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Lucca Comics & Games 2025, la parola a Brian K. Vaughan, Marcos Martin e Niko Henrichon

  • Pubblicato in Focus

Nella recente edizione di Lucca Comics & Games, grazie a Bao Publishing abbiamo avuto il piacere di partecipare, assieme ad altre testate, a una round table, in cui è stato possibile rivolgere alcune domande a Brian K. Vaughan, uno dei massimi scrittori contemporanei di fumetti (tra le sue opere più famose ricordiamo Y: l’ultimo uomo, Ex-Machina, Saga e Paper Girls) e ai due disegnatori che hanno lavorato con lui nei volumi presentati dall’editore milanese alla kermesse toscana: Marcos Martín, per Barrier e Niko Henrichon, per Spectators.
Per quanto la durata della discussione non abbia permesso più di una domanda a testa ai vari partecipanti, i temi affrontati e le risposte date dagli autori hanno comunque destato l’interesse generale.

Dei tre, Vaughan è quello che ha tenuto più di tutti la parola, poiché gli argomenti presi in esame hanno essenzialmente riguardato diversi aspetti della sua scrittura. Lo sceneggiatore americano ha in primo luogo condiviso la sua ammirazione per vari autori britannici (Alan Moore su tutti), in particolare per la loro capacità di raccontare gli Stati Uniti attraverso dettagli che gli scrittori locali non sono in grado di cogliere. Secondo la sua opinione, una delle rare eccezioni è Jason Aaron, che sia in Scalped che in Southern Bastards è riuscito nella difficile impresa di trascendere il suo essere americano, offrendoci una visione del suo paese da una prospettiva totalmente differente da quella tradizionale.

Ha, poi, tenuto a precisare che sia Martín che Henrichon non sono solo dei semplici collaboratori, ma veri e propri amici. Con l’artista spagnolo, soprattutto, che conosce da oltre venticinque anni, può anche capitare di battibeccare, alla fine, però, arrivano sempre al risultato desiderato da entrambi. In più, la fiducia reciproca ha garantito la realizzazione di storie meno convenzionali, senza il timore di andare incontro a un insuccesso commerciale. Un aspetto che diventa secondario se, come ha ammesso Vaughan, l’attaccamento verso tali opere è quasi paragonabile a quello che nutre per i suoi figli. Lo stesso dicasi nel caso sopraggiungano necessità che impongano una pausa nel lavoro. I tre autori considerano più importante occuparsi della propria vita che portare avanti con regolarità una serie. Saga, da questo punto di vista, è stato un chiaro esempio di ciò: quando Fiona Staples è diventata madre, si è deciso di comune accordo di sospendere la testata per un periodo abbastanza lungo, pur sapendo che avrebbe potuto esserci un’emorragia di lettori. Nella realtà, alla ripresa della serie, i dati di vendita non hanno mostrato alcuna flessione, confermando l’alto livello di maturità raggiunto dal pubblico contemporaneo.

La discussione è, quindi, proseguita sul fumetto come linguaggio: secondo i tre autori la sua universalità, favorita dall’uso delle immagini, è in grado di superare gli ostacoli correlati al solo testo scritto. Da qui l’utilizzo a scopo propagandistico che ne hanno fatto i governi nel corso della storia dell’ultimo secolo. Martín ha, comunque, sottolineato che tale facilità di fruizione permette di poter affrontare qualunque argomento, avvicinando i giovani (che sono i naturali “consumatori” di albi a fumetti) a tematiche che altrimenti per loro sarebbero molto più ostiche da recepire.
A tal proposito, Vaughan ha evidenziato che proprio Barrier mette in rilievo le potenzialità del fumetto come mezzo espressivo, dato che solo grazie alle sue caratteristiche è possibile oltrepassare le “barriere” linguistiche alla base del racconto (lo scrittore americano ha pure confessato che sono stati impiegati molti termini gergali nella sceneggiatura, con il semplice obiettivo di spingere il lettore a utilizzare le immagini per comprendere il contenuto del testo).
In aggiunta a ciò, Vaughan ha fatto presente che, avendo lavorato per cinema e TV, ha dovuto far fronte alle pressioni esercitate dalle corporation per evitare di mettere in scena controversie e problematiche varie, a differenza di un graphic novel, dove sostanzialmente si può parlare di ogni cosa.
Un aspetto rimarcato anche da Martín, il quale, pur nella consapevolezza che la limitata diffusione dei comic book non permette la trasmissione di un determinato messaggio a una vasta platea, sapere di poter agire più liberamente diventa una medicina per lo sconforto che coglie gli autori, quando un fumetto di successo viene depotenziato del suo significato, a seguito dell’adattamento in altri media.

Per quanto riguarda la nostra domanda, essa è stata:
"Nelle opere di Brian è sempre presente una forte componente metaforica. Questa caratteristica mette in difficoltà i disegnatori, che necessitano di un confronto continuo con lo scrittore, o la lunga collaborazione permette di intuire immediatamente cosa viene richiesto nella sceneggiatura? Inoltre, questo tipo di narrazione è una delle cause che ha allontanato Brian dal fumetto mainstream o si è trattato semplicemente della volontà di poter disporre di una maggiore libertà creativa?”

Martín (visibilmente divertito, ndr): Purtroppo sì, mi tocca comunicare spesso con Brian. Scherzi a parte, in genere leggo prima il soggetto, dopodiché mi confronto più volte con Brian per comprendere come rappresentare graficamente quello che ha descritto nel testo. Ricordo, per esempio, che quando lavorammo a Private Eye, l’idea alla base dell’opera mi colpì molto. Proprio per essere sicuro di mantenere la forza del fumetto nei disegni, io e Brian siamo rimasti costantemente in contatto.

Henrichon: Ho trovato subito interessante il soggetto di Spectators, anche se, inizialmente, dopo aver letto le prime pagine di sceneggiatura, non capivo dove sarebbe andato a parare. Discutendo frequentemente con Brian, alla fine tutto è risultato chiaro e credo che ne sia uscito un ottimo lavoro.

Vaughan: Secondo me, il vero mainstream non è scrivere una storia di Spider-Man o Batman, ma avere sempre nuove idee. Il piacere di collaborare con Marcos e Niko nasce esattamente da questa considerazione, dato che so che entrambi la pensano come me.

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Animal Pound, recensione: la Fattoria degli Animali riletta da Tom King fra distopia e populismo

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Pubblicato per la prima volta nel 1945, La fattoria degli animali di George Orwell è un pilastro della letteratura del Novecento. Un capolavoro che, a decenni di distanza, non ha perso nulla della sua forza e attualità. Orwell vi racconta la vicenda di un gruppo di animali che, ribellandosi ai propri padroni, instaurano una società in cui tutti sono uguali. Tuttavia, i nobili ideali che hanno guidato la rivoluzione vengono gradualmente traditi a favore di un totalitarismo che privilegia una singola classe, corrotta dal potere. Nate come satira della Rivoluzione Russa, le riflessioni di Orwell sono un monito senza tempo su come nobili ideali quali libertà e uguaglianza possano trasformarsi in una nuova, e talvolta peggiore, forma di oppressione.

A ottant'anni di distanza, quel monito viene raccolto da Tom King, uno degli autori più celebrati del fumetto americano contemporaneo. In Animal Pound, opera in cinque albi per BOOM! Studios, portata in Italia in volume da Bao Publishing, King firma una rilettura del capolavoro orwelliano, trasformandolo in un'amara e lucida allegoria della nostra società.

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La trama ricalca quella de La fattoria degli animali, ma l'ambientazione si sposta dalla campagna a un rifugio per animali abbandonati in città, diviso in tre aree: cani, gatti e conigli. Tra loro c'è Lucky, un vecchio cane che sogna un futuro di gabbie aperte e convivenza pacifica, senza umani. Dopo la sua morte, la gatta Madame Fifì e il cane Titan ne raccolgono l'eredità, guidando una rivolta al grido di “Ricorda Lucky!” che consegna il rifugio nelle mani dei suoi ospiti.

Se inizialmente la rivoluzione porta alla libertà, emerge subito la necessità di regole per gestire la convivenza. Trovare un equilibrio, però, è complesso a causa delle diverse esigenze e dei rapporti di forza tra i gruppi. King introduce brillantemente una soluzione: il voto di ogni animale viene ponderato in base al suo peso. Questo, tuttavia, non basta a placare i malumori e apre la strada a squilibri di potere sempre maggiori, fino all'inevitabile deriva autoritaria. Come nel romanzo di Orwell, gli ideali della rivoluzione diventano un lontano ricordo, a esclusivo vantaggio di chi comanda.

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Il rischio che Animal Pound fosse solo un mero esercizio di stile è scongiurato non solo dalla scrittura intelligente di King, ma dall'autentica urgenza narrativa che traspare da ogni pagina. L'intenzione dell'autore è chiara: scrivere un'opera politica che parla della società contemporanea e, in particolare, dell'America di oggi. Una satira dura e sagace che, tramite allegorie precise, fotografa le derive populiste di molte democrazie occidentali.
Fra tutti i personaggi spicca Piggy, il cane che accentra progressivamente il potere, un evidente riferimento a Donald Trump. Con il suo motto "Torniamo a essere animali”, Piggy parla alla pancia di un elettorato desideroso di una figura forte capace di risolvere ogni problema. La sua stessa popolarità, costruita attraverso una webcam che garantisce donazioni e sostentamento al rifugio, mostra come l'immagine conti più di una proposta politica, spesso inconsistente o del tutto assente.

La parabola discendente narrata da King più che un monito, quindi, è una constatazione amara di ciò che, secondo l'autore, sta già accadendo. Racconta di uomini che guardano a un passato oscuro e piegano le regole della democrazia ai propri scopi. Per questo la lettura di Animal Pound imprime nel lettore un senso di angoscia che persiste ben oltre l'ultima pagina.

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La scrittura lucida di Tom King è accompagnata dalle splendide tavole di Peter Gross. L'artista adotta uno stile realistico, raffigurando gli animali senza espressioni cartoonesche; la loro gestualità e recitazione è sempre credibile ed efficace. L'ambientazione del rifugio, chiusa e potenzialmente monotona, è gestita da Gross con una regia delle tavole dinamica, che mantiene costantemente vivo l'interesse visivo.

Animal Pound è un'opera potente e meritevole, che conferma la statura dei suoi autori. Ma soprattutto, è una lucida e inquietante finestra sui tempi che stiamo vivendo.

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4 Words About: Saga 12

  • Pubblicato in Screen

4 Words About, ovvero "Per chi apprezza il dono della sintesi".
Saga 12


Che formula magica stia usando Brian K. Vaughan per riuscire, dopo 72 capitoli, a tenerci ancora incollati fino all’ultima pagina e a farci desiderare ardentemente che arrivi il prossimo volume, senza mostrare la minima stanchezza narrativa, è un segreto che gli invidiano molti colleghi.
Non ne era stato capace nei suoi lavori precedenti, benché la sua scrittura sia rimasta quasi immutata nel tempo. Ma questa space opera anomala, che non si vergogna di saccheggiare i capisaldi del genere, riportandoli, però, a nuova vita, dove convivono melodramma, satira, sex comedy e tanto altro, è davvero difficile da non amare. Tutto è sincero e, più di ogni cosa, umano. Debolezze comprese. E quale migliore metafora di un popolo robotico per ironizzare sui difetti dell’uomo? Senza dimenticare i disegni di Fiona Staples, che forse a volte sembrano soffrire di un certo manierismo o della ricerca della stranezza a tutti i costi. Ma la perfetta simbiosi con i testi di Vaughan è innegabile.

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Dati del volume
Editore: Bao Publishing
Autori: Testi di Brian K. Vaughan, disegni di Fiona Staples
Genere: Fantascientifico/fantasy
Formato: 15,7X23,6, 152 pp., B., col.
Prezzo: 17€
ISBN: 979-12-5621-110-4
Voto: 8,5

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La vendetta di Polifemo, storia inedita di Zerocalcare su Internazionale

  • Pubblicato in News

Da venerdì 18 luglio 2025 sarà disponibile in edicola, all'interno di Internazionale 1623, il fumetto La vendetta di Polifemo, nuova storia inedita di Zerocalcare, con i colori di Alberto Madrigal.

Il racconto, lungo 37 pagine, affronta temi quali la guerra a Gaza, la repressione delle proteste, il sistema carcerario italiano e la frustrazione sociale che attraversa le periferie occidentali. Al centro della vicenda c’è Tarek, giovane attivista detenuto dal 31 ottobre 2024 a seguito degli scontri avvenuti durante un corteo a sostegno della Palestina. Attraverso la sua storia, Zerocalcare esplora i meccanismi di potere, la criminalizzazione del dissenso e le contraddizioni della giustizia contemporanea.

Come scrive l’autore sui suoi canali social, “è un fumetto complicato”, che chiede al lettore un ascolto attento e completo: “Se volete litigà, ve prego almeno leggetevele tutte”, aggiunge con il suo consueto tono diretto.

La narrazione alterna riferimenti mitologici a una riflessione urgente e attuale sul presente, come da cifra stilistica dell’autore romano. Bao Publishing definisce il fumetto “una storia scomoda e difficile, di quelle che vi faranno aumentare la stima che avete per lui”.

Il fumetto può essere letto integralmente all’interno del numero di Internazionale in edicola da venerdì 18 luglio 2025, oppure in versione digitale (una sola lettura disponibile) sul sito della rivista.

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