Animal Pound, recensione: la Fattoria degli Animali riletta da Tom King fra distopia e populismo
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Pubblicato per la prima volta nel 1945, La fattoria degli animali di George Orwell è un pilastro della letteratura del Novecento. Un capolavoro che, a decenni di distanza, non ha perso nulla della sua forza e attualità. Orwell vi racconta la vicenda di un gruppo di animali che, ribellandosi ai propri padroni, instaurano una società in cui tutti sono uguali. Tuttavia, i nobili ideali che hanno guidato la rivoluzione vengono gradualmente traditi a favore di un totalitarismo che privilegia una singola classe, corrotta dal potere. Nate come satira della Rivoluzione Russa, le riflessioni di Orwell sono un monito senza tempo su come nobili ideali quali libertà e uguaglianza possano trasformarsi in una nuova, e talvolta peggiore, forma di oppressione.
A ottant'anni di distanza, quel monito viene raccolto da Tom King, uno degli autori più celebrati del fumetto americano contemporaneo. In Animal Pound, opera in cinque albi per BOOM! Studios, portata in Italia in volume da Bao Publishing, King firma una rilettura del capolavoro orwelliano, trasformandolo in un'amara e lucida allegoria della nostra società.

La trama ricalca quella de La fattoria degli animali, ma l'ambientazione si sposta dalla campagna a un rifugio per animali abbandonati in città, diviso in tre aree: cani, gatti e conigli. Tra loro c'è Lucky, un vecchio cane che sogna un futuro di gabbie aperte e convivenza pacifica, senza umani. Dopo la sua morte, la gatta Madame Fifì e il cane Titan ne raccolgono l'eredità, guidando una rivolta al grido di “Ricorda Lucky!” che consegna il rifugio nelle mani dei suoi ospiti.
Se inizialmente la rivoluzione porta alla libertà, emerge subito la necessità di regole per gestire la convivenza. Trovare un equilibrio, però, è complesso a causa delle diverse esigenze e dei rapporti di forza tra i gruppi. King introduce brillantemente una soluzione: il voto di ogni animale viene ponderato in base al suo peso. Questo, tuttavia, non basta a placare i malumori e apre la strada a squilibri di potere sempre maggiori, fino all'inevitabile deriva autoritaria. Come nel romanzo di Orwell, gli ideali della rivoluzione diventano un lontano ricordo, a esclusivo vantaggio di chi comanda.

Il rischio che Animal Pound fosse solo un mero esercizio di stile è scongiurato non solo dalla scrittura intelligente di King, ma dall'autentica urgenza narrativa che traspare da ogni pagina. L'intenzione dell'autore è chiara: scrivere un'opera politica che parla della società contemporanea e, in particolare, dell'America di oggi. Una satira dura e sagace che, tramite allegorie precise, fotografa le derive populiste di molte democrazie occidentali.
Fra tutti i personaggi spicca Piggy, il cane che accentra progressivamente il potere, un evidente riferimento a Donald Trump. Con il suo motto "Torniamo a essere animali”, Piggy parla alla pancia di un elettorato desideroso di una figura forte capace di risolvere ogni problema. La sua stessa popolarità, costruita attraverso una webcam che garantisce donazioni e sostentamento al rifugio, mostra come l'immagine conti più di una proposta politica, spesso inconsistente o del tutto assente.
La parabola discendente narrata da King più che un monito, quindi, è una constatazione amara di ciò che, secondo l'autore, sta già accadendo. Racconta di uomini che guardano a un passato oscuro e piegano le regole della democrazia ai propri scopi. Per questo la lettura di Animal Pound imprime nel lettore un senso di angoscia che persiste ben oltre l'ultima pagina.

La scrittura lucida di Tom King è accompagnata dalle splendide tavole di Peter Gross. L'artista adotta uno stile realistico, raffigurando gli animali senza espressioni cartoonesche; la loro gestualità e recitazione è sempre credibile ed efficace. L'ambientazione del rifugio, chiusa e potenzialmente monotona, è gestita da Gross con una regia delle tavole dinamica, che mantiene costantemente vivo l'interesse visivo.
Animal Pound è un'opera potente e meritevole, che conferma la statura dei suoi autori. Ma soprattutto, è una lucida e inquietante finestra sui tempi che stiamo vivendo.



