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Wolverine: Reload


WOLVERINE – RELOAD su Wolverine 190/194 (Panini Comics, spillato, 80 pagine a colori, € 3,00 cad.) Testi di Mark Millar, disegni di John Romita Jr.

Nell’ormai lontanissimo 1982, la Marvel Comics, spinta dal sempre crescente interesse dei fans nei confronti del misterioso mutante artigliato che faceva parte della compagine degli X-Men, decise di dedicare a Wolverine una miniserie personale. Lo realizzazione dello spin-off fu affidata ad un team creativo davvero prodigioso: Chris Claremont, indiscusso deus ex machina delle testate mutanti, e Frank Miller, astro nascente del fumetto statunitense ed autore dell’incredibile restiling di Daredevil. La miniserie, oltre ad essere un enorme successo di vendite, fu apprezzata moltissimo dalla critica e rappresentò un nodo narrativo cruciale per l’evoluzione del personaggio… ma soprattutto introdusse l’indimenticabile leit-motiv con il quale da quel momento il personaggio si sarebbe auto-introdotto ai lettori: “Sono Wolverine. Sono il migliore in quello che faccio. Ma quello che faccio non è una cosa piacevole.”

Da allora è trascorso un quarto di secolo, molti scrittori ed un’infinità di disegnatori si sono avvicendati sulle pagine delle testate mutanti e delle serie regolari dedicate al mutante canadese e la pubblicazione italiana dell’ultimo ciclo di episodi che negli USA ha sconvolto la vita del personaggio ci offre lo spunto per chiederci se oggi Wolverine sia ancora il migliore in quello che fa. Anche se, ad essere sinceri, dopo la lettura di Nemico Pubblico, viene più che altro da chiedersi - dando per scontato che nella finzione narrativa Wolverine sia ancora il migliore - cosa faccia di preciso se non prendere botte da qualsiasi personaggio della cosmogonia Marvel e risanare le proprie ferite con un fattore di guarigione prodigioso.

Lanciata con grande clamore dalla agguerrita macchina da guerra pubblicitaria della Marvel Comics, Nemico Pubblico è una minisaga che, anche grazie ai grandi nomi coinvolti nella realizzazione, ha creato enormi aspettative ed un'attesa quasi febbrile. In realtà, però, i più scettici tra i lettori, e soprattutto quelli dotati di una maggiore memoria storica, hanno avuto immediatamente motivi di dubitare riguardo l’originalità dell’avventura.

La saga della morte di Wolverine, poi resuscitato dalla Mano ed utilizzato come arma nei confronti dei suoi compagni, era già tristemente famosa prima di essere pubblicata. La sua mancata realizzazione, oltre un decennio fa, era stata uno dei motivi alla base dell’abbandono dei suoi pupilli da parte di Claremont (senza dimenticare che una delle saghe pre-Morrison aveva poi concretizzato questa trama). Ma se l’originalità può non essere un elemento fondamentale per rendere godibile un ciclo di episodi, di certo la superficialità e la scarsa passione con cui una storia viene narrata incidono negativamente sulla sua realizzazione. E certamente Mark Millar pecca in entrambe queste materie.

Al termine dei sei capitoli in cui la saga è articolata, infatti, abbiamo assistito solo all’interminabile massacro di un'infinità di grigi impiegati al soldo dell’Hydra e ad una serie di scontri tra il nostro (anti-)eroe ed altri personaggi dell’universo Marvel (quasi come se Millar avesse intenzione di rispondere alle classiche domande dei lettori è più forte Wolverine o …?), con l’unica vittima di prestigio uccisa accidentalmente per non aver schivato un colpo del rabbioso Logan (cosa davvero poco credibile se si pensa che la vittima era (?) uno degli uomini più veloci dell’universo Marvel!).

Millar, a parere di chi scrive, dimostra ancora una volta di essere un autore poco incline a mettere la sua penna al servizio dei personaggi, poco interessato a sviscerarne la psicologia e le conseguenze che le loro azioni provocano; sembra quasi uno di quei registi che, dopo aver trascorso anni a firmare cinema d’essai, vende la sua anima alle major concentrandosi sulla realizzazione di colossal, incurante dei suoi lavori precedenti, ma interessato esclusivamente a far emettere gridolini di stupore ad un pubblico che lui stesso non apprezza né stima; capace di sviluppare un buon compitino ma completamente incapace di giocare con le regole del gioco o all’interno di esse. Un atteggiamento in grado di generare enormi successi commerciali (cosa ovviamente molto gradita ai contabili della Marvel) ma assolutamente incapace di far evolvere i personaggi, vero patrimonio della Casa delle Idee, che dopo anni di questa dissennata politica di iconizzazione iniziano a perdere smalto ed interesse.

Di tutt’altro livello, invece, le matite di John Romita Jr. (qui coadiuvato dal fido ed efficace Klaus Janson). Romita è uno di quei pochi autori che nel corso degli anni, non solo si sono auto-imposti una continua evoluzione grafica, fino al raggiungimento dell’attuale perfetto mix di esperienza, essenzialità e bravura, ma che hanno continuato ad ideare soluzioni grafiche sempre nuove in grado di non rendere mai ripetitivi i loro lavori né di annoiare il lettore.

Complessivamente, Nemico Pubblico rappresenta un’occasione sprecata. Un’opera potenzialmente valida, magari in grado di concorrere nella memoria dei fan con must come L’ultima caccia di Kraven o Born Again, ma assolutamente non realizzata con l’intenzione (o l’abilità) di lasciare un segno indelebile.

In occasione della serializzazione italiana delle nuove vicende di Wolverine realizzate dal duo Millar/Romita Jr., il mensile dedicato al mutante canadese è stato rilanciato con l’inserimento di nuovi comprimari, e se di X-23, ennesima variazione sul tema esperimenti folli in quel di Weapon-X, non si avvertiva assolutamente il bisogno, la serie dedicata a Nightcrawler si è rivelata, invece, una gradevolissima scoperta. Lo sceneggiatore Roberto Aguirre-Sacasa conferma di non essere uno scrittore banale e intesse un avvincente thriller ricco di colpi di scena, caratterizzato da una atmosfera densa ed opprimente nella quale fino all’ultimo momento regna l’incertezza. Ottimo anche l’apporto grafico di Darrick Robertson, autore più che mai a suo agio con le atmosfere cupe e poco superomistiche della vicenda.




Stefano Perullo




Carlo Del Grande
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