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Oblivion Song 1, recensione: l’altro lato della catastrofe secondo Kirkman e De Felici

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Robert Kirkman è indubbiamente affascinato dal concetto di società distrutta che ricerca un nuovo equilibrio. Lo ha dimostrato con la sua serie di maggior successo The Walking Dead – che fa di tale idea l’architrave narrativo principale, indubbiamente in primo piano rispetto al tema horrorifico – e torna ad esplorare le potenzialità offerte da tale idea con il suo ultimo lavoro: Oblivion Song, in uscita oggi negli State per Skybound il primo albo, e in Italia da Saldapress che pubblica l'intero primo ciclo in anteprima mondiale.

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Per un motivo ancora inspiegabile, circa trecentomila abitanti di Philadelphia sono stati teletrasportati/traferiti, insieme auna porzione di città, in una dimensione parallela popolata da mostri. Questa diversa realtà è stata chiamata Oblivion e lo scienziato Nathan Cole ha trovato il modo per viaggiare tra le dimensioni e riportare a “casa” alcuni degli abitanti di Philadelphia. Nonostante il governo degli Stati Uniti abbia deciso di porre termine a questo progetto di recupero, Nathan non si vuole arrendere: suo fratello è ancora ad Oblivion.

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La scrittura di Kirkman è solida, coinvolgente, ricca di twist e climax narrativi supportati da dialoghi che svelano e, contemporaneamente, celano gli elementi della storia che lo sceneggiatore ha imbastito e che non troverà risoluzione – giustamente – in quello che è il primo capitolo del racconto. Operando, dunque, sul concetto di società distrutta, l'autore lo fa in maniera inedita e da lui mai affrontata. Oblivion è una nuova terra con nuove regole e nuove dinamiche sociali, ma questo vuol dire che sia necessariamente un male: l’evento misterioso che ha trasferito parte dei cittadini di Philadelphia avrebbe dovuto essere un momento perturbante e distruttivo della società costituita; invece si rivela foriera di possibilità inedite. Questo fulcro narrativo viene esplorato da Kirkman grazie alla compresenza di Oblivion e della nostra terra: la conflittualità tra le due realtà non è solo fisica ma anche concettuale, non è solo visibile al lettore ma motivo delle azioni dei personaggi.

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Per la co-costruzione della storia e per i disegni, lo sceneggiatore americano si è affidato a Lorenzo De Felici. Il tratto dell’artista italiano riesce a descrivere, con grande attenzione per il gusto catastrofico del racconto, gli scenari inquietanti di Oblivion, ibrido tra resti di città e vegetazione aliena. Il genere della serie è indubbiamente la fantascienza e De Felici ne riesce a raccogliere gli elementi portanti – alieni, teletrasporto – raffigurandoli con un segno di straordinaria espressività, sia nella trattazione dei volti che nelle scene d’azione: già dalle prime tavole, l’universo di Oblivion Song è chiaro proprio grazie alla matrice stilistica di De Felici e alla complicità dei colori di Annalisa Leoni. La tavolozza della Leoni, difatti, riesce a sostenere l’atmosfera della serie senza banalizzarla: i colori non sono quelli grigi e tetri a cui l’immaginario post-apocalittico ci ha abituato, ma raccolgono gli intenti narrativi della storia e li esprimono attraverso la ricchezza della gamma cromatica.

Oblivion Song, dunque, si configura come una nuova serie di successo a marchio Kirkman, interessante non solo dal punto di vista narrativo, ma anche per l’inedita visione catastrofista dei suoi autori.

Dati del volume

  • Editore: Saldapress
  • Autori: Testi di Robert Kirkman, disegni di Lorenzo De Felici, colori di Annalisa Leoni
  • Genere: Sci-fi
  • Formato: 16,8x25,6 cm, 144 pp, b con alette., col.
  • Prezzo: 14,90€
  • ISBN: 978-8869193941
  • Voto della redazione: 7,5
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