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I Maestri Inquisitori 1: Obeyron & Sasmaël

Anno 1150. L'Oscitania è un continente - molto somigliante geograficamente all'area di Europa, Nord-Africa e Medio Oriente - condiviso da uomini, maghi, elfi, giganti, nani, orchi, tutti marcatamente "umanizzati" e accomunati dagli stessi sentimenti, le stesse aspirazioni, istinti e debolezze.
Un mondo violento e ostile appena uscito dal "Caos", una grande guerra durata mille anni, solo grazie all'intervento dei Maghi che sono riusciti, con la diplomazia, a persuadere i vari popoli a deporre le armi e riunirsi sotto due Imperi, quello del Nord e quello del Sud.

Ma la guerra si è lasciata dietro tutta una serie di crimini impuniti, misteri irrisolti, violenze, barbarie, conflitti economici e commerciali.
Al fine di ristabilire legalità e giustizia, i Maghi hanno costituito l'Ordine dei Maestri Inquisitori. Questi, pur essendo pochi in proporzione all'estensione degli Imperi, sono dotati di armi e poteri magici; in coppia con un elfo, sono dei segugi e dei giustizieri inarrestabili.

Il numero 27 della collana "Fantastica" di Mondadori Comics, è il primo di tre volumi dedicati alla serie I Maestri Inquisitori (Les Maîtres Inquisiteurs, Ed. Soleil). All'interno i primi due capitoli: Obeyron, di Olivier Peru e Pierre-Denis Goux, e Sasmaël, di Nicolas Jarry e del disegnatore italiano Paolo Deplano.

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Nel primo capitolo, il Maestro Inquisitore Obeyron non è un mago molto potente. Preferisce pertanto utilizzare la forza bruta: è il tipico "braccio violento della legge", uno che non si è mai fatto scrupoli nell'usare le maniere forti per ottenere il suo unico obiettivo: giustizia. La sua durezza e intransigenza gli hanno procurato però moltissimi nemici che, tramando nell'ombra, hanno ordito un inganno nel quale è caduto insieme all'elfo I'Jaren. Ne segue un massacro in cui perdono la vita degli innocenti, tra cui I'Jaren, la moglie e il figlio.
Dato per morto, Obeyron riesce invece a sopravvivere e, dopo 40 anni (i Maestri Inquisitori vivono per secoli), torna determinato ad ottenere giustizia con il solo metodo che conosce: la violenza.

Olivier Peru imposta questo primo capitolo come il classico racconto del "revenant", dell'uomo duro e puro, solo contro tutti, che torna dalla morte intenzionato a vendicarsi.
E lo fa molto bene, dal momento che la disperazione e la sete di giustizia del protagonista sono palpabili, pagina dopo pagina, nella sua rincorsa disperata verso la vendetta.
Un uomo duro cui il mondo sembra aver risposto con altrettanta durezza, ma che non si rassegna e continua a lottare contro le trame ordite dalle forze dell'oscurità. L'immedesimazione del lettore è pressoché inevitabile.
Lo spessore drammatico del racconto è a tratti opportunamente smussato dall'humour di alcuni passaggi di alleggerimento.
I dialoghi sono fluidi e funzionali, la trama scorre robusta e coerente. La storia procede senza didascalie e con frequenti flashback, scelti per raccontare gli antefatti.

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Sporadiche, nonostante il tema e l'ambientazione, le scene graficamente cruente. Mentre è resa benissimo la dimensione psicologica e morale della violenza, della cattiveria e dell'inganno, grazie anche ai disegni di Pierre-Denis Goux che rendono bene l'atmosfera cupa e il pathos che pervade la storia e che traspare perfettamente dagli sguardi e dai volti dei protagonisti.
Peccato per certe scene cruciali relegate in vignette davvero troppo piccole e penalizzate dalla scelta di un tratto poco definito.

Protagonista del secondo capitolo è il Maestro Inquisitore Sasmaël, dai modi molto diversi rispetto a Obeyron, molto più detective e meno propenso ad usare la forza. Ma, quando c'è bisogno di usare le maniere forti, non si tira certo indietro. Il suo amico e maestro, l'Inquisitore Fendraël, ha inspiegabilmente compiuto una strage al fine di uccidere un principe, prima di perdere egli stesso la vita. Sasmaël viene incaricato delle indagini e scopre ben presto che Fendraël ha compiuto quel massacro sotto l'influsso magico di una droga che solo maghi appartenenti all'Ordine possono padroneggiare.
Sasmaël e la sua elfa Lotweën, ripercorrendo le indagini del povero Fendraël, scopriranno loschi traffici di oppio (da cui gli orchi sono ormai dipendenti), armi e un'oscura presenza che agisce da dietro le quinte. Che siano coinvolti anche i vertici dell'Ordine?

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Nicolas Jarry è molto bravo nella scrittura di una storia che ha tutti i connotati del giallo e del noir, del classico delitto apparentemente inspiegabile, partendo dal quale si arriverà a scoprire implicazioni e oscure trame insospettabili.
A descrivere i fatti sono le frequenti didascalie, in cui a parlare è sempre la voce narrante del protagonista che presenta gli eventi e fa un racconto "in soggettiva" e in tempo reale della vicenda.
Diversamente dal primo capitolo, in cui l'azione segue sempre il protagonista, qui spesso la narrazione si biforca, seguendo in parallelo l'azione di Sasmaël e quella di Lotweën.
Non ci sono invece flashback, e la narrazione degli antefatti prende corpo contestualmente allo svolgimento dei fatti nel presente. Il che contribuisce a rendere più lineare e immediato il racconto di una vicenda piuttosto complessa e dal ritmo di per sé non proprio incalzante.
Nelle scene d'azione è concesso un po' di spazio allo splatter, comunque in misura molto contenuta.

I disegni di Paolo Deplano sono impeccabili nella resa della fisicità dei protagonisti, e alternano sapientemente vignette più grandi, per la descrizione di paesaggi, ambienti e luoghi, a vignette più piccole che si susseguono a scandire e spesso a sezionare la successione di eventi che si svolgono anche nello spazio di pochi secondi.
Contrariamente al capitolo 1, la scelta dei toni e dei colori è meno oscura e il mood meno disperato, quasi come se il protagonista ispirasse costantemente nel lettore, anche nei momenti più drammatici, la fiducia che, alla fine, la luce prevarrà sulle tenebre.

Il volume è quello classico cartonato della collana "Fantastica" Mondadori Comics. Una garanzia e un piacere per gli amanti della fisicità del fumetto in tutte le sue componenti: le dimensioni e la robustezza del volume; la qualità, le sensazioni tattili e persino olfattive della carta.

Non resta che attendere le prossime uscite, per verificare se saranno state sviluppate le potenzialità e mantenute le promesse di questi primi due capitoli.

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Ys - La Leggenda

All’interno della collana Fantastica, Mondadori Comics ci propone in un’unica soluzione la saga di Ys, scritta da Jean-Luc Istin e disegnata da Dejan Nenadov. Se avete familiarità con le leggende bretoni, il nome del volume dovrebbe ricordarvi qualcosa: Ys, infatti, è la mitologica città-isola governata da Ahès (conosciuta anche con il nome di Dahut), figlia di Gradlon, re di Cornovaglia.
Bisogna subito sottolineare che Istin apporta delle modifiche alla leggenda originaria, depotenziando la componente mitica, calando dunque la vicenda in un territorio più “storico”, mantenendo tuttavia degli elementi mistici.

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Partendo dal termine della vicenda, ovvero dalla caduta della città di Ys, troviamo un monaco, nel presente narrativo del V secolo dopo Cristo, che si reca dall’ormai vecchio re Gradlon per farsi narrare cosa è realmente accaduto alla leggendaria città. Il re, dunque, inizia il suo racconto partendo dalla gioventù, quando prese avvio il suo rito di iniziazione per diventare il capo tribù di un clan di Pitti nonostante egli fosse il secondogenito. Cosa che, naturalmente, attirò l’odio di suo fratello Cormak che mise in atto una terribile vendetta che fece allontanare Gradlon dal villaggio. Odiato ormai da tutti, il futuro re viene braccato anche per aver liberato Branwen, la figlia presa in ostaggio di un re bretone con cui viaggia. Dall’amore fra i due nascerà una bambina ma Branwen morirà poco prima di dare alla luce sua figlia perché gli inseguitori di Gadlon riescono a catturare i due, rallentati per la gravidanza, e violentano la donna. Riuscito a sopravvivere per la grazie del suo inseguitore Vortigen, Gradlon alleverà la nascitura Ahès come una guerriera e attuerà la sua vendetta. Solo nel terzo e ultimo capitolo, si arriverà a Ys, già esistente nel fumetto (a differenza della leggenda che la vuole fondata da Ahès stessa) e alla sua caduta.

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Istin racconta la storia suddividendola in tre capitoli densi di avvenimenti, tuttavia questa densità è ben gestita, dunque tutti gli eventi narrati hanno il giusto tempo per evolversi. Essendo una vicenda raccontata da uno dei protagonisti, sono presenti molte didascalie, ma queste non appesantiscono il ritmo della narrazione in quanto mai superflue. Istin è abile anche nel dare carattere ai vari personaggi, tutti molto ben delineati.

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Il tratto di Nenadov è sottile e sporco, spesso apparentemente abbozzato, tuttavia capace di evocare bene il fascino leggendario del racconto. In alcune tavole, in particolare nei primi piani, sembra di rivedere il Conan di John Buscema. La composizione delle tavole è molto variegata, l’artista si dimostra molto abile nel piegarsi alle varie fasi del racconto adottando sempre la soluzione migliore passando, dunque, senza problemi da una moltitudine di vignette minuscole, ad altre di maggiore respiro fino a splendide splash-page. La colorazione di Alex Gonzalbo è decisamente classica nell’impostazione ma perfetta per una storia del genere e in grado di rendere al meglio le tavole di Nenadov.

Mondadori Comics raccoglie tutta la saga originale nella consueta veste della collana Fantastica. Una confezione che fa risaltare il lavoro degli autori grazie al grande formato 21x28 e a una carta lucida e spessa, il tutto racchiusa in una elegante cartonatura che vanta una splendida copertina firmata da Esad Ribic.

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La Terra dei Vampiri

Se vi è capitato di svegliarvi una mattina e sentirvi fiacchi, stanchi, deboli e depressi, ignorandone il motivo, prendete in considerazione la possibilità di essere stati "visitati" da un vampiro che si è nutrito del vostro sangue e poi vi ha storditi cancellando dalla vostra mente la memoria dell'accaduto.
E preparatevi ad essere visitati ancora, e ancora.

È questa la variazione sul tema vampiresco offerta da La Terra dei Vampiri, miniserie in tre atti (Esodo, Requiem e Resurrezione) scritta da David Munoz e disegnata da Manuel Garcia.
Quello dei vampiri è uno dei temi più cari alla letteratura horror: narrativa, cinema e fumetti, hanno sempre attinto a piene mani al tema e ne hanno sempre offerto varianti più o meno originali, più o meno valide e affascinanti.

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David Munoz immagina un mondo in cui i vampiri hanno sempre vissuto fianco a fianco con gli uomini (che ne ignorano totalmente l'esistenza), stando nell'ombra anche perché la luce del sole li incenerisce: possono nutrirsi del sangue umano, ma senza uccidere o trasformare gli uomini. Sono infatti consapevoli del fatto che un mondo senza esseri umani significherebbe la fine anche per loro. Tra l'altro, la trasformazione può avvenire solamente se la preda umana beve il sangue di vampiro, quindi solo con un atto deliberato e volontario da parte del predatore.
Si sono pertanto organizzati e dati delle regole, creando la "Chiesa del Sangue", un organismo di controllo per disciplinare il comportamento dei vampiri dalle poche e semplici regole: l'esistenza dei vampiri deve restare segreta e gli umani non vanno uccisi o trasformati. Pena la morte.

La coesistenza delle due specie si mantiene così in equilibrio fino a quando, un brutto giorno, il mondo non precipita nell'oscurità.
Per qualche motivo, infatti, il sole è oscurato dalle nubi e il mondo è avvolto dal gelo e dalle tenebre. Questo significa la fine quasi certa per la specie umana e, di conseguenza, anche per quella dei vampiri. In questo nuovo contesto apocalittico, in cui la lotta per la sopravvivenza si fa drammatica per prede e predatori, le regole della Chiesa del Sangue non bastano più a tenere a freno il malcontento dei ribelli, che scatenano la loro furia e sete di sangue sugli sparuti gruppi di esseri umani rimasti. E il loro piano è a dir poco agghiacciante: catturare i sopravvissuti e allevarli, o meglio, "coltivarli" legandoli a gigantesche macchine tira-sangue, così da assicurarsi la sopravvivenza.
La scena, ambientata in Francia, è focalizzata su una donna di nome Elena e un gruppo di ragazzi che la sorte le ha affidato in custodia. Alla ricerca di una via di salvezza e di altri gruppi umani, si imbatteranno in un vampiro "rinnegato" che li aiuterà.
Una curiosità: è presente, all'inizio della seconda parte (Requiem), un elemento di meta-racconto in cui si fa riferimento a un "Signore della Luce" che fa pensare all'omonimo romanzo di fantascienza di Roger Zelazny pubblicato nel 1967. Anche lì si parla di un'umanità sottomessa da una specie "superiore" e di un eroe tornato dalla Morte per combattere e salvarla.

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L'idea di partenza è abbastanza interessante e stimolante. Lo scenario apocalittico è reso benissimo e le idee nuove non mancano. Ma, forse perché non sviluppate a pieno nel loro potenziale, non riescono a conferire all'opera autentici crismi di originalità e ad affrancarla da un sostanziale e complessivo senso di "deja-vu".
Il racconto tecnicamente è scritto molto bene, Munoz dimostra di avere notevole sensibilità narrativa e mette giù una storia ben strutturata, particolarmente focalizzata sulle vicende umane dei protagonisti, a partire dalle quali giunge per induzione a spiegare i fatti nella loro complessità. Tuttavia sembra mancare il guizzo, il momento illuminante, il colpo di genio che pare sempre lì sul punto di arrivare, ma non arriva mai.
Altra pecca è, probabilmente, la lentezza di sviluppo di una trama che rimane costantemente ancorata e zavorrata alla spiegazione quasi didascalica degli antefatti, fino alla chiusura con messaggio ecologista: gli uomini, illudendosi di essere i padroni e gli unici dominatori del pianeta, ne hanno stravolto i delicati equilibri, liberando forze della natura a loro superiori, condannando se stessi all'estinzione.
Se c'è dell'originalità nelle premesse, non ne rimane traccia in una fase di conclusione tra l'altro troppo poco vivace.
Rimane sufficientemente valida la portata drammatica del racconto: tranne Elena, non c'è un altro protagonista umano con cui il lettore possa identificarsi. Gli altri o muoiono presto oppure finiscono per anelare al vampirismo, in fuga da una condizione umana di sofferenza, vulnerabilità e debolezza. Per altri ancora, il vampirismo è invece l'equivalente di una dannazione eterna e preferiscono darsi la morte. I bambini sono le principali vittime, sia quando soccombono innocenti, sia quando, per difendersi, si avvolgono in una corazza di cinica cattiveria.
La trama lascia diversi spunti per un eventuale sequel che, viste le diverse situazioni irrisolte o in sospeso e il mancato sviluppo del potenziale di partenza, sarebbe, in definitiva, auspicabile.

Il quadro drammatico della vicenda e il contrasto tra salvezza e perdizione è reso benissimo dai chiaroscuri e dalle linee di Manuel Garcia. Disegnatore di supereroi (Mystique, Bloodshot), qui Garcia, più che i corpi, disegna dei volti che rendono benissimo le emozioni dei personaggi. Le griglie sono serratissime, dense di vignette piccole nelle quali i volti espressivi dei protagonisti sono sempre al centro dell'attenzione. Quasi mai la scena si allarga a vignette più ampie, ma rimane concentrata sui soggetti. Le scene d'azione sono rese benissimo, con particolare cura anche per i dettagli più truculenti, con sequenze rapide, secche ed efficaci.

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A rendere benissimo l'atmosfera cupa che pervade il racconto contribuiscono i colori tenui di Javi Montes, con un netto dominio del grigio cui è intercalato, inevitabilmente, il colore rosso del sangue.

Il volume, nell'edizione Mondadori, si presenta benissimo. Un cartonato di 154 pagine, impreziosito dalla bella cover di Michael Lark e da quelle interne di Jaouen (Requiem e Resurrezione).
Una lettura che può andare bene ai fan del genere vampiresco e che vogliono arricchire la loro libreria con un volume elegante ed esteticamente molto gradevole. Dal punto di vista della sostanza, un racconto con pregi e difetti che probabilmente non farà sobbalzare sulla sedia per l'emozione ma che, tutto sommato, non farà neanche storcere il naso.

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La Guerra degli Orchi

Il mondo del fantasy ha sempre goduto di grande fascino e la letteratura, anche quella sequenziale, e la cinematografia hanno attinto a piene mani dalla sua tipica iconografia e dai canonici elementi che lo contraddistinguono, contribuendo a loro volta ad ampliarne gli orizzonti. J.R.R. Tolkien, Steven Erikson, George R.R. Martin, T.H. White, R. A. Salvatore, Licia Troisi sono solo alcuni dei nomi più celebri di scrittori recenti di saghe fantastiche che con la loro influenza hanno plasmato, arricchito e fornito linfa vitale a questo immaginario che si può far risalire già all’epica antica o ai racconti mitologici delle diverse civiltà del passato.

In qualche modo tutti abbiamo familiarità con cavalieri, elfi, nani, draghi, orchi, vampiri, non morti e altri misteriosi popoli che compongono il set di personaggi e creature disponibili per chi si approccia a questo tipo di narrazione o produzione di sorta, come giochi da tavolo o di miniature, vedasi Magic: The Gathering o il celebre Warhammer e i suoi numerosi derivati.
Purtroppo però ultimamente si assiste sempre più a un declassamento del genere dovuto a storielle mainstream edulcorate, svuotate del contenuto epico, prive di qualsivoglia bellezza, realizzate unicamente per poter accedere a questo prolifico ambiente sapendo di far presa in questo modo sul lettore.

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Il quattordicesimo volume della collana Fantastica di Mondadori Comics però, raccoglie per la prima volta in Italia la saga integrale de La guerra degli Orchi di Olivier Peru, composta da due capitoli, il primo disegnato da Daxiong e il secondo invece dall’artista italiano Giovanni Lorusso, che rappresenta uno dei cicli moderni di miglior fattura per quanto riguarda il fumetto fantasy. Nelle 96 pagine della storia si respira l’atmosfera di un vero racconto intriso della migliore e più tradizionale cultura di genere, sviluppata in maniera entusiasmante e coinvolgente, prendendo spunto dai grandi maestri che hanno segnato profondamente questa letteratura precedentemente.
C’è la crudeltà, la violenza, l’imprevedibilità cinica e disillusa, la tensione e la precarietà politico-diplomatica introdotta da Martin, l’incredibile e vasto immaginifico di un Tolkien o del Forgotten Realms di Ed Greenwood, e l’elemento di crescita e formazione del protagonista che abbiamo visto in Ursula K. Le Guin.

La trama di questo breve ma intenso lavoro è incentrata sulle vicende di Kil’ Tyrson, un orco disprezzato dai suoi simili per la sua anomalia fisica, il bianco dei suoi occhi, che dovrà sfruttare la sua innata astuzia e il suo intelletto per salvare la sua violenta, retrograda e guerrafondaia razza dall’estinzione, facendola evolvere al passo coi tempi per portarla a fasti mai raggiunti neanche nel glorioso passato. Ma per riuscirci dovrà stringere alleanze, macchinare sotterfugi e articolati stratagemmi nell’ombra, adattarsi all’occasione agendo più da uomo, nano o elfo che da orco, pur di sopravvivere e raggiungere i suoi scopi.

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Per questo, in qualche modo, l’opera segna un po’ una rarità nel filone narrativo più classico. Non è un eroe il protagonista della storia, non ha particolari buoni propositi, è spietato, rude, violento e meschino. Ma Peru riesce comunque a farci immedesimare nel personaggio, mosso dalla brama di potere e dalla volontà di dominare l’intero mondo conosciuto, portando la pace una volta sottomessi tutti i popoli, essendo disposto a sradicare le millenarie tradizioni della sua specie, superando la limitata mentalità della stessa per soddisfare la sua ambizione.

Passando alla parte grafica, notiamo la grande omogeneità stilistica delle due parti della storia, che come già detto sono state realizzate da due autori diversi. Il tratto è molto preciso e riccamente dettagliato; le pose sono plastiche, fluide, dinamiche e molto scenografiche e spesso patetiche, nel senso etimologico del termine. Ma è grazie ai colori dei Digikore Studios che l’opera prende magicamente vita. La resa delle ambientazioni fantastiche è totale, altamente cinematografica che vira al videoludico in molte scene belliche vibranti e concitate. Il gioco cromatico è eccellente a livello di scelta della tavolozza, in grado di iperdettagliare la pagina dando maggior volume e risalto alla scena. Le foreste, le pianure, le fortezze, le montagne rocciose e le distese innevate vengono esaltate dai giochi di chiaroscuro e dai colori autunnali e invernali che adornano l’opera.

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La classica edizione cartonata Mondadori della serie Fantastica è un’ottima cornice per questo interessante lavoro, risultando più che appropriata considerando il prezzo per nulla eccessivo. Unica pecca è la mancanza di un’introduzione all’opera o un apparato redazionale che approfondisca e presenti il lavoro fatto dallo scrittore francese, o dagli artisti. In particolare sarebbe stato interessante includere la bella intervista a Lorusso, disponibile sul sito della casa editrice, che avrebbe impreziosito e reso più completa l’edizione.

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