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House Of Penance, recensione: Lo strano caso di Sarah Winchester tra ghost story e western

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“Dobbiamo imparare a vivere tutti insieme. I vivi e i morti”.
(The Others, di Alejandro Amenabar, 2001).

La Winchester House è una delle attrazioni turistiche più popolari della città di San José, nella California del Nord. È una residenza dalle dimensioni gargantuesche, che ha fama di essere stregata. L’origine della dimora affonda le sue radici in una vicenda umana tragica, quella di Sarah Pardee Winchester, erede della fortuna dell’omonima famiglia al cui patriarca, Oliver, si deve la nefasta invenzione della famigerata carabina. Sarah aveva sposato l’unico figlio maschio del vecchio, William, e dopo pochi anni la coppia aveva avuto una bambina, Annie. Ma un destino infausto attendeva la sfortunata famiglia. La piccola Annie morì nel 1866, poche settimane dopo la nascita, di marasma infantile, una forma di malnutrizione dovuta a uno svezzamento precoce. Nel 1881 la raggiunse anche William, ucciso dalla tubercolosi, lasciando Sarah in un gravissimo stato di prostrazione mentale dalla quale non si sarebbe mai più ripresa. La donna, ricchissima erede del 50% della fortuna della Winchester Repeating Arms Company, si rivolse a uno spiritista, pratica piuttosto in voga negli Stati Uniti di fine ‘800, per scoprire se sulla sua famiglia pendesse una maledizione. Il medium le confermò questo sospetto, precisandole che la famiglia era stata maledetta da tutti gli spiriti delle persone uccise dal fucile Winchester, e invitò la donna a trasferirsi dal Connecticut, in cui risiedeva, a Ovest, per costruire un’immensa dimora che ospitasse lei e tutti gli spiriti. Il ciarlatano le intimò di non terminare mai i lavori, altrimenti la donna sarebbe morta. E i lavori andarono avanti, incessantemente, per 24 ore al giorno, 7 giorni la settimana, 365 giorni l'anno per i successivi 38 anni.

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Questi tragici fatti costituiscono l’antefatto a House Of Penance, miniserie uscita lo scorso anno per la Dark Horse ad opera di Peter J. Tomasi, Ian Bertram e Dave Stewart, edita in Italia da Mondadori nella collana Oscar Ink. Tomasi riprende la figura storica di Sarah Winchester e la rende protagonista di un avvincente ghost story, dove l’elemento fantastico si confonde con gli abissi della follia umana. Lo scrittore apporta alcuni cambiamenti rispetto alla vicenda reale, soprattutto di carattere temporale: la storia si svolge alla fine del secolo e i decessi di Annie e William Winchester sono accaduti a pochi mesi di distanza; inoltre, la Sarah che ci viene mostrata qui è più giovane della sua controparte reale. La donna ha già cominciato la costruzione della residenza, alla quale dedicherà la sua ingente fortuna e il resto della sua vita. La mano d’opera è fornita da un gran numero di operai, in realtà assassini giunti alla Winchester House in cerca di redenzione. Sarah li accoglie dando loro vitto e alloggio a patto di consegnare le proprie armi, che la donna provvede a fondere gettandole in una fucina, e di contribuire alla costruzione della casa. Un giorno arriva nella magione Warren Peck, un killer dall’oscuro passato: i fantasmi degli innocenti che ha ucciso, tra cui alcuni bambini, lo perseguitano. Tra tutti gli ospiti, è l’unico ad essere angosciato dagli stessi demoni della padrona di casa. E infatti i due si avvicineranno molto, diventando l’un per l’altra l’unico essere umano con cui stabilire una connessione. Nel frattempo, dovranno fare i conti con apparizioni terrificanti e con i continui lavori di ampliamento della magione, allo scopo di renderla un labirinto inestricabile per gli stessi spettri che la abitano.

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Peter Tomasi, veterano dello staff editoriale della DC Comics per la quale ha supervisionato e sceneggiato importanti cicli di Green Lantern Corps, Batman & Robin e Superman, scrive un emozionante romanzo horror a fumetti di rara finezza psicologica, dove l’elemento orrorifico, splendidamente visualizzato dalle tavole di Ian Bertram, è strettamente connesso al disagio mentale dei protagonisti. Commovente il ritratto di Sarah Winchester fornitoci dall’autore, una donna che ha perso tutto e che dedica il resto della sua vita a quella che lei percepisce come una missione irrinunciabile che il resto del mondo giudica solamente follia. Struggenti i suoi monologhi, in cui si rivolge alla figlia e al marito defunti. Notevole è la costruzione della suspense da parte di Tomasi, che riesce a trascinare il lettore nella spirale di follia da cui è afflitta la protagonista, rendendo precaria la distinzione tra ciò che è reale e ciò che è immaginario: impossibile non pensare a classici del genere come i racconti di Edgar Allan Poe, il Giro di Vite di Henry James e la sua traduzione cinematografica, Suspense di Jack Clayton, o thriller come The Others di Alejandro Amenabar e The Orphanage di Juan Antonio Bayona, opere in cui l’elemento fantastico è spesso solamente una suggestione ed un pretesto per indagare i recessi più oscuri della mente umana. Una grandissima prova d’autore per Tomasi, fin qui noto soprattutto per la sua produzione supereroistica, come notevole è l’apporto del già citato Ian Bertram ai disegni. L’illustratore regala all’opera immagini di notevole impatto, soprattutto nella raffigurazione dell’inquietante Winchester House, un dedalo volutamente privo di qualsiasi criterio architettonico che nelle intenzioni della padrona di casa avrebbe dovuto metterla al sicuro dagli spiriti rabbiosi che la infestavano. Ecco quindi scale che portano verso il nulla, porte che si aprono sul vuoto o che nascondono dei muri, il tutto studiato per disorientare e confondere gli spettri. Una follia che viene resa con rigorosa furia geometrica da Bertram, che riempe i corridoi e le stanze della villa di fiumi di sangue ed interiora visibili solo dalla povera Sarah, come penitenza per le colpe dei Winchester. Significativo è inoltre l’uso delle onomatopee, in particolare i “blam” di cui Bertram inonda le tavole dedicate ai lavori di costruzione della casa: scambiati per colpi di pistola, sono i realtà i colpi di martello battuti dagli operai, che tramite questa associazione di idee non possono mai dimenticare il loro passato di assassini e le atrocità che hanno commesso.

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Ricordiamo, in conclusione, l’apporto rilevante dei colori di Dave Stewart, abituale collaboratore di Mike Mignola per le storie di Hellboy e quindi decisamente a suo agio con le storie di fantasmi, che siano veri o il frutto di una mente devastata dal dolore.

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