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La recensione di Solo: A Star Wars Story

La recensione di Solo: A Star Wars Story

Arriva nelle sale italiane Solo: A Star Wars Story, secondo spin-off della saga creata da George Lucas. Dimenticate i toni seri ed i temi drammatici di Rogue One, siamo in presenza di un'avventura con forti elementi di commedia nella più classica tradizione hollywoodiana. E mai scelta fu più indovinata per parlare delle origini di uno dei personaggi più iconici e amati di Star Wars, Han Solo.

Siamo tutti a conoscenza delle vicissitudini di questa produzione, l'ingaggio di Ron Howard a riprese inoltrate e il cambio di rotta del regista riguardo il tono del film. Tutti elementi che facevano temere il peggio e un disastro annunciato ma che Howard è riuscito ad evitare, donandoci una pellicola dove l'umorismo, le corse sfrenate ed i colpi di scena si mescolano alla perfezione. Elettrizza, tiene incollati allo schermo tra la fuga da Corellia e le trincee della guerra dell'Impero che tanto ricordano quelle della Prima Guerra Mondiale. Dal concitato assalto al treno, alla leggendaria partita a Sabbac, fino alla mitica rotta di Kessel e all'incontro con Chewbacca, che ci regala alcuni dei momenti più fedeli e divertenti del mitico duo. Nulla sembra fuori posto nella storia, i viaggi sono numerosi in altrettanti pianeti ed i fan avranno un gran bel lavoro nello scovare gli infiniti rimandi alla saga.
Il lato oscuro della criminalità galattica, sempre presente in Star Wars, è qui mostrato in tutto il suo terribile potere fatto di colpi da milioni di crediti, contrabbando, gioco d'azzardo e corruzione. Il tono però non è mai greve, tende a non prendersi troppo sul serio e la risata, quella sincera, è sempre dietro l'angolo.

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Tutto magnifico quindi, meglio di Rogue One? No, ci sono dei problemi e sono proprio dove sarebbe stato meglio che non ci fossero. Parliamo della performance di Alden Ehrenreich, per nulla facile e osteggiata da una buona parte del fandom già dal suo annuncio.
Alden porta a casa un'interpretazione per nulla banale, dove lo studio e le movenze di Harrison Ford sono ricalcate e interpretate con grande perizia, non apparendo mai forzate e posticce. In alcuni momenti la sensazione è proprio quella di vedere un giovane Han, ma è spesso una posa, uno sguardo, un movimento. Non sembra quasi mai di avere a che fare con il cinico contrabbandiere che tutti noi conosciamo e amiamo e non a causa del fatto che stiamo osservando un Han più giovane. Il problema è da ricercarsi nel modo nel quale è stato scritto il personaggio e non nell'ottima prova di Alden. Un Han troppo poco incisivo, troppo innocente e ingenuo. La situazione migliora verso la fine, dove l'illusione si fa finalmente perfetta e il sorrisetto da canaglia di Alden trionfa e nasce l'Han Solo che tutti conosciamo. Una crescita del personaggio che ovviamente andava mostrata, che sicuramente continuerà visti gli anni che ancora lo separano dal primo incontro con Luke, ma che comunque risulta poco coinvolgente.

Stesso discorso, anche se in misura decisamente minore, riguardo Donald Glover ed il suo Lando. Qui la sensazione di trovarsi di fronte all'originale è molto forte, l'interpretazione di Donald è fantastica e quasi perfetta, con addirittura un momento che ci mostra come l'altra simpatica canaglia della galassia sia in realtà un uomo solo. Eppure anche qui la sensazione è di non aver preso in pieno la gioventù di questi personaggi, rendendoli forse troppo sopra le righe nel tentativo di rimarcarne i personaggi originali.
Discorso diverso per Woody Harrelson, qui nella parte di Tobias Beckett, in un certo senso mentore e modello del giovane Han. Woody è strabordante, incisivo, divertentissimo e totalmente immerso in un personaggio che gli è stato di fatto cucito addosso. Ruba spesso la scena agli altri ed è già un personaggio entrato nel mito.
Nei panni di Qi'Ra, il primo amore di Han, troviamo Emilia Clarke. Femme fatale mutuata dal noir e quindi perfettamente in linea con le tematiche del film, gioca col tradizionale ruolo ambiguo di donna innamorata ma impossibilitata da terribili doveri. E ultimo, ma non ultimo, l'eccellente Paul Bettany nel ruolo dell'antagonista, il temibile ed inquietante boss dell'Alba Cremisi, Dryden Vos.

Non ci sono però grandi eventi importanti legati alla saga principale come avveniva in Rogue One, ad eccezione di un particolare colpo di scena che farà la gioia di molti.
L'impressione generale è quella di un primo capitolo, una divertentissima avventura nel pieno rispetto di tutte le cose che rendono Star Wars divertente ed affascinante, ma che richiederebbe di una seconda parte per essere conclusa.
Howard porta a casa un eccellente prodotto targato Star Wars, risolleva una produzione che rischiava di naufragare e la trasforma in qualcosa che merita sicuramente una seconda visione, oltre a ricordarci, finalmente, che... Han shot first.

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