Elio, recensione: una commedia fantascientifica targata Pixar
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C’era grande attesa attorno a Elio, il nuovo lungometraggio della Pixar, ma anche un po’ di apprensione. La sua uscita, infatti, prevista inizialmente per il marzo del 2024, è stata improvvisamente posticipata al giugno di quest’anno, pare per divergenze creative tra i vertici della casa cinematografica e il regista Adrian Molina (noto per aver co-diretto e partecipato alla scrittura di Coco, il grande successo del 2017, che narrava le peripezie del giovane messicano Miguel nel mondo dei defunti). Costui avrebbe insistito per realizzare un film con una forte componente horror non riuscendo, però, a persuadere la produttrice Mary Alice Drumm, la quale avrebbe, quindi, richiesto importanti modifiche alla sceneggiatura, con il risultato di determinare il ritardo di parecchi mesi, accennato prima. La conseguenza principale di questa decisione, tuttavia, è stato il notevole aumento dei costi di lavorazione, arrivato a circa trecento milioni di dollari. Una cifra non facile da recuperare, considerando pure quanto la Disney ha dovuto sborsare negli ultimi mesi per la campagna promozionale della pellicola. Ma forte del fatto che i flop della Pixar - dal 1995 (anno di uscita di Toy Story, primo lungometraggio dello studio di animazione) a oggi - si contano sulle dita di una mano e reduce dal clamoroso successo di Inside Out 2 (che ha incassato quasi 1,7 miliardi di dollari), la casa di produzione californiana deve essersi convinta a rischiare un investimento ulteriore, pur di garantire al film le caratteristiche desiderate. Anche perché consapevole che, nel caso malaugurato che la pellicola non riuscisse a raggiungere il pareggio, le perdite potrebbero essere facilmente riassorbite da tonnellate di merchandising, un successivo sfruttamento nei parchi a tema e il passaggio in streaming su Disney+.
Molina, però, non sembra averla presa bene, preferendo uscire dal progetto, per dedicarsi alla direzione del sequel di Coco e venendo di fatto sostituito da Madeline Sharafian e Domee Shi nella realizzazione delle nuove sequenze animate.
Dire che i segni di questi rimaneggiamenti siano chiaramente percepibili nel film sarebbe falso. Anzi, paradossalmente, sono solo i titoli di coda a mostrare tracce reali di una qualche revisione. In effetti, prima della scena extra (ebbene sì, anche Elio non si sottrae alla moda inaugurata dai “cugini” dei Marvel Studios) i nomi che compaiono alla regia sono unicamente quelli di Sharafian e Shi. In seguito, invece, viene curiosamente indicato soltanto Molina. A ogni modo, se proprio dobbiamo trovare un difetto nella pellicola, che potrebbe concretamente essere il frutto dei tempi ristretti a disposizione degli animatori per mettere a punto le modifiche, è una certa frettolosità con cui vengono raccontati gli eventi. Non che si notino buchi nella sceneggiatura o semplificazioni eccessive, ma soprattutto nei rapporti tra i vari personaggi, si ha spesso l’impressione che manchi il giusto approfondimento. Inoltre, quando appare il Comuniverso, la durata delle scene nelle quali esso ci viene mostrato in tutta la sua magnificenza è relativamente breve. Si tratta delle sequenze dove l’animazione raggiunge i livelli strabilianti a cui la Pixar ci ha ormai abituato e che, inevitabilmente, richiedono un lavoro più lungo per essere perfezionate. Pertanto, è verosimile che il minutaggio a loro dedicato possa essere stato parzialmente ridotto. Stiamo, però, parlando di piccole mancanze, che non penalizzano in maniera sostanziale la buona qualità del film, il cui piatto forte, come è facile attendersi, è rappresentato da quel brillante mix di avventura e buoni sentimenti, che ha fatto la fortuna dello studio di animazione.
Forse, proprio l’esigenza di doversi concentrare su aspetti meno “appariscenti” e, quindi, più semplici da realizzare, ha spinto gli sceneggiatori (i bravi Julia Cho, Mark Hammer e Mike Jones, a cui, nei credit, è stato aggiunto giustamente anche Molina, in veste di co-autore del soggetto iniziale) a portare avanti una narrazione sobria ed equilibrata, maggiormente focalizzata a mettere in luce temi universali quali la crescita individuale, la riscoperta degli affetti familiari e il valore dell’amicizia, senza il timore di affrontare pure argomenti più complessi come l’elaborazione del lutto (il piccolo Elio, il protagonista, è orfano di entrambi i genitori, due astronauti morti in un incidente). Persino le gag slapstick vengono dosate con parsimonia, sebbene la pellicola possa essere legittimamente considerata una commedia fantascientifica e la vicenda sia costantemente pervasa da un umorismo di fondo. Il tutto, però, continuamente a rimorchio del lato emozionale, così importante che anche le numerose citazioni cinematografiche (tra le altre, il primo film di Star Trek, Starman e E.T., dal quale deriva pure il nome del protagonista, un omaggio al giovane Elliott del capolavoro di Steven Spielberg) rischiano quasi di passare in secondo piano.
Qualcuno potrebbe sostenere che descritta in questo modo, la pellicola non sembri possedere una trama particolarmente originale. Tuttavia, la grandezza della Pixar (ma anche di mamma Disney) è sempre stata quella di saper trasformare degli abiti usati in capi all’ultima moda. La stessa magia capace di far apparire di una tenerezza irresistibile un’autentica mostruosità come Glordon, l’amico alieno di Elio.
Possiamo pure ammettere che Monsters & Co., Up e Inside Out siano opere artisticamente superiori. Quando, però, alla fine, immagini e parole riescono comunque a scaldare il cuore degli spettatori, allora la missione è compiuta.
Un’ultima annotazione: di Elio esiste anche una versione in 3D, che è quella che noi abbiamo visto in anteprima. Onestamente, non ci è parso un valore aggiunto. Potete tranquillamente farne a meno.
Voto: 7