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Capire, Fare e Reinventare il Fumetto, recensione: la nuova edizione del saggio capolavoro di Scott McCloud

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Il fumetto come forma d’arte. Scott McCloud, fumettista e studioso del medium, è senza dubbio un’autorità nell’universo dei balloon. Profondo conoscitore del medium, delle sue potenzialità, delle sue peculiarità, McCloud ha scritto tre saggi: Capire il fumetto, Fare il fumetto e Reinventare il fumetto. Dopo qualche anno di assenza dagli scaffali italiani, finalmente, la Bao Publishing racchiude le tre opere saggistiche di McCloud in un omnibus corposo e ricco.

Il fumettista statunitense, a partire da Capire il fumetto, realizza una delle opere saggistiche più intriganti sul mondo dei comics.
La problematica linguistica che si pone McCloud è basilare. L’autore parla del fumetto come “Arte Sequenziale” – riprendendo la definizione coniata dal maestro Will Eisner – non come mera definizione “accademica”, quanto come necessità linguistica. I saggi sono fumetti che parlano di fumetti. Tale scelta espressiva non è solo un esercizio di stile ammiccante, quando l’esplicitazione dei codici linguisti del fumetto mentre questi vengono illustrati. L’immediatezza dei messaggi contenuti è totale e questi assumono maggiore forza proprio grazie alla loro applicabilità contestuale.
È proprio il contesto che rende i tre saggi, opere stratificate. McCloud inscrive, di volta in volta, la singola “unità” contenutistica nell’ampio discorso della Storia del Fumetto. Ma la storia presa in esame dal fumettista non è meramente quella dell’evoluzione del medium: dalle pitture rupestri, passando ai geroglifici egizi, ai kanji giapponesi, il linguaggio del fumetto si evolve e cambia contestualmente alla Storia del medium. Capire il fumetto, dunque, si rivela essere una ricca panoramica sui comics del novecento nelle loro diverse declinazioni culturali e geografiche, continuamente ricondotte – e accomunate all’arte pittorico-raffigurativa – alla loro natura semantica: un linguaggio costituito da icone significanti, intese nella loro accezione più ampia, onnipresenti nella storia umana. Il compito di McCloud è quello di palesarle.

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Con Reinventare il fumetto, invece, il fumettista contestualizza l’opera in un momento “critico” del fumetto. Ancora oggi il medium – tranne una lungimirante parte del mondo accademico – soffre di non molta legittimazione da parte di un’ipotetica “cultura alta” e si scontra con la sommessa opposizione di una classe intellettuale – e anche di pubblico – che ancora fatica a riconoscerne l’importanza socio-culturale. Nel suo saggio McCloud– con non poche note di polemica contro il sistema economico-produttivo del medium – ha rintracciato i prodomi di tale “immagine pubblica” del fumetto: indubbiamente, tale concezione dal “linguaggio di serie B” è stata causata degli stessi padri del fumetto, che per primi non riconoscevano lo statuto di “arte” alle loro creazioni. L’autore non sottovaluta però, l’aspetto economico legato al controllo editoriale dell’opera e le conseguenti interferenze editoriali. Maggiormente declinato verso un percorso storico rispetto al primo libro, Reinventare il fumetto ricostruisce la nascita del mercato underground e con un taglio proto-documentaristico giunge all’avvento del digitale nel mondo dei comics. Come per il cinema, anche nel fumetto, il digitale ha aperto possibilità creative multiple. Con grande intuizione, nonostante lo stesso autore si confessi conscio della limitatezza – temporale – della sua analisi, McCloud descrive la caratteristica fagocitante del digitale verso gli altri medium, e ne rivela anche le grandi capacità di rimediazione degli stessi, sancendone il suo potenziale nella diversificazione grafico-narrativa del fumetto.

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In Fare il fumetto, invece, McCloud torna alle basi, indagandole maggiormente in profondità. Essendosi occupato, con Capire il fumetto, delle tecniche narrative e grafiche in senso più stretto, il fumettista esplora il medium nelle sue capacità comunicative. La fondamentale importanza dell’inquadratura, il concetto basilare di sequenza e il caratteristico interscambio tra immagine e parola, solo parte dei presupposti comunicativi che l’autore indaga per approfondire la struttura del linguaggio dei comics. Così come il necessario e fondante costrutto del character design, il background dei personaggi, i nuclei tematici, le espressioni facciali, tutti quegli elementi che permettono al fumetto di intercettare la complessità umana e di renderlo un medium sensibile alle dinamiche socio-culturali. Ma l’autore preponendosi, comunque, di indagare la costruzione del fumetto come mezzo comunicativo, si sofferma sulla descrizione della strumentazione e sull’approccio creativo-grafico alla tavola: analogico e digitale, apparentemente rivali, vengono esplorati in egual misura, con i limiti e i vantaggi di entrambi. Nella letteratura accademica di lingua anglosassone – al contrario, invece, del mercato di lingua anglosassone – poco spazio è stato dedicato al “manga”, al fumetto giapponese, che viene scomposto da McCloud ed analizzato nelle sue unità fondamentali.
Rispetto ai primi due libri, Fare il fumetto riporta “esercizi consigliati” in calce ad ogni volume. Esercizi che diventano più linee guida e strumenti integrativi alla lettura, ma anche suggestioni per poter intraprende un proprio percorso di “guida alla lettura” del fumetto.

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I tre saggi di McCloud abbracciano circa tredici anni – dal 1993 al 2006 – di vita del fumetto, un periodo di grandi transizioni grafico-espressive, ma anche economico-culturali e sociali. Il loro carattere autobiografico – dalla semplice “professione” dell’autore, alla caricatura del protagonista che invecchia, fino al cambio del setting dello studio – ne esalta il valore documentale del periodo che, così, integra quello puramente accademico e tecnico.

L’omnibus della Bao Publishing è un fondamentale strumento per poter capire l’evoluzione del medium fumetto, per capire la “storia dietro le storie”, farle proprie e crearne delle nuove. Ma anche per un semplice lettore, il volume si rivela lo strumento più immediato e riconoscibile per poter comprendere il dietro le quinte della passione che lo ha portato a sfogliare quelle pagine.

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I 6 migliori momenti tratti dai Graphic Novel secondo Scott McCloud

  • Pubblicato in Focus

Come già tutti sappiamo il guru dell'arte sequenziale Scott McCloud, autore, critico e docente di fumetto, ha da poco realizzato il suo nuovo lavoro intitolato The Sculptor, apprezzatissimo sia da critica che dal pubblico negli States, che in Italia verrà pubblicato a breve da Bao Publishing. E proprio per questa occasione il sito Esquire ha chiesto a McCloud di stilare una sorta di classifica che raccoglie i 6 migliori momenti narrati nei graphic novel moderni da lui stesso reputati i più esemplificativi per mostrare le incredibili potenzialità possedute dal medium, capace di raggiungere un pubblico vasto e altamente variegato.

City of Glass
di Paul Karasik e David Mazzucchelli (tratto da City of Glass di Paul Auster)

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In queste due pagine vediamo ciò che succede quando un detective, dopo aver inseguito per due giorni un uomo, scopre un pattern peculiare nei movimenti dell'indiziato, ed ecco perché piace a Scott:

"City of Glass è unico tra i vari adattamenti a fumetti perché non si limita a illustrare il testo, ma lo incarna in un modo che solo il fumetto può fare. Mi piace particolarmente questa scena dove il nostro accidentale detective sta seguendo questo vecchio uomo che cammina per la città e si rende conto che l'uomo, con i suoi passi, sta tracciando delle lettere e scrivere una frase ogni giorno. O gradualmente, nel corso di diversi giorni, scrive una frase. Questo è emblematico di tutto il progetto [dell'adattamento del romanzo di Paul Auster City of Glass in questa forma], perché qui quello che stiamo dicendo è che anche le immagini hanno un significato. Le immagini sono testo. Le immagini comunicano in un modo che può essere segreto, che può essere misterioso, che può non essere apprezzato. Paul Karasik e David Mazzucchelli, e anche Art Spiegelman, che è stato coinvolto nel progetto, credo che abbiano pienamente compreso che, se si inizia a separare delicatamente le parti che compongono l'intero libro, si vede che tutto, dalla forma e struttura delle vignette ali simboli individuali, al modo in cui la storia progredisce etc. -tutte queste cose hanno un significato ben oltre la narrazione media a fumetti".

Blankets
di Craig Thompson

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Una scena d'amore molto delicata questa scelta dalle pagine di Blankets di Craig Thompson; un uomo promette alla sua ragazza di non lasciarla mai e si addormenta al suo fianco, in una notte d'inverno, ed ecco perché lo scrittore l'ha scelta:

"Penso che un sacco di persone che si approcciano a Blankets si preoccupino della narrazione onnicomprensiva. Per me il valore del libro sta nel fatto che è un tesoro di tecniche ricostituite, o di nuova costruzione, per ritrarre cose che i fumetti solo raramente cercano di ritrarre. Un buon esempio di questo è ciò che avviene da pagina 432 alla 435. Soprattutto queste ultime due, dove lui è immerso molto profondamente nel regno dell'astratto e abbraccia il piano della pagina, il tutto allo scopo di cercare di rappresentare una sfida quasi impossibile da rappresentare: la sensazione di una fredda notte d'inverno, in un luogo sicuro, caldo, ascoltando il suono del respiro della donna amata. E cercando di discernere la consistenza spirituale nella stanza come se ci fosse dato un attimo per assaggiare momentaneamente un'altra dimensione, rappresentativa di ciò che è sempre stato lì, ma raramente visibile. E poi avere le palle per mostrarci, come dire, queste increspature nello stagno e questi motivi paisley, e al termine della pagina 435, quella specie di diatomee, piccole, microscopiche alghe che ho amato da bambino".

"Non c'è modo di spiegare razionalmente una qualsiasi di queste scelte se non per dire che durante la lettura del racconto, si coglie tutto quel senso di euforia che siamo un po' più in grado di sperimentare quando siamo nella nostra adolescenza o all'inizio dei 20. Ricordo quella sensazione. Soprattutto dopo il sesso, in realtà. (Anche se, in questo caso non ha effettivamente avuto rapporti sessuali ancora ma, a questo punto, ma c'è una sorta di suggerimento.)

"Ci sono decine di parti di questo libro in cui l'artista ha iniziato con una pagina vuota, decidendo di rappresentare una sensazione o un'emozione ma non ha trovato nulla in tutta la storia del fumetto che potesse andare, e ha dovuto fare da sé".

Drama
di Raina Telgemeier

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Gli amori giovanili sono quelli che probabilmente ci rimangono più impressi degli altri ed ecco che non poteva mancare una scena tratta da Drama di Raina Telgemeier in cui vediamo una giovane ragazzina renderci partecipi del suo stato d'animo emotivo, senza neanche aver bisogno di testo per comunicarcelo.

"Qualcosa che Raina capisce, e oltre a lei la comprendono un certo numero di persone che lavorano in questa categoria per tutte le età (ma che pochissime persone del fumetto mainstream capivano quando io ero piccolo) è che l'emozione è l'azione. Tendiamo a pensare all'emozione come l'abbellimento o il completamento di un personaggio così che esso possa andare avanti a saltare sulle pareti o tirare pugni alla gente, ma se qualcuno ha un cambiamento del suo stato emotivo, è necessario rappresentarlo passo dopo passo. E questo significa una singola vignetta per ogni stadio".

"Ho letto questo libro solo un paio di anni fa, e mi ricordo di essermi ritrovato nei panni di un lettore del suo pubblico abituale, uno di quei giovani lettori. Guardate la pagina di destra, dove mostra la schiena al pubblico. È istruttivo che in decenni di fumetto mainstream, quando ero piccolo, nessun personaggio ci abbia mai voltato le spalle. Andate indietro e guardare in 60 anni di fumetti di supereroi. Sono sempre almeno un po' girati verso il pubblico. Non danno la possibilità di entrare nella storia attraverso la vignetta. Ci bloccano sempre alla finestra. Ma lei vuole farci partecipare emotivamente. E questo emerge in parte dalla generazione manga. Deriva anche da una sorta di saggezza emotiva che penso stia cominciando a farsi strada con una nuova generazione di creatori".

Flood
di Eric Drooker

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Un artista disoccupato newyorkese si immerge letteralmente nella sua stessa tavola. Un capolavoro d'illustrazione tratto da Flood di Eric Drooker. Ecco perché è significativa per lo scrittore:

"Mi piace il modo in cui il mondo letterale di questo personaggio si basa chiaramente sull'artista Eric Drooker. Si tratta del suo mondo letterale: il Lower East Side dei primi anni '90. A quel tempo le cose erano un po' più crude. Quando quel mondo letterale diventa piuttosto insopportabile, difficile, e demoralizzante, il ruolo della fantasia diventa sempre più importante".

"Lui usa il simbolo dell'inchiostro blu per indicare il mondo immaginario, quel mondo che sta disegnando. Ed è un momento particolarmente elettrizzante quando il mondo letterale esterno, in un gesto simbolico, comincia a invadere il suo mondo, e  non riesce più a tenere fuori ciò che sta accadendo intorno a lui. L'idea di fuga diventa impossibile. L'uso dell'inchiostro blu che si miscela con l'acqua come un modo di mostrare la fusione tra il mondo reale e quello di fantasia è davvero un ottimo modo di mostrare anche un artista con una forte coscienza politica che cerca di giudicare se stesso per l'atto di nascondersi. Di giudicare se stesso per l'incapacità di lasciare fuori la sofferenza del mondo. È propio una bella apertura".

"Una delle chiavi per comprendere Flood è il risalire alle cose che lo hanno ispirato. I romanzi xilografici dei primi del 20° secolo. Quelli di Frans Masereel o Lynd Ward. Questi erano in molti modi alcuni dei graphic novel dell'inizio del 20° secolo, tranne per il fatto che erano tutti privi di testo e sono stati tutti fatti in modo molto simbolico. Essi tendono ad avere forti lezioni morali o messaggi politici. Molti di essi trovano eco in quanto sta facendo Drooker. Il rapporto di Art con la società è un'idea molto sfuggente. Ha i bordi molto sfuocati. Da un lato, è la più importante chiamata a rispondere al mondo esterno con la propria arte mentre dall'altra parte è la più importante chiamata a escludere il mondo esterno e non lasciare che esso formi o modifichi la propria arte. Mostra quella tensione con grande cura".

"Seven Sacks" da How to Be Happy
di Eleanor Davis

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Una breve storiella di 12 pagine in cui un traghettatore si accorge che i sacchi trasportati dai passeggeri che porta da un lato all'altro della riva si muovono in modo misterioso.

"Una delle cose che continua a farmi piacere di quest'opera è il modo in cui lei si approccia al processo di riempimento degli spazi vuoti per il lettore, che poi è il meccanismo con cui i fumetti raccontano le loro storie—noi cartoonist la viviamo come una necessità meccanica".

"Quando si chiede 'Cosa c'è nel sacco?' —che in realtà è la vera domanda fondamentale della storia che come lettori crediamo di avere la risposta ma che in realtà non vogliamo davvero pensarci — lei fa in modo che il personaggio che risponde indossi una maschera. E così si crea una tensione tra ciò che dice quel personaggio, 'Conigli', e ciò che vediamo, cioè nulla. Non possiamo dipendere da nessuna informazione emotiva ricavata dal volto. Abbiamo solo questo singolo, occhio impietoso. E non è un caso. Non è un caso che ci sia questo grande, gonfio, bruto di buon carattere che appesantisce la barca, ma quando un'altra creatura tre volte più grande di lui sale a bordo, la barca non affondi in alcun modo. E possiamo vedere questi piccolo sbuffi di fumo uscire da essa, perché tramite l'ordine con cui attraversano il fiume, Davis ci sta fornendo gradualmente diversi pezzi di informazione, e questo pezzo in particolare ci dice la profondità a cui ci siamo immersi nell'altro mondo... Penso che sia una storia praticamente perfetta".

"The Sunset" da Gloriana
di Kevin Huizenga

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Questo è quello che scaturisce quando un uomo racconta una storia sullo star seduti in biblioteca al termine della giornata mentre si guarda il tramonto, o almeno questo è quello che percepisce Kevin Huizenga.

"L'introduzione è molto importante. Inizia [nelle pagine precedenti] con la sua stravagante conversazione telefonica quotidiana e poi col racconto della storia... è un inizio molto lento. Credo che non stia facendo altro che fondamentalmente fornire gli strumenti per leggere il resto della storia. Prima dobbiamo stabilire la non linearità. E lo fa in un modo molto semplice, semplicemente mostrando qualcosa di noioso e di routine, presentandolo in un modo in cui non siamo abituati. Dobbiamo prima calibrarci con quello prima di poterci adeguare a quello che viene dopo. Prima di poterci adeguare ad un cambio di punto di vista, un cambiamento da una persona all'altra, un cambiamento da un luogo all'altro, un cambiamento da un tempo ad un altro. Ci fornisce tutte queste cose una alla volta, perché è questo l'unico modo in cui possiamo digerirlo. E quando ha finito, abbiamo il trampolino da cui poter saltare".

"È come per il drum and bass: si possono ascoltare otto minuti di una canzone degli Underworld, senza un cambio di tonalità, giusto? Ma ciò che sta accadendo è che si sta impostando una fase di aspettativa in una sorta di linea di base in modo che quando avviene il cambio di tonalità, o quando c'è l'introduzione di un nuovo strumento, è dannatamente colossale".

"La cosa che penso abbia davvero impressionato molte persone è che questo mette in risalto le infinite possibilità del riarrangiare i diversi istanti. Ho scritto su Understanding Comics riguardo al modo in cui si scelgono i momenti in cui narrare una storia. C'è un senso di flessibilità in quanti debbano essere, ma c'era sempre in quella lezione il presupposto che si stava ancora raccontando una storia lineare, che ci fosse un ordine naturale. Si potrebbe raccontare una storia in tre vignette o in 30 o in 300, ma la prima vignetta e l'ultima saranno sempre le stesse".

"Quello che Kevin fa in The Sunset è ricordarci che ci sono momenti dentro i momenti stessi, e che ci sono diverse dimensioni di linearità che la nostra mente è in grado di cogliere. Che ci sono livelli di coscienza che raramente appaiono sulle pagine dei fumetti. Sta cercando di raggiungere qualcosa che esiste realmente. Ha illuminante un livello di percezione che è non meno reale di quello che di solito vivono in. Come ha intensificato una dimensione. Come se stessimo vivendo in uno spazio bidimensionale e lui si è spinto nella terza dimensione, e non capiamo il motivo per cui stiamo vedendo improvvisamente questo strano spaccato. Ma poi ridiscende e ci tira su con lui. A me questo non sembra meno reale. Mi sembra che non stia solo mettendo disegni su carta, ma egli ci pone di fronte a quella che una piccola frazione di percezione dentro cui noi solitamente viviamo".

"Una volta ogni tanto si trova un fumetto che diventa una pietra di paragone per una particolare generazione. Penso che quest'opera lo sia per artisti di una certa età e con una certa predisposizione estetica. Non si sa mai quando sarà la prossima che si incontrerà".

Di seguito invece vi proponiamo quello che secondo Scott McCloud è il momento migliore della sua nuova opera Lo scultore, ma attenzione, il commento dell'autore contiene SPOILER sull'opera.

"Nessuno me lo aveva mai chiesto, ma a dire il vero una risposta ce l'ho. Questo è probabilmente tipico di un sacco di persone creative, ma penso che la cosa di cui sono più orgoglioso nel libro è la cosa che le persone sono meno propense a notare e questo è solo un piccolo, piccolo cambio verso la fine del libro... Quando dice 'non importa,' quello che intende è che ormai non importa proprio più nulla. Siamo vicini alla fine della storia e ben presto morirà, e quindi è come se lo dicesse su una scala di proporzioni inaudite, perché sta dicendo che non importa nulla. E, naturalmente, l'altra persona dice solo, 'Importa per un ucraino'. Sono su una frequenza completamente diversa. E mi piace quando i personaggi sono su frequenze diverse. Quando si percepisce che ogni singolo personaggio di una storia vive nel proprio universo e ognuno di loro è la star della propria storia. Aiuta davvero a capire che quando si stanno scrivendo dei personaggi, non ci sono personaggi di supporto. Sono tutti dei protagonisti. Tutto poi dipende dal personaggio su cui ci si sofferma di più".

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Lo Scultore di Scott McCloud sul grande schermo

  • Pubblicato in Screen

Lo Scultore di Scott McCloud, che vi abbiamo segnalato fra i graphic novel da non perdere nel 2015, diventerà un film prodotto da da Sony Pictures, Scott Rudin e Josh Bratman. Lo riporta The Hollywood Reporter.

David Smith (tragicamente omonimo di un ben più famoso scultore) ha sacrificato la vita per la sua arte... letteralmente. Grazie a un patto con la morte, il giovane scultore ottiene ciò che sognava fin da bambino: la capacità di scolpire tutto ciò che desidera a mani nude. Ora però ha solo duecento giorni di vita e decidere cosa creare è più difficile di quanto pensava. Scoprire l'amore della sua vita quando il tempo sta per scadere, poi, non rende le cose più facili.

In italia il graphic novel verrà pubblicato in contemporanea con gli States da Bao Publishing.

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