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Gennaro Costanzo

Gennaro Costanzo

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Topolino 2717

Uscito, nell’attuale incarnazione, nell’aprile del 1949, il settimanale Topolino è protagonista di un nuovo restyling che ha beneficiato di un discreto supporto mediatico con tanto di conferenza stampa e vip presenti all’appello.
La svolta data in questa nuova impostazione di certo non è epocale: ricordiamo che in passato la testata ha subìto ben più drastici cambiamenti, come il passaggio da mensile a quindicinale a settimanale, da spillato a brossurato, svariati cambi di foliazione ed ultimo il passaggio dalla Mondadori alla Disney Italia.

Il nuovo Topolino, invece, ha il difficile compito di riagganciarsi ai suoi lettori e lo fa proseguendo una strada già avviata dalla stessa Valentina De Poli. A chi lamentava un Topolino senza rubriche e articoli, la nuova direttrice rispose subito, ad inizio mandato, con un incremento delle stesse.
Adesso, finalmente, si dà una sistematicità allo spazio redazionale, grazie alla suddivisione data dalle immaginarie tre linee metropolitane che conducono i lettori all’interno del giornale da una sezione all’altra. È stata incrementata la parte comunitaria, grazie anche al rilancio del sito e allo sviluppo di una comunità virtuale, nonché quella didattica e d’approfondimento, sia sulle storie che su argomenti correlati ad esse, senza scordare le consuete rubriche sul mondo dello spettacolo e dei videogiochi, nonché le immancabili pagine ludiche.
Il risultato è soddisfacente, gli apparati redazionali sono interessanti e pertinenti, e non più fini a se stessi come accadeva in passato, e stimolano la curiosità del lettore.

Sul versante fumetti è da lodare la volontà di creare un introduzione alle storie (pratica già sperimentata dalla stessa De poli in precedenza) dando anche voce agli autori. In questo numero si parte con “Zio Paperone in: Un altro Natale sul Monte Orso”, omaggio ad opera di Tito Faraci e Giorgio Cavazzano alla celebre storia “Paperino sul Monte Orso”, in cui esordì il personaggio di Paperone e riproposta nel precedente numero del Topo.
I due autori, per celebrare i sessant’anni di creazione dello “zione”, mettono in scena un’ottima commedia che risalta le loro capacità narrative, mostrandoci un quadro di Paperone molto umano.

Gradevole anche la commedia sopra le righe di Enrico Faccini e Andrea Freccero, “Paperino e la vigilia strapazzante”, e la storia “Paperino Paperotto e l’invito natalizio”, ad opera di Daniela Vetro. Quest’ultima è da segnalare per la fusione dei personaggi della versione modernista del piccolo Paperino all’interno dell’ambientazione classica, al momento, senza la creazione di eventuali “danni” di sorta.

“Topolino e l’evaso di mezzanotte”, unica storia dei topi di questo numero, vede all’opera un’eccellente Lorenzo Pastrovicchio supportato da un Carlo Panaro in forma.
Ultima nota per “Universi Pa(pe)ralleli – primo episodio”, che prosegue la scia delle saghe topolinesche, ormai presenti in ogni numero, ad opera di Fausto Vitaliano e Silvio Camboni, che ci consegnano un ottimo incipit per una storia che si preannuncia davvero interessante.

Da segnalare, inoltre, le strip di Donald Sofritti, la pagina “Gulp” di Silvia Ziche e la copertina che ci riporta con la mente ad una ventina d’anni fa, quando le copertine brillantate erano una tradizione della testata.

Un inizio promettente per il nuovo corso di Topolino a dispetto di chi sembra quasi augurare la morte del settimanale Disney. Si spera solo che adesso la nuova direzione metta al centro della propria produzione sempre più la voce degli autori piuttosto che quella dell’azienda.

Flash: A cavallo dei fulmini

FLASH: A CAVALLO DEI FULMINI (Mondadori, brossurato, 345 pagine a colori, € 12) Testi di Gardner Fox, Mark Waid, Grant Morrison, Mark Millar; disegni di Harry Lampert, Carmine Infantino, Greg La Roque, Paul Ryan, Ron Wagner, Pop Mhan


Dopo una lunga assenza del personaggio dalle edicole e dalle librerie italiane, la Mondadori propone un volume dedicato a Flash, l’uomo più veloce del mondo.
La copertina gialla, che richiama subito l’attenzione anche del più distratto acquirente, mostra ben tre personaggi in rilievo: Jay Garryck, Barry Allen e Wally West.
Il volume ripercorre un po’ tutta la carriera del personaggio indipendentemente da chi ne ha indossato la maschera, che quindi assume un valore simbolico, seguendo un tracciato logico basato sul concetto in divenire di tempo e su quello di famiglia che lega i vari Flash tra loro, su di un filo cronologico che ne traccia i momenti salienti.
Gli stessi Gardner Fox e Harry Lampert, quando nel 1940 realizzarono la prima storia del personaggio, non immaginavano che Jay Garryck sarebbe diventato il primo di una dinastia che vide nel 1956 Barry Allen e poi negli anni ’80 Wally West indossare il costume giallo-rosso.
Si parte dunque con “L’uomo più veloce del mondo” di Fox/Lampert, tipica storia della Golden Age che vede la nascita del primo Flash, Jay Garrych, e l’inizio della sua love-story con Joan Williams.
In un lampo ci trasferiamo nel 1961 quando ad indossare le vesti del velocista scarlatto c’è Barry Allen. La storia “Flash di due mondi” di Fox/Infantino mostra il primo incontro dell’eroe con Jay Garrych, ormai sposato da tempo con la bella Joan. E’ il racconto che inaugura il concetto di famiglia dei Flash.
Nel 1985 Barry Allen muore per salvare la terra, il suo posto è preso dal suo ex-assistente Wally West. “Il ritorno di Barry Allen”, arco narrativo in sei parti scritto nel 1993 da Mark Waid e disegnato da Greg La Roque, oltre ad essere la parte più sostanziosa del volume, ne rappresenta anche il cuore. Il ritorno di Allen sconvolge il nuovo Flash che vede cadere intorno a sé tutto il suo mondo, abbandonando i panni del supereore dopo una forte crisi d’identità.
In realtà Barry Allen si rivelerà diversoo dall’antico eroe, e questo segnerà la rinascita di West motivato come non mai. Con una struttura ciclica che riporta alla mente Born Again di Frank Miller, Waid costruisce un racconto esemplare che usa sapientemente la struttura ad episodi per narrarci un saga fra le migliori del personaggio.
Dal 1993 al 1998 il salto temporale questa volta è breve. Millar, insieme a Morrison prima e poi da solo, firma le ultime due saghe raccolte. I concetti di famiglia e di appartenenza alla maschera, ottimamente resi nel ciclo di Waid, qui vengono amplificati quando è l’intero mondo ad aiutare Wally West nella folle impresa di salvare il pianeta ne “La corsa umana”.
Ma West non sarà per sempre Flash: un giorno qualcun’altro prenderà il suo posto, e ideologicamente il volume si chiude con “Il Flash Nero”, dove Wally correrà al fianco della sua morte, rinviandola almeno per il momento.
La parte grafica è purtroppo la pecca del volume. I disegni dei vari artisti sono tutto fuorchè esaltanti, e si limitano ad accompagnare il testo scritto senza aggiungere altro.
In definitiva, un ottimo volume per chi vuole avvicinarsi al personaggio o per chi già lo conosce e ne vuole gustare gli inediti e rifarsi della sua lunga assenza nel nostro Paese.

Diabolik 700

700 gocce di sangue. 700 colpi. 700 avventure. 700 volte Diabolik.

La vita editoriale di un fumetto non è mai semplice, per questo festeggiare la settecentesima uscita in edicola rappresenta davvero un evento importante, quasi unico. Il personaggio in questione poi è Diabolik primogenito ed unico superstite del genere fumettistico definito nero che tanto successo ha ottenuto negli anni ’60 e ‘70 nel nostro Paese.
In questo numero è inoltre presente un riferimento alla prima avventura del nostro anti-eroe (recentemente rivisitata in Il re del terrore! – Il remake) dove il nostro, tra la refurtiva dei gioielli della famiglia Garian, ruba una serie di sette pugnali che hanno una forte valenza simbolica per Diabolik. In realtà la mostra curata dalla dottoressa Magda Forrest, con l’appoggio del direttore Michele Lorens, indica l’esistenza di un ottavo pugnale.

Gli otto pugnali, insieme, sono la chiave per arrivare ad un importante reperto archeologico, un tappeto che presenta nella sua trama settecento rubini, un tempo utilizzato per compiere sacrifici umani. Per ottenere gli altri sette pugnali Magda Forrest e Michele Lorens devono accordarsi con Diabolik ma, ovviamente, non tutto sarà così semplice.
La storia, certo, non è originalissima, ma dopo 700 numeri da Diabolik non si può certo pretendere originalità nelle trame. Quello che stupisce, però, è che la creatura delle sorelle Giussani risulta sempre una piacevole lettura, mai banale, molto ben sceneggiata e disegnata.
Merito degli autori, soprattutto di Tito Faraci (che ha da poco lanciato il suo Brad Barron per la Bonelli), che è riuscito a dare con le sue storie freschezza al personaggio e grazie anche al tratto moderno e piacevole di Sergio e Paolo Zaniboni.

Da segnalare, per l’occasione, la “Mankolista”: un piccolo libretto (allegato in omaggio) dove i collezionisti del fumetto potranno segnare tutti i numeri di Diabolik presenti nella loro collezione.

La notte in cui morì Gwen Stacy

  • Pubblicato in News

Giugno 1973. Come ogni mese un ragazzino biondo compra il giornalino dedicato al suo eroe preferito. Nei suoi giochi, nella sua immaginazione, lui è Spider-Man e sconfigge i cattivi e salva le fanciulle in pericolo.
In fondo pensateci, è un classico: l’eroe che contro ogni avversità vince sul male segna il trionfo della giustizia e l’Uomo Ragno non è certo da meno.
Così, felice dell’uscita del nuovo numero, Tom (questo è il nome del piccoletto) corre a casa col giornaletto in mano, va in camera sua ed inizia a leggere The Amazing Spider-Man 121.
Ma alla fine della lettura Tommy non corre a giocare in cortile con la maschera del ragno: infuriato scaraventa il fumetto contro il muro.
In quel momento è arrabbiato, ma capisce presto che da quel giorno qualcosa è cambiato: se Spider-Man non riesce a salvare la sua ragazza allora c’è qualcosa che non va. Il suo mondo è cambiato, così come è cambiato quello del fumetto. Un’epoca è finita, quella dell’innocenza.
La storia letta da Tom è “La notte in cui morì Gwen Stacy!”, titolo abbastanza evocativo che gli autori svelano solo a storia conclusa.
All’epoca forse tutti pensarono, o almeno alcuni sperarono, che si trattasse di uno scherzo, di un finto colpo di scena nato per creare suspance e per invogliare il lettore all’acquisto dell’albo successivo dove si sarebbe scoperto che la Stacy, attuale ragazza di Peter Parker, era ancora viva. Non fu così.
Nella storia successiva non assistiamo ad una resurrezione bensì ad un’altra morte, quella di Goblin, alias Norman Osborn, che ha ucciso la dolce ragazza.
In fondo quella di Tom è una storia esemplare e forse anche vera, di sicuro lui rappresenta il ragazzo che è dentro di noi. Ogni fan dell’arrampicamuri ha vissuto a suo modo quell'episodio. Chi “in diretta”, chi dopo molti anni. Le emozioni saranno state diverse da persona a persona ma il senso di rammarico è uguale per tutti.
Chi ha potuto essere così senza cuore da commettere un atto del genere e uccidere una così dolce ragazza?
Nel fumetto il colpevole dell’omicidio resta indubbiamente Norman Osborn anche se rimane incerto se sia stato o no Peter a darle inconsapevolmente il colpo di grazia.
Nella realtà è però più difficile individuare il mandante di tale omicidio, anche perchè all’epoca la storia fece scalpore, i fan minacciarono di morte gli autori che iniziarono ad accusarsi l’un l’altro, scrollandosi di dosso la responsabilità della decisione.
Di certo la morte di Gwen, per quanto rappresenti per il fan un racconto epocale, fu una mossa studiata a tavolino. L’idea di base era questa: in Spider-Man qualcuno doveva morire.
John Romita afferma che le storie di Lee erano troppo solari, bisognava scioccare il lettore, fargli comprendere che la tragedia fosse sempre dietro l’angolo e una nuova morte, dopo quella già avvenuta del capitano Stacy, papà della bionda, era la soluzione ideale.
John subito propose di uccidere Gwen, visto che eliminare zia May sarebbe stato improduttivo per l’economia della serie, ma Stan non accettò. Uccidere Mary Jane? Certo che no, visto che all’epoca il personaggio non era ancora molto popolare, per Lee era addirittura considerata una spalla comica di Peter e Gwen e la sua morte non avrebbe scioccato nessuno. Doveva morire un personaggio importante e la Stacy sembrava il candidato adatto.
A differenza di trent’anni fa la situazione è cambiata. “La notte in cui morì Gwen Stacy!” è una pietra miliare del ragno e dei comics e oggi gli autori sembrano fare a gara per prendersene il merito.
I credits della storia indicano come sceneggiatore di questo ciclo narrativo Gerry Conway, ma il soggetto è ad opera dello stesso Conway, di Stan Lee, di John Romita Sr. e di Roy Thomas. Caspita quanta gente!
Stan Lee, il sorridente e papà di Spider-Man, ha sempre dichiarato la sua estraneità ai fatti.
Nei mesi successivi i fan accusarono “The Man” dell’infame gesto ma Lee preferiva far ricadere la colpa sui suoi collaboratori. Alla fine decise di far tornare Gwen (la storia del clone) ma la faccenda fu subito accantonata.
Da parte sua Gerry Conway afferma che Lee avrebbe dato il consenso all’esecuzione ma che l’idea partì dalla calda mente di Romita, allora vero perno creativo della serie. Conway, allora poco più che ventenne, accettò la sfida e si assunse la responsabilità di scrivere la storia che secondo il suo parere resta una delle più importanti della storia dei comics.
Possiamo dunque affermare che l’idea di uccidere Gwen sia venuta per prima a Romita ma che solo con l’arrivo di Conway si sia concretizzata col consenso di tutto il team.
Quindi una morte creata ad arte per scioccare il lettore? In realtà non è solo questo.
La storia raggiunse il suo scopo e il team confezionò un ottimo racconto che ha lasciato il segno nel cuore dei fan immortalando un personaggio che a distanza di trent’anni mantiene intatto il suo ricordo e segnando un’importante tappa nel mondo dei comics.
Resta da chiarire perchè alla fine fu scelta come vittima proprio Gwen. Abbiamo già accennato che serviva la morte di un personaggio importante e la ragazza di Peter era l’ideale, l’idea era forte. Inoltre il personaggio, giudicato troppo perfettino, non piaceva molto ai suoi autori (Lee escluso, visto che in realtà desiderava che Peter e Gwen convolassero a nozze). Romita dal canto suo ha sempre preferito Mary Jane, anche perchè in fondo era una sua creatura, almeno graficamente.
La morte di Gwen giovò molto allo sviluppo della serie, Peter non è mai riuscito a riprendersi dalla tragedia e inoltre la maturazione di Peter e di MJ e del loro rapporto è una conseguenza dell’accaduto.
In conclusione vi confido una cosa, oggi Tom conserva gelosamente quell’albo e lo rilegge ogni giugno in onore di una vittima sacrificata in nome del fumetto.

 

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