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Jugband Blues, recensione: viaggio nella mente di Syd Barrett

Jugband Blues

Il decennio degli anni ‘60 ha segnato globalmente incidenti mutazioni sociali e culturali i cui riverberi possiamo avvertirli ancora oggi. Tutte le arti hanno subito un “rivoluzione”, non solo nella volontà di indagare il loro contemporaneo sociale, ma hanno conquistato la libertà di poter sperimentare con i loro linguaggi specifici. La musica è stata una di queste.
Le più grandi figure musicali sono nate in quegli anni: i Doors, i Led Zeppelin, i Deep Purple (solo per citarne alcuni), con i loro front runner assunti a guru non solo musicali ma esistenziali. Tra questi, nel 1965, nacquero i Pink Floyd, con Syd Barret come demiurgo del gruppo.

Jugband Blues, edito dalla Edizioni NPE, scritto da Matteo Regattin e disegnato da Simone Perrazone, esplora la vita “dannata” e l’articolata figura artistica di Barret.
L’esplosione delle “droghe” negli anni ’60 ha fortemente condizionato la produzione artistica (specialmente musicale) di una figura come l’ex leader dei Pink Floyd, e gli autori del graphic novel, riescono nel difficile compito di non banalizzare la figura del “poeta maledetto”, dell’artista che non ha fatto delle droghe un “passatempo”, quanto una “rivoluzione culturale”.

Jugband Blues 1

Prendendo le fila del racconto dall'unico album realizzato sotto la direzione di Syd Barrett, The Piper at the Gates of Dawn, Regattin interpreta la vita di Barrett accompagnando l’artista a due “personaggi”: il ratto e la talpa del settimo capitolo de Il vento tra i salici (da cui prese il titolo dell’album), in cui i due animaletti, attratti dalla musica di un flauto, incontrano il dio Pan. Lo sceneggiatore, dunque, offre la chiave di lettura non solo per comprendere il graphic novel ma anche per inquadrare l’esistenza di Barrett. Artista poliedrico (era anche un pittore) per Syd la musica era motivo di esplorazione, di conoscenza, di tensione divina, non verso un Dio di qualche religione in particolare, quanto strumento attraverso il quale il “piccolo essere umano” può essere proiettato verso una dimensione più grande, altra, extra-umana, costantemente in divenire.

Jugband Blues 2

I disegni di Simone Perazzone, dunque, descrivono questa sorta di biografia emotiva di Barret, raffigurando scenari onirici dal gusto psichedelico (proprio della musica dell’artista) e dalla forte connotazione onirica, riuscendo a tratteggiare le poetiche parole del musicista, ancorandole al tessuto psicologico del personaggio. Vaste splash-page - che si interrompono solo a causa del limite naturale della pagina - si uniscono in un flusso unico, come un paesaggio continuo, metafora della mente allucinata di Barrett, in cui il musicista vaga. Ma la tavola diventa anche contenitore di piccole vignette descrittive, evocative, narrative, finalizzate – in tandem con le aperture visive delle splash page – a raffigurare la brillante, quanto caotica, mente del protagonista.

Jugband Blues 3

Jugband Blues, il cui titolo riprende l’ultima canzone a firma di Barrett per i Pink Floyd, riesca a costituirsi non tanto come biografia “documentaristica” dell’ex leader del gruppo ma, prendendo i momenti salienti della sua vita, ne esplora l’arte, la contraddizione tra essere ed apparire, l’anelito verso un altro tipo di esistenza la cui strada per raggiungerla è quella della Musica.
L’inusuale orizzontale formato delle tavole e, di conseguenza, del volume, riesce ad esprimere con grande forza la sensazione di assistere più ad un flusso di coscienza, che ad un mero racconto.

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