udire i sinistri suoni dei passi scheletrici, ma nessuno osava prendere la scala che portava alla piazza. I nonmorti erano ancora più spaventosi nel loro silenzio: niente versi osceni o grida tormentate, solo il ‘click clack’ delle articolazioni, il tintinnare del metallo e lo strusciare dei piedi contro il fogliame.

La cena era consistita, per l’elfo, in una specie di via di mezzo fra un roditore ed una scimmietta del colore degli alberi in cui aveva inutilmente cercato di mimetizzarsi. Rennsaeler aveva francamente preferito gli ‘omogeinizzati’ contenuti nell’armatura. Diablo non aveva toccato boccone, e non sembrava assolutamente risentirne...

Decisamente, l’alchimista era più interessato al racconto di Valriss.

“Il Cuore Nero è…L’incarnazione di uno stato di squilibrio.

“Per quanto gli umani possano pensare che la palude sia un ambiente ‘corrotto’, non è così, naturalmente: come le loro sorelle foreste, le paludi vivono di un preciso equilibrio tutto loro. È difficile abituarsi ad esso, certo…dopotutto, qualunque creatura delle foreste o delle pianure ha poche speranze in un ambiente così familiare. E lo stesso vale per chi abita le paludi: morirebbe fuori di esse.

“Vi ho già detto di come ebbero origine gli Indegni. Quello che non vi dissi era che alcuni di loro, Re Trayal ed i suoi sciamani, sapevano benissimo che Antesys li avrebbe mal giudicati. Per tale ragione, quando la battaglia volse a loro sfavore, decisero di rinchiudere la propria essenza nel Cuore Nero. Sarebbero in tal modo vissuti al di fuori del Giudizio di Antesys…almeno fin quando la palude di cui erano diventati parte fosse vissuta.

“Ironicamente, il Cuore Nero vive di quell’equilibrio che Trayal cercò di infrangere quando volle conquistare le paludi. E’ tutt’uno con questo ambiente, ma è anche costantemente affamato, e consuma qualunque intruso senza la minima pietà.

“Peggio ancora, ogni volta che la palude subisce un danno, il Cuore Nero deve consumarne una parte per riprendere le forze. Così facendo, si indebolisce…E’ come un cancro. E alla fine, condannerà l’intera palude.”

Era terribile: Diablo assorbiva quelle informazioni come se si stesse parlando del tempo, mentre lui stentava a trovare un argomento qualunque. “Sai,” disse Iron Monger, alla fine, pescando il primo argomento a casaccio per la testa pur di spezzare il proprio silenzio, “l’idea che là fuori sia ancora giorno dopo 12 ore mi dà i brividi.”

L’armatura era provvista, fra le altre cose, di mini-droni. Iron Monger ne aveva mandato un paio in esplorazione, tanto per restare sul sicuro. Uno era stato spedito al di sopra del tetto verde, e le immagini raccolte venivano convogliate nel proiettore olografico pettorale, che mostrava l’incredibile eclisse in corso sopra di loro, quando avrebbe dovuto essere notte…

“L’Occhio vigilerà fino alla fine,” disse Valriss. Poteva non sapere nulla di alta tecnologia aliena, ma cosa importava? Contava solo che gli stranieri fossero dalla sua parte.

A quella frase, Diablo si sentì scattare qualcosa dentro. Possibile che..? “Valriss.”

“Sì?”

“Iron Monger...Aveva forse infranto la tregua, nel colpire gli Indegni?”

L’elfo gli diede un’occhiata –come se l’uomo avesse appena detto una corbelleria da ubriaco. “Naturalmente no. La tregua vale per chi inizia un atto ostile, o per chi spezza una vita quando aveva i mezzi per evitarlo, o si accanisce oltre la legittima difesa. Voi vi siete difesi dagli Indegni, che erano inoltre già morti...” scosse la testa. “Ma capisco quello che sottintendi: se attaccaste il Cuore Nero...”

“...Per primi, naturalmente,” Diablo fece un curioso sorriso…

 

L’alba dell’ultimo giorno della tregua globale.

 

Da quanto tempo aveva smesso di possedere un pensiero coerente? All’inizio, aveva provato un senso di esaltazione, all’idea di possedere un corpo esteso decine di chilometri quadrati, di potere giocare con quel corpo, influenzare le migliaia di vite che esso ospitava…

Poi, un po’ alla volta, il gioco si era fatto noioso. Per quanto un bambino potesse eccitarsi durante l’esplorazione del proprio guscio, alla fine, lo si dava per scontato…Ma un bambino poteva ancora muoversi, esplorare, comunicare…

Il Cuore Nero non poteva fare nulla di tutto questo…non come un essere umano, almeno. Poteva percepire i sottili mutamenti geologici e meteorologici, ‘comunicare’ con l’esterno attraverso le creature della palude. Poteva estendere pollini, acque, vegetazione, vario materiale genetico…Ma, da tempo, non avvertiva più il bisogno di uscire dai propri confini. La Fame era una seccatura occasionale…

Nonostante tutto, il Cuore Nero era diventato un essere quieto, appagato. Aveva già dimenticato i fatti di quella mattina. Aveva consumato una parte del proprio ‘corpo’, e tanto gli bastava…

Fino ad ora.

“Ehi, carciofone!”

Gli alberi ebbero un fremito. Per loro, ignoranti di tecnologia stealth, lo straniero corazzato era apparso all’improvviso.

Iron Monger disse, “Sì, sto parlando a te, avanzo del mercato ortofrutticolo. NYANYANYANYA!” e, appoggiati i pollici alle tempie, fece uno ‘sberleffo’ da manuale!

La risposta fu pressoché fulminea: l’acqua sotto i piedi di Rennsaeler esplose!

“Nervosetti, eh?” e mentre radici e liane, se possibile ancora più grosse e robuste di quelle già affrontate, andavano ad avvolgerglisi addosso, da due alloggiamenti nella schiena partì una doppia coppia di missili.

Le armi, troppo veloci per essere intercettate a quella breve distanza, esplosero contro il guscio del Cuore Nero.

 

“Perfetto. La provocazione è riuscita in pieno.”

Difficile credere altrimenti, quando l’intera palude fu come percorsa da un’onda sismica, mentre allo stesso tempo l’aria fu riempita da un poderoso grido inumano! Alberi crollarono come stuzzicadenti, gli acquitrini ribollirono, animali emisero versi di panico.

Valriss era preoccupato non poco. In mezzo al caos, invece, Diablo era come un’isola di quiete. Aveva speso le ultime ore della notte per preparare un determinato incantesimo –Valriss era stato chiaro: il Cuore Nero era a tal punto una sola cosa con la palude, che distruggerlo le avrebbe inflitto a sua volta il colpo di grazia.

Estaban Corazon del Diablo era preparato. Sulla Terra, ricorrere all’Universalis Artis Sapientia gli sarebbe potuto costare l’anima, in quanto la relativa assenza di mana lo costringeva a fare ricorso alle proprie energie vitali. Qui, invece, l’abbondanza dell’elemento gli permetteva di fare ricorso solo alla propria mente, mentre metteva in atto una conoscenza che pochissimi negromanti osavano solo contemplare, una conoscenza derivata dall’immortale Darkhold.

Una conoscenza che era puro potere. Conoscenza mescolata a determinati elisir che il maestro alchimista aveva preparato durante la notte…

La danza delle mani iniziò. Le parole fluirono. Una lingua aliena non solo ad Altro Regno, ma alla Terra stessa. Una lingua le cui sole inflessioni e ritmi non lasciavano adito a dubbio. Una lingua intrisa di male che ora, ironicamente, sarebbe stato usato in nome del bene…

 

Le radici tese a formare un bozzolo di vaga forma umana furono percorse da un fremito. Un attimo dopo, si staccarono dalla loro preda, come avvizzite, andando a formare un mucchio informe ai piedi di Iron Monger.

L’eroe guardò verso il Cuore Nero…Poi, la ‘voce’ della cosa esplose nella sua mente. La sua agonia era soffocante, ed essa si trasmetteva negli spasmi dell’intero ambiente.

Se lo vedono quelli del WWF, ci mettono al muro!

<No! Non potete farlo! Non ne avete il diritto! Smettetela, smettetela, smett*>

Il Cuore Nero della palude esplose. Una dopo l’altra, decine di squarci si aprirono sulla sua superficie. Da ogni squarcio, spuntarono geyser di luce ultraterrena. Occorsero alcuni istanti, prima che l’uomo comprendesse che quelle ‘luci’ erano anime. Anime umane, che urlavano la loro frustrazione ed il loro tormento, mentre volavano via, come uno sciame d’api, in una sola direzione: verso il villaggio.

 

Seguirono il canto infernale, falene private della loro Luna ed improvvisamente in vista della nuova luce.

Una luce flebile come un fuoco fatuo, la luce proveniente dagli scheletri che erano stati i loro corpi. Nella loro disperazione, le anime di Trayal e dei suoi seguaci si gettarono verso i nuovi gusci, ignorando sistematicamente i due viventi con i quali non potevano adesso sprecare energie. Non appena il contatto avveniva, un’aura, perfetta replica dell’umano che fu, si formò intorno allo scheletro. Una ad una, le cose spalancarono le bocche in trionfo. Le prime armi furono levate.

 

Valriss stava in piedi vicino al fuoco, una freccia già incoccata. La sua espressione era imperscrutabile, ma le sue intenzioni erano chiarissime: non appena lo straniero avesse dato prova di tradimento, una freccia incantata avrebbe trafitto il suo cuore!

 

Diablo aspettò che l’ultima anima avesse trovato collocazione…Poi, smise di cantare. Pronunciò una parola, una sola.

Dapprima, le grida di trionfo si trasformarono in rabbia, angoscia. Poi, esse espressero puro terrore.

Infine, gli scheletri degli Indegni, fatti a pezzi in precedenza da Iron Monger, tenuti insieme dalla magia dell’alchimista, si sfaldarono nuovamente.

“Possono agitarsi quanto vogliono, adesso,” disse Diablo. “L’incantesimo li terrà legati a quei frammenti, e quanto ai frammenti…Ah, eccoti.”

Iron Monger atterrò in quel momento. “Non credo di dovere chiedere come sia andata. Fatevi indietro.” Puntò le mani verso il basso, e fece partire una coppia di raffiche. Il terreno era morbido, e presto sotto il centro del villaggio ci fu un profondo cratere.

 

“Non credo che qualcuno sarà così pazzo da cercare di rimettere insieme questo puzzle,” Rennsaeler richiuse il cratere, dopo avere depostovi le ossa. “Allora, mago? Per una volta, dovrai ammettere che senza l’aiuto del 21mo secolo, non te la saresti…Mago?”

Diablo non gli stava minimamente dando retta, preferendo concentrarsi su un rotolo di spessi fogli grezzi che reggeva in mano. Il rotolo era tenuto insieme da un materiale simile alla ceralacca, verde.

“Sono i ‘canti’ di cui parlava?” chiese Iron Monger.

Diablo annuì. “Erano al loro posto…In compenso, Valriss non c’è.”

“Andato via senza neanche un grazie?”

Diablo mostrò un altro foglio. “Ci ha lasciato una mappa, e tanto dovrebbe bastarci.” La sua voce era curiosamente mesta. “Se hai finito…”

L’altro lo fissò come fosse stato l’esemplare di una nuova specie animale, ma non disse nulla...C’era una cosa, che gli veniva in mente, adesso.

Ne’ lui ne’ Diablo si erano presentati come Cavalieri di Stargod, anzi –il suo nome non era neppure saltato fuori!

 

Li vide camminare via. Vide lo straniero magro mormorare un ‘grazie’ distratto al suo compagno.

Valriss, l’ultima sentinella della sua gente, massacrata tempo addietro dagli Indegni in una guerra senza ne’ vinti ne’ vincitori, un conflitto che macchiò l’onore di un popolo, un onore che i canti dovevano restituire nei racconti delle genti delle foreste.

L’ultima sentinella, a suo modo sopravvissuta in attesa di potere affidare quei canti a qualcuno degno.

L’ultima sentinella, che aveva, finalmente, potuto lasciare il luogo dove fu la prima a cadere durante il suo turno di guardia...

 

Episodio 17 - L’isola della morte (I Parte)

 

La differenza fra il successo ed il disastro giace, a volte, in una sottilissima linea di confine.

 

Tale linea era, in questo momento, rappresentata dalla forza di volontà della misteriosa creatura di nome Agron.

Agron. Una sola cosa era certa, di lui: che era un’entità di pura energia, potente. Per il resto, solo ombre su questa ‘cosa’ che affermava di venire da un futuro della Terra così remoto, che il cielo era occupato dalla gigante rossa che il Sole si apprestava a divenire.

Giunto nel 20° secolo, Agron si fuse con un cadavere umano, donandogli una potenza fisica ben superiore a quella avuta dal corpo in vita. In tale stato, iniziò a distruggere tutto quello che vedeva, fino a venire fermato da Capitan America[xxix].

Imprigionato dallo SHIELD, Agron rimase impotente in un tubo di contenimento, fino a quando non venne liberato dal Seminatore di Morte. Non fu proprio libertà, ma gli fu concesso di sfuggire al suo destino in cambio di collaborazione. Agron accettò, e il suo essere fu simbiotizzato con il corpo del sintezoide alieno noto come Empatoide. L’unione delle due potenti entità diede vita ad Avatar.

In tale stato, vi era un certo equilibrio fra il sintezoide, un vampiro psichico la cui fame non sembrava conoscere limiti, e Agron, che aveva bisogno del corpo che abitava. Un equilibrio che poteva essere spezzato in favore dell’Empatoide dal cosiddetto Protocollo Omega. In virtù di tale protocollo, l’Empatoide prendeva il comando del suo corpo, lasciando ad Agron il mero compito di potenziarlo.

Il pericolo era che, in tale stato, Avatar poteva spazzare via ogni forma di vita da Altro Regno, proprio quel mondo che esso, insieme al gruppo del Knights Team 7, avrebbe dovuto proteggere.

Il problema era che, in questo momento, non c’era altro da fare che sperare che Agron impedisse la piena deflagrazione di quella bomba...

 

 “Cosa sta facendo? Rispondimi, femmina mortale, oppure...”

Le correnti eteree erano come impazzite. Spirali di luce, l’essenza di migliaia di anime tormentate, stavano confluendo nel corpo di Avatar. Il sintezoide stava sospeso a una decina di metri sopra il ponte del vascello infernale, lo Styxia, nel cuore di una dimensione tascabile creata proprio sfruttando la sofferenza di quelle anime.

Sotto il cupo abbigliamento del Seminatore di Morte –un completo nero, con un ampio mantello nero, il cui collo si univa alla tesa del cappellaccio nero a trasformare il volto in un’ombra nera con due occhi gialli che sembravano fluttuare- Mary Elizabeth Sterling sorrise. La soluzione era, in fondo, elegante: le azioni ostili erano proibite, durante l’evento chiamato Giorno del Giudizio. Nessuna legge impediva ad Avatar di usare le sue doti naturali per nutrirsi, senza aggredire alcun essere vivente o simulacro di tale...

...come il fantasma che, dal ponte di comando di quel vascello fatto di ossa umane, tendini sanguinanti e pelle lacera, stava cercando di porre un freno alla disgregazione del suo dominio. “Donna! Che questa follia cessi adesso, oppure...”

“Oppure mi ucciderai?” chiese il Seminatore di Morte, con una voce oltretombale più sinistra di quella dello spettro del Capitano Elas Aykeron. “Devi avere capito, ormai, che come io l’ho attivato, io posso fermarlo. Uccidimi, e il tuo regno verrà consumato senza scampo. Cerca di costringermi, e perderai solo tempo.”

La spettrale figura serrò i denti, ma non poteva fare di più –la mortale aveva ragione! Già sentiva meno venirgli le forze...tra poco, sarebbe stato troppo debole anche solo per mantenere quello stato di coerenza...

Non aveva che una chance. “Tu sia maledetta. Nessuno mi aveva costretto a questo, finora!”

E successe: la dimensione nella quale il tempo non scorreva svanì –o meglio, il Seminatore ed Avatar ne furono sbalzati fuori. Si ritrovarono nel mezzo dell’oceano, sotto un cielo terso. Il Seminatore rimase a mezz’aria, restando sfasato rispetto al piano dimensionale. Avatar dovette solo alterare la propria densità.

Era un quadro curioso, a guardarsi: due alieni nel mezzo di un nulla d’acqua, intenti a disquisire con la massima calma su una situazione che chiunque avrebbe perlomeno definita critica.

Il Seminatore guardò verso il cielo. Le due lune gemelle di Altro Regno non erano più perfettamente allineate contro il Sole, a formare il ciclopico Occhio di Antesys. Non vi era traccia di loro, nel cielo. E, considerando che erano stati intrappolati sulla nave[xxx] ad eclisse appena iniziata, dovevano essere trascorse non meno di 23 ore, cioè un giorno di Altro Regno. Ed erano state vissute come al massimo 1 ora...

La mente della donna tornò alla situazione corrente. Il Giorno del Giudizio durava 69 ore. Non erano ancora fuori dal campo minato della tregua globale.  “Avatar. Come ti senti?”

“Assimilazione in corso. Stabilizzazione prevista in 12.00 ore,” rispose l’essere artificiale, la voce nuovamente un’imitazione delle tonalità umane.

“Definisci ‘assimilazione’.” Il Seminatore si era assicurato, durante il trasferimento di Agron nell’Empatoide, di avere inserito una subroutine di obbedienza. Per quanto sofisticata potesse essere la personalità del sintezoide, avrebbe obbedito.

“L’assorbimento integrale delle non-entità ha causato una sovrapposizione di dati nei banchi della memoria e della personalità Il tempo indicato è necessario per permettere assimilazione. Si chiede il consenso a disobbedire a qualunque ordine di comando che richieda l’uso dei poteri primari di Agron e di questo corpo.”

Inutile stare a chiedere quali potevano essere le conseguenze in caso contrario. Il Seminatore non aveva fatto una conta, ma dovevano essere state senza dubbio numerose le anime assorbite da Avatar –il guaio di essere un vampiro empatico era che assorbire le emozioni di un’anima corrispondeva ad assorbire l’anima stessa! Dovevano stare facendo davvero la lotta, lì dentro, per assicurarsi di controllare un corpo dopo secoli di vagabondaggio discorporato... “Avatar, sei in grado di usare ogni altra funzione del tuo corpo?”

“Affermativo.”

“Bene. Dammi una scanalisi ad ampio spettro di quest’ambiente.”

Gli occhi artificiali, neri, brillarono, mentre Avatar obbediva al comando. Fece un giro su sé stesso di 360°, prima di riferire, “Identificazione positiva in direzione 3-4-1N/O. Si tratta di un’isola. Distanza stimata: 30.2 Km. Le dimensioni, unitamente alla presenza di numerose imbarcazioni classe F, sono sufficienti a garantire l’esistenza di una comuni*” Improvvisamente, non solo si era azzittito, ma il suo sguardo, no tutto il suo volto, aveva assunto un’espressione nuova. Intensa, carica di dolore… “Madre..?”

Per lo choc, quasi il Seminatore dimenticò di restare sfasato -la voce di Avatar…non era la sua! Era la voce di un ragazzo!

Purtroppo, qualunque cosa volesse dire o fare, la decisione fu presa da Avatar, che gridò, “MADRE!” e si gettò in avanti, veloce come una cometa, spinto dai razzi nella schiena -dispositivi che non aveva assolutamente mostrato di possedere fino a quel momento!

Il Seminatore bestemmiò -a quel punto, la frittata era fatta. Doveva teleportarsi e raggiungerlo, prima che scoppiasse un altro casino!

 

L’isola era grande quanto la Sardegna, quindi di rispettabili dimensioni. Il suo profilo era dominato da un grande e basso vulcano centrale, da cui scaturiva un filo di fumo grigio. Il solo strapiombo che si potesse definire tale era composto dalla punta dell’isola a forma di pera. Il resto delle linee costiere declinava dolcemente nelle acque, proseguendo sotto forma di lingue di sabbia bianca lunghe fino a un chilometro. Avvicinandosi, si potevano ben distinguere le ampie zone verdi che circondavano colline frastagliate e dai bordi aguzzi e, curiosamente, assolutamente nude come il loro vulcanico padre.

 

Il villaggio -capanne di paglia e fango dai tetti conici disposte a intervalli regolari all’interno di solide mura di legno fortificate- era uno dei tanti che sorgevano lungo le coste dell’isola. Non c’era traccia di altre edificazioni nell’entroterra.

La gente che abitava queste case era fatta come l’elemento da cui traevano la vita. Gente placida, ma con una vena dura dentro, forgiata dal sole e dall’acqua. Gente che sapeva che un destino generalmente benevolo poteva voltarsi contro di loro ad un semplice capriccio, sotto la forma della terribile fauna predatrice dalle acque, o da un’occasionale, rara tempesta.

Ogni giorno, l’isola sfidava i pescatori, fossero essi uomini o donne, anziani o giovani, ad allontanarsi dai suoi bassi fondali per il prezioso cibo, e loro raccoglievano la sfida. Gente placida, ma pronta a combattere con le unghie e i denti per la loro vita…o per impedire che essa venisse minacciata.

Per questo, ad ogni uscita, ogni pescatore era dotato almeno di spada, arco e frecce, e della consapevolezza di potere doverle usare…

 

…Anche se l’equipaggio di tre persone di questa goletta, la più lontana dall’isola, ebbe a malapena il tempo di vedere una figura avvicinarsi, ad una velocità tale da creare due creste gemelle al suo passaggio, prima di venire quasi investiti da essa!

Fu come essere stati sfiorati da un missile! Lo spostamento d’aria e le onde quasi rovesciarono la barca. Il suono, da solo, quasi assordò i due uomini e la donna, che dovettero fare i miracoli per restare aggrappati ai fianchi. Non c’era stato il tempo di capire cosa fosse stato.

“Si dirige verso l’isola!” urlò la donna con più voce di quanto richiesto, a causa del fischio nelle orecchie. Si gettò verso una campana vicina alla barra del timone, ed iniziò a suonarla con tutta la forza possibile. Sapeva che fra un attimo, le campane delle barche vicine avrebbero raccolto e poi replicato il segnale, fino a coinvolgere ogni singolo pescatore al largo. Poteva essere troppo tardi, ma era importante che, al limite, si riuscisse a vendicare gli eventuali morti…

 

Previsione esatta. Sul troppo tardi, almeno.

I bambini che giocavano sulla spiaggia, vigilati dalle soldatesse del villaggio, come le soldatesse stesse, videro le creste gemelle prima di udire le campane. Quando le prime note squillarono, c’era stato appena il tempo di urlare ai piccoli di scappare verso la spiaggia, con loro che ubbidirono prontamente, abituati a non discutere la voce allarmata di un adulto.

Ci furono molte urla, molta paura, quando una porzione della spiaggia esplose. In compenso, nessuna vittima. E tutti, storditi o no che fossero, guardarono il geyser di sabbia ed acqua depositarsi a terra, per rivelare la figura di Avatar, mentre un ronzio annunciava il rientro dei razzi nella schiena.

Nessuno aveva dubbi: la carne grigia, le braccia e le gambe ribollenti di energia…Tutti avevano avuto un assaggio degli emissari di Arisen Tyrk, ed erano disposti a correre il rischio di sbagliarsi, pur di prevenire un’altra tragedia…

…Un pensiero particolarmente chiaro nella mente della donna in prima fila, armata di una lancia a tridente. I suoi capelli erano venati di bianco, il suo volto segnato dalle rughe di un dolore che ancora le bruciava dentro. La sua famiglia era stata distrutta dall’usurpatore, e il solo modo che aveva per compensare almeno in parte la rabbia, era stato di diventare più forte, di insegnare alle altre donne come impedire che una simile tragedia si potesse ripetere -o, almeno, a fare il possibile per tentare ogni mezzo possibile prima di doversi arrendere!

La donna lanciò la sua arma. Era trascorso appena il tempo di vedere lo straniero. Il lancio fu perfetto, mirato dritto allo sterno, dove l’armatura era meno spessa. Un colpo veloce, con il quale, almeno, le soldatesse avrebbero attirato la sua attenzione, mentre i bambini si mettevano in salvo…

La mano saettò ad afferrare la lancia. Senza alcuno sforzo, l’arto si contrasse e spezzò il metallo di cui la lancia era fatta come fosse stato un bastoncino!

Poi, Avatar fissò la donna. I suoi occhi lampeggiarono. “Madre..?”

Fu come averla colpita al plesso solare. Sotto gli occhi esterrefatti delle altre, lei emise un gemito strozzato. Come poteva quella creatura parlare con la voce di suo figlio...? E non c’era forse un riconoscere, una gioia, in quei tratti alieni?

La sorpresa divenne rabbia l’istante successivo -quanti erano i morti che Tyrk aveva fatto risorgere come soldati delle sue diaboliche fila? Quanti erano i valorosi caduti sotto i colpi dei parenti che credevano tornati?

Fulminea, la mano della donna andò alla cintura, al suo pugnale. “Il tuo inganno finisce qui, mostro! ALL’*” Non ebbe finito di dare l’ordine, che una mano guantata di nero le afferrò la spalla.

“Signore, consiglio di anteporre la diplomazia a un’inutile follia,” disse il Seminatore di Morte, con una voce che poteva ispirare tutt’altro che placidi consigli…

Avatar scelse quel momento, per avanzare di alcuni passi verso la donna. Non c’era dubbio: la sua voce possedeva le stesse inflessioni di quelle udite dagli isolani. “Madre…Sono io, Muran.”

 

Non si era mai visto un simile raduno nella piazza centrale dai tempi della guerra contro Tyrk. Gli invasori alieni, i Tok, non si erano ancora resi manifesti in quelle zone, preferendo controllare la terraferma, pertanto nessuno sapeva della loro esistenza…fino a quando il Seminatore di Morte non diede un dettagliato resoconto di sé ed Avatar, del resto dei Cavalieri e di Stargod, e della loro missione per la salvezza di Altro Regno.

Il super-essere ebbe tutta l’attenzione possibile. Certo, era dura da mandare giù l’idea che quella creatura tenebrosa fosse un alleato del Dio ritornato…Ma non era forse una prova che colui che lo accompagnava ospitava lo spirito di una delle vittime dell’atroce Capitano Aykeron?

Non si era avuto il tempo di radunare l’intero Consiglio delle Tribù, e per ora ci si doveva affidare al giudizio del capovillaggio locale. Questi era un anziano, il più anziano del villaggio. Un uomo che, per tradizione, doveva avere vissuto non solo a lungo, ma abbastanza pienamente da potere emettere un giudizio con la maggiore consapevolezza possibile…

E il capovillaggio, per quanto non fosse disposto a fidarsi ciecamente di questi stranieri, ebbe il buon senso di accettare il fatto che, se fossero stati ostili, la strage sarebbe iniziata da tempo…Cionondimeno… “Se voi siete emissari del Dio, allora provatelo liberandoci dal male piantato nella nostra terra dal Suo nemico.”

Due teste seguirono la mano che andò ad indicare verso il vulcano. “Questa era un’isola fertile, prima della maledizione di Tyrk. Non riuscendo a sottomettere le isole del Grande Mare, decise di impoverirle, di farle morire un pezzo alla volta, contando sulla nostra sottomissione prima che la fame avesse la meglio.

“Noi abbiamo tenuto duro, sfidando i pericoli del mare aperto, i servi di Tyrk…E anche se ora possiamo pescare in pace, è ancora della terra, di cui abbiamo bisogno. La sola vegetazione che cresce è caparbia, incoltivabile, e velenosa se ingerita in più di un boccone.” Seguì una pausa pregnante.

In un certo senso, Mary Sterling era ammirata: niente vie di mezzo, circonlocuzioni o mezze verità. Questa gente voleva fatti. E non era il caso di deludere i fedeli del Dio…

 

“Qual è la natura del male che vi minaccia?” chiese il Seminatore, attraverso uno ‘specchio’ fatto di fiamme.

“Eccellente. Io stesso non avrei saputo organizzarla meglio,” mormorò un gigantesco dragone rosso. La sua pelle era roccia ardente percorsa da vene di lava. Le sue articolazioni, come la sua coda, presentavano massicci spunzoni quarziferi. La sua voce era intonata all’inferno sotterraneo di lava e roccia che lo circondava. L’inferno delle Caverne dell’Abisso della Disperazione.

Il nome del dragone era Satranius, ed era alquanto soddisfatto dalla nuova piega degli eventi. Uno dopo l’altro, i suoi meticolosi piani per distruggere questi ‘Cavalieri’ di Stargod erano falliti. Il pretendente al titolo, insieme a due dei suoi alleati, era scomparso da Altro Regno, e questa era, forse la sola buona notizia[xxxi]. I due chiamati Diablo e Iron Monger erano sfuggiti al loro destino[xxxii]. E ora, questi due, scampati a quell’inetto fantasma, stavano per gettarsi fra le proverbiali fauci del drago!

La creatura sibilò, e lava al calor bianco colò dalle sue fauci. “Voi non conoscete questo mondo, alieni. Quell’isola sarà la vostra tomba, in un modo o nell’altro …”

Satranius iniziò a concentrarsi.

 

Una cosa bisognava dirla, di questa gente: non aveva chiesto ai due Cavalieri di violare la Tregua, ne’ avevano accennato ad una simile possibilità. E un giorno di riposo era manna più che benvenuta…

Riposo, almeno, per Mary Sterling, che, ospitata nella capanna della madre di Muran, per la prima volta aveva deciso di tornare alla sua identità civile. In quel momento, stava godendosi il lusso di un lungo e sensuale bagno caldo e schiumoso, mentre il suo costume veniva lavato da una ragazza che era stata felice di offrirsi volontaria. Le due operazioni avvenivano nella stessa grande stanza, senza tante considerazioni per il ‘comune pudore’. Ad intervalli regolari, la ragazza svuotava una parte della vasca, mentre da un tubo cadeva nuova acqua calda estratta direttamente dalla fonte geotermica dell’isola.

“Sei una straniera di rara bellezza,” disse la ragazza, con convinzione, ammirando la pelle chiara, evidenziata dai lunghi capelli neri corvini, dai riflessi bluastri, il tutto su un corpo modellato da una sana dieta ed attività fisica regolare. “Perché una donna come te deve vestire come una creatura delle tenebre e portarne il nome?”

Mary si lavò accuratamente i capelli. Rispose con una voce tranquilla, ma venata dell’acciaio di cui erano colorati i suoi occhi grigi. “Intimorire il nemico è un primo passo verso la vittoria. Il mio aspetto e la mia voce modificata riescono a scatenare paure ancestrali che si rivelano fondamentali nel fare esitare i miei avversari, che loro se ne accorgano o meno…Hai notato come è stato semplice ottenere la vostra indiscussa attenzione, fino a poco fa?”

La ragazza dovette concordare -lei stessa aveva avuto paura, quando era stata assegnata al nero straniero…Gli avrebbe obbedito solo per non dovergli stare vicina oltre il tempo necessario…

Mary uscì dalla vasca, con movimenti semplici, eppure senza lasciare spazio al dubbio che fosse lei a comandare. Subito le fu porto un ampio asciugamano -l’acqua dolce era una risorsa preziosa, ma il capovillaggio era disposto a fare un’eccezione…Almeno per soddisfare la felicità di Ledria…

 

“Siamo in tanti, a condividere un solo corpo, madre…e non è facile: sento così tante voci che gridano di potere uscire come ho fatto io. E non ero sicuro che ce l’avrei fatta, se non avessi visto la mia cara isola…” Avatar sorrise.

Ledria guardò quel sorriso, così familiare e meraviglioso, e ancora una volta gli occhi le si inumidirono. Ma anche così, le ci volle molto coraggio solo per balbettare, “Tuo padre…e Siuriam…Loro..?”

Avatar/Muran scosse la testa tristemente. “Non sono con me.” Si affrettò a carezzarle una guancia. “Ma loro non sono prigionieri di quello spettro. Loro sono morti sotto l’attacco degli squali neri. Io riuscii a sopravvivere uccidendoli con le armi di bordo, che ero riuscito a tenere con me…Aykeron arrivò due giorni dopo…” Non volle aggiungere altro. Nessuna parola avrebbe reso giustizia all’orrore che aveva dovuto vivere come parte di quella nave orrenda. E se anche ci fosse stata una descrizione, non l’avrebbe mai pronunciata.

Ledria esalò il respiro che non si era resa conto di avere trattenuto -almeno, due dei suoi cari erano in un mondo migliore, adesso. E avrebbe ringraziato Stargod per molte lune, per il ritorno del figlio maggiore...

In quel momento, la terra si mise a tremare!

 

Mary cadde a terra, colta completamente di sorpresa dall’intensità della scossa. Quasi si slogò un polso, ed un ginocchio si sbucciò di brutto. Minacciose crepe si formarono lungo le pareti della capanna…

La donna terrestre fu a malapena conscia del grido di paura della sua ‘ancella’ -era troppo occupata a guardare quelle stesse pareti crollare loro addosso…

 

Muran vide davanti agli occhi una cascata di dati relativi al sisma, ma non sapeva neppure cosa significassero! Strinse a sé sua madre, mentre entrambi, in ginocchio l’uno contro l’altro, pregavano che la scossa passasse presto…

Ma non passò. Non prima di avere letteralmente demolito il villaggio e inclinato pericolosamente le mura. Non una capanna rimase in piedi. E ancora la terra tremava, e anche se più ‘debolmente’…

Altri dati. Durata del sisma, variazioni nell’intensità, picchi fra una variazione e l’altra. Variazioni in un crescendo costante, con picchi regolari…Come se la terra stessa stesse respirando.

Muran non capiva i numeri e le parole; in compenso, le storie raccontategli da una vita, il suo istinto -tutto lo faceva giungere alle stesse conclusioni.

La terra stava respirando, e non si trattava di una metafora!

Non c’era più bisogno che lui ed il Seminatore di Morte andassero a cercare la causa dei mali dell’isola.

Perché quella causa stava per rendersi manifesta da sola.

Un’altra scossa, lunga, che sollevò il terreno come fosse stato di gomma. Crepe orribili inghiottirono piante e rocce, e tutti gli sventurati che si trovavano sul loro percorso. Il vulcano iniziò a sputare un geyser di fuoco, a cui seguì la lava.

 

Il mare intorno all’isola era un susseguirsi di onde enormi, che si infrangevano contro spiagge improvvisamente ripide, da cui la sabbia colava come sangue da una ferita aperta.

Altre foreste collassarono. Una mega-crepa circolare si stava aprendo intorno alla base del vulcano. Il collo della ‘pera’ si stava spaccando come un biscotto. Un quasi perfetto cerchio di acqua ribollente si era formato tutt’intorno all’isola, come se qualcosa di mostruoso si stesse agitando sotto il fondale…

 

Avatar/Muran era completamente stordito. Non riusciva a capacitarsi di come quell’incubo fosse possibile. Sapeva che il Vecchio Juma era ben altro che una leggenda, e sapeva che, avvelenando lui, Tyrk aveva colpito l’intero ecosistema di cui lui era la base. Ma era senza dubbio una leggenda, che il Vecchio Juma potesse mai risvegliarsi…

Poi, non ci fu il tempo di pensare ad altro, quando un crepaccio si aprì sotto il sintezoide e Leidra.

 

Un ultimo scossone, e il risveglio fu completo. Lo spunzone di roccia franò completamente. Un gioco di tentacoli titanici esplose dall’acqua! Un attimo dopo, la superficie del mare si gonfiò come se volesse eruttare…ma non fu acqua quella che, alla fine, emerse.

Fu una gigantesca testa animale, così grande da potere inghiottire interi palazzi in un sol boccone! Aveva scaglie azzurre e verdi, simile all’incrocio fra un drago ed una tartaruga. E quando spalancò la bocca, il suo ruggito fu tale da creare ondate enormi davanti a sé.

Il Vecchio Juma era sveglio.

 

Episodio 18 - L’isola della morte (II parte)

 

La Terra.  

 

Al di fuori della regione del Vreedefort Crater, appena fuori dei confini dello Zilnawa, la natura era, per contrasto, assolutamente intatta. Le maggiori arterie di trasporto consistevano di eleganti tubature di una lega polimerica trasparente come cristallo e solida come il metallo. Le tubature erano rette da pilastri alti al di sopra della vegetazione.

Due corsie sovrapposte, monorotaia magnetica sotto e sopra corsia piatta per i veicoli a ruote -permessi solo veicoli a idrogeno ed elettrici, noleggio disponibile 24 ore su 24.

 

Occorreva un permesso speciale, per potersi muovere con un motore, anche se ecologicamente corretto, nella riserva naturale.

Robert Takiguchi, membro delle FSDN, lo possedeva. E aveva deciso di sfruttarlo fino in fondo. La sua ‘moto’ era un HoverSpeeder-J1, che lo teneva a circa un metro dal suolo, a una velocità di 120 Km/h -un curioso tentativo di suicidio, considerando che la giungla non era esattamente luogo privo di ostacoli.

Un’osservazione inutile, in virtù del fatto che il giovane era un abile pilota, e che una giungla non era, per lui, peggio di un deserto sconfinato.

Correva sotto una pioggia battente, era zuppo fino al midollo, ma non poteva importargliene di meno. Se almeno un malanno gli fosse venuto, sarebbe stata la sua prima rata per la meritata dannazione eterna!

Aveva ucciso degli innocenti! Aveva ceduto all’oscurità che alberga in ogni cuore, ed aveva usato l’angelo d’acciaio come un demone di distruzione. Aveva calpestato malati e feriti, e chi provava a difendersi, come scarafaggi. Ed aveva goduto.

Non era colpa sua, dicevano. L’evento Inferno2 aveva coinvolto ogni essere umano sulla Terra...

Bella consolazione, per le vittime!

Con la visione annebbiata dalle lacrime, Robert scorse il crepaccio davanti a lui. Il crepaccio nato dall’antico impatto meteorico che aveva generato il Vreedefort Crater.

Il ragazzo sorrise amaramente -sarebbe stato classificato come un semplice incidente, senza disonore. Un tentativo di saltare il fosso fatto senza la sufficiente velocità. Non sarebbe rimasto abbastanza, di lui, da recuperare in qualche corpo biodroide o con la nanotech. Con un po’ di fortuna, la fine sarebbe stata rapida. Lui pilotava un’arma eccezionale, e un nuovo pilota poteva essere addestrato relativamente in fretta…

Robert mantenne la velocità abbastanza alta per l’imminente salto. Suo padre non avrebbe approvato, certo…Ma avrebbe approvato ancora meno l’idea di un figlio criminale e libero per mere ragioni di convenienza.

Non chiuse gli occhi. Avrebbe vissuto il momento fatale con dignità.

 

Salto! L’HS sembrò volersi librare fieramente nel cielo, fare il possibile per arrivare dall’altra parte del crepaccio. Uno sforzo, ovviamente, inutile. A metà salto, la parabola divenne discendente, e l’HS finì dritto contro la parete opposta. La tanica di idrogeno esplose in una conflagrazione che consumò all’istante il veicolo. I rottami fiammeggianti rimbalzarono verso e contro l’altra parete, biglia di un flipper infernale, che terminò la corsa da qualche parte verso l’inferno…

 

Morte?

Va bene, non che avesse esperienza, in tale campo…Tuttavia, aveva decisamente la sensazione che lo stato in cui si trovava adesso non corrispondesse al trapasso. Tutto il contrario, si sentiva decisamente vivo.

Solo che si trovava nel mezzo del nulla, sospeso in un nero assoluto…

“Robert Takiguchi.”

Contemporaneamente alla voce, il nulla si accese di un universo di stelle e galassie! Un universo che aveva una forma, la forma di un immane drago.

Robert si ‘mise in piedi’. Si accorse di avere addosso la sua tuta di pilota. “Chi sei?”

“Io sono Antesys,” disse la creatura dagli occhi di nova e le zanne di code di cometa. Nonostante fosse un gigante grande quanto l’eternità, la sua voce era calda, piena di serenità. “Ascolta, giovane mortale: mio figlio ha bisogno di te. La sua inesperienza può condurlo alla sconfitta, e i suoi Cavalieri sono dispersi per il suo mondo.”

“Non capisco. Io…”

“Desideri dare un senso alla tua vita, o terminarla senza neppure sapere come avresti potuto riparare al tuo errore?”

Robert serrò i denti. “Quell’’errore’ costò le vite di innocenti[xxxiii]!” replicò lui con rabbia. “Non puoi chiedermi di riprendere a combattere, di coinvolgere altre vite!”

“Infatti non te lo sto chiedendo.”

“Uh?”

Il drago cosmico sospirò emanando getti nebulari, “Mio figlio ha delle responsabilità verso interi popoli. La sua caduta significherebbe innumerevoli vittime innocenti.

“Io non intendo imporre la mia volontà su di te, Robert. Ma se scegli di voltare le spalle in un simile momento di bisogno, sarai responsabile della perdita di quelle vite.”

Il giovane spalancò le braccia. “Perché io? La Terra è piena di super-esseri disposti a gettarsi nella battaglia senza esitare…Io rischio di fare un casino! Ho paura.”

Antesys annuì. “La paura ti aiuterà a non commettere altri errori. E ho scelto te, perché so che è la scelta giusta. E se non hai fiducia in te stesso, devi averne in me.”

“…”

 

Altro Regno, Microverso.

 

Le scosse erano ancora presenti, ma ora si erano normalizzate. Persisteva un tremito diffuso, nel suolo, ma a Mary Elizabeth Sterling importava di più di essere viva.

La donna rovistò fra le macerie della capanna. Si era vista crollare addosso quella costruzione[xxxiv], ma, almeno, le pareti erano solo fango e paglia. Era tutta un livido, ma non aveva niente di rotto… “Eccoti qui.”

Non distante, seduta fuori dalle macerie, in stato di choc, stava una ragazza dalla pelle bronzea. Anche lei era impolverata e coperta di lividi, ed il suo sguardo era fisso verso il mare. “Si è svegliato, si è svegliato…” ripeteva ossessivamente.

Mary indossò il costume nero del Seminatore di Morte. Poteva essere conciato da far schifo, ma ancora le permetteva di mantenere un aspetto sinistro. L’alteratore vocale era intatto, e quando lei parlò, sembrò uno spirito uscito dalla tomba. “Chi si è svegliato, donna?”

Il terrore ancestrale, risvegliato da quella voce, la scosse abbastanza da aprire le labbra per risponderle…Ma prima che potesse farlo, fu una voce mentale a precederla. <Il Vecchio Juma, ecco chi.>

La tetra figura levò al cielo gli occhi gialli, l’unica cosa visibile dell’ombra che era il suo volto. <Finalmente sei tornato, Stargod.>

 

Il sollievo di Mary Sterling passò inosservato nella mente del bianco uomo-lupo, la cui attenzione era interamente attratta dall’incredibile spettacolo sotto di lui. Qualcosa che superava tutte le sue precedenti esperienze su quel mondo incredibile: una specie di tartaruga, il cui ‘guscio’ era una gigantesca isola, con tanto di resti ancora fumanti di un vulcano, al centro. Lava colava dalle pareti frastagliate, ma l’eruzione era cessata.

“Sei sicuro che si tratti di una creatura innocua?” chiese il Dio-protettore di Altro Regno

al dragone sulle cui spalle sedeva. La bestia era un maschio, un esemplare di 25 metri dalla testa alla coda, dalle scaglie azzurre, due sinuose corna curvate all’indietro, e una lunga cresta pure bianca. “I pesci-isola sono creature pacifiche,” rispose, mentre Stargod trasmetteva mentalmente ai suoi Cavalieri sull’’isola’. “Usano il loro travestimento per attirare le prede…ma solo durante la loro crescita. Quando arrivano alle dimensioni che vedi, il loro metabolismo rallenta, fino a quando non entrano in un sonno perenne, che dura fino alla morte. Prima, però, si portano sulle rotte commerciali umane o migratorie di noi draghi, e lasciano che siano le comunità su di loro a nutrirli con i propri resti…”

“E sai anche perché si sia svegliato, Max?”

Ma il drago scosse la testa. “Non lo so. Non doveva succedere affatto…”

<Forse conosco la risposta,> comunicò una nuova voce.

 

La comunità era stata praticamente distrutta dal risveglio del Vecchio Juma, così come gli altri insediamenti eretti sul suo guscio, tutti in prossimità della ‘spiaggia’, spazzati via dalle maree causate dal movimento del mostro.

Una figura emerse da un pauroso crepaccio, parzialmente pieno d’acqua salata. La figura di Avatar. Sulla schiena del sintezoide, stava saldamente aggrappata una donna dai capelli parzialmente imbiancati. La donna era ferita, ma ancora cosciente. Lei si chiamava Ledria, e la mente che ora dominava il corpo del sintezoide era quella di suo figlio!

<L’isola fu maledetta da Arisen Tyrk quando mio nonno era un bambino, rendendola, gradatamente, sempre più sterile. Temo che la vita del Vecchio Juma sia stata prolungata da questa sterilità: le sue uova possono staccarsi da lui solo con la morte, e non prima. Nel frattempo, deve nutrirle. Ora deve essere intervenuta una forza esterna, che lo ha spinto al risveglio.>

 

Max e Stargod si guardarono negli occhi e lo dissero all’unisono. “Satranius.”

 

Caverne dell’Abisso della Disperazione

 

La lava esplose in geyser al calor bianco, e si agitò in ondate che si infransero contro le pareti frastagliate da spunzoni di cristallo.

“Deduzione brillante, miei poveri nemici!” Satranius rise ancora, causando un altro sommovimento del lago della sua tana. Poi, il drago dalla pelle di roccia incandescente tornò a fissare lo specchio di fuoco sospeso davanti a lui. Lo specchio mostrava il Vecchio Juma, mentre si dirigeva in una direzione ben precisa nel vasto oceano unico di Altro Regno. “Per assicurarsi di potere tornare al suo sonno riproduttore, il Vecchio Juma vorrà nutrirsi…Coraggio, Stargod, fermalo con ogni mezzo possibile, viola la sua innocenza, così che Antesys possa toglierti la Godstone.

“Fai che tornino ad essere i grandi draghi, i legittimi possessori del potere supremo!”

 

“E’ l’unico modo che abbiamo, per farlo tornare a dormire?” chiese Stargod, mentre procedeva a dorso di Max verso il vulcano.

“Uno sarebbe quello di lasciare che si nutra per riequilibrare il suo metabolismo,” rispose Max. “Ma non è auspicabile: la quantità di cibo necessaria, a questo punto, corrisponderebbe ad un altro Vecchio.”

Il vulcano. Max aveva detto che tutti i pesci-isola ne sviluppavano uno, per proteggere il prezioso organo, poiché le difese epidermiche dei giovani cessavano di funzionare, a quello stadio… “Quanti sono i pesci-isola anziani, su Altro Regno?”

“Oh, una manciata,” rispose il drago. “Sono un mistero persino per la nostra gente, e per i lupi. Dicono che siano la Quarta Specie, che fossero la prima forma di vita di questo mondo…Addirittura, che siano venuti dalle stelle…Ma sono solo storie. Quello che è certo è che sono sempre stati muti, imperscrutabili. E che senza di loro, noi draghi non avremmo mai potuto spanderci oltre il continente…o sopravvivere. Molti siti di riproduzione, infatti, si trovano sui Vecchi o su qualche giovane.”

Stargod annuì. Il vulcano era ormai sotto di loro, e Max si fermò sulla sua verticale. Il magma formava un lago minaccioso, ribollente, ricco di fumi mefitici. “E cosa ti fa pensare che la risoluzione del problema sia nel suo…cuore?”

“Muran ha detto che è lì che Tyrk scagliò la sua maledizione…E ha senso, del resto: il cuore del Vecchio Juma è molto più di una pompa per il sangue. È il centro di ogni funzione metabolica.”

“Allora ci andrò con cautela.” L’uomo-lupo concentrò la propria volontà. Antesys lo aveva avvertito: non doveva assolutamente usare la Godstone contro il Vecchio Juma…Ma niente gli impediva di aprirsi almeno un varco fino al…

Prima che potesse usare la gemma, tentacoli eruttarono dal lago infuocato! Strutture di roccia semifusa, che si muovevano ad una velocità fantastica. Max aveva avuto appena il tempo di vederli, che l’attimo successivo si trovò avvolto per le zampe ed un ala dal loro rovente abbraccio! E urlò!

“MAX!” la reazione dell’uomo-lupo fu altrettanto rapida: voltò la testa, e dagli occhi partirono raggi scarlatti, che troncarono di netto i tentacoli. Max fu libero…ma i segmenti attaccati al suo corpo si fusero, prolungando la sua agonia.

Con un’ala danneggiata, il drago iniziò a perdere quota. Ancora una volta, fu Stargod ad intervenire: manipolò la gravità, e permise al drago un atterraggio morbido fra le fronde. Una volta a terra, saltò giù, mentre col suo potere disintegrava la lava rimasta attaccata al dragone.

Esaminò le ferite -erano brutte, non c’era dubbio: la carne era profondamente ustionata, quasi fino all’osso, e l’ala destra quasi troncata di netto. Max respirava con un sibilo, gli occhi appannati dallo choc. La sua pelle era gelida.

Non si era mai sentito così angosciato, alternava uggiolii consolatori a ringhi terribili: il dragone era il suo compagno, la sua vita, e vederlo così gli fece venire il desiderio di prendere il Vecchio Juma e disintegrarlo…Ma lo scacciò rapidamente. Ora doveva guarire il suo drago, e lo…

Ancora una volta, fu interrotto: non da tentacoli, questa volta, ma da sfere di fuoco! Vennero da tutte le direzioni, demolendo i tronchi come pagliuzze! Giganteschi lapilli!

Ancora una volta, Stargod non esitò: un atto di volontà, un brillare della gemma scarlatta, e i lapilli furono vaporizzati. Ringhiò -maledizione, stava perdendo tempo!

“S…Star…” Max sollevò il collo.

Lui gli accarezzò il collo. “Non sforzarti, ti prego.”

“Devi…andare…”

Il dio estrasse la spada dalla fodera, e si voltò, i sensi all’erta e le zanne snudate. “Non se ne parla!”

“Juma…potrebbe morire…La maledizione lo sta…uccidendo…nell’anima…”

John abbassò le orecchie, uggiolando ripetutamente, poi, con rinnovata speranza, “Possiamo fonderci!” perché non ci aveva pensato subito? In qualche modo, il processo li guariva entrambi da qualunque ferita riportata prima dell’atto…

“Solo…se…tu sei in per…” Max tossì.

E se anche il drago avesse avuto torto, John era troppo sconvolto per sapere come attivare il processo. Senza contare che, a tutti gli effetti, le altre due volte erano state una benedizione di Antesys, non un atto da parte di lui..!

Il lupo fissò il drago negli occhi. Ancora una volta, il suo dovere di Protettore veniva prima di tutto..!

Poi, udì i passi! Passi pesanti, lenti e costanti…Erano numerosi, e si avvicinavano da varie direzioni, in un frusciare di erba e rami spezzati.

“John…pulcino…Vai!” ogni parola doveva essere un’agonia, eppure Max si sforzava solo di spronarlo.

E John Jameson sapeva che il dragone lo avrebbe odiato, se si fosse attardato per lui! Serrò i denti un’ultima volta, poi…

 

L’ululato raggiunse ogni angolo dell’isola. Era un verso di ira assoluta ed infinita tristezza, la voce di chi aveva appena perso un pezzo del proprio cuore.

Il Seminatore di Morte non fece caso agli uomini e donne spalancare gli occhi in timore. No, Mary Sterling era preoccupata per ben altro! Stava avverandosi una delle sue più temute visioni! Possiamo vincere questa battaglia adesso, ma il risultato, alla lunga, sarebbe un disastro di proporzioni senza limiti! E non c’era frustrazione peggiore che sapere di essere assolutamente inutile, in quel frangente! L’unità di sfasamento dimensionale era rimasta intatta, ma il generatore del bio-scrambler era rotto! Fino a quando Iron Monger non fosse rientrato fra i ranghi, il suo ‘tocco della morte’ era inutilizzabile! Quanto ad Avatar, l’anima del nativo, che ora aveva il comando, era di un’intelligenza primitiva, incapace di gestire al meglio il potere del sintezoide..!

 

I nuovi nemici arrivarono: erano umanoidi giganteschi, erano numerosi, ed erano fatti di lapilli incandescenti, tenuti insieme dalla lava. Le loro bocche erano spalancate, rivelando fauci al calor bianco, contratte in un’espressione di atroce allegria. Il loro calore era tale da incenerire la vegetazione a diversi metri di distanza. Gli alberi prendevano fuoco non appena vi si avvicinavano.

Stargod non avrebbe potuto curarsene di meno: protetto dalla Godstone, ululando selvaggiamente, corse verso il vulcano. Un golem gli si parò davanti, e dalla sua bocca partì un getto di lapilli.

Il dio-lupo disintegrò anche quell’attacco: poi spiccò un salto, arrivando fino all’altezza della testa del golem lavico. Compì una capriola, e con la spada tracciò un arco dalla testa all’inguine del mostro! La creatura urlò, e, persa la coesione, prese a colare come un soufflé improvvisamente sedutosi.

Stargod non stette neppure a guardare il risultato; se si fosse voltato indietro adesso, non avrebbe trovato la forza di allontanarsi da Max…

 

Per conto suo, il dragone non ebbe bisogno di dirgli quanto fosse orgoglioso di lui. Condivideva ogni sfumatura dell’angoscia del suo amato, e per lui, per l’onore di ogni drago di Altro Regno, non avrebbe ceduto allo sconforto o al dolore.

Concentrò le sue energie interne, portando l’elettricità che generava naturalmente verso i suoi occhi, le cui pupille la focalizzarono in una coppia di laser!

Un golem, che stava voltandosi verso Stargod, fu colpito alla testa, che fu passata da parte a parte…

Purtroppo, non fu sufficiente: quelle creature non possedevano un cervello, e tutto quello che Max ottenne fu una colata lavica sulla scia dei passi del golem…

Sorrise -almeno, aveva ottenuto l’attenzione di quel plotone di mostri, che ora si prepararono ad attaccarlo. Il loro calore stava già strappando volute di fumo dalle sue membrane alari…Unica consolazione, se si poteva chiamarla tale, era che lui era, ormai, quasi insensibile al dolore…

Le prime fiamme apparvero nelle bocche dei golem…

 

Il lupo stava, ancora una volta, per piangere, ma questa volta in onore della Morte. Il Seminatore non ebbe bisogno di vederlo, per saperlo. Quelle lacrime avevano tormentato i suoi sogni per mesi. Da quelle lacrime amare, il male sarebbe sorto potente, inarrestabile. Ho fallito, Alexander. Mi dispiace.

 

Satranius sibilò la propria soddisfazione. Solo una lacrima, e la sua vittoria sarebbe stata definitiva…

 

“GLACIAL BEAM!!”

La frase non fu neppure terminata, che tre golem lavici, i più vicini al dragone furono investiti, dall’alto, da una raffica di un gelo come mai si era sentito su quel mondo! Lo sfrigolare delle carni roventi fu di vita breve come il loro calore; divennero in pochi secondi tre statue di ghiaccio! Gli Altri golem, contemporaneamente, voltarono lo sguardo verso l’alto.

 

Di nuovo, Stargod sentì la vita rinascere nel suo cuore, mentre anche lui osservava il punto da cui era venuto quel grido. “Ma cosa..?”

 

Il Seminatore di Morte era troppo lontano per vedere il responsabile del miracolo che, improvvisamente, aveva cancellato la sua visione. Tutto quello che poté cogliere fu un riflesso metallico in discesa a picchiata.

Poté solo sperare che non si trattasse di un nuovo nemico, non ora…

 

NOOO!!” Satranius sputò fiamme e lava, e la sua ira crepò pericolosamente le pareti della sua tana. “Chiunque tu sia, sii maledetto per sempre! CHI SEI??”

 

Venne giù dal cielo, veloce come una meteora! Atterrò fra Max e le linee nemiche, con una forza tale da scuotere la terra.

“VENITE A PRENDERVELA CON QUALCUNO CHE PUO’ RISPONDERVI PER LE RIME, BUFFONI!” disse il nuovo arrivato, mettendosi in posizione di combattimento. Parole audaci, ma decisamente adatte alle circostanze.

Il ‘salvatore’ era un titano, un cavaliere alto 30 metri, vestito di una splendida armatura nera e bianca, decorata da un gioiello dorato sul petto, posto nel mezzo di due piastre scarlatte simili ad ali spalancate.

Il suo volto aveva un’espressione temibile: due occhi gialli, e una bocca protetta da una griglia che quasi arrivava al naso. Dall’elmo spuntavano due paia di lunghe corna a ‘L’ dorate, e si apriva, in cima al cranio, in due placche appuntite.

“CORAGGIO! MAZINKAISER E’ PRONTO A DARVELE DI SANTA RAGIONE!” La sua voce era come il tuono stesso.

I golem non se lo fecero ripetere: dalle loro bocche partirono raffiche di lapilli.

Il nuovo arrivato fu colpito in pieno… e i lapilli si infransero sul suo corpo, riversandogli addosso il loro cuore di lava…E fu come avergli versato addosso una secchiata d’acqua, per l’effetto che ebbero!

“TUTTO QUI?” fece Mazinkaiser, mentre la lava colava via senza lasciare neppure un annerimento. Poi voltò la testa verso Stargod. “AMICO, QUESTA E’ ROBA DA GRANDI: VAI E NON PREOCCUPARTI.”

Il lupo annuì. Lesse la mente del pilota di quello che era un super-robot della Terra, e schizzò verso il suo obiettivo con rinnovata energia. Antesys ti ringrazio! Resisti, Max! Non ci metterò molto, lo giuro!

Due golem tentarono di fermarlo con altri lapilli, ma questi ebbero appena il tempo di uscire dalle bocche, che, “RAGGI FOTONICI!”, una coppia di laser ottici li disintegrò a mezz’aria.

“*TSK* COSI’ NON VA. E’ COSI’, CHE DOVRESTE FARE: TURBOSMASHER PUNCH!!” i polsi della macchina iniziarono a roteare ad una velocità pazzesca. Il robot stese le braccia, e gli avambracci partirono, due missili rotanti talmente veloci, che

i tre golem fra Max e Stargod furono divisi praticamente in due all’altezza della vita; e anche questi collassarono su loro stessi.

I golem lavici sopravvissuti tentarono quel momento per attaccare il nemico. Lanciarono altri lapilli, ma anche questi si infransero inutilmente contro il titano.

Robert se la stava godendo un mondo. “Mi piacerebbe darvi un assaggio di vero calore, belli, ma con il nostro amico di mezzo, mi bastera soffiare e sbuffare… Rust Tornado!

Le griglie della bocca si  illuminarono, un attimo prima che eruttassero un triplice vortice di una potenza spaventosa! I golem furono contemporaneamente sollevati come fuscelli, ed allo stesso tempo letteralmente polverizzati, ridotti ad una fine cenere dalla potenza del vento combinata con particelle corrosive.

Solo a quel punto, il robot si rivolse al dragone. Si chinò e gli afferrò delicatamente la testa fra le mani. “CE LA FAI?”

Max annuì, debolmente. Quella pausa preziosa, unita alla speranza rinata, gli avevano dato una forza inaspettata. “Sì…Ma ora ascolta, straniero: devi proteggere il Dio, adesso: questi mostri, i tentacoli…” tossì “Sono tutte difese del Vecchio Juma. Lui ha paura, sta male, non ha colpa…Ma devi indebolirlo: guarda,” ed indicò il vulcano. “Dalla lava sgorgano le sue difese: spegni il suo fuoco, e Stargod potrà guarirlo…”

Mazinkaiser annuì. “CONSIDERALO FATTO.” Depositò a terra la testa del dragone, e si allontanò di corsa. Fatti alcuni passi, spiccò un salto. “PRONTI AL COMBATTIMENTO!” e a quel comando, Il gruppo propulsore alla schiena estese un paio di enormi ali. Il jet pack si accese, e Mazinkaiser schizzò in volo verso la cima del cratere.

 

Stargod si trovò di fronte alla nuda roccia…ma Max lo aveva avvertito. Non avrebbe trovato un passaggio segreto: avrebbe dovuto costruirselo

John si concentrò. Con o senza la gemma, possedeva il potere di toccare mentalmente la biosfera. E così come poteva assorbire energia da essa, poteva percepirne le pulsazioni vitali dei suoi componenti…Incluso il cuore del Vecchio Juma…Eccolo!

Ora dovette fare attenzione a misurare il potere della sua scarica ottica -adesso che si era finalmente liberato dai naniti che lo infestavano[xxxv], in preda all’emozione rischiava di demolire il vulcano intero!

La roccia fu vaporizzata all’istante, e il tunnel che risultò era più che sicuro. Stargod corse dentro.

 

I tentacoli spuntarono nuovamente, velocissimi. Anche Mazinkaiser si trovò avvolto da essi. Il contatto liberò una serie di sibili tremendi, ma anche in quest’occasione la copertura di invincibile Starlega si rivelò impervia. “SE E’ QUESTO IL MEGLIO CHE SAI DARE, VECCHIO JUMA…RAFFREDDATI UN PO’ I BOLLENTI SPIRITI: GLACIAL BEAM!”

Ancora una volta, le grandi corna si inclinarono in avanti di 90°. E ancora una volta, dopo essersi accese, emisero un campo di inversione termica, un’arma studiata per indurre un raffreddamento della materia tale da trasformare

in appena un minuto

persino un lago di lava in niente altro

che un blocco di ghiaccio!

 

Stargod percepì il brusco abbassamento di temperatura, ma ora tutta la sua attenzione era dedicata all’obiettivo della sua missione. Seguì i condotti di aerazione del cuore di Juma, scendendo in un abisso che sembrava volere portare fino all’inferno. Intorno a lui, le pareti avevano da tempo abbandonato la copertura rocciosa, per mostrare viscida e spessa carne. Inutile preoccuparsi delle artigliate lasciate dal suo arrampicarsi…

Improvvisamente, il condotto si contrasse spasmodicamente! Stargod perse la presa, e appena cercò nuovamente di recuperarla, nuove contrazioni glielo impedirono. E lui decise di lasciarsi andare, sperando che la corsa non terminasse in un altro lago di lava o qualcosa del genere…

 

Non fu così, e la corsa del dio-lupo terminò in una specie di caverna. Una caverna immensa, una sfera cava di tessuto organico, attraversata da un intrico di vene ed arterie. Un intrico che connetteva quelle pareti

al cuore. Anche se, più che un cuore, si poteva parlare di una specie di immane cervello. Il cuore di Juma consisteva in una massa spugnosa, pulsante, che agli acuti occhi del lupo, irradiava energia infrarossa come un faro… “Ehi!” qualcosa passò proprio sopra la testa di Stargod.

Quel ‘qualcosa’ era una specie di insetto! La creatura si fermò appena il tempo di esaminare lo strano corpo estraneo, roteando i suoi occhioni sfaccettati, per poi dirigersi verso un’arteria.

Stargod vide che non era sola: dovevano essere a centinaia, tutte grosse come la sua testa, tutte impegnate a zampettare sul cuore e sulle sue diramazioni come api intente alla manutenzione dell’alveare. “Gesù.”

Eppure, mano a mano che i suoi sensi si adattavano a quell’ambiente, Stargod percepiva qualcos’altro, in quelle creature…Sì, la loro attività non sembrava causare danni, ma la luce vitale in esse aveva un colore…strano, stonato -non sapeva come altrimenti metterlo…

<Cominci a capire, Salvatore e Protettore,> disse una voce nella sua testa. Una voce allo stesso tempo maestosa e serena, carica di un’antichità senza tempo. Stargod percepì una strana affinità fra quella voce senza tempo e quella di Antesys. “Sei…Juma?” Chiese, guardando verso il cuore.

<Se vuoi chiamarmi così, va bene,>  rispose la solenne entità. Era una risatina, quella che trasmise, dopo? <Sei un soldo di cacio coraggioso, John Jameson, proprio come i tuoi predecessori. E a differenza di loro, sei vibrante d’amore per un Realmita…Sì, credo proprio che il tuo sarà un destino interessante…>

“Cosa volevi dire con…”

<I droni che vedi sono cellule che dovrebbero proteggermi dalle invasioni esterne. Tyrk le ha trasformato nelle portatrici di un male che mi ha tolto il privilegio di morire. Sono state loro, a rivolgere le mie difese contro di te ed i tuoi alleati.> Era solo un’impressione di John, o la voce mentale aveva sospirato? <Ironicamente, proprio l’azione di Satranius ha accorciato finalmente la strada del mio destino.

<Ed ora, di fronte ad Antesys, John Jameson, io ti do il permesso di uccidermi, di restituirmi alla morte…No, non esitare: il mio uovo è ormai avvelenato, morto, ed io sono troppo debole per tornare ad essere un’isola…

<Ti prego, liberami, e lascia che il mio essere torni ai miei antenati. Non ho alcuna ragione di prolungare un’esistenza inutile. Non dare a Tyrk questa soddisfazione.>

Così complessa era la mente della creatura, che John non poté leggerne i pensieri. Poté solo toccare la sua anima, e percepirne la sofferenza in quell’innaturale condizione… “Ci sono altri tuoi simili, in queste condizioni?”

<Ahimè, sì…Ma loro sono, almeno, ancora immersi nel crepuscolo fra il sonno e la morte…Ma sono sicuro che saprai fare quello che devi per liberarli. Ed ora, restituiscimi la mia dignità.>

John scosse la testa. Così tante cose da chiedere, da sapere…e solo il tempo per spegnere un’altra vita…Vorrei che tu fossi vivo, demonio maledetto, per poterti uccidere ancora una volta!

Ancora una volta, Stargod concentrò la sua volontà sulla Godstone. Antesys, dentro di lui, approvò, e questo gli diede la forza necessaria…

Un ampio cono incandescente partì dalla sua gola.

 

Nella cabina di comando di Mazinkaiser, Robert avvertì come una sensazione strana, come un senso di premonizione… “Ehi, Max o come diavolo ti chiami…Lo senti anche tu?”

 

Max annuì. L’ultima volta che si era sentito così era stato in occasione della morte di un anziano dello stormo: era come se il cielo stesso si fosse fermato, mentre il grande dragone passava ad un altro piano di esistenza…

L’isola fu percorsa da un fremito, seguito da un titanico sospiro. Max dimenticò il proprio dolore. “Il Vecchio Juma è morto.”

 

Era così: il pesce isola smise la sua corsa, e, sotto gli occhi esterrefatti dei suoi abitanti, la sua testa si immerse un’ultima volta.

“E’ morto…ma perché..?” Ledria scuoteva la testa. La fine improvvisa del pesce-isola, lontano dal supporto dove si era ancorato, significava che l’uovo non si sarebbe mai schiuso, e che l’isola stessa sarebbe presto affondata

Passarono diversi minuti di incredulo silenzio. Ogni uomo, donna e bambino si sentiva come smarrito, come se avesse, ed era così, appena perso la propria famiglia. Quello che era appena successo non aveva precedenti…

Ci fu uno schioccare d’aria, quando lo spazio sopra di loro fu occupato improvvisamente dalla maestosa figura di un Max perfettamente guarito. Il dragone atterrò dolcemente, e Stargod saltò a terra.

L’uomo-lupo si avvicinò ai sopravvissuti dell’isola. Avrebbe voluto profondersi in mille scuse per non avere saputo fare di meglio, esprimere comprensione…ma, in qualche modo, sentiva istintivamente che sarebbe stato un grave errore. Doveva mostrarsi sicuro di sé, senza arroganza, e dare l’idea di avere fatto la cosa giusta…E così fu. A quella gente disse quello che il Vecchio Juma gli aveva detto, e la gente pendette dalle sue labbra, ogni dubbio fugato dalla sua sola autorità…

Terminato il resoconto, Ledria gli si avvicinò, e fece un inchino. “I tuoi umili seguaci, divino, a questo punto possono solo chiederti di portarli in un porto sicuro. Da lì, cercheremo una nuova rotta, e una nuova casa. Così come il Destino aveva deciso di toglierci questa terra, così saprà darci una nuova ragione di vita, così come” e qui, sorridendo, voltò la testa verso Avatar “io ho perso una casa, ma ho ritrovato un figlio. Anche se per poco.”

“Madre..?” era strano sentire una nota di perplessità nella voce sintetica.

Lei lo fissò severamente. “Il fato ti ha concesso molto più di un’opportunità: ti ha concesso di servire Stargod in persona. Mi aspetto che tu adempia a tale dovere al meglio delle tue possibilità. Fino a quando sarà necessario.”

 

“…fino a quando sarà necessario.”

La visione dello specchio di fuoco si spostò dalla donna al super-robot che stava lasciando l’entroterra dell’isola.

“Ammetto di essere stato sconfitto sportivamente, Antesys: io non ho violato la tregua, e tu hai lasciato libera scelta ad un altro alieno di interferire con i miei piani. Ancora una volta, Satranius china il capo di fronte alla tua infinita saggezza…” poi, il tono reverenziale tornò ad assumere la familiare, sinistra sfumatura. “Ma ora che il Giorno del Giudizio sta per terminare, non lesinerò sui mezzi…Maledetto Mazinkaiser, la prossima volta che ci incontreremo, mi assicurerò di farti mio schiavo, per l’affronto che hai osato recare…”

Nello specchio, il tramonto conferì un’aura di fuoco alla macchina, come se la luce stessa si fosse incarnata in una muta sfida alle parole del dragone. Poi, Mazinkaiser scomparve.

 

Episodio 19 - Trappola per Cavalieri

 

Questo pianeta di tipo terrestre, coronato da un instabile anello di rocce, con le sue due lune, si chiama Altro Regno. Un mondo dalla storia tormentata, come possono testimoniare le sue tante peculiarità geologiche…

Ma si tratta anche di un mondo dalle origini ancora più peculiari.

Purtroppo, il grado di avanzamento tecnologico della sua popolazione umana non è sufficiente, oggi, a garantire una disciplina accademica efficiente come l’archeologia -almeno come tale disciplina è vissuta sulla Terra del XXI secolo. Persino la documentazione scritta è, in gran parte del mondo, un lusso.

Se ci fossero stati degli archivi attendibili, uniti ad una ricerca continuativa, uno storico sarebbe impazzito nel tentativo di mettere insieme gli eventi delle civiltà di Altro Regno.

Avrebbe avuto non poche difficoltà a tentare di mettere insieme un mondo precipitato nel medioevo più buio con quello che si trova nella porzione più ad est del supercontinente Pangeiano di Altro Regno.

 

La regione di Mur, detta anche Landa della Morte, era una zona frastagliata, unita alla grande massa continentale da una fragile lingua di terra. La sua superficie era nuda, in contrasto con la lussureggiante vegetazione. La si poteva paragonare alla classica punta dell’iceberg: il resto della sua massa era sommersa.

Ed era proprio lì, sotto l’oceano, lontani dagli occhi indiscreti di un mondo che li credeva leggenda, che si trovavano gli eredi di Altro Regno…

 

La città, una metropoli ampia come Los Angeles, era nascosta da milioni di tonnellate di roccia, all’interno di una ‘bolla’ naturale dalle pareti frastagliate di stalattiti e stalagmiti. La luce e la vita erano assicurate da un ‘sole’ artificiale sospeso sulla volta, un reattore a fusione, frutto di una scienza così avanzata che difficilmente la si sarebbe potuta credere di questo mondo.

La città era un’isola, sviluppata come una piramide, senza che venisse sprecato un solo centimetro quadrato. Era uno strano contrasto, una simile perfezione unita allo stile indubbiamente antico, barocco, dei palazzi. Era come se medioevo e futuro si fossero incontrati a metà strada.

Veicoli simili a carri, con grandi ruote di legno, percorrevano strade affollate di gente vestita in modo pittoresco. Persino i più umili fra loro, i semplici mercanti e schiavi, avrebbero potuto apparire come dei signori nella Francia dei secoli bui. La gente si muoveva seguendo schemi precisi, lasciando o togliendo il passo a seconda del rango di chi si incontrava; le donne si muovevano sempre a coppie, e parlottavano fra loro in toni sommessi, mentre i maschi, invece, non solo potevano girare anche da soli, ma erano anche ben più ciarlieri. Dalle osterie con insegne di legno venivano schiamazzi allegri e suoni di risse.

Nel suo insieme, la città era prospera e felice. Non avrebbe potuto essere altrimenti.

Non fin quando gli abitanti del grande castello in cima alla piramide avessero voluto così.

 

“Come sta la nostra ospite?” chiese l’uomo alla finestra. Era una creatura longilinea, armoniosa, ed alta: non meno di due metri, con una folta capigliatura bionda che gli arrivava fino alle scapole. Il suo volto era delicato, un Tiziano pallido con due occhi azzurri come l’oceano e labbra sottili. Indossava un abito bianco, simile ad un’uniforme, con le maniche della camicia a sbuffo, e le caviglie coperte da calzini aderentissimi. Una banda oro e cobalto andava dalle spalle alla vita, e un ampio mantello cobalto era legato da due medaglie rappresentanti un sole stilizzato. La sua stessa voce poteva essere tanto femminile quanto maschile.

Il suo aspetto non ingannasse, tuttavia: egli era il padrone assoluto del mondo sommerso, il signore di ogni singola vita in quella città. Con la stessa calma serafica poteva ordinare una strage o descrivere la più raffinata delle torture.

L’uomo dall’altra parte della stanza, in piedi vicino al trono scavato nel puro cristallo, avrebbe potuto sembrare il gemello oscuro del signore di Mur. Era alto appena uno e novanta, ma era identico al sovrano, salvo che per i capelli, che erano neri. I suoi occhi erano due pezzi di ossidiana, e riflettevano apertamente il potente fuoco interiore che correva nella famiglia. La sua uniforme era nera, con un mantello sanguigno.

Il gemello oscuro annuì. “Lady Tyrk sta bene, fratello. Ha rifiutato di farsi curare le ferite alla faccia, ed ha insistito per avere degli innesti bionici anziché farsi reimpiantare del tessuto vivente. L’operazione è stata effettuata senza anestesia, ma lei non si è lamentata del dolore. Adesso dorme, ma aspetta disposizioni.”

Il gemello solare sorrise, un’espressione inquietante. “Quella donna odia il Lupo con una passione che non si vedeva da millenni. La sua forza di volontà è eccezionale, ma non mi aspettavo da meno da colei che è riuscita a conquistarsi un posto fra gli antropofagi Tok.”

Il gemello solare si voltò e camminò con passo lieve, predatore, verso il fratello. Giuntogli di fronte, gli posò le mani affusolate sulle spalle. Entrambi si voltarono a guardare verso il trono: intorno ad esso, scolpito con tale perfezione da sembrare vivo, si avvolgevano le spire di un serpente dalla bocca spalancata.

“Il giorno in cui il nostro Signore tornerà a dominare il mondo sono vicini, ormai.”

 

“D’accordo, lo ammetto: poteva andare peggio. Almeno nessuno vuole farci la pelle, per una volta…Sai? Comincia a mancarmi quel pazzo assassino di Wolverine. Almeno, lui era il solo a volermi fare la pelle.”

Ogni giorno portava una nuova scoperta, in quel mondo: decisamente, non c’era da annoiarsi…

Erano passate circa 24 ore dalla loro avventura con il Cuore Nero della palude[xxxvi]. Da allora, non avevano fatto altro che alternare camminare e volare, in una direzione fissa, scelta in base ad una mappa fornita da un fantasma, in attesa di essere ricontattati da Stargod o perlomeno da qualcun altro dei Cavalieri.

A differenza del suo compagno d’arme, Richard Rennsaeler, alias Iron Monger era un ‘ragazzo di città’, ed in quel momento avrebbe dato l’anima per una bella distesa di cemento ed acciaio…

Ma anche la vista di quella favolosa cittadella poteva andare bene, come surrogato. La ciclopica struttura in pietra, un conglomerato di edifici tondeggianti intorno ad un tempio piramidale, era visibilmente abbandonata da tempo, da abbastanza tempo perché la foresta vi ricrescesse dentro come fuori, come per i templi abbandonati nelle giungle della Corea…Eppure, quel luogo continuava a dare l’impressione di essere solo un gigante addormentato, pronto a reclamare la sua posizione quando volesse…

Iron Monger proiettò una scansione della mappa sull’apertura per gli occhi dell’elmo. Quanto a capacità di stoccaggio dati, il computer dell’armatura era libero al 99% dei 10 terabyte su supporto quantistico. E una mappa-espresso faceva proprio comodo…E, sì, il tempio era segnato lì, proprio sul loro percorso. “Almeno, stiamo andando nella direzione giusta…Diablo?”

Estabàn Corazon del Diablo, il Signore dell’Alchimia, stava guardandosi intorno con l’espressione di un soldato alla ricerca di un nemico ben nascosto. Poi, sorrise. “Il destino ha voluto darmi una mano, si direbbe…”

Iron Monger lo picchiettò su una spalla. “Terra a Diablo. C’è qualcosa che vorresti condividere con Houston?”

“Hai presente il ‘patto’ che ho stretto con quel dragone delle foreste[xxxvii]?” fu, in risposta, la laconica domanda.

“Sì. E ricordo anche Stargod non sembrava proprio felice di una simile idea.”

Diablo indicò quello che, a prima vista, era solo un ennesimo fregio smangiato dagli elementi…Per la precisione, una ringhiante testa di drago, posta sulla sommità di un portone ostruito da nodosi intrecci di radici e liane. “Lascia che ti rinfreschi la memoria, allora: millenni e millenni fa, quando il primo Stargod era un drago, quando i Tok abitavano il loro mondo vivo e fertile, un’altra specie aliena giunse qui dagli abissi dello spazio.

“Una specie anch’essa proveniente dal nostro ‘macroverso’. Anche loro erano dragoni, ma a differenza dei nativi di Altro Regno, essi erano i soli padroni del loro mondo come l’umanità lo è della Terra.

“I dragoni di quel mondo erano pacifici, giunti all’apice grazie ad un’applicazione intelligente delle loro conoscenze…Tuttavia, alcuni di loro, non erano così pacifici, anzi, erano anime irrequiete, che bramavano la violenza e l’eccitazione data dal sangue.

“Manipoli di queste creature si mossero in direzioni casuali fra le stelle e le varie dimensioni. Le loro navi erano potenziate da dispositivi il cui potere era davvero degno di un dio. Una di tali navi arrivò secoli addietro in Cina, nella zona che sarebbe diventata la Valle dei Draghi, ed il suo equipaggio diede vita ad una lunga leggenda[xxxviii]

“Coloro che giunsero qui portarono con sé il seme della corruzione. Furono loro, a spingere il detentore della Godstone a usare l’onnipotenza per scopi di dominio, violando il patto con Antesys.

“E quando la Godstone fu tolta ai draghi, e fu loro impedito di usare la loro magia per creare uno squilibrio a loro favore, i draghi decisero di rivolgersi ad un altro potere…”

“I dispositivi delle navi…” disse Iron Monger.

Diablo annuì. “Sulla Terra, quei dispositivi furono trovati ed usati dall’uomo chiamato il Mandarino. Gli stessi dispositivi intorno ai quali è stato costruito, qui, questo tempio. I draghi alieni e quelli ribelli nativi speravano di usarli per contrastare il successivo Stargod…ma fallirono, perché loro erano pur sempre una minoranza, e furono sopraffatti dai fedeli ad Antesys.

“Gli anelli, come si scoprì, non potevano essere distrutti se non dallo Stargod, ed il nuovo non era ancora giunto. Così, fu deciso di sparpagliarli nei luoghi più inaccessibili di questo mondo, dove solo il Dio poteva giungere.

“Un solo anello dovette essere lasciato al suo posto, perché il suo potere lo rendeva inamovibile…E non puoi immaginare quanto ciò preoccupasse i custodi degli altri anelli, perché essi sono legati fra loro. Trovane uno, e gli altri seguiranno.”

“Il drago Veggany voleva che tu rintracciassi l’anello in questo tempio.”

“Esatto. Tuttavia, neppure lui sapeva dove rintracciare il tempio, essendo i custodi i soli a sapere del tempio, e solo uno di essi è ancora vivo.”

“Uh…Ma come poteva assicurarsi che tu rispettassi il patto? Avresti potuto metterci anni, prima di…”

“I draghi vivono molto più a lungo di un essere umano. Veggany è giovane, e può aspettare anche tutta la mia vita. Il piano, comunque, era abbastanza semplice: dovevo solo ingannare Stargod sottilmente, senza tradire i miei pensieri, giorno per giorno, fino a spingerlo a trovare il primo anello.”

C’era qualcosa, nel sorriso di Diablo, che ad Iron Monger non piaceva -e non era per il fatto che comunque Diablo era un supercriminale…No, i suoi occhi erano illuminati da una luce diversa… “E come poteva assicurarsi che tu avresti tenuto fede alla tua parte del patto? Mica poteva saperlo che cosa avresti fatto una volta ottenuto l’anello…”

“In effetti, un modo lo aveva.”

Avvenne in un istante! Iron Monger portò l’armatura ad allarme rosso, pronto per battersi contro un esercito…Purtroppo, non era stato abbastanza veloce: un pugno da parte dell’alchimista lo scaraventò come un giocattolo contro un albero, che si rivelò abbastanza robusto da resistere all’impatto. Iron Monger rimbalzò a terra. Nonostante il guscio protettivo, Richard si sentiva come se fosse stato appena preso a calci da un Mike Tyson in preda a raptus da Crack.

L’uomo studiò attentamente i dati forniti dagli scansori…e si sentì terrorizzato come non mai! Quella che avanzava verso di lui era la figura di Diablo, sullo spettro ottico…ma su altre frequenze, era ben visibile una sorta di enorme uovo pulsante, al centro del petto, accanto al cuore! Era come un cancro, ed emanava una luce bianca…

Perso nella contemplazione di quell’orrore, non si accorse che ora Diablo si era avvicinato abbastanza da prenderlo per il bavero, stritolando il metallo come fosse stato cartone. Poi, sempre senza sforzo, Diablo lanciò lo sfortunato eroe dritto contro una parete del tempio. Iron Monger emise un grugnito. Il sistema denunciava una serie di avarie che riducevano di non poco la sua potenza… “Sei…Veggany?”

Ancora una volta, Diablo avanzò verso di lui. “Sì e no. Un trucco utile per nascondere la mia presenza a quel saccente licantropo, troppo impegnato a sondare la mente del mio ospite per preoccuparsi di cercare me.”

“Satranius…” tentò lui, per guadagnare tempo…ma inutilmente. Diablo infilò una mano nel ventre dell’armatura. Il metallo non offrì resistenza al colpo potenziato dalla magia. Scintille ed archi voltaici seguirono all’eviscerazione dell’armatura.

“Satranius è un nostalgico. Lui, come tutti i nativi, rivuole il controllo della Godstone. Io voglio gli anelli per chiamare a me i miei fratelli nel macroverso. I Tok sono deboli, saranno i primi a cadere sotto il potere di un’intera flotta dotata degli anelli di potere!” Dicendo ciò, continuava sistematicamente a demolire l’armatura. Era ormai giunto alle celle nucleari…

Richard poteva essere spaventato a morte, ma era anche, in fondo, un ex-agente dello SHIELD. Un angolo della sua mente elaborava pensieri freneticamente…

Perché non mi ha ucciso semplicemente staccandomi il collo? Potrebbe farlo senza remore…A meno che…

La mano giunse al controllo dei sistemi offensivi. Uno strappo, e l’armatura di Iron Monger fu resa impotente.

Ma certo! L’alimentatore a particelle Beta Mark II! Una fonte di energia quasi illimitata, ma non sufficientemente testata. Veggany è uno di quegli alieni, e deve avere bisogno dell’alimentatore per qualche ragione! Il resto, il piano d’azione, venne da solo. Doveva guadagnare tempo, e non importava se non fosse arrivato nessuno: gli bastavano un paio di minuti per attivare e portare a termine la sequenza di autodistruzione. Sarebbe stato un bel botto, e neppure Veggany sarebbe sopravvissuto…

Ci volle una frazione di secondo per elaborare quella mossa disperata. Ci volle altrettanto, per attivare una batteria di riserva, e convogliare tutta quell’energia in un punto specifico… “Ehi, coglione.”

Funzionò: l’insulto pronunciato con tono strafottente attirò l’attenzione dell’uomo posseduto, che sollevò la testa, incuriosito…

Adesso!

L’unità pettorale ad Uni-Raggio sparò un colpo di luce così violento che fu come guardare dritto nel Sole. La volontà poteva essere quella di Veggany, ma il corpo era ancora umano, e il cervello fu investito e sopraffatto da un’ondata di crude informazioni.

Diablo non urlò neppure: perse istantaneamente conoscenza. Per qualche ragione, Veggany non emerse. Era chiaro che avrebbe potuto liberarsi del suo ‘ospite’, prendere il controllo, ma non lo faceva…E, a dire il vero, a Richard questo andava benissimo!

Ebbe solo un momento di esitazione, prima di inviare la sequenza che avrebbe liberato in un colpo solo tutta la potenza dell’alimentatore Beta. Pensò a suo figlio, per il quale si era imbarcato in quest’avventura. Il ragazzo non avrebbe mai appreso della morte del padre in un mondo lontano. Lui sarebbe rimasto, forse per sempre, in uno stato di catatonia autoindotta, beatamente ignorante del resto del mondo…

Meno 60 secondi. 59, 58, 57, 56…

Abbandonare l’armatura e scappare a gambe levate? Un’opzione che, onestamente, aveva considerato.

…45, 44, 43, 42…

Sì, e dove sarebbe andato? Se Veggany non lo avesse ucciso, ci avrebbero pensato i Tok o qualche altra forma di vita locale. Senza l’armatura, era solo un uomo inutile, vecchio e debole.

…32, 31, 30, 29…

Almeno, il ragazzo era al sicuro, in Europa, curato dai migliori medici che i soldi potessero comprare. Massì, ‘fanculo! Questo vecchio aveva fatto abbastanza stupidaggini, in vita sua, da meritare un’adeguata punizione. Una volta aveva addirittura quasi precipitato il mondo nelle fauci dell’olocausto nucleare!

…10, 9, 8, 7…

Chissà se avrebbe fatto male..?

…3, 2…

“Ferma la sequenza.”

Lui lo fece. La voce lo aveva colto di sorpresa, una voce che sembrava provenire dagli abissi, che entrò nella sua volontà insieme ad un’ondata di terrore tale da renderlo, in quel momento, malleabile come un panetto di burro -un effetto volutamente studiato, dal proprietario di quella voce…

…Il Seminatore di Morte. “Ti devo riconoscere più coraggio di quanto avessi sospettato, Rennsaeler. Le mie congratulazioni.”

Mai quell’angelo oscuro, vestito interamente di nero, con un volto nascosto dalle ombre, del quale si potevano vedere solo gli occhi gialli e cupi, gli era sembrato così bello. Iron Monger si scoprì a respirare come un mantice. “Io…Diablo…” Raccontò tutto velocemente, prima di cominciare a dubitare di quei fatti. Quando ebbe finito, disse, “Ma come hai fatto, a trovarci?”

“Ho sempre saputo dove eravate. Ho inserito dei segnalatori nel suo costume e nella tua armatura. Più prosaicamente, non potevo correre il rischio di teleportarmi, per poi incappare in una ‘trappola’ mistica di Satranius. Occorreva…il ‘via libera’.”

“Uh..?” ma Richard non ebbe modo di completare la domanda. Una risatina attirò di colpo la loro attenzione.

Diablo si stava mettendo in ginocchio, fissando i due super-esseri con un’espressione divertita.

“Impossibile,” disse Iron Monger. “Dovrebbe essere cieco, quel colpo era studiato per bruciare le retine…”

“Niente che un po’ di magia non possa risolvere, ometto,” disse Diablo/Veggany. “Arrendetevi, e sarò pietoso abbastanza da uccidervi con un colpo solo.”

“Non credo che ci sia il tempo di reiniziare la sequenza di autodistruzione,” disse Richard.

Il Seminatore, come sempre senza mostrare la minima emozione, disse, “Ho bisogno di parti di ricambio per le unità di bio-scrambling. Sono custodite in un comparto in vita.”

Richard, in compenso, gli rispose come si fa con un mulo del Missouri. “Stiamo per essere uccisi, e ti preoccupi di..?”

Diablo saltò! Veloce, verso Iron Monger, per finire il lavoro.

Qualcosa saltò verso Diablo: due ombre, due figure così veloci da non poterne comprendere la natura. Qualunque cosa fossero, lo intercettarono a metà balzo, respingendolo facilmente di lato.

Diablo atterrò su un fianco. “Ma cosa..?” Sollevò lo sguardo, solo per incontrare la figura

di Grigar. “Stai minacciando i miei compagni, creatura,” disse l’ex-Balkatar del Popolo Felino, tenendo bene in vista la sua ascia runica bipenne. Ai suoi occhi, l’uovo era ben visibile, un cuore maligno e pulsante. “Non vivrai abbastanza a lungo per godere del tuo inganno!”

“Rennsaeler,” disse il Seminatore, stendendo una mano, tenendo il palmo levato. Iron Monger aprì il comparto e gli passò una sottile scatola metallica.

Diablo chinò la testa, apparentemente in segno di disfatta. Esalò un profondo sospiro…e scattò in piedi.

Il felino si tese come una molla. Le rune incise nelle lame iniziarono a brillare mentre raccoglievano il Mana.

Il Seminatore, con tutta la calma del mondo, aperta la scatola, stava rimpiazzando i circuiti danneggiati.

Diablo iniziò a ridere: un verso in crescendo, dapprima appena accennato, che terminò con un verso inumano, un ruggito di sfida. Allo stesso tempo, il corpo dell’alchimista iniziò a generare luce!

“Colpiamo ora?” fece Tigra. Francamente, lei non avrebbe avuto remore, a porre fine alla vita del supercriminale insieme a quella del suo ‘parassita’…Ma vedeva Grigar esitare, e si trattenne.

Terminato con un guanto, il Seminatore di Morte iniziò a lavorare sull’altro.

La luce corse come un liquido lungo il corpo di Diablo, corse in una direzione: la sua testa. Quando essa si fu raccolta nel cranio, Diablo si tese. Il suo corpo tremò come in preda ad un unico spasmo. La sua testa si piegò all’indietro, ad un angolo da fare temere che il collo si fosse spezzato.

Diablo spalancò la bocca e gli occhi, ed essi emisero getti di luce!

“Ci siamo quasi…” mormorò Grigar.

La luce si raccolse in una sfera sulle teste degli eroi, e quella sfera si allungò fino a divenire

un drago: un serpente smeraldino corazzato lungo venti metri, dotato, come un cobra, di un enorme cappuccio che fungeva da ala. Sotto di lui, Diablo crollò al suolo, svenuto.

Veggany sorrise amaro. “Così, credete di avere frustrato i miei piani?” fissò i suoi nemici uno ad uno. “IDIOTI! Arrendetevi finché potete lasciare vivi questo posto. Se anche, per puro miracolo, mi sconfiggeste adesso, avrete ancora da guardarvi le spalle da tutti i miei simili…tutti coloro che, come me, sono discendenti dei figli dei nostri fratelli delle stelle e dei nativi! Provate pure a chiamare il vostro prezioso Stargod: cosa potrà fare, perso nella sua ignoranza, hm? Uccidere ‘preventivamente’ tutti i draghi di Altro Regno?” mostrò un sorriso pieno di zanne, fra le quali sibilò la sua lingua forcuta.

Grigar non si abbassò a parlargli; lasciò che fosse la sua arma, a parlare per lui. Tese il braccio, e…

Veggany spalancò la bocca, e dalle sue fauci partì un getto di gas, un concentrato delle più potenti neurotossine che le piante di Altro Regno potessero produrre! La nube avvolse il punto dove si trovava il gruppo, sprofondandolo in una nebbia letale…Dopo, avrebbe rivitalizzato il mago, e tornare a concentrarsi subito sulla sua missione ori*
”Cosa..?”

La nebbia si dissipò, ma il mago, l’uomo in armatura…erano tutti scomparsi!

*!*

Un oggetto rotante alle sue spalle! Velocissimo! Prima che Veggany potesse reagire, la cosa aveva già prodotto uno squarcio nel lato sinistro del suo cappuccio alare! Il drago urlò il suo dolore,mentre si sbilanciava di lato…Poi, davanti ai suoi occhi, l’arma compì un’inversione ad ‘U’ e gli squarciò il lato destro! Sangue e tessuto inzaccherarono i fianchi di Veggany, mentre questi, ormai senza sostegno, precipitava.

Atterrò con un tonfo da scuotere le rocce vicine. Emise un grugnito, ripiegò quello che restava del cappuccio, e sollevò il segmento frontale delle sue spire.

L’oggetto rotante era l’ascia runica, che si fermò nella mano del suo proprietario. “Fa comodo essere un teleporta,” disse Grigar, sorridendo dalla cima del tempio.Il Seminatore stava in piedi al suo fianco. Iron Monger e l’inconscio Diablo erano al sicuro, dietro di loro.

Veggany sorrise, un crudele scintillio di anticipazione acceso nei suoi occhi. “Credimi, è ancora più comodo essere un drago delle foreste, straniero…” E, ad un suo comando mentale,

la foresta intorno ai Cavalieri impazzì. Liane, viticci e rami si mossero come altrettanti tentacoli di una sterminata piovra.

Per quanto Grigar saltasse senza economia di energia, usando indifferentemente lame ed artigli per respingere i tentacoli più vicini, il ‘nemico’ era, semplicemente, troppo numeroso e fitto. Fu solo questione di tempo, ed infine, fatalmente fu prigioniero in una morsa d’acciaio! Il suo corpo fu sollevato in aria, per togliergli ogni punto d’appoggio, quindi le liane iniziarono contemporaneamente a strangolarlo ed a tirare i suoi arti per squartarlo.

 

“Siete stati un piacevole diversivo, mammiferi. Ora…Eh?” il suo poteva essere un corpo enorme, ma certamente non insensibile. Si accorse subito del tocco al suo fianco. “No…”

Il Seminatore di Morte attivò i nuovi bio-scrambler. Un’ondata di energia si riversò in tutto il corpo di Veggany! I suoi processi biologici furono brevemente, totalmente devastati! Occorse un secondo, e alla fine, un drago completamente privo di sensi crollò a terra.

 

Le liane persero la loro ‘vitalità’, e lasciarono andare la loro preda. Grigar roteò più volte su sé stesso, e trasformò la rovinosa caduta in un aggraziato atterraggio sui quattro arti -ci voleva ben altro per fargli veramente del male!

 

“Credi che sia veramente innocuo, adesso?” chiese, voltando la testa ad intervalli regolari, Richard, che si era tolto l’ormai inutile armatura. Adesso, vestiva il costume integrale rosso ed il casco di Overrider. Sulla sua schiena, era fissata, in modalità compatta, la sua piattaforma volante.

“È in coma,” rispose il Seminatore, “e vi resterà abbastanza a lungo. Se avessi prolungato appena il mio tocco, adesso sarebbe morto.”

“Non che mi sarebbe dispiaciuto,” sentenziò Diablo che, come gli altri, era in piedi davanti al più grande ingresso del tempio. Ingresso, anche questo, ostruito da un viluppo solido come l’acciaio di liane e tronchi. “Spero che Stargod non mi voglia togliere il piacere della vendetta, dopo che lo avrà interrogato.” Si era dovuto aspettare circa mezz’ora, perché si riprendesse, ma il Seminatore era stato intransigente: se era proprio l’alchimista, che voleva usare per giungere all’interno del tempio, doveva esserci una ragione…

La sinistra figura in nero avvicinò una mano alla vegetazione…ma prima che il contatto potesse avvenire, l’energia del bioscrambler si disperse contro una sottilissima barriera.

“Lascia provare me,” disse Grigar, facendosi avanti, l’ascia runica serrata a due mani. La sua arma era un anatema per le energie magiche, e non esitò nell’usarla contro la barriera…

Ci fu un lampo di luce abbagliante, un pungente odore di ozono…ma, alla fine,

la barriera aveva tenuto. “Lo odio, quando succede,” ringhiò il mezzo-demone…poi, le sue orecchie fliccarono “Non lo avete sentito?” chiese, perplesso.

Tre teste si voltarono verso di lui. “Sentito cosa?” chiese il Seminatore.

Grigar mosse di nuovo le orecchie. Istintivamente, si mise ad annusare l’aria. “Come un…sospiro. Non ho ancora capito da dove veniva, ma…”

“La foresta,” la interruppe Diablo. “Credo che la magia che chiude il tempio attinga direttamente alla biosfera, come fa Stargod. I Custodi dovevano temere davvero molto gli anelli, per proteggere questo con una tale potenza…” Sorrise. “Sì, ora so cosa fare.”

Una fialetta di cristallo sembrò materializzarsi nella mano destra dell’uomo. “State indietro. Potrebbe fare un bel botto.”

“So che sembrerò il solito disfattista,” disse Overrider, che però indietreggiò come gli altri, “ma non potremmo ripensarci? Insomma, se lo vogliono tenere al sicuro, non sarà per un capriccio o…”

“Siamo stati ad un passo dal ritrovarci un nuovo nemico di considerevole potenza. Rintracciare e sbarazzarci degli anelli non è un’opzione. Diablo, procedi.”

Diablo lanciò la fialetta.

La promessa fu mantenuta: fu davvero un bel botto! L’intero tempio fu scosso dall’esplosione.

“Potete venire fuori,” disse l’alchimista, che nonostante la distanza ravvicinata non si era fatto neanche un graffio.

La barriera era ancora lì, ma ora presentava uno squarcio pulsante ampio quanto l’intera porta. L’albero era stato pure squarciato, e solo un moncone annerito pendeva dall’arcata.

Il Seminatore di Morte disse, “Grigar, porta dentro l’armatura. Non voglio rischiare che qualcuno se la prenda mentre siamo dentro.”

Il felino obbedì, sollevando il massiccio guscio rovinato come se pesasse niente e, caricatoselo in spalla, seguì il resto del gruppo oltre la soglia.

Dentro, la luce illuminava irregolarmente e fiocamente quello che, a suo tempo, doveva essere stato un palazzo delle meraviglie. L’erosione aveva cancellato quasi tutti i fregi, la vegetazione sembrava essersi fusa con la pietra in una strana combinazione fossile.

Grigar annusò l’aria polverosa, e starnutì. “Non posso credere che Veggany avesse bisogno di Diablo solo per aprire la porta.”

“La magia, bianca o nera,” disse l’alchimista, “si basa sull’uso di bio-energie, che siano locali o prestate da entità extradimensionali. Nel secondo caso, c’è poco da pregare: Stargod è l’unico dio di Altro Regno, e credo che neppure a lui sarebbe permesso di liberare il potere degli anelli.

“Nel primo, considerando che la stessa biosfera viene usata per potenziare la barriera, ogni uso di magia per spezzarla si ritorcerebbe contro il mago in questione. Per questo, Veggany aveva bisogno di me: sono l’unico mago alieno, che dispone ancora di mezzi mistici forgiati su un altro mondo. Me lo ha detto mentre era dentro di me…”

Il quintetto procedeva lungo teorie di labirinti, in cerchio, per diritto, scendendo e salendo, in un percorso che non sembrava avere fine -a differenza della luce, che ora era fornita dall’elmo di Overrider. L’uomo procedeva in testa alla fila, con tutta la prudenza che gli riusciva di usare. “Almeno, questi corridoi sono stati concepiti a dimensione di drago.” Davanti ai suoi occhi, apparivano cascate di dati intorno ad un brillante punto intermittente che continuava ostinatamente a mostrarsi davanti a lui.

Overrider si picchiettò l’elmo. “Gli scansori stanno dando fuori di matto…È già la terza volta che li sto ricalibrando: continuano a dire che stiamo procedendo in linea retta e che l’anello dista da noi 10 metri..Diamine, quella cosa irradia neutrini come una stella. Badate che non voglio saperne di avvicinarmi più di tanto: quella roba potrebbe bruciare di radioattività, per quanto ne…”

“Non ti preoccupare,” disse Diablo. “Il tempo di usare una pozione, e*”

A quel punto, il pavimento scomparve sotto i loro piedi! Completamente presi di sorpresa, precipitando, i Cavalieri capirono che, in fondo, i Custodi avevano pensato alla possibilità che la barriera venisse infranta…

 

All’esterno, lo squarcio della barriera si richiuse in uno schiocco di energia.

 

Episodio 20 - Il Primo anello

 

Essere Dio può farti sentire solo. Può farti stare da solo.

 

Fra tutte le ipotesi sul suo nuovo status, John Jameson non aveva considerato minimamente una cosa simile.

Una parte di lui era convinta che avrebbe avuto diritto ad una sua vita privata. L’adorazione dei fedeli era, doveva ammetterlo, esaltante…ma non era per quella, che aveva scelto di tornare ad essere, ora e per sempre, lo Stargod di Altro Regno, Microverso.

Aveva una responsabilità, ed il potere per metterla in atto. Qualunque casino avesse combinato in passato, sulla Terra come su questo mondo, la prima volta che vi giunse, ora contavano solo il presente ed il futuro che lo aspettavano qui.

Ma, prima, si sarebbe assicurato di fare il possibile e l’impossibile per non dovere vivere la sua vita di unico Dio da solo.

Nella sua forma di Stargod, John era un possente uomo-lupo dalla pelliccia bianca. Solitamente, vestiva un’armatura. Per ora, l’unica cosa sul suo corpo oltre al pelo era la Godstone, la gemma vivente, che brillava di una luce scarlatta alla sua gola, che lo interfacciava con il Potere Assoluto.

Sotto il cielo illuminato dalle due lune gemelle di Altro Regno, Stargod sedeva fra le spalle di un nativo di Altro Regno: un grande dragone azzurro dalla cresta bianca, 25 metri di muscoli sostenuti da potenti ali. Una creatura temibile, nonché amante e compagno di vita del Dio. Volavano sull’immenso specchio d’acqua che era l’oceano unico di Altro Regno. Sotto di loro, sulla stessa rotta, procedeva una flotta di una ventina di imbarcazioni a vela che tracciavano delle righe perfettamente parallele sull’acqua. Quelle imbarcazioni erano tutto quello che rimaneva di una comunità nata su un’isola ormai persa per sempre, e loro la stavano scortando verso un lido più sicuro.

“John…” tentò di dire il dragone.

“No, Max. Non intendo discuterne oltre,” lo interruppe l’altro.

“*Krrip?*” Un verso a metà fra il pigolio ed il tuono. Nell’udirlo, John fu preso da un momento di tenerezza. Accarezzò la soffice cresta del drago, ma la sua determinazione non vacillò. “La prima volta che ti ho visto, ho pensato che fossi invincibile, che niente potesse farti del male, ed ero fiero che volessi combattere al mio fianco.

“Poi, vidi che un cannone dei Tok poteva ferirti[xxxix], ed ebbi paura per te. E poi, in altre battaglie…fino a ieri[xl].”

“…”

“Stavi morendo, Max. Anche se Antesys in persona è intervenuto portando un nuovo campione al nostro fianco, non posso dimenticare quello che ho provato…Lo so, io stesso ho ammesso che sarei pronto al tuo sacrificio, se servisse a salvare Altro Regno[xli], e non rinnegherò quelle parole. Antesys lo sa.

“Ma vale ancora quello che ti dissi prima: non ti perderò. Non se posso impedirlo. Ho giurato di non abusare del potere della Godstone…ma quando corsi via, lasciandoti alla mercé dei golem lavici…” avrebbe anche potuto non parlare. Nel loro legame, che arrivava alla mente come allo spirito, Max condivideva ogni pensiero e sensazione del suo amato. Ma John aveva bisogno di parlare, di dirlo senza esitazioni. “Max, ero ad un passo dalla follia. So che dopo avrei raggiunto Satranius nelle sue maledette caverne, e lo avrei ucciso con la Pietra. So che dopo avrei annientato i Tok con un solo pensiero. So che alla fine avrei cancellato ogni male da Altro Regno, senza dare una possibilità di redenzione a chi l’avrebbe meritato. So che avrei fatto cose orrende. Non deve succedere: la vendetta, quando si ha il potere assoluto, è una soluzione impensabile.

“Sei potente, Max, ma vulnerabile. Devi essere ancora più potente.”

Max vide nella mente del Dio, e capì. “Non so…non è mai successa una cosa simile, fra noi draghi.”

Stargod annuì. “Lo so. Ecco perché devi guidarmi, aiutarmi a trovare quelle aree della tua mente dove io possa intervenire senza rischio. Lo farai?” ‘Ti prego’, furono le parole non dette.

Il drago, finalmente, annuì. “Fallo.” Non ebbe finito di dirlo, che l’uomo-lupo fu nella sua mente, nel suo corpo. Corse in ogni sua cellula, amplificando al massimo la capacità di assorbire ed ottimizzare la luce solare. Max lo guidò nei recessi ancora immaturi del suo cervello. Stargod toccò interruttori che avrebbero dovuto attivarsi fra un centinaio di anni; il dragone era giovane, per la sua specie, e il lupo lo portò ad una precoce maturità nella gestione delle sue risorse naturali. Non aggiunse poteri, non diede nulla in più di quello che non ci avrebbe dovuto essere di suo…

Il processo richiese un’eternità, nell’intimità delle menti. Di fatto, occorse appena un minuto. Quando Stargod abbandonò quel contatto, nulla sembrava essere cambiato nel suo amato. Nulla, tranne il fatto che ora, il corpo di un giovane aveva il potere di un adulto nel pieno della propria forza. E i dragoni di Altro Regno potevano essere molto potenti!

Era sufficiente? Solo il tempo lo avrebbe detto…ma, almeno, Stargod aveva rispettato il suo giuramento ad Antesys. E Max non sarebbe più stato vulnerabile come*

“John! John Jameson!” La voce, femminile, venne dal nulla, senza preavviso, proprio davanti a lui. Ed era una voce che conosceva. Poi, una porzione del cielo si accese di energie arcane…

 

Il fuoco magico restò una massa informe, rosata e incandescente, solo per un attimo. Poi, assunse una forma precisa: un volto femminile dai capelli castani sfumati di rosso, sormontato da una mascherina scarlatta dalle sommità appuntite.

Wanda?” Wanda Maximoff, alias la Vendicatrice Scarlet. Di tutte le visite che potesse immaginare, questa era davvero la più inaspettata!

Non c’era traccia di ansia o di paura in lei. Anzi, sorrideva in modo assolutamente naturale. Anche la sua voce era pacata, nel dire, “Sono felice di vedere che stai bene. Ti dona l’armatura.”

Lui fece spallucce. “Sempre meglio di un’inutile tuta sbrindellata. A cosa debbo la visita, Wanda? Ci sono problemi?”

Lei scosse la testa. “No, almeno niente che i Vendicatori non possano gestire. La solita routine…Finora.” Qui, la sua espressione si incupì leggermente. “John, stiamo contattando tutti i Vendicatori riservisti o anche solo per un giorno. E anche se in passato sei stato solo un membro dello staff di terra, adesso disponi di un potere immenso, che posso percepire fin da qui, sulla Terra.

“John, a nome della squadra, ti chiedo di considerare seriamente un’offerta di rientrare nei nostri ranghi come membro titolare. Il tuo aiuto ci sarebbe prezioso come non mai, e sappiamo che non sei più un animale selvaggio senza controllo.”

Istintivamente, Stargod cercò di sondare la mente di Wanda -una cosa che aveva imparato, su Altro Regno, era che l’apparenza non solo ingannava, ma che un errore di giudizio poteva essere fatale! Anche se l’uso della telepatia senza preavviso poteva, sulla Terra, essere considerato indelicato, lui non aveva intenzione di cadere in una potenziale trappola, anche se i suoi nemici avrebbero usato esche più convincenti di questa…

Purtroppo, appunto, una proiezione astrale non aveva una mente da sondare. E usare la Godstone avrebbe messo in allarme Wanda…Già, Wanda. Perché mai questa proposta se ne saltava fuori solo adesso..? Certo, lui era potente, ma neppure Cap[xlii] gli aveva fatto questa proposta, anzi sembrava preoccupato[xliii] all’idea della sola esistenza di Stargod.

“John..?”

Lui scosse le orecchie. “Scusami, Wanda. Stavo riflettendo…E, mi dispiace dovertelo dire, ma non posso accettare. Ne’ come membro attivo ne’ come riservista. Io sono il solo Dio di questo mondo, e ho scelto di proteggerlo, di lasciarmi alle spalle la Terra una volta per tutte. Solo per un caso, sono stato costretto a tornarvi, di recente, ma finché dipenderà da me, resterò qui. Ora ho una vita,” accarezzò di riflesso la spalla di Max. “Mi dispiace.”

Wanda sembrava delusa, ma disse, “Non devi ripeterlo. Ti capisco…In fondo, a ben pensarci, ho fatto male a pensare che tu potessi dividere le tue responsabilità come fanno Thor o Ercole. Dispiace a me, di averti contattato così senza preavviso. Sii felice, John. Te lo auguro di cuore.” La sua immagine sbiadì, per poi scomparire in un’ultima pioggia di scintille.

Stargod era perplesso. ‘Tutti i Vendicatori, riservisti e membri per un giorno’. E lui ben capiva che qui si parlava di arruolare come titolari quasi un centinaio di elementi! Un vero esercito, una concentrazione di potere come mai se n’era avuta. Se tutto andava bene, cosa se ne facevano di una simile armata?? Anche usandoli a turni, e spezzati in squadre, ce n’era abbastanza da intervenire in tutto il mondo allo stesso tempo.

Doveva essere una cosa bella, in teoria…Ma, per qualche ragione, Stargod avvertì un sinistro brivido premonitore.

Pregò solo che non ci dovesse essere davvero bisogno di lui, sulla Terra…

A proposito di membri attivi, forse era il caso di contattare gli altri, che si trovavano a mezzo emisfero di distanza. Ci mancava solo che scatenassero un incidente diplomatico, anche se, a dire il vero, il Seminatore di Morte era un baby-sitter in gamba…

NONOSAREAVVICINARTILOROSONOMIEIEMORIRANNOVATTENE

La sua mente fu letteralmente inondata da quel pensiero! Se non fosse stato un Dio, sarebbe stato praticamente lobotomizzato! Persino Max lo sentì, in quanto lanciò un grido di sorpresa contemporaneamente al suo uggiolio. Ma si trattava di un particolare irrilevante, sul momento, per Stargod, che, semisvenuto, scivolò all’indietro.

E cadde dal dorso di Max.

“JOHN!” fortunatamente, quella che il drago aveva percepito era solo un’eco, e i suoi riflessi erano ancora ottimi. Si voltò appena in tempo per afferrare il suo compagno…per la coda.

“KAII!”

“Fcufa,” Max scese sulla superficie, e depositò il suo ‘carico’ sulla barca di testa.

Dall’acqua, sotto di loro, esplose velocissima una figura umanoide. Librata dal solo potere della sua mente -o, almeno, di una delle sue menti, Avatar fu davanti alla coppia.

“Stargod, mio signore,” disse la creatura che aveva il corpo dell’Empatoide, una mente di una creatura di un futuro lontanissimo ed un'altra di un nativo Realmita. “Non ho mai percepito una simile ondata di potenza! Cosa succede??”

Stargod scosse la coda, piegando le orecchie all’indietro, “Non lo so. È la prima volta anche per me. Max..?”

Il drago annuì. “Si tratta di un Custode degli Anelli. L’ultima volta che si fecero sentire, fu quando Antesys tolse la Godstone alla mia specie. John, gli altri sono in pericolo mortale!”

“I Custodi?” Avatar scosse la testa. Una serie di circostanze fortuite aveva dato il predominio alla mente del Realmita, un giovane che avrebbe potuto essere un alieno lui stesso, per quello che sapeva sulla mitologia locale.

Max annuì. “La Godstone è un dono che l’onnipotente Antesys, l’incarnazione del Multiverso, fece a noi draghi,” rispose Max. “Ma noi ne abusammo, e per questo Antesys ce la tolse e la diede al figlio che nacque dall’accoppiamento fra Antesys ed un lupo di questo mondo.

“Ma c’è dell’altro, in merito: la corruzione giunse a causa dell’influenza di altri alieni, che giunsero qui a quell’epoca.”

“Co..?”

“Mi dispiace di non avertelo detto prima, pulcino, ma non ce n’era ragione…Anche perché è la nostra più grande vergogna. Nessuno di noi ne parla volentieri.”

Stargod lo accarezzò mentalmente. <Non fa niente, non ti preoccupare. Vai avanti.>

“Gli alieni erano draghi come noi, ma erano solo di una razza e di un colore. Ci parlarono del loro mondo, della gloria che ci attendeva se li avessimo seguiti nella conquista delle stelle. Non dovettero usare alcun potere se non quello del fascino dello specismo. Era la prima volta che entravamo in contatto con una forma di vita da un altro mondo, e potete immaginare il senso di orgoglio che ci riempì alla vista di nostri simili. Credemmo per davvero di essere destinati alla grandezza, nel cosmo.

“I draghi alieni ci mostrarono i prodigi dell’astronave con cui erano giunti: il loro motore funzionava tramite degli anelli, o così apparivano quegli strumenti. Dieci in tutto, tutti collegati fra loro, tutti dotati di una particolare funzione, di un potere anch’esso enorme. Non era il potere assoluto della Godstone, ma poteva trasformare il loro proprietario in un dio.

“Il resto lo conosci, John: tentammo di conquistare questo mondo, e ne pagammo il prezzo.” Terminò quella relazione con un verso triste.

“E I CUSTODI?” chiese Robert.

Max annuì. “Sono i fantasmi di coloro che caddero nella Guerra dei Draghi. Per la precisione, di coloro che aspiravano al potere ed ora sono costretti a vigilarne le fonti. Sono spiriti molto, molto arrabbiati. Sospesi fra la morte e la vita, non possono fare altro che custodire il loro tesoro. Non conoscono mezze misure; i tuoi amici non hanno scampo. Mi dispiace. Diventeranno anche loro fantasmi costretti a custodire gli anelli.”

Ma Stargod fece un ringhio di sfida. “Una cosa l’ho imparata, lavorando con i Vendicatori: che non esistono situazioni ‘impossibili’. Li ho visti tornare da battaglie sulle quali non sembrava esserci scampo…senza contare che mio padre non ha mi ha tirato su come un disfattista. Max, dove si trovano gli anelli?”

“John…”

Dove?

“La voce che ho sentito era quella di Urbalyum, custode dell’Anello del Potere. È l’anello più importante; con quello si possono raggiungere tutti gli altri, perché ad essi dà l’energia che serve per farli funzionare all’unisono.”
”Dov’è il tempio?”

“Era quello che volevo dirti: non lo so. Non lo sa nessuno, Antesys ha posto un incantesimo che impedisce di trovare i templi degli anelli. Neppure finendoci vicino per caso, qualcuno su Altro Regno li riconoscerebbe.”

‘Qualcuno su Altro Regno’… “Max, a parte te, nessuno di noi è nativo di Altro Regno! L’incantesimo…”

“…non funzionerebbe su di voi.”

Stargod si voltò a guardare verso le stelle. “ANTESYS! Rispondimi, ti prego!

E le stelle risposero!

Il firmamento cambiò letteralmente forma: le stelle si disposero a disegnare il corpo del drago cosmico, le lune divennero i suoi occhi, le rocce che formavano l’anello che circondava Altro Regno divennero i suoi denti. So quale dramma attanaglia il tuo cuore, figlio mio.

Accanto a Stargod, e su tutte le altre barche, uomini, donne, bambini ed anziani tutti si erano gettati in ginocchio con le braccia stese nella più classica reverenza, e non osavano nemmeno alzare la testa. Quasi non respiravano neppure. Anche Max teneva il collo rigorosamente chinato in sottomissione.

Prima di te, neppure il tuo predecessore osò avventurarsi nei templi degli anelli. Ma è anche vero che il tuo predecessore aveva sempre combattuto da solo.

I tuoi amici hanno davanti a loro una strada strettamente legata ad altre, e tutte importanti come la tua. Ti dirò dove si trovano i templi. Possano le tue decisioni su quegli artefatti essere sagge.

E la mente dell’uomo-lupo fu riempita di quella conoscenza, nonché di particolari sulla storia degli anelli che Max non poteva conoscere. Incluso uno che lo fece rabbrividire! “Mioddio, sono gli anelli del Mandarino!” C’era un file grosso così, su quegli oggetti. L’astronave che li aveva portati sulla Terra era parte di una flotta, ed il potere che essi potevano scatenare era sufficiente ad aprire cancelli interdimensionali!

Se anche solo per caso, questi anelli e quelli sulla Terra fossero venuti in contatto, la minaccia dei Tok sarebbe parsa come una farsa, in confronto!

Doveva distruggerli. <Ledria, mi dispiace, ma dobbiamo andare. Il pericolo…>

 

Dalla barca in testa alla flotta, la donna che era il capo dei sopravvissuti e la madre di colui che ora dominava Avatar, disse, “Mio Signore, non devi giustificarti. Compi il tuo dovere senza indugio. Credimi, i tuoi seguaci non sono dei deboli.”

Un attimo dopo, sotto gli occhi della gente, il trio nel cielo scomparve, mentre il cielo tornava ad essere il familiare manto stellato.

 

C’era questa barzelletta Italiana: un carabiniere sta cadendo, cade, cade e cadendo urla in preda al terrore. La caduta va avanti per un bel po’, e non succede nient’altro. A questo punto, il carabiniere se la prende comoda e dice, ‘Ma che avrò da urlare, poi?”

La loro situazione era simile a quella del carabiniere…fino al punto in cui si poneva la domanda.

Poi, Mary Elizabeth Sterling, alias il Seminatore di Morte, aveva la sua risposta, e raddoppiava i suoi sforzi per uscire da quella follia. Inutilmente

Lei, Diablo, Grigar e Overrider, erano prigionieri in un nulla ininterrotto, tutti in preda alla sensazione di caduta, incapaci di trovare un qualunque riferimento fisico per i loro sensi[xliv]. Senza potere fare nulla per uscirne. Sarebbero morti di fame e di sete, in quello stato.

“Grigar, riesci a sentirmi?” chiese il Seminatore, ancora una volta. E, ancora una volta, non ebbe risposta dall’immobile uomo-felino. Nel momento in cui l’assalto mistico, se di magia si trattava, era avvenuto, Grigar era entrato come in catalessi. Ovviamente, essendo tutti impossibilitati a lasciare la propria posizione, nessuno poteva raggiungerlo per cercare di aiutarlo…

La trappola perfetta? I composti nascosti nel costume di Diablo erano semplicemente inutili, visto che dovevano interagire con qualcosa per essere efficaci. Tigra non aveva alcunché da colpire. Lei stessa non poteva sfasarsi, il fenomeno mistico la bloccava in quello stato.

La trappola perfetta? Forse sì, forse no. Dipendeva tutto da uno solo di loro.

Dipendeva da Overrider. Richard Rennsaeler era un mutante, con un potere che, per quanto inutile in un mondo senza alcun avanzamento tecnologico significativo oltre lo stadio medioevale, ora, ironicamente, era vitale.

Perché Overrider poteva controllare le macchine. Per la precisione, i circuiti elettronici. E chiunque fosse il responsabile della loro prigionia, aveva fatto l’errore di lasciarli in prossimità di una macchina alquanto sofisticata: uno degli anelli dei draghi alieni!

Per conto suo, Overrider aveva deciso da un po’ di smetterla di affidarsi ai suoi sensori. Era chiaro che la sua armatura era in preda ai Gremlin o a qualunque altra diavoleria di questo folle mondo. L’importante era continuare a tenersi agganciato all’anello! Buffe cose ti fa fare, il terrore: per tanto tempo si era convinto di avere bisogno di trovarsi a distanza ravvicinata dal suo bersaglio, per fare il miracolo…Invece, bastava essere in punto di morte, e di colpo scoprivi di potere funzionare con il turbo!

Ovviamente, fra il dire e il fare, ecc. ecc., ci stava di mezzo una tecnologia talmente complessa che gli sembrava magia. Solo per interfacciarsi con il sistema missilistico atomico degli USA, una volta, aveva avuto bisogno di una concentrazione pazzesca. Mica funzionava come un interruttore, il suo potere! Non bastava dire ‘accenditi’ e il circuito *zap* si chiudeva. Quello si era allenato a farlo con cose semplici, come scansori e serrature. Entrare in una macchina era come stare dentro un cervello umano: bisognava esplorare, trovare i percorsi adatti, muoversi con più cautela che in un campo minato. Bisognava, soprattutto, capire al volo se il percorso portava alla prossima tappa del viaggio o era un vicolo cieco disseminato di trappole.

Vagamente, sotto il casco, Overrider si rese conto di un rivolo di sangue colare dal naso. La testa gli pulsava dolorosamente. Almeno, così sperava, stava progredendo, e non avrebbe ceduto! Non quando tutti, anche quella carogna del Seminatore, contavano su di lui!

 

Il terzetto si materializzò sulla verticale del tempio. Stargod poteva percepire le energie al lavoro. Energie vitali, ma non appartenenti alla biosfera.

Stargod aprì la sua mente al lupo, e guardò con sensi che nell’uomo si erano da tempo atrofizzati.

Vide gli spiriti. Un’armata di anime malcapitate e dannate, fuse nella roccia con cui il tempio era costruito, dando ad essa vita e voce. Urlavano il loro tormento, chiedevano una libertà che non potevano avere. Soffrivano, e Stargod non poteva fare nulla, per loro; la loro dannazione aveva radici che neppure lui poteva sradicare.

Potevano avere peccato di superbia, in vita, ma stavano soffrendo una punizione troppo grande…Che giustizia poteva esserci, in un’eternità di sofferenza?! Antesys, o implacabile Antesys, perché devi costringere… “YARGH!”

La scossa elettrica fu intensa, dolorosa, ma breve abbastanza per scuoterlo dal trance in cui era caduto. John abbandonò la visione astrale, accorgendosi di stare respirando in modo affrettato, la lingua penzoloni. “Cosa…cosa è..?”

“Hai visto il tormento delle anime dannate, pulcino, e loro ti hanno catturato. John, devi capire che in vita, queste creature non usarono la minima pietà con i loro nemici. Furono loro ad ispirare Arisen Tyrk. Hanno commesso delle atrocità tali da fare piangere i cieli e la terra, e non se ne sono mai pentiti. Chiunque sia abbastanza sciocco da parlare con loro diventa loro preda. Anche per questo, Antesys ha fatto dimenticare della loro esistenza.”

“Perché nessuno potesse essere così stolto da nutrirli, o peggio, da usare la loro forza per tessere un incantesimo…” i guardiani perfetti, ad ogni modo. Nessuno, tranne lui, avrebbe potuto superare quella barriera vivente per entrare.

Era giunto il momento di esorcizzarla: ma prima…

ANDATEVENE

Questa volta, Stargod era pronto: il grido mentale fece solo tanto rumore, ma niente di più.

“Noi non ce ne andremo. IO non me ne andrò, Urbalyum! Lascia andare i miei alleati, o ne pagherai le conseguenze…Oh.”

Il fantasma, a questo punto, apparve, dal nulla -doveva andare di moda, da un po’ di tempo a questa parte! Era un drago, una creatura che in vita avrebbe potuto essere un signore della specie. Era immenso, il suo corpo di ectoplasma occupava l’intero spazio del tempio. Splendeva di una luce eterea, e i suoi occhi erano orbite vuote, in cui galleggiavano altre anime perse e urlanti. Il suo sorriso era il ritratto stesso della crudeltà. E cosa mi farai, piccolo Dio? Mi ucciderai? E su quella parola, rise, rise ed allo stesso tempo urlò di migliaia di voci cariche di dolore.

Stargod non disse nulla…e saltò giù dalla sua ‘cavalcatura’. Andò giù a peso morto, in un gesto apparentemente suicida. A metà traiettoria, il suo corpo fu circondato da un’aura di energia.

Urbalyum urlò la sua ira, ma non poté impedire al Dio di finire nel suo corpo come una lancia. Il tetto del tempio fu sfondato dall’impatto come cartone.

 

Stargod fu dentro. Come Antesys gli aveva detto, lui non poteva essere colpito dai Custodi, se non lo avesse voluto…

Ma la sua attenzione fu subito attirata dai cinque corpi sdraiati al centro della camera. I corpi dei suoi Cavalieri! Immobili, il respiro così lento che quasi neppure lui poteva percepirlo…

Non ebbe il tempo di dedicarsi ad altre considerazioni: la stanza, ogni singola pietra di essa, prese vita. Il pavimento si sfaldò sotto i suoi piedi, sciami di rocce si gettarono contro di lui, con forza sufficiente a rompergli il cranio…Se fossero giunti sul bersaglio, naturalmente. Velocissima, la destra di Stargod era già scattata alla fodera della spada; l’estrasse, e con un solo arco distrusse le pietre più vicine. Con il pugno, ne distrusse altre, contemporaneamente sforzando al massimo il suo corpo in eclettiche manovre; l’adrenalina scorreva a fiumi, e i suoi istinti battaglieri cantavano, guidandolo con precisione. Avrebbe potuto andare avanti così per ore…se la sua mente non fosse stata anche occupata dalla preoccupazione per i suoi amici! In quelle condizioni, una distrazione non poteva considerarsi un sintomo di debolezza, bensì un fattore inevitabile. La prima pietra lo colpì alla gamba, sbilanciandolo. La seconda arrivò alla schiena, la terza allo stomaco!

Solo la sua eccezionale stamina salvò Stargod dallo svenimento…Per quello che gli serviva! Anche se l’armatura lo aveva protetto, e la gamba non aveva sofferto più di un livido, aveva perso il vantaggio, ed ora costituiva un bersaglio ideale…

Le pietre, che fino a quel momento, si erano limitate a girargli intorno, come gli indiani prima dell’attacco finale, si gettarono su di lui!

 

Episodio 21 - L’anello del potere

 

Città mobile di S’shadz, in orbita intorno ad Altro Regno, Microverso.

 

Le porte si aprirono, e nella grande centrale comandi entrò una creatura che poteva essere definita solo come ‘maestosa’: tre metri di altezza, il corpo rettiliano-draconico coperto di un’elegante corazza naturale di placche spesse come quelle di un’armatura d’acciaio e dipinto da un elegante gioco di pitture, come una tela astratta vivente. Quelle pitture, indicative del rango del loro proprietario, le si sarebbero trovate solo e solamente sul corpo di Ssylak, Principe dei Tok.

Entrando, di riflesso, le ali sulla schiena di Ssylak ebbero un fremito: un gesto istintivo per mostrare ai presenti, di rango inferiore, chi aveva il diritto di volare, là dentro. Una lingua forcuta schizzò dal muso appuntito. “Operatori, conferma?”

Le creature alle consolle erano draconici come lui. Erano alti non più di due metri e mezzo; le loro placche erano forti, i corpi pure muscolosi, forgiati da una gravità due volte quella terrestre…Eppure, pur potendo facilmente spezzare un umano in due, erano poca cosa di fronte al loro principe. Loro erano della casta dei soldati, nascevano tutti in batteria dallo stesso depositore e sovrano, ed erano sterili. Un giorno, lo stesso Ssylak sarebbe diventato depositore a sua volta…

La pelle dell’operatore cambiò brevemente in un colore di assenso. “Il satellite ES-22 ha localizzato il Kanssek presso una Zona di Interferenza. Osservate, Vostra Maestà.”

Ssylak lo fece. Lo schermo principale mostrava un ‘buco’ nell’infinita distesa verde che copriva il mondo vergine di Altro Regno. Il buco consisteva di un’area che il loro satellite-spia proprio non riusciva a penetrare, non importa quale spettro i suoi occhi meccanici stessero usando. Tutto quello che si vedeva era un’immagine sfocata, distorta, come se un potente campo magnetico avesse aggredito il satellite.

Ssylak si accigliò: quella ZdI non era stata ancora catalogata. Una finestra di dati era aperta accanto alla distorsione, e il Principe poté comparare i dati delle altre ZdI con quella. Quelle Zone erano un mistero. Fino ad ora, sei ne erano state individuate, sparpagliate nei mari, sulle montagne, nelle foreste…Le macchine le vedevano, ma i Tok non le trovavano, come se, all’avvicinarsi di una qualunque pattuglia, esse scomparissero in una qualche piega dimensionale.

Forse che il Kanssek fosse coinvolto? A Ssylak sfuggì un sibilo corto, rabbioso: il ‘Portatore del Male’, l’infedele, il sedicente Stargod. Il Principe lo odiava e lo temeva per molte ragioni: la prima, la più importante, era la contaminazione di naniti che infestava il suo corpo. Ogni giorno che passava, si avvicinava il rischio di estendere il contagio all’ambiente, ed allora Altro Regno sarebbe potuto morire…così come morì il mondo dei Tok, dal quale erano fuggiti in cerca di una nuova patria.

La seconda ragione di odio era che il mammifero-lupo osasse definirsi latore della volontà di Antesys, il drago cosmico! Un atto di infedeltà che da solo valeva la condanna capitale…

Ma Ssylak aveva anche ragione per rispettare quell’avversario: Stargod, infatti, era il primo che lo avesse ferito in combattimento[xlv], e che lo avesse sconfitto. Non importava che ancora una volta avesse osato oltraggiare il nome di Antesys, in quell’occasione, restava un guerriero forte, l’unico finora incontrato su quel mondo pieno di cibo, e ucciderlo personalmente era diventato un obbligo morale…

Perso in quelle riflessioni, Ssylak quasi non si accorse del sibilo della porta. Si accorse, però, di una voce tanto familiare quanto spiacevole.

“Vostra Maestà, cosa Vi impedisce di fare ricorso al Volter Cannon?”

Ssylak si voltò, per incontrare la vista di un alto Tok: questo era vestito, avvolto in un’ampia tonaca. Sotto quella tonaca, il potente corpo era privo di ali, coda ed artigli a causa di una deliberata manipolazione genetica…ma c’era solo da aspettarselo, da un membro della razza separata della Casta Sacerdotale, le Guide Spirituali. Loro erano i tramiti fra i Tok ed Antesys, e la loro forza stava nella mente, non nel corpo.

Ssylak emise un altro sibilo. “Per una ragione eccellente, Grande Fratello Superiore Jsejsek: l’infedele è giunto con il suo sacro dragone. E, a differenza di voi Protestanti, non ho intenzione di immolarlo se posso evitarlo. Organizzerò una spedizione, e questa volta stroncherò i nemici senza colpo ferire.” Aprì leggermente le ali, sfidando il sacerdote a contraddirlo -un atto, teoricamente, possibile, anche se praticamente impensabile. Il Principe era figlio unico, e per attentare alla sua autorità ci voleva una ragione eccezionale…E il Principe si stava appellando non solo al proprio onore leso, ma anche alla sacralità dei dragoni, incarnazioni viventi di Antesys l’Onnipotente.

Jsejsek, saggiamente, tacque: il primo tentativo di immolare l’infedele ed il suo drago corrotto era fallito a causa del potere dell’infedele stesso[xlvi]. Un altro tentativo di ucciderli era stato tentato da una nativa di Altro Regno, in modo che Ssylak non potesse interferire in tempo ad una decisione presa sul campo da una creatura non-Tok[xlvii]…Tutti tentativi di cui, naturalmente, Ssylak era venuto a conoscenza. Se il prossimo non fosse stato più che sottile e dal risultato certo, la Casta Sacerdotale avrebbe perso il suo più illustre rappresentante; e non sarebbe stato affatto facile mettere un nuovo Protestante a quel livello.

Ssylak, soddisfatto di quella piccola vittoria, si diresse verso la porta. Neanche lui poteva colpire apertamente i sacerdoti, ma li avrebbe umiliati rispettando le tradizionali regole religiose, questo sì. E la morte del Kanssek sarebbe stata un’arma sufficiente contro le loro spregevoli ambizioni..!

 

La differenza fra la vita e la morte può stare in una pausa. Un breve momento da dedicare alla riflessione, alla pesatura delle opzioni.

Sotto la carne e la pelliccia di Stargod, l’uomo-lupo, John Jameson rifletté. Era letteralmente circondato: ovunque voltasse lo sguardo, c’erano solo rocce di varie dimensioni, ognuna di esse un proiettile pronto a spezzarlo. Un attacco in massa lo avrebbe finito. Lui era forte, ma non era invulnerabile. Aveva solo due possibilità, per sopravvivere: la prima era la favolosa Godstone, che brillava nel collare in cui era incastonata. La seconda…trovare un varco nella formazione, e contare sul suo potente corpo per sfuggire alla morte, senza margini di errore.

E si conosceva abbastanza da sapere che non avrebbe scelto la soluzione facile.

Attacco!

Le pietre si gettarono su di lui!

Stargod saltò: una manovra perfettamente coordinata, che lo portò in alto, esattamente nel punto in cui le pietre erano meno grandi. Il suo corpo ricevette una serie di colpi che avrebbero indubbiamente ucciso un essere umano, ma che il lupo poté sopportare fra la sua stamina e l’armatura. Stargod fu fuori dal cerchio distruttore nel momento in cui tutte le rocce convergevano in modo quasi esplosivo, fondendosi in una nube di polvere e detriti. Immediatamente, si mise a correre verso la direzione presa dai suoi cavalieri. <Max! Avatar!> gridò mentalmente, <Distraete Urbalyum, adesso!>

 

“Come possiamo sperare di fare del male ad una simile cosa?” Muran era angosciato. “Io non so come…”

“Lo so io,” si interruppe, con la voce fredda dell’Empatoide e la volontà del sinistro Agron. “Lascia il controllo a me, adesso.”
”Ma…”

“Vuoi aiutare Stargod? Allora taci.”

Sotto di loro, il tempio era come una bellissima scultura astratta, fatta di pietra mista a radici. Una bellezza deturpata dall’orrenda figura di un altro dragone, per la precisione un fantasma, uno spirito composto di migliaia di altrettanti spiriti. Questo era Urbalyum, il Custode del Tempio; un essere posseduto da una sola volontà: ingrossare le file delle sue prede, da aggiungere al proprio corpo per trarne forza.

Max non poté trattenere un brivido: i Custodi erano stati colpevoli di atroci crimini in vita, in nome del loro arrogante specismo, e questa era la loro punizione…

Max si concentrò di nuovo sulla struttura: era abbastanza solida da resistere ad un bombardamento…Ma Max, adesso, nonostante fosse appena un giovane, grazie al suo Dio e compagno aveva raggiunto tutta la forza di un adulto…e bruciava dalla voglia di usarla!

Il dragone spalancò la bocca, e lanciò un geyser di elettroni!

Gli occhi di Avatar brillarono, ed eruttarono un duplice torrente di energia psichica!

I getti colpirono contemporaneamente: la potenza concentrata di una tempesta, e la forza di una creatura di un futuro inimmaginabilmente remoto. Una parete di pietra esplose. Grandi intrecci di radici furono inceneriti all’istante, e quelli più vicini presero fuoco. Le anime perdute, fuse alla vegetazione, agonizzarono, e la vegetazione fremette in sintonia.

In un certo senso, fu un successo: Urbalyum dimenticò gli intrusi nel tempio, per ora…ma, mentre i danni iniziavano già a ripararsi, il suo sguardo assassino ora era solo per i due intrusi..!

 

Fino a pochi istanti fa, gli altri quattro membri del Knights Team 7 -Grigar, Diablo, il Seminatore di Morte e Overrider- erano stati prigionieri di una distorsione della realtà, precipitati in una distorsione sensoriale che impediva loro di prendere una qualunque iniziativa. Ora, quel ‘vuoto’ era scomparso, e loro giacevano su un pavimento di pietra…in un corridoio appena fuori dalla sala principale del tempio.

Grigar si chinò ad aiutare Overrider a rialzarsi: il poveraccio tremava ed ansimava. Fece per togliergli l’elmo, ma fu lui a precederla. Ad un tocco di un pulsante invisibile, la grande visiera di vetro rosso si sollevò, mentre allo stesso tempo si apriva il copribocca. Il volto di Richard Rennsaeler era pallidissimo, imperlato di sudore, e un rivolo di sangue gli colava dal naso!

“Non…potevo fare…di più…Mi dispiace…” i suoi occhi erano socchiusi, e sotto di essi erano persi nel vuoto. La sua voce era un sibilo stentato. “Tecnologia…multidimensionale…incomprensibile…”

“Non sforzarti,” disse Grigar, caricandoselo in spalla, ma ormai Rennsaeler non poteva più udirla: aveva perso i sensi.

Stargod entrò in quel momento. “Il Custode del Tempio è stato distratto: dobbiamo recuperare l’anello del Potere e mettere in salvo chi è ferito, subito!”

 “Lo porterò al sicuro io,” disse l’ex-Balkatar, sistemandoselo fra le braccia.

Il Seminatore si rivolse al lupo, “Penserò io a distrarre il Custode. Voi dirigetevi all’anello.”

Stargod annuì prontamente, ma nei suoi occhi c’era esitazione: era chiaro che avrebbe dato un braccio per essere al fianco di Max, in quel momento…ma era anche il capo delle sue ‘truppe’, e doveva fidarsi dei suoi subalterni.

Il tetro Seminatore di Morte sembrò sbiadire, e infine scomparve.

L’uomo-lupo sondò rapidamente, delicatamente, la mente di Overrider, trovando in essa le indicazioni sul dove trovare l’anello. A quel punto, si mise a correre, seguito da Diablo.

 

All’inizio, fu il vento. Una corrente di una potenza tale che Max dovette faticare non poco per mantenere il controllo. Fortunatamente, il suo Dio ed amato lo aveva reso più forte[xlviii], permettendogli di ottimizzare l’accumulo di energia solare attraverso le scaglie.

Per quanto lo riguardava, Avatar non aveva problemi: gli bastava alterare la propria densità per farsi attraversare dall’aria.

Il vento era il corpo di Urbalyum, e le grida delle sue anime si mescolavano al ruggito dell’aria. Max le ignorò: sapeva che si trattava solo di una distrazione, di uno stratagemma per confonderlo…

Infatti! Poco dopo, insieme al vento arrivarono frammenti di tronchi appuntiti come lance e macigni enormi e fitti come uno sciame d’api. Tutti corpi lanciati ad alta velocità, impossibili da evitare.

E Max non lo fece: una crepitante bolla di energia elettrica si manifestò intorno a lui! Ogni singolo oggetto in arrivo si infranse contro quel campo, esplodendo in polvere o diventando cenere.

L’attacco spirituale, invece, stava avendo un effetto meno gradevole per Muran: l’anima del Realmita era particolarmente vulnerabile…e terrorizzata! Istintivamente, si chiuse a riccio, nascondendosi dietro gli schemi mentali senz’anima dell’Empatoide.

E quando ciò successe, fu come spalancare le porte di un buco nero! L’Empatoide era un vampiro psichico, e quell’assalto era manna per lui! In breve, iniziò ad assorbire le anime che componevano Urbalyum!

 

Urbalyum non era per nulla soddisfatto! Queste piccole creature che osavano attentare al suo tesoro si stavano dimostrando caparbie, non cedevano alla disperazione come le altre sue vittime…E ora cosa? Il piccolo Dio osava avvicinarsi al tesoro!

La ‘voce’ rabbiosa di Urbalyum scosse l’etere psichico. Dimenticò completamente Max ed Avatar, per iniziare a concentrarsi su Stargod ed i suoi alleati…

Non si accorse, o non volle fare caso al nero angelo ammantellato che apparve a mezz’aria, nel suo corpo, incurante dei venti e delle grida dei morti.

Il Seminatore di Morte stese le braccia, in un gesto quasi rituale. Le sue mani guantate sembrarono volere accarezzare l’impalpabile ‘carne’ del fantasma, mentre in realtà Mary E. Sterling stava preparandosi ad infliggere un colpo mortale: perché Urbalyum, con tutta la sua forza, con tutto il suo potere, era pur sempre un essere composto di bioenergie. E tutto ciò che viveva era soggetto al potere dei bioscrambler.

L’energia si diffuse dalle mani in onde concentriche. Esse si diffusero velocemente, come un cancro dentro l’essenza di Urbalyum. Il fantasma urlò, si contorse dal dolore, imprecò orribilmente -uno spettacolo incredibile, ma che non ebbe alcun effetto sull’ambiente.

A parte uno. Il più critico.

 

Arrivarono alla ‘camera del tesoro’. Nessuna porta blindata, nessuna trappola li attese. Solo nude pareti di pietra decorate da file su file di bassorilievi e illuminate dalla luce solare che filtrava attraverso il soffitto. La camera era praticamente spoglia. Il solo ‘arredamento’ di cui si potesse parlare era un altarino in pietra. Due piccoli draghi metallici, serpentini, rampanti, reggevano ognuno con una zampa di bronzo un emisfero dell’anello del potere. Una stanza semplice, eppure capace di trasmettere un senso di reverenza e solennità ai primi esseri viventi che varcarono la sua soglia in millenni.

“Qui ci deve essere tutta la storia dell’ascesa e del declino dei dragoni,” disse Diablo, osservando i bassorilievi. “Impressionante: queste creature hanno saputo incidere la pietra come se fosse stata una tela da pennellare. Se potessimo permettercelo, impareremmo di particolari che…”

“Non ora, Estaban,” disse Stargod. Il gruppo giunse all’altarino piramidale.

“Troppo facile,” disse Diablo. “Non credo che sia saggio avvicinarsi, Jameson…”

Stargod fermò la mano ad un palmo dall’anello, che, come la Godstone, splendeva di una luce propria, intermittente; un cerchio d’oro sormontato da un opale azzurro, fregiato. Voltò appena la testa verso l’alchimista. “Se qualcuno fosse riuscito ad eludere la maledizione di Antesys perché fosse quasi impossibile localizzare il tempio, Urbalyum terminava il lavoro. Le vittime che ha inglobato sono prova sufficiente della sua efficienza di Custode degli Anelli.” Allungò di nuovo la mano…

<JOHN!> il grido di Max gli giunse con intensità quasi dolorosa, e con il grido giunse anche un’immagine precisa.

Ma non ci fu tempo per gli avvertimenti. In quel preciso momento, la parete della camera esplose. I due eroi furono completamente colti di sorpresa, e sbattuti dall’altra parte della stanza.

Diablo era ancora abbastanza lucido da lanciare una fiala e trasformare l’aria fra lui ed il muro in un composto compatto e morbido come un cuscino.

Stargod, che era il più vicino all’esplosione, stordito, poté solo rovinare contro la parete.

“Tutto bene, lupo?” chiese Diablo.

Lui, che era rimbalzato a terra, si mise in ginocchio. “Sono abituato ad essere sbatacchiato…”

“Non era un attacco mistico, ne sono sicuro.” Per la polvere, l’uomo tossì.

La polvere era ancora troppo fitta per permettere una visuale nitida. “Una nostra recente conoscenza…” Max gli aveva dato un’immagine mentale precisa…E ora, ne arrivò un’altra. “Tutti a terra!

Altra esplosione! Questa volta, i nostri si videro crollare addosso il soffitto. Stargod attinse al potere della Godstone, e annientò ogni detrito. Mettendosi in piedi, disse, “La sua pertinacia comincia a stancarmi.” Altro atto di volontà, e questa volta fu la polvere ad essere spazzata via. Attraverso gli squarci che furono parete e soffitto, nel cielo si vedevano due astronavi. Una era una corazzata, l’altra una quasi ovoidale, angolare portaerei. Max si stagliava davanti a loro. E ovunque, c’erano le familiari figure corazzate volanti degli Sky Troopers.

“I Tok ed il loro Principe. Decisamente, non sentivo la loro mancanza.”

Un ologramma apparve davanti al trio. “Felice di rivederti sano e salvo, infedele,” disse Ssylak. “Non avrei sopportato di saperti morto per mano di qualcun altro.”

“…”

“I nostri sensori ci dicono che sei libero dall’infestazione nanita. Dove l’hai sparpagliata, Portatore del Male? Hai deciso dunque di sacrificare Altro Regno alla tua mania di grandezza?”

“Niente del genere, visto che ne sono il Protettore,” rispose il lupo. “Un nuovo ricettacolo ospita i naniti, su un altro mondo, molto lontano da qui[xlix]. Hai la mia parola.”

Ssylak annuì. “La prenderò per buona: in fondo, voglio sperare che anche tu sapessi quale minaccia essi rappresentassero. Il che ci lascia con un solo conto da chiudere…”

Stargod sguainò la sua spada. Cercò di evitare di guardare verso l’altare, dove l’anello era ancora, nonostante tutto, al suo posto. “Principe, l’ultima volta che ci siamo scontrati, ti ho proposto la pace. Voglio rinnovare quella proposta: potete vivere su Altro Regno, cambiando parte del vostro stile di vita. Non c’è bisogno che scorra altro sangue.”

Questa volta, Ssylak scosse la testa. “La tua presenza è una bestemmia ad Antesys. Solo il tuo sangue potrà lavare l’onta…e, ad ogni modo, i Tok sono nati per dominare il loro cibo, non per conviverci. Sono io, ad offrire a te ed ai tuoi accoliti una resa onorevole ed una morte indolore. Hai la mia reale parola che al tuo drago non verrà comunque alcun male.”

Il collo dell’uomo-lupo si drizzò. “Visti i precedenti, mi permetto di dubitarne…vostra altezza.”

Un sibilo. “Quelle azioni sono state lo spiacevole risultato di…un conflitto intestino. La nostra fede è progressivamente inquinata dall’influenza dei Protestanti. Essi ritengono che persino un sacro drago debba essere immolato, se si ribella al volere di Antesys.”

Diablo sorrise. “È bello vedere che, in fondo, fra la nostra specie e la vostra non c’è questa grande differenza…”

“Attento a come parli, cibo!”Poi Ssylak tornò a rivolgersi a Stargod. “I Protestanti sono i figli del nostro lungo viaggio alla ricerca di un nuovo mondo. Sono disillusi, desiderosi di vivere per il momento piuttosto che per il futuro. Ora che abbiamo un Dominion, dopo una vita spesa nella flotta di colonizzazione, vogliono solo usarlo a loro piacimento quale compenso per le travestie passate.

“Stargod, se vuoi salvare almeno i grandi dragoni di Altro Regno, arrenditi: cedi al volere dell’Onnipotente, e potrò rinsaldare la fede, purgare la Casta Sacerdotale dai deviati. Combatti, e alla nostra vittoria seguirà un massacro, per assicurarsi che mai più un nuovo infedele si manifesti.”

“…”

“Ebbene? Qual è la tua risposta?”

Stargod fece per dargliela…quando una nuova voce echeggiò dall’alto! “Non hai bisogno di riferirti a quello stolto, fratello!”

Diversi sguardi si voltarono verso l’alto. Verso una familiare figura serpentina, dalle scaglie verdi. “Veggany!” disse Stargod. Max emise un ruggito irato.

Nel cielo, sulla perpendicolare della stanza, stava un dragone delle foreste, sospeso dalle membrane del proprio cappuccio. “Principe Ssylak, l’infedele non significa nulla per la nostra gloriosa stirpe. Il suo compagno è solo un traditore, e sarà giudicato dalle nostre leggi come merita.”

“Il traditore qui, sei solo tu!” Dicendo ciò, Max lanciò una coppia di laser dagli occhi. Laser che…si infransero contro la barriera personale di Veggany.

Il verde rise. “Giovane stolto!” Poi, di nuovo all’ologramma, “Lascia stare questi sciocchi, e seguimi. Dobbiamo fare capire agli indecisi come le cose stiano per cambiare. La corruzione dell’infedele non può ulteriormente spargere il suo veleno. Insieme, sapremo studiare una strategia vittoriosa.”

“NO!” Stargod reagì emettendo una coppia di raggi ottici all’indirizzo di Veggany…che scomparve prima di venire colpito.

 

“Si tratta di uno sviluppo sorprendente!” Jsejsek era a dir poco gongolante, attraverso lo schermo. “Per la prima volta la stirpe sacra ha deciso di riferirsi a noi. Vostra Maestà, dobbiamo dare massima priorità ai dragoni. L’infedele può attendere!”

Ssylak non lasciò trasparire la minima emozione, ma la sua mente lavorava a ritmo febbrile. Ebbe voglia di bestemmiare: non poteva capitare in un momento peggiore! Adesso, doveva scegliere se inghiottire pubblicamente il suo orgoglio o sconfessare la sua fede..! E, praticamente, non aveva scelta! “Il dragone Veggany è a bordo?”

“Affermativo, Vostra Maestà.”

“Allora, ritiriamoci. E speriamo che questi colloqui con i nostri fratelli siano fruttuosi…”

 

“Non capisco,” disse John. “Veggany era ossessionato dall’anello. Perché lo ha lasciato qui?”

“Aveva avuto una possibilità, e l’ha sfruttata, fin quando gli era possibile,” rispose Diablo, che per qualche giorno aveva ‘ospitato’ il mostro dentro di sé, contro la propria volontà. “Non sarebbe mai abbastanza sciocco da sfidare la Godstone per arrivare ad un artefatto di minore potere, non quando può aspirare alla gemma stessa…e poi, lo sa bene che l’anello non lascerà mai questo posto.”

 “Già,” disse Stargod. “Quest’interruzione mi è servita per rifletterci su: se un oggetto come questo anello finisse anche solo per caso, nelle mani sbagliate, ci ritroveremmo con un’altra minaccia da affrontare…e non solo. Per quanto ne sappiamo, l’attivazione di tutti e dieci gli anelli potrebbe chiamare a sé i loro creatori…” nello specifico, la specie dei draghi che aveva tentato di conquistare Altro Regno quando i dragoni nativi erano i primi possessori della Godstone.

“Signori, usciamo di qui.”

 

“Sapevo che avrei dovuto finire quel verme fin quando ne avevamo l’occasione,” disse Diablo, contemplando, insieme agli altri, il tempio sfigurato dall’alto della collina.

“Il nostro vero errore,” disse il Seminatore, “è stato violare le difese dell’anello, rendendolo vulnerabile. Sarebbe stato sufficiente fermare Veggany, invece di andare oltre.”

“Esattamente per questo,” disse Stargod, “debbo assicurarmi di restituire le cose al loro giusto posto, per quanto mi ripugni…” Si concentrò, chiese silenziosamente aiuto ad Antesys stesso, e lasciò che fosse l’Onnipotente a gestire il potere della Godstone. La gemma brillò con una rara intensità, e quando ebbe finito, il triste miracolo era compiuto: il tempio era perfettamente ristrutturato, e Urbalyum era tornato alla sua piena forza, e le sue anime erano tornate a soffrire.

Nessuno disse niente, mentre Grigar li teleportava via.

Fuggevolmente, Stargod si chiese se i Vendicatori avrebbero invece combattuto strenuamente per riuscire a trovare un’altra soluzione…

 

 

 



[i] Ep. #8

[ii] Ultimo episodio

[iii] Per sapere di questi ultimi due gruppi, aspettate i prossimi due episodi, frettoloni!

[iv] Ep. #5

[v] Ep. #11

[vi] Come intuito nell’Ep. #1

[vii] SPECTACULAR SPIDER-MAN #6 -#8

[viii] Ep. #11

[ix] Ep. #12

[x] Ultimo ep.

[xi] Fra cui, appunto, il Seminatore di Odio in CREATURES ON THE LOOSE #34-35

[xii] In INFERNO2 #1, per la precisione!

[xiii] GIANT SIZE CREATURES #1

[xiv] Come visto in DOCTOR STRANGE SORCEROR SUPREME #27

[xv] WEST COAST AVENGERS #6-7

[xvi] Ep. #1

[xvii] Epp. #4-5

[xviii] Ep. #3

[xix] MARVEL PREMIERE #46

[xx] Come narrato in DEFENDERS #71

[xxi] DEFENDERS #72

[xxii] Ep. #8

[xxiii] Ultimo ep.

[xxiv] JUSTICE, INC. #7

[xxv] SAVAGE SHE-HULK #14

[xxvi] PETER PARKER, L’UOMO RAGNO #33

[xxvii] Ep. #12

[xxviii] Ep. #3

[xxix] CAPITAN AMERICA Corno #184-185

[xxx] Ep. #13

[xxxi] Ep. #14

[xxxii] Ultimo ep.

[xxxiii] Su CAMPIONI #14

[xxxiv] Ultimo ep.

[xxxv] POWER PACK #15

[xxxvi] Ep. #16

[xxxvii] Ep. #6

[xxxviii] Come narrato su IRON MAN, nei numeri #46-47 di SILVER SURFER Play Press

[xxxix] Ep. #3

[xl] Nell’ Ep. #18, per noi

[xli] Ep. #15

[xlii] Steve Rogers, non l’attuale!

[xliii] Ep. #1

[xliv] Ultimo ep.

[xlv] Ep. #8

[xlvi] Ep. #4

[xlvii] Ep. #5

[xlviii] ultimo ep.

[xlix] Come visto su POWER PACK #15