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Mario Aragrande

Mario Aragrande

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Marvel Knights – Il ritorno dei Cavalieri Marvel, recensione: una celebrazione per i 20 anni della storica etichetta

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Matt Murdock inginocchiato e in lacrime sulla tomba di Karen Page: la scena di apertura di Marvel Knights: il Ritorno dei Cavalieri Marvel, la miniserie in sei parti che la Casa delle Idee ha pubblicato l'anno scorso per celebrare il ventennale dell'omonima etichetta, raccolta da Panini Comics in un cartonato distribuito lo scorso settembre tramite Panini Direct, circuito dedicato solo alle fumetterie e al sito ufficiale, ci riporta direttamente al 1998, a quel Guardian Devil di Kevin Smith e Joe Quesada che era al tempo stesso la storia più bella e il miglior compendio dell'idea che stava alla base della divisione Marvel Knights.

Sulla scia del successo ottenuto  -nonostante diversi problemi sorti lungo il cammino - dall'operazione Heroes Reborn, che aveva visto il rilancio di alcune delle serie classiche della casa editrice da parte degli studi creativi delle superstar Jim Lee e Rob Liefeld, la Marvel decise di riservare lo stesso trattamento ad alcuni suoi personaggi minori (e in grave crisi di vendita), creando un'etichetta dal nome evocativo - Marvel Knights appunto- e affidandone la gestione a Joe Queseda e Jimmy Palmiotti.
I due avevano creato nel 1994 la Event Comics, un marchio indipendente che aveva pubblicato le loro creazioni principali: Ash, un supereroe pompiere e Painkiller Jane, una poliziotta che guarisce in fretta, le cui avventure sono state raccontate anche in una serie tv. Oltre che per le loro abilità di fumettisti- disegnatore Quesada, inchiostratore Palmiotti ed entrambi sceneggiatori in alcuni casi - gli artisti si erano fatti notare anche per i loro buoni rapporti con creativi provenienti dal mondo del cinema e per la linea editoriale innovativa che avevano in mente. Invece di puntare, come i loro predecessori della Image Comics, su disegni ipertrofici in una cornice tradizionale (la riscrittura in chiave moderna delle origini degli eroi classici), Quesada e Palmiotti si concentrarono sulle storie, che presentavano temi e linguaggi più adatti agli adulti che ai ragazzi, e sugli autori, provenienti da altri settori e quindi più capaci di giocare con tecniche espressive dal taglio moderno. Queste intuizioni resero la linea Marvel Knights una sorta di Vertigo della Marvel e portarono quella ventata d'aria fresca di cui c'era bisogno per sollevare le vendite.
Titoli come Daredevil di Kevin Smith e Joe Quesada, Black Panther di Christopher Priest e Mark Texeira, Inhumans d Paul Jenkins e Jae Lee, e persino The Punisher di Christopher Gold, Tom Sniegoski e Barnie Wrightson - il meno fortunato dei primi titoli lanciati nel '98 - furono, col senno di poi, l'inizio di una vera e propria rivoluzione in casa Marvel, e la bontà del lavoro di Quesada e Palmiotti fu testimoniata dal trasferimento del loro stile in tutto il parco testate dell’editore e, soprattutto, con l'approdo dello stesso Quesada al ruolo di Editor in Chief della Casa delle Idee.

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A dare sostanza alla saga celebrativa del ventennale viene chiamato lo scrittore del momento, Donny Cates (Thanos, Cosmic Ghost Rider, Venom), che coordina l'operazione e scrive personalmente due capitoli. Con l'aiuto degli sceneggiatori Matthew Rosenberg (Phoenix Resurrection, Uncanny X-Men), Tini Howard (Thanos, Age of Conan: Bélit) e Vita Ayala (Batgirl, Age of X-Man: Prisoner X), lo scrittore texano presenta un mondo senza supereroi e criminali, in cui il nostro Matt Murdock capisce che qualcosa non va proprio piangendo sulla tomba del suo amore, quando incontra uno strano poliziotto di nome Frank Castle che gli racconta una storia ancora più strana: entrambi sarebbero due supereroi, chiamati Daredevil e Punisher, ed entrambi avrebbero dimenticato la propria vita passata per motivi misteriosi.
Parte così il lungo cammino parallelo dei due Cavalieri (con l'aiuto di un Bruce Banner in una insolita veste di mentore inconsapevole) che li porterà con metodi e tempi diversi a svegliare quelli che considerano i loro compagni, T'challa ed Elektra, e a svelare il complotto dietro al mondo senza eroi e senza criminali che, intanto, proprio come i loro antagonisti, riacquistano a poco a poco coscienza di sé.

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La nuova generazione di autori concepisce per i Marvel Knights una storia originale che un po' sorprende, un po' celebra il passato e un po' getta le basi per futuri possibili scenari, non solo per gli eroi urbani e minori, ma per tutto il pantheon di personaggi della Casa delle Idee.
Nascosti all'interno di un giallo divertente e ben costruito, si trovano alcuni spunti davvero interessanti, che riguardano le versioni alternative degli eroi classici: per una volta il destino del mondo non è nelle mani di Capitan America, Iron Man, Falcon, Scarlet (per non parlare di Loki!) anche perché la loro versione priva di memoria ha ben pochi tratti eroici, sommersa com'è dalla propria carica di normalità. Tuttavia questa rappresentazione stuzzica non poco la fantasia, pone al centro della scena i veri protagonisti, gli eroi urbani, e nasconde fra le righe l'intento - forse il sogno nascosto - degli autori: trasportare di nuovo, come fosse una seconda ondata, le tematiche e le atmosfere dell'etichetta Marvel Knights al resto del parco testate della Marvel.
Con i loro easter egg, le nuove leve sembrano davvero voler lanciare la sfida per la prossima era di storie, mettendo sul piatto una serie di rappresentazioni moderne, adulte, a volte al limite del disperato, comunque molto suggestive, tanto da far sperare che la Marvel raccolga il guanto dando loro l'opportunità di svilupparle. L’intreccio del racconto, infine, sospeso tra presente e passato e teso a risolvere il mistero della cancellazione degli eroi, si sviluppa attraverso la soggettiva di tutti i Cavalieri Marvel, protagonisti ciascuno del proprio episodio e scorre veloce fino al lieto fine celebrativo in un susseguirsi di colpi di scena.

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I disegni sono affidati ad un team eterogeneo di autori, tra cui Travel Foreman (Ultimates 2, Immortal Iron Fist), Niko Henrichon (Pride of Baghdad, Meet the Skrulls), Damian Couceiro (X-Force, Planet of Apes), Joshua Cassara (Secret Empire, Falcon) e Kim Jacinto (Indestructible Hulk, Uncanny Inhumans). Gli artisti paiono a proprio agio inscenando i toni noir richiesti dalla trama e cercano di rifarsi fino in fondo al realismo che traspariva nei lavori del 1998: troviamo così uniformi rielaborate per essere adatte più a giustizieri da strada che a supereroi (quella di Black Panther è la più sorprendente), sequenze di lotta degne dei migliori film sulle arti marziali e ambientazioni prevalentemente notturne e urbane, esaltate da un ottima colorazione. Non vengono raggiunte le vette degli illustri predecessori, (Quesada e Texeira erano inarrivabili), ma la prova fornita è sicuramente interessante.

Se da questa celebrazione nascerà un nuovo ciclo di storie per la Casa delle Idee, come quello che prese vita nel 1998, non è dato saperlo e ad oggi nessun segnale dai piani alti della Marvel sembra dare speranze in questo senso. Marvel Knights: Il Ritorno dei Cavalieri Marvel resta comunque una lettura molto stuzzicante, capace di soddisfare sia i nostalgici sia le nuove leve.

Cemetery Beach, recensione: il "Mad Max: Fury Road" di Warren Ellis e Jason Howard

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L'intento di Cemetery Beach, ultima fatica di Warren Ellis e Jason Howard per Image Comics, in Italia per Saldapress, è chiaro sin dalle prime tavole: rendere omaggio al film Mad Max: Fury Road, rappresentando sul medium fumetto una storia completamente nuova, ma fortemente ispirata dal film di George Miller; il risultato ottenuto dai due autori, rodati dalla loro precedente collaborazione su Scatterland, invece, non risulta del tutto convincente.

Partiamo dalla trama: la storia è incentrata sulla fuga del soldato pieno di rimpianti Mike Blackburn e della rivoluzionaria e assassina Grace Moody dalla prigione in cui erano richiusi, attraverso i mille pericoli di un mondo alieno dominato dalla tirannia, fino al punto di estrazione sulla Cemetery Beach del titolo.

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La storia del mondo alieno inizia nel 1920, quando il pianeta Terra - chiamato per tutta l'opera Vecchiapatria - ne scopre l'esistenza e invia delle spedizioni di pionieri per colonizzarlo. Dagli esploratori non arrivano più notizie e, un secolo dopo, l'umanità invia un soldato - il nostro Mike - in missione di ricognizione, prima di organizzare una seconda spedizione. Il militare di Vecchiapatria viene immediatamente fatto prigioniero dagli abitanti del nuovo mondo, evolutosi intanto in una distopica dittatura governata col pugno di ferro dall'immortale comandante Barrow, tanto obeso e grottesco quanto spietato, ed immediatamente riesce a scappare, riuscendo a liberare la tosta Grace Moody, una sorta di prigioniera politica punita per avere ucciso delle guardie nella sua lotta contro il potere costituito.
Il resto è una lunga corsa mozzafiato attraverso le varie parti della colonia, in cui l'azione è padrona delle scena e, di tanto in tanto, viene rivelato qualcosa di più sui protagonisti e sulle spaventose caratteristiche del nuovo mondo e dei suoi abitanti, sino al gran finale, che un po' sorprende, ma soprattutto lascia aperta la porta a futuri sviluppi.

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Con dei richiami così netti al film di Miller, e visto il grande successo della pellicola, diventa quasi obbligatorio fare paragoni: diciamo subito che, anche tenuto conto dei mezzi espressivi completamente diversi, il fumetto di Warren Ellis appare un po' sottotono e, sebbene abbia un ritmo molto elevato e sia nel complesso divertente, non ha sul lettore quell'impatto disturbante che un'opera su un mondo apocalittico dovrebbe avere. Il motivo è semplice: l'azione ruba tutta la scena alla parte fantascientifica che, assieme all'approfondimento psicologico dei personaggi, viene trattata solo in modo marginale. La storia tragica dei protagonisti, per esempio, non viene mai mostrata ma solo raccontata; i vari gironi della colonia, pur entrando in scena in maniera originale, scorrono via con troppa fretta per incutere timore; lo stesso si può dire, infine, per i cattivi, nonostante il loro aspetto volutamente disturbante.
Forse lo scrittore inglese non voleva mettere troppa carne al fuoco, forse voleva puntare tutto sul divertimento ipercinetico, tuttavia rimane l'impressione che nel racconto ci sia un potenziale rimasto inespresso.

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Il disegnatore Jason Howards conosce Ellis molto bene - i due stanno lavorando anche a Trees-  e dà vita alle sue idee con un tratto stilizzato e asciutto, che si concentra sulle scene di azioni e sui dettagli splatter; la mancanza di dialoghi in molte delle sequenze della rocambolesca fuga e la sceneggiatura concitata, lascia sulle sue spalle il difficile compito di non dare un attimo di respiro al lettore e lui lo assolve con dedizione e un pizzico di compiacimento. Mette in secondo piano, però, la resa dell'ambientazione post apocalittica, delle scenografie decandenti e della tecnologia bellica della controterra ed è un po' un peccato. La resa finale è comunque molto interessante grazie anche alla colorazione, che predilige i toni sfumati del grigio, del porpora e del rosso e dona alla storia un carattere abbastanza inquietante.

Cemetery Beach soddisfa molto chi ama l'azione sfrenata, un po' meno chi ama la fantascienza e non raggiunge le vette dal film che voleva omaggiare. Ma non bisogna disperare: Ellis è un ottimo autore e sarà interessantissimo vedere se (e come) deciderà di sviluppare, per esempio, la cosmologia della colonia partendo dai semi gettati finora, primo fra tutti l'ecosistema del nuovo pianeta, ricco di elementi energetici ma povero di cibo, oppure lo stile di vita che le popolazioni dei vari cerchi hanno dovuto sviluppare per sopravvivere in questo ambiente diverso e misterioso.

La Lega degli Straordinari Gentlemen 1, recensione: la nuova edizione dell'opera di Alan Moore e Kevin O'Neill

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Chi ha detto che i supereroi sono tutti figli del ventesimo secolo? Alan Moore, che col concetto di supereroe ha qualche familiarità avendone ridefinito i canoni in uno dei suoi lavori più famosi, Watchmen, con La Lega degli Straordinari Gentleman (opera iniziata nel 1999) si diverte a giocare con i canoni del genere, mostrando come siano perfettamente adattabili ai personaggi provenienti dalla produzione letteraria del secolo precedente, catapultati in un fumetto all'insegna dell'azione, che esprime in ogni sua tavola un amore sincero verso la letteratura ottocentesca del Regno Unito.

In occasione dell'uscita dell'ultimo capitolo dell'opera, intitolato La Tempesta (ancora in corso di pubblicazione in lingua originale), Bao Publishing, attuale editore italiano della serie, ha deciso di fare un regalo a tutti i fan della signorina Murray e soci, ristampando l'intera saga nel formato dell'edizione originale, 17x26, in cartonati a cadenza quasi bimestrale inclusa di spin-off e capitoli aggiuntivi.

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La trama del primo volume più classica non potrebbe essere: nel 1898 il misterioso Mister Bond, emissario governativo dell'ancor più misterioso Mr. M, affida alla signorina Wilhelmina Murray, appena uscita da un matrimonio burrascoso con Jonathan Harker, (sì, stiamo proprio parlando del  personaggio di Dracula di Bram Stoker), il compito di riunire un gruppo di individui con abilità straordinarie, per sventare una minaccia alla sicurezza dell'impero britannico.
La signorina parte quindi alla ricerca dei suoi gentleman straordinari: Allan Quatermain, personaggio creato da H. R. Haggard, un tempo cacciatore bianco in Africa ai tempi del colonialismo, sempre schierato dalla parte delle tribù indigene, ora avventuriero in crisi a causa del consumo di oppio e alcool; Hawley Griffin, il cinico e furtivo uomo invisibile dei romanzi di H. G. Wells; il capitano Nemo, comandante del Nautilus, il sottomarino di Ventimila Leghe Sotto i Mari, principe indiano ribelle e diffidente nei confronti della Gran Bretagna, ma desideroso di lanciarsi in una nuova avventura; il mostruoso, fortissimo e pazzo Edward Hyde, che ben presto si scopre essere l'alter-ego del mite Dr. Henry Jekyll, proprio come nel racconto di Robert Louis Stevenson.
Questa lega di personaggi fuori dal comune (e l'uso del termine lega non può che essere un rimando al primo gruppo di supereroi apparso nei fumetti, la Justice League) dovrà recuperare un misterioso elemento, la cavorite, rubato al governo da un boss del crimine cinese di Londra, che vuole utilizzarlo per rovesciare l'impero a partire dalla sua capitale. O così pare: nel corso della storia, infatti, si scoprirà il vero burattinaio che tira le fila del crimine in Gran Bretagna (il nome non lo sveleremo, ma non dovrebbe essere difficile da indovinare, vista la galleria di personaggi citati finora) e i protagonisti dovranno rischiare la vita per salvare il proprio paese appianando le divergenze generate delle loro personalità così eccentriche e anteponendo l'interesse della gente comune al proprio, come solo i veri eroi sanno fare.

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Perché leggere La Lega degli straordinari Gentlemen? Perché è una storia scritta da Alan Moore, uno dei maggiori sceneggiatori di fumetti in vita, autore di una serie molto lunga di capolavori come Watchmen, V for Vendetta, From Hell, Batman: The Killing Joke. Inoltre, si tratta un racconto divertente e ironico, che fonde i tratti dell'avventura superoistica con quelli della spy-story fantapolitica. La narrazione è sapientemente dosata: la suspance per le scene di azione si alterna a quella per la scoperta del piano criminale finale e non manca una sottile critica al potere dello Stato, tratto ricorrente nelle opere dell'autore inglese, che qui serve a fare risaltare l'eroismo, più ingenuo, dei protagonisti, i quali grazie anche a questo contrasto, arrivano ad assomigliare davvero tanto ai supereroi del '900, di cui diventano di diritto gli antesignani.
In questo arazzo, in cui i dialoghi sono in linea con l'ambientazione ottocentesca, Moore inserisce, praticamente in ogni pagina, omaggi ai romanzi da cui sono tratti i personaggi (senza contare l'appendice al volume, che riporta un racconto in prosa di Allan Quatermain dal titolo Allan e il velo lacerato, raccontato in un finto formato dell'epoca, che testimonia l'enorme lavoro di ricerca letteraria fatto dall'autore) tanto che anche i lettori più appassionati avranno difficoltà a coglierli tutti. Ma saranno davvero felici di poter provare a farlo.

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Il disegnatore della serie è Kevin O'Neill, artista britannico vincitore nel 2003 dell'Eisner Award proprio per il suo lavoro sul secondo capitolo della Lega. Gli sforzi di O'Neill sono principalmente rivolti a rendere visivamente chiare le sequenze d'azione e verosimile l'ambientazione in stile vittoriano con venature steampunk; appare particolarmente adatto a raggiungere questo obiettivo il suo stile iper-dettagliato, che si nota, risaltando il citazionismo di Moore, negli sfondi delle vignette, in cui compare una Londra caotica e affollata, e nella resa dei costumi e delle armi usate dai vari protagonisti, ritratte col giusto mix tra tecnologia futurista e ancoraggio alla realtà dell'epoca. La scelta dello storytelling ricade, poi, sulla semplicità e non sulla sperimentazione: l'autore preferisce le vignette multiple per rendere al meglio le sequenze delle scene di azione e le splash-page per sottolineare i colpi di scena più spettacolari. Nulla di avveniristico dunque, ma tutto risulta di pregevolissima fattura.
Quanto alle figure, il tratto sinuoso di O'Neill sembra solo all'apparenza caricaturale: in realtà a colpire di più sono i suoi volti, che riescono a catturare sempre al meglio il variare delle espressioni dei personaggi a seguito del veloce mutare delle situazioni, grazie ad un attento studio del character design.

Non rimane quindi che lodare Bao Publishing per aver riproposto questa saga in una nuova veste (con un occhio anche ai collezionisti di più vecchia data: l'ultimo volume inedito, La Tempesta, uscirà infatti con una tiratura limitata nel formato della vecchia edizione, più piccolo di quella attuale, per permettere di completare la raccolta anche ai possessori dei vecchi albi) e consigliare la lettura anche a chi possa essere stato deluso dal quasi omonimo film del 2003 con Sean Connery: il fumetto è davvero tutt'altra cosa e sarà capace anche, ci scommettiamo, di invogliare a riscoprire qualche bel romanzo di fantascienza.

Daredevil Collection 24: L'incubo americano, recensione: la fine del ciclo di Ann Nocenti

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Comincia da dove era iniziato l'ultimo ciclo di  storie di Ann Nocenti su Daredevil, pubblicato per la prima volta sui numeri 283-291 della testata americana e riproposto da Panini Comics nel numero 24 della Daredevil Collection, in una sorta di allegorica chiusura del cerchio: proprio come nei suoi primi racconti, l'attenzione della scrittrice statunitense ritorna sull'ambiente di Matt Murduck, quella Hell's Kitchen che l'eroe ha giurato di tenere pulita alla fine di Rinascita. Inevitabilmente, ritornano alla ribalta i temi sociali, le storie di ordinaria ingiustizia americana, raccontate questa volta con una vena polemica più forte, cresciuta col passare degli episodi e diventata consapevolmente provocatoria.

Dopo aver abbandonato l'approccio più sperimentale al personaggio, che aveva lanciato Daredevil addirittura all'inferno per combattere le macchinazioni di Mefisto al culmine di un vagabondaggio senza meta lontano da New York, nell'America di provincia più profonda (spinto dal veleno portato nella sua vita da Thypood Mary, figura femminile che rimarrà l'eredita più grande della gestione della scrittrice), Ann Nocenti riporta il Diavolo Rosso a casa, ma lo fa a modo suo: il Matt Murdock che torna ad Hell's Kitchen, infatti, è un uomo distrutto nello spirito e dal precario equilibrio mentale.

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Ben presto l'eroe perde la memoria, comincia a vivere in un palazzo disabitato con una vagabonda di nome Nyla Skin, che diventa la sua nuova fiamma, si convince di essere la reincarnazione di suo padre, arrivando addirittura a farsi chiamare Jack Murdock e incomincia una carriera da pugile, diventando una sorta di eroe per tutti i disperati di Hell's Kitchen, soprannominato il "pugile cieco".

Ma non si può tornare a New York senza fare i conti con il passato: Kingpin e Bullseye, infatti, non hanno alcuna intenzione di lasciare in pace il loro vecchio nemico e cercano di stanarlo, il primo minacciando il suo nuovo flirt, il secondo arrivando addirittura ad impersonare Daredevil, per macchiarne la credibilità agli occhi del suo quartiere, commettendo una serie molto lunga di crimini contro i più deboli. Matt dovrà quindi lottare contro i suoi demoni interiori e i suoi storici nemici, per ritornare in sé e, allo stesso tempo, tornare ad essere l'eroe che Hell's Kitchen aveva imparato ad amare.

Per quanto la virata rispetto all'ambientazione precedente, on the road e piena di personaggi non di casa sulla testata del Davolo Rosso come Mefisto e gli Inumani, sia stata molto repentina e imposta dalle alte sfere della Marvel, preoccupate per un calo di vendite della testata, Ann Nocenti non rinuncia al suo tocco personale e riprende forse l'unico tema non approfondito da Frank Miller durante la sua gestione, ormai diventata epica: la vita delle persone povere ai margini della città e del sogno americano, nel quartiere più malfamato e famoso di New York.

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Se in Rinascita Matt Murdock aveva avuto solo un assaggio molto traumatico della vita degli homeless di Hell's Kitchen, in questo ciclo di storie ci si immerge totalmente: col pretesto dell'amnesia, l'eroe rimane sullo sfondo e agisce come cassa di risonanza delle storie di degrado urbano che vengono via via presentate e analizzate, facendo emergere tutte la distanza che la scrittrice sentiva tra il sogno americano e la realtà sociale di fine anni '80.

Dalle desciminazioni verso le persone di colore allo strapotere delle multinazionali, dall'imperialismo americano in politica estera alle imperfezioni del sistema legale, tutti i problemi della società americana vengono analizzati con una lente di malinconico pessimismo, tanto che persino Capitan America, ospite speciale del primo episodio, si mostra dubbioso della strada che sta prendendo il suo paese.

In questo scenario si innesta la battaglia personale del nostro eroe, impegnato in una lunga ricerca di sé stesso, che passa attraverso l'immedesimazione nella sua figura di riferimento: suo padre. Vestendo calzoncini da pugile, Matt ritrova le motivazioni che aveva perso a causa della sua ultimo scontro con Kingpin e del suo viaggio all'inferno, e ritrova la connessione con la gente del suo quartiere, in una sorta di ritorno catartico alle sue origini. Anche questo aspetto viene distorto dalla vena polemica della scrittrice: attraverso la sottotrama che vede Bullseye vestire I panni di Daredevil, la Nocenti ci mostra come il confine tra eroe e criminale sia davvero molto sottile e l'episodio dello scontro finale tra i due eterni rivali è davvero sorprendente e carico di tensione psicologica.

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Dopo l'abbandono di John Romita Jr., la serie del Diavolo Rosso fu affidata ad un nuovo disegnatore, Lee Weeks, che firmerà un ciclo abbastanza lungo, legando il suo nome principalmente ad Ultimi Riti, la saga della  caduta di Kingpin culminata nello speciale numero 300.
Il tratto di Weeks, sebbene qui al suo debutto, appare particolarmente adatto a Daredevil: con le sue anatomie e prospettive classiche e naturali, i movimenti fluidi, lo storytelling chiaro, la cura nella rappresentazione dei volti e l'eleganza dei chiaroscuri, l'artista risulta una scelta azzeccata per rassicurare il lettore e riportare la serie alle atmosfere urbane definite dal ciclo di Miller, con quel tocco retrò che ricorda davvero molto il primo David Mazzucchelli.

La lentezza del disegnatore americano, tuttavia, costrinse la Marvel a trovare dei sostituti occasionali con risultati alterni: se Mark Bagley e Greg Capullo, autori rispettivamente dei numeri 283 e 286, pur lontani dai loro lavori migliori, sembrano a loro agio e meritano ampiamente la sufficienza, lo stesso non si può dire di Kieron Dwyer, autore dei numeri 289/290, il cui disegno appare troppo frettoloso scarsamente particolareggiato per colpire nel segno.

Il volume Panini Comics contiene, inoltre, una storia speciale, contenuta in Daredevil 500, uscita nell'ottobre 2009- molti anni dopo la fine della gestione di Ann Nocenti, ma sempre scritta da lei, che può considerarsi un piccolo omaggio al personaggio. Una giovane studentessa e un vecchio pugile aiutano Devil a riprendersi dalle ferite provocate da una brutale battaglia contro Bullseye, in un racconto al cardiopalma, che riesce a centrare l'essenza del personaggio ed è un bellissimo esempio dello stile angosciante e nervoso dell'autrice.
Anche grazie alle matite di David Aja, che gioca con abilità con luci e ombre per rendere al meglio la tensione e le emozioni dei personaggi, 3 Jacks è una chicca che non può mancare nelle librerie dei fan del Cornetto e contribuisce ad aumentare il giudizio sul volume, ampiamente consigliato a tutti gli amanti dei fumetti sofisticati ed impegnati e a tutti i fan di Daredevil, che hanno ora a disposizione per intero uno dei cicli fondamentali del personaggio.

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