di Nick Thompson - #1

 

 

UN SOGNO

Sei il giovane S. Timoroso arranchi per una discesa facilissima, e già da qui capisci che non può non essere che falsità. I ricordi della tua prima/ultima adolescenza si sono mescolati allo scomposto crocchio dei fantasmi del cinema di Weimar.

Sei in uno di quei labirinti espressionisti che Murnau chiamava set.

Sei nel cuore della decadenza Tedesca, l’aria che respiri è l’alito impossibile del Nosferatu, scruti nelle architetture prigioniere della notte, con la paura come unica Egida.

Non una sola parola. Il silenzio comunica la tua angoscia. Comprensibilmente. Che ci sarebbe da dire?

L’unica luce, tenue, avvolta da un miasma di cerone. Rivela le locande dove il Wolkh si distrugge, istupidito da alcol e cagne bastarde.

Sei lì, e le vigliacche ti chiamano, insidiano la tua purezza. Ti chiamano, e per nome e cognome, e sanno tutto di te e dicono che già ti hanno incontrato e conosciuto. E conosciuto.

Vomiteresti ma lo stomaco è vuoto. Per una mela un carretto di soldi.

Scappare è inutile, ovunque è così. La Nazione è impazzita, mutilata. Il Mondo ci punisce. E’ la Maledizione, che scorre come il Fiume, una cicatrice lungo la Comunità.

Afferrato da una bagascia, ti volti per scrutare il suo viso, ti aspetti il naso deforme, aquilino.

Vedi che è un cavaliere che ti ha preso. Stride, come le lavagne nel collegio Prussiano, il destriero. E’ il re degli Elfi? Ti rapirà, portandoti a trovare le fate?

Non tornerai più! L’angoscia fa posto al terrore, mentre sprofondi nel manto verdastro. Verde. Un colore del Demonio. Rosso. Un colore dei Demoni. Quelli violentano la Patria, costui che farà di te?

Avrà mai fine? Tornerà la gloria?

 

TI SVEGLI

 

Sei S. l’adulto. Tuo padre è morto e ora tutto ciò che possedeva è tuo.

L’anima della Nazione guarisce. Garriscono gli stendardi. Ubertosa è nuovamente la terra, scacciata l’ombra ostile dello straniero.

Come Vampiri, scompaiono gli incubi delle notti precedenti, bruciano, insieme ai nemici. Siano ideali o di carne. Virus della coscienza o batteri della razza.

Giusto piombo, spada dei moderni cavalieri, si erge a difendere le vergini menti dei giusti contro le parole stregonesche e i negromanti che le diffondono.

L’unico mago buono è il Merlino del nuovo Artù.

Gli altri unici maghi buoni sono maghi morti. Non sono forse Negromanti?

Sei d’antico lignaggio e coraggioso. Un posto alla tavola dei Nuovi Teutoni per te preparano.

Il fuoco arde nella pira dell’iniziazione. Sei disposto a distruggere i mostri ributtanti che complottano per svilire l’Impero? Che invidiosi della sua superiorità vogliono gettarlo al loro livello, nel Fango?

Sì, devi rispondere, che sei pronto.

Sì, sono prono, rispondi. Invece.

E tutti i cavalieri ridono di te, perché forse è davvero quello che volevano sentire?  La tua armatura, prima scintillante di puro argento, si crepa ad ogni risata e perde chiarore. Le facce dei tuoi pari, divenuti carnefici, ti sovrastano.

La risata del cavaliere in rosso è la più fragorosa. Possente come un sogno premonitore. Ti ricorda che non sei altro che un patetico scudiero. Non un vero Uomo! Sebbene la tua nobile schiatta, gli sei inferiore in tutto e per tutto. Come può esserlo solo una copia tarda nei confronti di un primitivo, imbattuto, originale.

 

TI SVEGLI

 

Sei S. il vecchio. Ti ritrovi perduto, in una città non più tua. A parte, cioè separata. Ovvero divisa. Da te, ma anche da lei stessa.

Chiedi, oh, chiedi a qualcuno la strada, fra i palazzi caduti e le ceneri dei monumenti. Che pullulano di occupanti, Vincitori a dividersi le spoglie e il Popolo. Cerchi fra i loro tratti alieni, tra i loro pigmenti estranei, tra le loro bende da pirata che rivelano una natura non di soldato, ma di squalo.

Trovi solo una guardia. Che sia?!? I tratti, il portamento…

Mio re, lo apostrofi. Ma lui non ti riconosce. Ti tratta come un rimbecillito, ti impone di circolare. Alla fine, almeno riesci a chiedergli della Strada.

“Da me vuoi sapere la via?” ed eccolo di nuovo rassomigliare al Re, al condottiero…

“Appunto” rispondi “Dato che non so trovarla da me”

“Rinuncia, rinuncia!” ed eccolo girarsi di grande slancio, come chi vuol esser solo con la propria risata.

 

TI SVEGLI

 

DAVVERO

 

Fradicio di sudore, il militare si alzò dal letto. La camera era splendida di arte e antichità, una volta inondata da luci rassicuranti. Fuori, la capitale, austera e tranquilla come le 3:00 del mattino impongono. Il militare volse lo sguardo verso la catasta di fogli sequestrati. Niente segreti o complotti, in quelle pagine vergate a mano con una scrittura qualunque. Solo puro terrore.

“Werdammte Juden” sibilò il militare, e si mise alla scrivania col piacere di chi ordina un’esecuzione.

 

 

Addì 14/9/1933

All’attenzione del direttore della Gestapo, Herr Rudolf Diel

Nessuno dei documenti da voi sequestrati in casa Dymant si è rivelato di utilità alcuna  alla Wermacht. Detti documenti consistono in abbozzi di racconti e non nell’altresì sperato carteggio con Einstein. Tale “letteratura”, essendo di natura sovversiva e di matrice Giudaica, dovrà pertanto essere eliminata col fuoco, come consuetudine.

In Fede

Maggiore Wolfgang, 8° Barone Won Strucker

 

Tutto compiaciuto per aver terminato il suo “dovere”, il Barone Strucker diede un ultimo sguardo ai fogli, e alla firma dell’uomo che gli aveva fatto passare quella notte d’inferno

“E con questo sei sistemato, Franz Kafka”

E rise di una risata molto stupida e prolungata, prima di rimettersi a dormire.