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Dylan Dog 337 - Spazio Profondo

L'oggetto del desiderio è finalmente arrivato, anche se non è quello che tutti stavamo aspettando.
Da quando lo scorso 20 maggio 2013 è stato annunciato che Roberto Recchioni sarebbe diventato il nuovo curatore di Dylan Dog, in rete è scoppiato il delirio. Sostenitori e denigratori a osannare o a maledire lo sceneggiatore romano, sostenitori del cambiamento contro conservatori del vecchio ordine. Ma intanto, inevitabile, inizia il countdown. Dapprima la fase 1, in cui vengono smaltiti gli albi già pronti, revisionati per l'occasione, poi mesi di chiacchiere, anteprime e conferenze, fino ad oggi, 27 settembre 2014, giorno di uscita di "Spazio Profondo", Dylan Dog numero 337, il primo della fase 2.

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La fase 2, quella della rivoluzione. Quella del nuovo Dylan Dog, del nuovo clima, dei nuovi (e vecchi) autori. Di Bloch in pensione, del nuovo nemico John Ghost, del Dylan che apre alla tecnologia, dello stravolgimento delle testate collegate alla collana principale. L'albo che tutti attendevamo per tornare a seguire Dylan o per poter dire "una volta era tutta campagna".
Ecco, il fatto è che "Spazio Profondo" rimanda l'appuntamento con la rivoluzione al mese prossimo con l'albo scritto da Paola Barbato e Bruno Brindisi, dal titolo "Mai più, ispettore Bloch", che sarà solo il primo ad introdurre i numerosi cambiamenti alla testata.

E "Spazio profondo" allora cos'è? È una storia di Dylan. Il "vecchio", il "nuovo"? Un clone del futuro, con un organismo più simile ad una pianta che ad un essere umano, riportato "in vita" per dare la caccia a spettri nello spazio. Lui, insieme ad altri 4 simili che accentuano alcuni lati del suo essere e che, naturalmente, consentiranno a Recchioni di mettere sotto i riflettori tutte le sfaccettature del personaggio.
Abbiamo naturalmente semplificato di molto la trama, non ci interessa approfondirla più di tanto, piuttosto vogliamo analizzare il perché di questa scelta. "Spazio profondo" è una storia che va al cuore del personaggio, non ci sono i cambiamenti al centro ma quello che Dylan è, ora e sempre. Anche proiettato nel futuro, anche come clone. Ed è una scelta importante, forse controproducente in termini di aspettative del pubblico, ma che di sicuro ha una forte valenza: non esiste un vecchio Dylan, non ne esiste uno nuovo, non esiste alcun clone. Esiste Dylan Dog, personaggio fedele a se stesso.

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Quello che conta davvero è che "Spazio profondo" è un buona storia, di quelle che ci hanno promesso in questi mesi, di quelle che vogliamo leggere. Una buona storia supportata da un comparto grafico di altissimo livello grazie alle matite di Nicola Mari e ai colori di Lorenzo De Felici.

Avremo modo di approfondire il nuovo ciclo di Dylan Dog, intanto godiamoci la lettura.

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L'eredità perduta di Dylan Dog - di Roberto Recchioni

  • Pubblicato in News

Ndr. (23/7/2015). Nel 2006, Roberto Recchioni scrisse un articolo in cui parlava della prima storia di Dylan Dog, scritta da Tiziano Sclavi e disegnata da Angelo Stano. Riproponiamo l'articolo in concomitanza dell'uscita del remake "La nuova alba dei morti viventi" scritto da Recchioni, con le matite di Emiliano Mammucari e i colori di Annalisa Leoni, per la collana Dylan Dog - I Colori della Paura.


 
Con l'occasione della nuova grande ristampa, mi sono riletto Dylan Dog n.1
E mi sono depresso sia per motivi personali che per stretti motivi professionali.

A1NU5LQabDllX59TqdjKCN3TGkXHpoIi72d4dliSCw4AaN6jZ0J5b58ulDdFBNdO--Il motivo personale è presto detto: rileggendo il primo numero dell'old boy ho capito ancora meglio quanto il mio stile di scrittura sia strettamente derivativo da quello di Sclavi... e quanto io sia ancora fottutamente lontano dal raggiungerne la qualità.

Sia chiaro: l'alba dei morti viventi non è la cosa migliore mai scritta da Sclavi e ha pure alcune sbavature ben evidenti (una incongrua didascalia nella scena della morte dell'anatomo-patologo, l'introduzione di Bloch del tutto ininfluente nella storia, il posticcio espediente della custodia del clarinetto esplosiva)... ma rimane una spanna sopra a tutto quanto io abbia mai scritto.
Rileggendolo ho provato uno di quei sentimenti che mi sono generalmente alieni: l'invidia.
E sia chiaro, io non provo invidia non perché sono una brava persona ma solo perché ho un ego che mi fa pensare di essere uno scrittore di fumetti migliore di tanti (e peggiore solo di alcuni).

Il motivo professionale invece è più complesso.

Si dice spesso che Dylan Dog n.1 sia stato un fumetto innovativo nel panorama del fumetto seriale di allora.
E' vero ma c'è di più.
Dylan Dog n.1 sarebbe un fumetto seriale innovativo anche nel fumetto seriale di oggi.
Rileggetelo.
Sclavi spezza la gabbia, la suddivide e la moltiplica in forme nuove e raramente ripetute.
Sclavi scrive dialoghi citazionisti e referenziali.
Sclavi ammicca al lettore, lo soddisfa, lo scontenta, lo porta fuori strada e in terreni inediti e poi lo fa sprofondare fino alle caviglie nel genere più puro.
Scalvi crea un personaggio scostante, arrogantello e surreale e gli fornisce un assistente del tutto disfunzionale alle logiche interne del racconto.
E in tutto questo si permette pure di sperimentare inquadrature strane e inedite (ancora oggi raramente replicate, se non come plageria di Sclavi stesso), donando al tutto un ritmo incalzante (Dylan n.1 si legge in un lampo rispetto ai Bonelli attuali) e atmosfere incredibilmente evocative.

Nel solo n.1 di DYD ci sono almeno una decina di infrazioni alle regole del fumetto seriale bonelliano come ancora oggi è concepito e funziona meglio della stragrande maggioranza dei fumetti, che le seguono come un mantra.

Il fumetto seriale italiano non ha fatto un passo avanti da Dylan in poi... al punto che la labile memoria storica di lettori e critici ha permesso a testate come Napoleone o John Doe di arrogarsi il titolo di fumetti "innovativi".
Innovativi rispetto a cosa? Agli ultimi dieci anni-quindici anni? Probabilmente.
Agli ultimi 20? Per nulla.
Dylan era molto ma molto più avanti di noi.
E a rileggerlo oggi, lo è ancora.

Roberto Recchioni

Ringraziamo gli amici di Fumetti di Carta e l'autore, per averci gentilmente concesso di pubblicare questo pezzo originariamente pubblicato sul Forum dell'Elite.

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