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Luca Tomassini

Luca Tomassini

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Green Valley, recensione: Il fantasy a cavallo dei generi di Landis e Camuncoli

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Sir Bertwald,  Sir Ralphus,  Sir Gulliver e Sir Indrid sono i Cavalieri di Kelodia, protettori del Regno al servizio di Re Micheal. Insieme hanno compiuto gesta leggendarie e ispirato ballate. Sono eroi amati ed ammirati, sia a corte che tra il popolo, ed animati da un’amicizia fraterna e sincera, senza ombra di rivalità. La loro ultima impresa è stata quella di aver respinto, da soli, un’orda di quattrocento barbari guidati dal bruto Pendergast. Una volta tornati a casa, vengono acclamati dalla folla festante e il re organizza un banchetto in loro onore. Ma Bertwald è stanco del campo di battaglia e ha solo voglia di raggiungere la sua amata Amalia che lo aspetta per una cena romantica in riva al lago, lontano dal clamore. Bertwald la chiede in sposa e la ragazza accetta. Il giorno dopo, a corte, gli altri cavalieri brindano in suo onore. Si prevedono anni di pace e di prosperità. Ma il destino baro a volte ci mette lo zampino, e neanche eroi leggendari ed invincibili possono farci nulla…

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Dopo il convincente teaser rappresentato dal numero 1 uscito in anteprima in occasione dello scorso Romics, arriva finalmente nelle fumetterie nella sua interezza Green Valley, il nuovo fantasy di Max Landis e Giuseppe “Cammo” Camuncoli, ultimo gioiello targato Skybound, la factory di Robert Kirkman che opera in seno alla Image Comics. Durante la kermesse romana avevamo avuto modo di parlare con la Saldapress, che presenta la serie in Italia, e l’editore ci era parso subito fiducioso sul riscontro che avrebbe avuto quest’opera presso i lettori, contando sulla bontà del lavoro dei due autori. Senza spoilerare il prosieguo della storia, ci era stato suggerito di attendere l’uscita dei numeri successivi per comprenderne il motivo. D’altronde, già nella postfazione al primo numero Landis e Camuncoli alludevano ad una svolta narrativa di notevole portata. Ora che abbiamo letto l’intera serie, possiamo dire che le promesse sono state ampiamente mantenute.

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L’architrave di Green Valley è costituito da un plot twist straordinario ed originale, che lascerà i lettori a bocca aperta. Ovviamente in questa recensione eviteremo di svelarlo, per rispetto all’ottimo lavoro dei due autori e per salvaguardare il piacere della lettura dell’opera. Diremo solamente che, in un’epoca in cui si è visto tutto e tutto viene continuamente rifatto, mescolato, agitato e propinato al lettore come se fosse nuovo, Green Valley costituisce davvero una novità e questo è solo uno dei suoi pregi. Sorprende la facilità con cui Max Landis gioca con i generi, contaminandoli e sovrapponendoli, la scioltezza con cui introduce personaggi che vediamo per la prima volta ma che, grazie a dialoghi azzeccati e brillanti, ci sembrano già familiari. È evidente come il giovane Landis abbia ereditato un po’ del talento di papà John, il genio di Animal House e Un Lupo Mannaro Americano a Londra, talento che aveva già messo in mostra nell’acclamato Chronicle, ibrido tra film di supereroi e found footage: ma questo Green Valley, per qualità della scrittura, caratterizzazione dei personaggi, padronanza del mezzo e ambizione, ci sembra addirittura superiore.

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La ciliegina sulla torta è costituita dalla parte grafica, affidata al nostro Giuseppe Camuncoli a cui facciamo i nostri più sinceri complimenti per l’ottimo lavoro svolto. Lo stile plastico e cinetico di Cammo è perfettamente complementare allo script di Landis, tanto nei momenti dove l’azione è frenetica tanto nei momenti più intimisti. Notevole il lavoro di design sui personaggi, a ciascuno dei quali l’artista riesce a donare anima e personalità, facilitando il processo di immedesimazione del lettore. Basti pensare a Bertwald, il protagonista a cui ci si affeziona subito, e le cui rughe del volto raccontano più di una storia. Come da lui dichiarato nella postfazione al primo numero, pur non avendo mai lavorato ad un fantasy prima, Camuncoli è un vecchio appassionato di giochi di ruolo come Dungeons & Dragons e classici come Il Signore degli Anelli e queste influenze sono evidenti in particolare nella scene di battaglia, come il fulminante incipit. Notevole è anche la cura per i settings, che spaziano da prati verdi in mezzo alle montagne a villaggi a banchetti reali, tutti ricostruiti con attenzione ai dettagli. Cammo è ormai una star negli USA da tanti anni, con un curriculum di tutto rispetto tra Marvel e DC, eppure Green Valley ci pare uno dei suoi lavori migliori. Menzione speciale anche per le chine di Cliff Rathburn, che rifinisce con accuratezza le matite di Camuncoli, e per i colori delicati di Jean - Francois Beaulieu, che non sovrastano i disegni come spesso accade con la colorazione digitale. Il colorista è stato molto attento a ricreare un illuminazione degli ambienti coerente con l’epoca in cui si svolge la vicenda, si veda l’uso della luce negli interni del castello e la scena dell’assalto notturno.

Saldapress presenta Green Valley con una confezione inconsueta e sperimentale: un regular pack contenente tutti e nove i numeri che compongono la serie e che andranno in edicola di mese in mese, e un premium pack dove troverete i nove numeri più una versione “cover blank” del numero 1 da far autografare o “sketchare” da Camuncoli nel caso lo incontraste in qualche fiera. Una formula “tutto e subito” che ci è piaciuta moltissimo, quasi una versione cartacea del binge watching stile Netflix. E a proposito di serial, un appello ai signori di Hollywood: Green Valley sembra essere nata apposta per una trasposizione su piccolo o, meglio ancora, grande schermo. Lo si faccia al più presto, per cortesia.

Spider-Man Collection - Le Graphic Novel, recensione: il Ragno d'autore in un unico volume

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Il 1982 è un anno segnato da avvenimenti importanti per la cultura pop: al cinema escono pellicole destinate a diventare dei classici come E.T. – L’Extraterrestre di Steven Spielberg, Blade Runner di Ridley Scott e Conan Il Barbaro di John Milius. Esce Thriller di Micheal Jackson, che diventerà l’album più venduto della storia della musica. Ed è in quel fatidico anno che comincia la commercializzazione del mitico Commodore 64 e dei primi lettori Compact – Disc, che nel giro di pochi anni sostituiranno i vinili. Ma il 1982 è uno spartiacque anche nella storia del fumetto americano e della Marvel in particolare, grazie all’uscita del primo graphic novel della casa editrice, pensata per il circuito delle librerie specializzate: La Morte di Capitan Marvel di Jim Starlin. Il commovente racconto degli ultimi giorni di vita del Capitano Mar-Vell dell’impero Kree inaugurò infatti una collana longeva, completamente differente per ambizione a quanto pubblicato in precedenza dall’editore di Park Avenue South.

La gestazione di questa iniziativa editoriale fu lunga e laboriosa: Jim Shooter, il vulcanico editor-in-chief della Casa delle Idee, ne coltivava l’idea già dal 1979, dopo aver scoperto che i dati di vendita delle neonate fumetterie ormai erano in grado di rivaleggiare, se non superare, quelli delle edicole, il mercato tradizionale a cui la Marvel si rivolgeva pressoché in esclusiva fin dalla sua nascita. Altro fattore determinante che contribuì alla nascita dei graphic novel marvelliani fu l’influenza che il fumetto europeo cominciò ad esercitare sui creativi statunitensi, grazie soprattutto ad Heavy Metal, la rivista che pubblicava in USA opere di maestri del vecchio continente come Moebius, Enki Bilal, Caza, Philippe Druillet e Milo Manara, molte delle quali erano apparse precedentemente sulla prestigiosa Métal Hurlant. Si cominciò così a spargere la convinzione, tra gli editori di fumetti a stelle strisce, che il terreno per pubblicazioni più sofisticate degli usuali albetti usa e getta, stampati sulla famigerata carta da quotidiano newsprint, era ormai fertile. Shooter volle che i graphic novel griffati Marvel venissero pubblicate in un formato lussuoso, che ricordasse gli album delle bandes dessinées francesi, e che fossero stampati, per la prima volta nella storia della casa editrice, su carta patinata.

Offrendo un controllo creativo agli autori inusuale per la casa editrice, la collana Marvel Graphic Novel ospitò capolavori che sarebbero rimaste nella storia della Nona Arte, come la sopramenzionata Morte di Capitan Marvel, l’intensa X-Men: Dio Ama, L’Uomo Uccide di Chris Claremont e Brent Anderson e la sperimentale Daredevil: Amore & Guerra di Frank Miller e Bill Sienkiewicz; preludi a serie regolari di grande successo come New Mutants di Chris Claremont e Bob McLeod e Sensational She-Hulk di John Byrne; progetti originali come Raven Banner: A Tale of Asgard di Alan Zelenetz e Charles Vess e gemme dimenticate che meritano una riscoperta come Doctor Strange: Into Shamballa di Jean-Marc DeMatteis e Dan Green. Tra i personaggi Marvel ospitati nella collana, non poteva mancare ovviamente il simbolo dell’azienda, l’amichevole Uomo Ragno di quartiere che fu protagonista di ben 4 graphic novel tra il 1986 e il 1992: in ordine di pubblicazione, Hooky – Assenza Ingiustificata di Susan K. Putney e Bernie Wrightson, Vite Parallele di Gerry Conway e Alex Saviuk, Spiriti della Terra di Charles Vess e Fear Itself – La Paura Stessa di Stan Lee, Gerry Conway e Ross Andru. Queste quattro opere vengono riproposte in volume da Panini Comics nel decimo volume della Spider-Man Collection e si tratta di una iniziativa necessaria e graditissima, trattandosi di materiale che non veniva ristampato nel nostro paese da più di vent’anni. Dobbiamo infatti risalire ai primissimi anni ’90 e alla cosiddetta “Silver Age” delle pubblicazioni Marvel nel nostro paese, il periodo in cui i supereroi stavano tornando prepotentemente nelle edicole italiane dopo gli anni di buio dovuto alla chiusura dell’ Editoriale Corno. Come i lettori di allora nostalgicamente ricorderanno, ai consueti mensili e quindicinali formato comic book si affiancarono riviste dal taglio più autoriale che proponevano, appunto, i graphic novel Marvel serializzati in più numeri: era il caso di riviste gloriose come All American Comics della Comic Art e Super Comics della Max Bunker Press, nonché di collane come Play Special della Play Press che presero per mano una generazione di adolescenti amanti dei classici supereroi e li portarono in territori altrettanto familiari, sebbene attraversati da ambizioni artistiche più elevate. Hooky venne pubblicata a puntate su All American Comics, Vite Parallele venne serializzata su Super Comics così come Spiriti della Terra, che poi venne ristampata pochi anni anni dopo in una soluzione unica su Play Special. La Paura stessa, invece, sarebbe stata pubblicata solo anni più tardi sul quindicinale dell’Uomo Ragno.
Benché l’intero lotto dei graphic novel ragneschi desti elementi d’interesse, è possibile suddividerlo in due coppie: mentre Vite Parallele e La Paura Stessa sono caratterizzati da una narrazione più convenzionale, simile a quella che era possibile ritrovare nelle testate mensili del Tessiragnatele dell’epoca, Hooky e Spiriti della Terra costituiscono invece delle eccezionali prove d’autore.

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Come il titolo suggerisce, Vite parallele è la narrazione di due esistenze, quelle di Peter Parker e di Mary Jane Watson, che si sono svolte a poca distanza una dall’altra e che hanno dovuto attendere anni per arrivare al fatidico incontro. Ripercorriamo le vicende che hanno portato alla nascita di Spider-Man e l’infanzia problematica di Mary Jane, raccontate con un montaggio alternato dai due protagonisti. Gerry Conway, sceneggiatore storico di Amazing Spider-Man e responsabile della morte di Gwen Stacy, si ricollega alla gestione di Tom DeFalco di pochi anni prima, dove era stato rivelato che Mary Jane aveva scoperto per caso che Peter era l’Uomo Ragno già prima di conoscerlo, e questo era il motivo per cui aveva cercato di  evitare per anni l’incontro combinato dalle reciproche zie. Il graphic novel è sostanzialmente un riepilogo di tre decadi di avventure ragnesche, fino al celebre matrimonio tra i due che, all’epoca dell’uscita di questa storia, era ancora fresco: nessuno avrebbe immaginato allora che l’evento, che ebbe anche una certa risonanza mediatica, sarebbe stato cancellato dalla continuity vent’anni dopo con la saga One More Day. Vite parallele è una piacevole passeggiata sul viale dei ricordi, anche se la prosa di Conway potrebbe risultare oggi troppo didascalica. La parte artistica è a cura di Alex Saviuk, all’epoca titolare della terza testata dedicata all’Uomo Ragno, Web Of Spider-Man. Saviuk ebbe l’ingrato destino di disegnare il Ragno nello stesso periodo in cui, sulle altre due testate gemelle, erano in corso delle run amatissime dai lettori: su Amazing stava esplodendo il talento rivoluzionario di Todd McFarlane, mentre su Spectacular il veterano Sal Buscema stava realizzando uno dei suoi lavori migliori. L’artista non godette della stessa considerazione dei due colleghi, eppure con Vite Parallele realizzò probabilmente la prova migliore della sua carriera, con uno stile piacevolmente classico che omaggiava il grande John Romita.

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La Paura Stessa vede nuovamente Gerry Conway ai testi, impegnato a sceneggiare un soggetto di Stan Lee in persona. L’Uomo Ragno viene affiancato dalla sua occasionale alleata Silver Sable, la spia della fittizia nazione dell’Est Europa Symkaria, per affrontare una minaccia che affonda le sue radici negli ultimi giorni della Germania Nazista. Si tratta probabilmente dell’episodio meno riuscito tra quelli contenuti nel volume, che si fa comunque notare per le matite di Ross Andru, disegnatore di un lungo ciclo di Amazing negli anni ’70, e qui al suo ultimo lavoro prima della sua scomparsa. Per i lettori di vecchia data sarà un piacere ritrovare il tratto nervoso di Andru, e il suo Spider-Man dinoccolato e dinamico protagonista di saghe leggendarie come l’originale Saga del Clone.

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Arriviamo finalmente alle due opere che alzano esponenzialmente il livello qualitativo del volume. Hooky-Assenza ingiustificata, ha l’onore di essere stato il primo graphic novel dedicato all’Uomo Ragno e presenta un team creativo di tutto rispetto: i testi sono di Susan K. Putney, scrittrice di fantascienza nota per le sue collaborazioni col più conosciuto Dean R. Koontz, mentre il comparto visivo è curato dal maestro dell’horror a fumetti in persona, purtroppo recentemente scomparso, Bernie Wrightson. La storia, che è una bizzarra commistione tra “novella di formazione”, fantasy e horror, propone un’ambientazione del tutto insolita per il Tessiragnatele. Peter viene infatti trascinato in un'altra dimensione da una giovane maga che chiede il suo aiuto: la ragazza è infatti la figlia di uno stregone malvagio, un tiranno che aveva terrorizzato il suo regno. Sconfitto dai suoi oppositori, prima di morire aveva gettato un incantesimo sulla figlia per salvarla dai suoi nemici: la giovane sarebbe rimasta per sempre una fanciulla, in modo da non rappresentare una minaccia e non rendere necessaria la sua morte. Oppure è tutta un’ illusione, creata ad arte per evitare di affrontare i dolori della crescita? Hooky si inserisce nel filone di storie fantasy che in quegli anni raccontavano, sotto forma di fiaba, la difficoltà di crescere e inserirsi nel mondo degli adulti senza perdere la magia dell’infanzia: basti pensare a classici del cinema di quel periodo come La Storia Infinita e Labyrinth. Il graphic novel passò comunque alla storia per il superbo lavoro di Wrightson ai disegni: il creatore grafico di Swamp Thing si sbizzarrì nel realizzare una carrellata di mostruosità terrificanti inedita per un fumetto mainstream, tra insetti enormi, blatte che si tramutano in giganti deformi, larve, vermi e draghi sputafuco, in un tripudio di mutazioni, baccelli e bubboni che farebbero impallidire classici del cinema horror di quegli anni come La Cosa, Aliens e La Mosca.

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Se Hooky aveva gettato il Tessiragnatele di quartiere in un contesto per lui del tutto inconsueto, altrettanto inedito è lo scenario allestito da Charles Vess per Spiriti della Terra, il lavoro più raffinato contenuto nel volume. Al centro della storia c’è il viaggio dei coniugi Parker in Scozia, nell’affascinante regione delle Highlands, per conoscere una lontana parente di Mary Jane, che le ha lasciato in eredità la sua proprietà. Ma, appena arrivati, i Parker devono fare i conti con strane apparizioni di fantasmi che terrorizzano la popolazione locale. Inutile dire che Peter dovrà presto indossare i panni dell’Uomo Ragno per investigare, anche se la brughiera e le Highlands si riveleranno essere un habitat ostile ad un arrampicamuri di città. Tra apparizioni di fate, folletti, demoni e altri mostri del folklore locale, Peter scoprirà una cospirazione che coinvolge anche una famigerata loggia ben nota ai lettori delle serie mutanti. Se la storia è assolutamente coinvolgente, ibrido tra supereroi e giallo alla Mastino dei Baskerville, sono le straordinarie tavole dell’artista a blandire la pupilla del lettore, grazie ai suoi pennelli incantati. Vess, che era rimasto affascinato da un viaggio nelle Highlands compiuto pochi anni prima, riesce a restituire al lettore tutta la suggestione ed il mistero di quelle terre, tra nebbia, castelli diroccati, apparizioni spettrali e la brughiera spazzata dal vento. Ogni pagina è un dipinto memorabile, uno sfoggio di classe sopraffina da parte di un autore che negli anni successivi inizierà una fruttuosa collaborazione con Neil Gaiman su capolavori come Sandman, The Books Of Magic e Stardust. Un ulteriore motivo che ci spinge a consigliare caldamente l’acquisto di questo volume, soprattutto ai nuovi lettori che vorranno fare la conoscenza di un inconsueto, ma comunque stupefacente, “Ragno d’autore”.

Mad Run #2: I Peccati del Passato di Gwen Stacy nello Spider-Man di J. Micheal Straczynski

Bentornati su Mad Run, la rubrica che non teme le cadute di stile e gli scivoloni gratuiti di cui a volte si macchiano anche gli autori più blasonati. Prima di cominciare voglio ringraziarvi per l’accoglienza che avete tributato alla nostra prima puntata, nella speranza che vi siate divertiti a leggerla quanto mi sono divertito io nello scriverla. Il nostro viaggio nel tempo prosegue, lasciando i selvaggi anni ’70 del Doctor Strange di Steve Englehart per una tappa a noi più vicina, la metà degli anni 2000. Molti di voi saranno già attraversati dal sospetto di andare ad incappare nella più discussa e controversa saga di quel periodo, una delle storie più odiate che uno sceneggiatore di fumetti si sia mai permesso di scrivere. La storyline che ha oltraggiato la ragazza dei sogni di generazioni di lettori: Peccati del Passato, la vituperata saga ragnesca di J. Micheal Straczynski e Mike Deodato Jr.

Facciamo un passo indietro all’inizio degli anni 2000, dove troviamo un Uomo Ragno uscito con le ossa rotte dai ’90. Quegli anni avevano visto la DC Comics finire su tutti i media, anche non di settore, per saghe di successo come la Morte di Superman o Knightfall. La Marvel non volle essere da meno e concepì un evento, nelle intenzioni, ancora più sconvolgente: veniva rivelato che il Peter Parker di cui i fan leggevano le storie ogni mese era in realtà un clone, creato dal malvagio Miles Warren, lo Sciacallo, che era stato sostituito con l’originale durante la prima saga del clone, un ventennio prima. Il clone era ignaro di essere tale e pensava di essere l’originale; l’originale era convinto di essere un clone e aveva lasciato New York per rifarsi una vita. Il ritorno del clone, in realtà l’originale Uomo Ragno, nelle vite dei Parker scatenò una serie di eventi che tennero occupate le testate di Spider-Man per un lustro intero. I lettori all’inizio risposero positivamente alla saga, che però si dilungò eccessivamente stancando i fan che chiesero ben presto un ritorno allo status quo. Così, dopo quattro anni di rivelazioni e marce indietro, un redivivo Norman Osborn venne svelato come la mente criminale dietro all’intera vicenda, un complicato piano per far impazzire Peter, che non era quindi un clone ma l’unico e solo Uomo Ragno. La Saga del Clone fece più danni della grandine e provocò una generale disaffezione dei lettori verso le testate ragnesche. A nulla valse, a cavallo tra la fine del secolo e l’inizio del nuovo millennio, un rilancio ad opera di John Byrne, coadiuvato da Howard Mackie. Byrne era stato un gigante dell’industria dalla fine dei ’70 fino ai primi anni ’90, ma nel frattempo i gusti del pubblico erano cambiati e l’autore di Fantastic Four, Uncanny X-Men e Superman non sembrava più in grado di intercettarli. In un decennio iniziato con la sbornia di testosterone degli eroi Image e che stava volgendo al termine sotto il segno del realismo iconoclasta di The Authority, l’approccio di Byrne ai supereroi era ormai giudicato dai lettori demodé e fuori dal tempo. Il Ragno aveva bisogno di un autore che lo portasse nel nuovo millennio, e lo trovò nella persona di J. Michael Straczynski.

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Prima di debuttare nel mondo del fumetto, Straczynski era conosciuto e rispettato come l’autore di Babylon 5, serial di fantascienza trasmesso dal 1993 al 1998, celebre per aver contribuito ad innalzare la qualità della fiction televisiva di genere. Il suo ingresso nel mondo del fumetto avviene grazie alla Top Cow di Marc Silvestri, presso cui pubblica Rising Stars, serial supereroistico dall’impronta revisionista e Midnight Nation, una miniserie di 12 numeri che mischia brillantemente viaggio on the road, horror, malinconia, romanticismo e tematiche spirituali. Entrambi gli valgono il plauso della critica: all’alba del nuovo millennio, Straczynski è uno dei nomi più caldi del settore, tanto da finire inevitabilmente nella lista della spesa di Bill Jemas e Joe Quesada, gli uomini che stanno risollevando la Marvel dalle ceneri della bancarotta del decennio scorso. Per la nuova Marvel la priorità è quella di rilanciare X-Men e Spider-Man, le due proprietà che sono da poco diventate remunerativi franchise cinematografici. Se alla corte dei Figli dell’Atomo viene chiamato l’iconoclasta Grant Morrison, è proprio a Straczynski che Jemas e Quesada pensano per correre al capezzale del Tessiragnatele. La scommessa si rivela vincente: Straczynski in pochi numeri rivitalizza Amazing Spider-Man, rivisitando l’origine dei poteri del Ragno in chiave mistico-esoterica, aggiungendo alla schiera dei suoi comprimari l’enigmatico Ezekiel, che sembra sapere tutto sulla vita di Peter Parker, e il terribile vampiro energetico Morlun alla sua galleria di avversari. La parte iniziale della run di Straczynski si segnala per due momenti in particolare: la controversa e discussa storia scritta sull’onda dell’emozione all’indomani dei tragici eventi dell’11 settembre, con l’Uomo Ragno impotente spettatore di fronte agli attacchi alle Torri Gemelle e La Conversazione, in cui Zia May scopre casualmente la doppia vita di Peter, rivelazione che porta al primo vero confronto sincero tra zia e nipote dopo quasi quattro decenni di pubblicazione, in uno degli episodi più belli dell’intera saga ragnesca.

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Nell’anno del Signore 2004, dopo tre anni alla guida di una serie popolarissima tra i lettori, illustrata da un John Romita Jr. in stato di grazia e che sta beneficiando del successo delle trasposizioni cinematografiche curate da Sam Raimi, le cose sembrando andare a gonfie vele per J. Michael Straczynki. Ma come un maratoneta che cade a pochi passi dal traguardo dopo aver dominato la gara, il nostro sceneggiatore pensò bene di commettere un suicidio artistico dalle dimensioni epiche, un harakiri professionale che inserisce di diritto la sua run nel novero di quelle prese in considerazione dalla nostra rubrica.

Forse troppo sicuro del consenso per il lavoro svolto su Amazing fino a quel momento, “Strac” partorì la malsana idea di andare a toccare, qualcuno direbbe oltraggiare, il ricordo di un comprimario mai dimenticato della serie, il primo grande amore di Peter Parker e di molti lettori allo stesso tempo: Gwen Stacy. Gwen incarnò per i lettori degli anni ‘60 e dei primi ’70 l’immagine della fidanzata ideale e il suo assassinio brutale per mano di Norman Osborn, Goblin, scioccò il pubblico dell’epoca, ponendo idealmente fine all’innocenza della “Silver Age”. Neanche la morte poté cancellare dai nostri cuori il ricordo della sfortunata fanciulla e della sua purezza… almeno fino allo sciagurato pasticcio chiamato Peccati del Passato, pessimo esempio dell’uso della retcon.

Il tutto comincia su Amazing Spider-Man #509 quando Peter riceve con sua grande sorpresa, una lettera scritta da Gwen prima che morisse, anche se secondo il timbro postale è stata spedita da pochi giorni.

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Una parte della lettera risulta illeggibile e Peter, turbato da questo “ritorno” di Gwen nella sua vita, nei panni dell’Uomo Ragno chiede l’aiuto del Detective Lamont, poliziotto di cui si fida. Peter aveva notato infatti che il foglio su cui Gwen aveva scritto la lettera conteneva il calco di un secondo foglio non inserito nella busta, e confida nell’aiuto della scientifica per decifrarne il contenuto. La rivelazione è scioccante: Gwen aveva scritto la lettera, poi non spedita, per rivelargli che aveva lasciato New York per andare in Europa a partorire due gemelli. Contemporaneamente, mentre si trova sulla tomba di Gwen, viene attaccato da due misteriosi individui mascherati che lo accusano della morte della donna. I due dichiarano ad un Peter sconvolto di essere figli di Gwen.

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Sfuggito all’agguato, un Ragno assetato di verità decide di fare luce sulla vicenda. Lui non può essere il padre perché, contrariamente a quanti alcuni di noi hanno pensato per anni, la relazione con Gwen non aveva mai raggiunto quel “livello”, neanche dietro le quinte. Per scoprire se si tratta realmente dei figli del suo primo amore, Peter pensa bene di comparare il DNA dei gemelli recuperato dalla lettera che gli hanno spedito a quello della donna. E come recuperare il DNA di Gwen? Ovvio ragazzi: profanando la sua tomba!

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Così, dopo aver aggiornato il suo curriculum con questa turpe azione, Peter può effettuare l’esame che conferma la versione dei due misteriosi individui: sono davvero i figli di Gwen! Poco dopo Peter viene attaccato nuovamente dal terribile duo e il nostro eroe, prima di metterli in fuga, riesce a smascherarne uno: è una ragazza, identica a Gwen!

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Sconvolto Peter torna a casa e, esausto, racconta l’intera vicenda alla consorte Mary Jane. Con sua grande sorpresa, Mary Jane gli confessa non solo di sapere dei figli di Gwen, ma di essere addirittura a conoscenza dell’identità del padre: è Norman Osborn, Goblin, l’arcinemico dell’Uomo Ragno! MJ racconta a un provato e sbigottito Peter la verità che Gwen tanti anni prima gli aveva confidato chiedendole di non rivelarla mai a nessuno. Il fattaccio era successo nel periodo in cui Harry, il figlio di Norman, era nel pieno dei suoi problemi di tossicodipendenza. Norman però si rifiutava di far ricoverare il figlio, sospeso tra la vita e la morte, per evitare che la sua dipendenza dalle droghe venisse alla luce dando luogo ad uno scandalo che potesse travolgere la reputazione della famiglia e gli affari della Oscorp. Il gruppo di amici di Harry, formato da Peter, Mary Jane e Gwen, faceva visita tutti i giorni ad Harry e cercava di fare pressione su Norman per far ricoverare il figlio. Un giorno Mary Jane, per caso ascolta una lite tra Norman e Gwen.

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Sono nel pieno di una strana discussione, stanno parlando di due bambini di cui Norman pretende l’affidamento, ma Gwen intima all’uomo di non avvicinarli nemmeno. La ragazza esce in lacrime dalla stanza e si imbatte in MJ, alla quale non può fare a meno di confessare tutto. Ha avuto una relazione con Norman, affascinata dalla sua forza e dal suo carisma (dice lei), dalla quale sono nati due gemelli, Sarah e Gabriel.

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Peter non sa nulla: dopo aver scoperto di essere incinta, Gwen è andata a partorirli a Parigi, nel periodo in cui si era allontanata da New York. I due gemelli, che hanno nel sangue il siero di Goblin, crescono più velocemente del normale e Norman, della cui vera natura Gwen è ormai consapevole, li vuole come suoi legittimi eredi al posto del debole Harry. Gwen rifiuta e tutta la vicenda getta una luce diversa sull’omicidio della ragazza da parte di Goblin. Ascoltata la verità, Peter tutto sommato la prende bene.

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Decide comunque di aiutare i due gemelli: il siero di Goblin li sta portando ad un invecchiamento precoce e moriranno in pochi anni. Con un messaggio lanciato in televisione, l’Uomo Ragno dà appuntamento ai due in cima al ponte di Brooklyn, dove Gwen aveva trovato la morte per mano di Goblin. L’eroe racconta la verità a Gabriel e Sarah: la ragazza gli crede, ma Gabriel è stato indottrinato bene da Norman e odia Peter, che ritiene ancora il responsabile della sorte della madre. In una colluttazione con Peter, Gabriel ferisce involontariamente Sarah, sparandole, e scappa. Seguendo la traccia per un rifugio di Norman, l’uomo scopre la terribile verità: il magazzino contiene due costumi da Goblin, uno per lui e uno per la sorella, il terrificante retaggio degli Osborn.

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Un Gabriel ormai impazzito abbraccia l’eredità paterna e diventa il Goblin Grigio. Nel frattempo, Peter porta Sarah in ospedale e solo una trasfusione col suo sangue potenziato può salvare la ragazza. Neanche il tempo di riprendere fiato e il Goblin Grigio lo attacca.

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Inizia un brutale confronto sul tetto dell’ospedale in cui Peter cerca di far ragionare per l’ennesima volta un ormai folle Gabriel: l’Uomo Ragno sta per soccombere quando una rediviva Sarah, che ha raggiunto il luogo dello scontro, spara all’aliante del fratello, che esplode scagliando il Goblin Grigio lontano. Peter, stremato, sviene. Quando riprende i sensi, Sarah è scomparsa. Gabriel si risveglia a km di distanza, privo di memoria. Peter torna a casa, chiedendosi quale sia stata la sorte dei figli della donna che aveva amato tanto. Il lettore, a sua volta, si chiede come sia stato possibile partorire e far approvare dallo staff editoriale della Marvel un pasticcio del genere.

Peccati del Passato, oltre ad essere un polpettone di cattivo gusto, è un disastro sotto il profilo narrativo che fa acqua da tutte le parti. Straczynski vuole farci credere che una ragazza che si professa innamoratissima del suo fidanzato, a meno che non menta a se stessa e ai lettori, perda la verginità con un vecchio businessman solo perché, a suo dire, “l’aveva trovato sconvolto ed abbattuto e gli faceva pena”. Oltre a fornire una motivazione al tradimento che si commenta da sola, Strac propone una caratterizzazione completamente fuori dal personaggio che abbiamo conosciuto. Del tutto assurdo è anche il fatto che Mary Jane, che porta dentro di sé il peso di vivere con un marito che pensa tutti i giorni che Dio manda in terra ad un’altra donna, peraltro defunta, non ne parli con Peter, se non altro per aiutarlo a liberarsi del fantasma di Gwen. Sbarazzarsi dello spettro di una rivale idealizzata per poter poi vivere in pace col marito costituirebbe per lei un’occasione troppo ghiotta da cogliere, e nessun giuramento potrebbe impedirlo.

A 13 anni dalla sua pubblicazione, Peccati del Passato rimane una pagina nera della Marvel recente, un guazzabuglio che ancora imbarazza gli autori stessi. Il primo a prenderne le distanze è stato infatti lo stesso Straczynski, sottolineando che la sua idea originale era quella di rendere Peter il padre dei gemelli, idea cestina dalla dirigenza per non invecchiare il personaggio (a cui avevano, per questo motivo, già "ucciso" una figlia). Spiacente Strac ma questo non ti scagiona! Successivamente, gli autori provarono a "scagionare" Gwen dichiarando che quello con Norman Osborn si trattava di uno stupro e non di un atto consenziente. Colpevole è anche lo staff editoriale, e il concetto stesso di creare storyline scioccanti per vendere qualche copia in più grazie all’hype generato, pazienza se viene oltraggiato un personaggio amatissimo. Bisogna sottolineare che dopo Sins Past, i gemelli Stacy hanno fatto parlare di sé solo in altre due occasioni. Sarah tornò in Sins Remembered, una sorta di sequel scritto in maniera sciatta da Samm Barnes, una protegé dello stesso Straczynski, per poi sparire nel dimenticatoio. Gabriel fece una comparsa nella miniserie American Son, che pur ospitando Norman Osborn tra i coprotagonisti non faceva alcun riferimento alla figura di Gwen. Nessun vuole avere più a che fare con Peccati del Passato, a cominciare dallo stesso Straczynski secondo cui l’intera saga è da ritenersi cancellata a seguito di One More Day, la controversa storia con la quale ha chiuso (su input di Joe Quesada) la sua gestione dell’Uomo Ragno modificandone il passato e cancellando dalla continuity il matrimonio con Mary Jane. Versione, però, che non coincide con quella ufficiale della Marvel.

Personalmente, ho sempre provato dispiacere per la piega che prese la run di Straczynski su Amazing Spider-Man. Le prime storie, disegnate da un Romita Jr. in grande spolvero, erano davvero notevoli. Poi un declino improvviso ed imprevisto, a cominciare da questa Sins Past, peraltro appesantita dalla sostituzione di Romita con un ancora incerto Mike Deodato Jr. Ma se non fosse stato così, non ne avremmo potuto parlare su Mad Run: anche di epic fails come questa è fatta la nostra rubrica.

È tutto per questa puntata di Mad Run! Vi lascio con una mia raccomandazione: se venite a sapere che la ragazza del vostro migliore amico lo ha tradito con un vecchio uomo d’affari che la notte va in giro vestito da folletto verde sopra ad un aliante, fatevi gli affari vostri: non è mai successo. E per quanto riguarda te, Gwendolyne, non abbiamo mai creduto neanche per un momento a queste calunnie: ti vogliamo tutti bene e sarai sempre la ragazza dei nostri sogni, simbolo di innocenza e purezza come ti ritrasse il sommo Alex Ross in Marvels.

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Alla prossima, e come sempre…
HEY, HO, LET’S GO!

American Monster 1, recensione: Il cuore di tenebra della provincia americana

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Un uomo orrendamente sfigurato e dalle motivazioni misteriose arriva in una non meglio precisata cittadina della provincia americana. L’imperscrutabile individuo sembra avere nel mirino la gang locale, un gruppo di ex militari guidati dall’ambiguo Felix che si sono riciclati arricchendosi con il traffico d’armi. Le sue azioni contro la banda vengono fraintese dalla popolazione locale: per quanto spinto dalla vendetta, l’uomo non vuole sgominare la banda, ma prenderne il controllo.

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È American Monster di Brian Azzarello e Juan Doe il titolo con cui Saldapress fa debuttare in Italia il catalogo della Aftershock Comics, di cui detiene l’esclusiva per il nostro paese. L’Aftershock è l’ultima arrivata nel variegato panorama editoriale a stelle e strisce e si è subito messo in mostra con produzioni interessanti e autori di livello. American Monster è sicuramente una proposta di forte impatto che conferma, se ce ne fosse bisogno, il talento di Brian Azzarello come scrittore di storie noir e pulp. Ritroviamo qui tutto l’armamentario tipico dell’autore di 100 Bullets, dalla capacità di costruire situazioni cariche di una tensione strisciante che esplode improvvisamente in scoppi di violenza incontrollata, alla bravura nel caratterizzare i personaggi con dialoghi secchi e taglienti.

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Il rischio del dejà vu era dietro l’angolo, perché la fiction a stelle e strisce ci ha già abituato da anni, da Twin Peaks a True Detective passando per Sons of Anarchy, a un ritratto della provincia americana che più degradante non si potrebbe. Anche in American Monster ci viene mostrato un gruppo di individui che se fosse veramente rappresentativo dell’umanità, potremmo augurarci l’estinzione di quest’ultima senza troppi rimpianti. Azzarello usa questo campionario di anime perse per piazzare qualche stoccata alla società americana, dalla critica a certi ambienti di reduci alla vacuità di una gioventù che non esita a scendere a compromessi degradanti per raggranellare qualche dollaro, fino alla sconcertante figura del predicatore, rivale di Felix e della sua banda nei loro sporchi traffici. Ribaltato è anche il classico stereotipo dello Straniero che arriva in città, non per portare la legge come nei western di Sergio Leone ma per diventare un boss locale.

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Brian Azzarello è sempre stato fortunato nella scelta dei suoi collaboratori. Il successo di 100 Bullets deve molto alla messa in scena dal ritmo cinematografico del maestro del fumetto argentino Eduardo Risso, così come il suo controverso ciclo di Hellblazer si avvalse inizialmente di un altro maestro della nona arte, Richard Corben, e dell’ottimo Marcelo Frusin poi. Lo script dello scrittore in questo caso viene tradotto in immagini da Juan Doe, conosciuto finora soprattutto per le numerose copertine realizzate per Marvel e DC nell’ultimo decennio. Nonostante un evidente predilezione per la grafica e per l’illustrazione a scapito della narrazione, Doe riesce comunque a proporre uno storytelling efficace grazie all’uso dei neri e di una palette cromatica dominata dal rosso, il colore del sangue che scorre a fiumi nelle scene più violente, ma che ritroviamo anche nei tramonti infuocati e nel volto devastato del protagonista, che getta così la sua ombra su tutta la vicenda. Un uso sapiente della colorazione che trasforma le pagine di American Monster nella rappresentazione grafica delle pene e dei tormenti delle anime perse che lo popolano.

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