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Paranoiæ

Paranoiæ

Paranòia (raro parànoia) [pa-ra-nò-ia] s. f. /para'nɔja/ : dal greco παράνοια ovvero "follia", formato da παρα- cioè "para" ossia "disordine, condizione anormale" e dalla radice νοῦς occero "mente"; significa letteralmente "disordine della mente" (Via Wikizionario).
Questo è l’assunto da cui si origina Paranoiæ, (sì esatto, con il grafema æ), primo lavoro di Batawp (Giulio Rincione) pubblicato da Shockdom, che scuote letteralmente l’animo del lettore, sia per tematiche trattate, interessanti e intriganti, e sia, soprattutto, per la maniera con cui sono narrate, affrontate all’interno della storia, presentate al lettore in una maniera cruda e diretta, senza troppi fronzoli né addolcimenti.

Perché una cosa che emerge immediatamente dalla lettura è che l’autore, facente parte del trio del Pee Show insieme a Prenzy (666, il male dentro) e Luciop (Benvenuti a Lalaland), ha piena padronanza della propria creatura come del metodo narrativo. Il protagonista, Alan, è un ragazzo che soffre di disturbi dissociativi, non solo depersonalizzanti, ma anche derealizzanti, che fin da bambino si manifestano con crisi più o meno acute. Non sa come, non sa dove, non sa perché, ma sa di essere entrato in qualche posto, lasciando all’esterno Emily, amore della sua vita e unica ancora di salvezza prima dell’oblio. Parallelamente, una distinta personalità del personaggio principale, Testa di Patata, vive la sua vita oberato dalla propria routine, incapace di rendersi conto dell’inesistenza, dell’inconsistenza di ciò che lo circonda, a cui fa meccanicamente ricorso senza controllarne l’effettiva esistenza. Su di un terzo livello narrativo invece, è l'essenza di Alan stesso che, aiutato dal Dottor Bau, controparte astrale del dottore che lo ha curato sin da piccolo, cerca di far luce sui suoi problemi, viaggiando all'interno della sua psiche, cercando l'origine dei suoi problemi e affrontandoli una volta per tutte. Tutte queste linee poi si congiungeranno nel finale. E Batawp ci narra la dimensione interiore di questa figura principale, il processo doloroso e ansiogeno di riconquista della padronanza della propria psiche, della distruzione delle illusioni autocreate per tutelarsi, per escludersi da un mondo che è incapace di gestire unicamente con le proprie forze. Un mostro che dall’interno lo divora, lo trattiene, lo consuma, impedendogli di essere libero, di godersi appieno la vita, sempre cauto per evitare di essere colto impreparato da una crisi, che può manifestarsi in qualunque momento e trascinarlo nell’inferno della sua mente.

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Sinceramente, dopo aver letto 666, il male dentro, del collettivo Fumetti Crudi di cui fa parte anche questo autore, era difficile immaginarsi cosa potersi aspettare da questo volume. 666 era tremendamente eccessivo, difficilissimo da leggere e una lettura ancora più ostica da godersi: per nulla un’opera di scarsa qualità, anzi, ma di certo non facile da digerire. Eppure in questo caso, Paranoiæ, risulta godibilissimo a chiunque, pur non essendo indicato ad ogni tipo di pubblico. Perché comunque sia, checché ne dica la bella e interessante prefazione di Marco Rincione, una storia quando la si legge si cerca di capirne il contenuto a fondo, provando a interpretare i diversi livelli di lettura che possono palesarsi al fruitore dell’opera. Citando George Bernard Shaw, “si usano gli specchi per guardarsi il viso, e si usa l’arte per guardarsi l’anima”, per cui ognuno è libero di trovare ciò che ha bisogno di trovare nel decifrare un’opera, perché non è mai un processo passivo. Soprattutto leggendo i testi scritti da Giulio, che sono evocativi e illuminanti, criptici ma per molti versi intuitivi, che costruiscono una narrazione veloce, fresca, piena di significato.

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Il tutto sulle note di The Wall dei Pink Floyd, che emerge a tratti, saltuariamente, in frasi che ricordano quelle del grande paroliere Roger Waters, o in tavole che rievocano l’immaginifico del concept album. C’è "Empty Spaces", nel rapporto tra Alan e Emily, ostacolato dal “muro” psicologico che lo stesso protagonista ha creato, c’è anche "Don't Leave Me Now", conseguente reazione alla dolorosa separazione dei due, c’è "Goodbye Cruel World", quando ormai Alan è inerte dinnanzi alla completa estraneazione dal mondo, all’uscita (o entrata) in un luogo che lo aliena dalla società, c’è il disperato urlo straziante di "Hey You", quando cerca di uscire da questa situazione autoinflitta, sebbene i tentativi siano vani e sterili. Ma una su tutte è la canzone che più rispecchia l’opera, quella che poi è anche la canzone più bella presente nel LP: "Comfortably Numb". Diciamo che il paragone regge perfettamente se si amplia un po’ il concetto della canzone, se ci si distacca un po’ dalla trama del concept album. Non è tanto il non avere le forze di salire sul palco del concerto, questa volta il palcoscenico è la vita, e il Dottore che fornisce il farmaco energizzante è il Dottor Bau, che cerca di infondere linfa vitale e forza d’animo nel personaggio ormai indifferente, apatico e abulico, incapace di reagire. Ce ne sono anche altre di canzoni che emergono per contenuto tra le fibre costitutive di quest’opera come, verso il finale, "The Show Must Go On", "In the Flesh" e "Outside the Wall".

E proprio come dall’ascolto di questo famoso disco, si può ricavare da questa lettura, da questo approccio ad una storia inconsueta e profonda, una grande sensazione di ansia, di opprimente stillicidio dell’anima, di erosione lenta e irreversibile del proprio Io, della propria ψυχή, ma anche, alla fine, un senso di catarsi, di rinascita; un fenomeno coinvolgente, accompagnato magnificamente da un comparto artistico veramente eccezionale e incisivo. E quando, al culminare della vicenda, avviene la realizzazione da parte del protagonista della propria condizione, la distruzione volontaria delle sue illusioni, di ri-personalizzazione e ricostruzione della propria essenza, anche il lettore esce da un viaggio turbolento e psicoanalitico che lo cambia, lo rivolta dall’interno. 

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Passando alla parte più prettamente artistica, non possiamo che elogiare le bellissime tavole, che sono dominate da una commistione eclettica di stili, dalla fotografia al disegno tradizionale, da quello digitale al collage, avvicinandolo molto a artisti come Dave McKean. I toni sono estremamente cupi, oscuri, opprimenti e asfissianti, ricordano molto l’immaginifico di The Wall, come già detto, ma per alcune immagini assomiglia molto agli acquerelli di Gipi. Insomma un’arte di grande livello, adattissima per questo tipo di storia.

Consigliatissimo soprattutto a chi cerca un’opera fortemente coinvolgente, Paranoiæ è un volume complesso e ben strutturato, con una narrazione solida per quanto volutamente criptica a tratti, ma sempre evocativa e attraente. Le atmosfere fosche e angosciose, magnificamente rese, danno quel quid che rende l’opera di gran pregio. Prova egregiamente superata per Batawp, un altro ottimo autore della scuderia Shockdom che irrompe nel panorama fumettistico autoriale italiano apportando un contributo di alto livello.

Dati del volume

  • Editore: Shockdom
  • Autori: Testi e disegni di Batawp
  • Formato: B, 18X28, col., 160 pag.
  • Prezzo: 20€
  • Voto della redazione: 8,5
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