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Fabio Volino

Fabio Volino

Batman: L'Invisibile

Nella fin troppo sterminata produzione che caratterizzò il Batman degli anni '90, si distinse in particolar modo una coppia di autori: Doug Moench e Kelley Jones. Costoro, dopo aver lasciato un segno indelebile nei fan del Cavaliere Oscuro grazie ad alcuni Elseworld, tra cui la celebre trilogia vampirica, dal 1995 al 1998 collaborarono anche sulla testata Batman. Il Cavaliere Oscuro disegnato da Jones era più gotico che mai, ritratto nelle pose più tenebrose possibili per trasmettere anche ai lettori il senso di terrore che l'eroe riusciva a infondere nei suoi avversari. Le sceneggiature di Moench, dal canto loro, ben si sposavano con queste atmosfere, e un pallino del veterano scrittore erano i racconti che davano una spiegazione scientifica ad alcuni misteri soprannaturali come i fantasmi o i dischi volanti.

Il "Dinamico Duo" si riunisce ora a quasi dieci anni di distanza dalla suo ultimo lavoro grazie a questa miniserie di cinque numeri raccolta dalla Planeta DeAgostini in un volume cartonato che presenta a tratti una traduzione un po' troppo legnosa. Maschera Nera fa il suo ritorno sulla scena criminale di Gotham e assolda lo scienziato Nigel Glass, recentemente licenziato dalle Industrie Wayne per i suoi esperimenti illegali, perché sviluppi un siero dell'invisibilità in grado di fornirgli la maschera definitiva. Quella che nessuno può vedere. Quando però Glass usa sé stesso come cavia, le conseguenze sono tragiche. Batman indaga su questo caso, per la cui risoluzione dovrà scendere a compromessi persino con la figura del Cavaliere Oscuro, ormai non più così mitologica e terrificante come agli esordi.

Gli anni sono passati e si vede. Bisogna ammettere che il tratto di Jones risulta ancora gotico e tenebroso e la sua resa di Batman rimane a tutt'oggi unica, tuttavia appare alquanto in difficoltà con le scene di azione che risultano perlopiù confusionarie. La sceneggiatura di Doug Moench dal canto suo è priva del necessario mordente: con la sola eccezione di Batman, le personalità degli altri protagonisti di questa storia sono a malapena abbozzate o si appoggiano su cliché ormai strausati (per esempio la figura dello scienziato pazzo). Anche l'elemento più interessante di questa miniserie, il fatto che la figura di Batman dopo anni di attività non incuta più così terrore, persino nei comuni criminali, non viene sviscerato al meglio.
In sintesi un'operazione nostalgica che poteva avere un esito migliore.

Ultimate Lady Viola 1-2

Il soggetto di questa recensione è un fumetto supereroistico. Ma sfogliando le sue pagine non vi compaiono i grattacieli di New York o le distese della California. Ci sono invece Piazza Della Signoria, il Colosseo e le catacombe romane. Ebbene sì, i protagonisti di Ultimate Lady Viola sono supereroi italiani. Non è la prima volta che un esperimento simile viene tentato (si può citare ad esempio la miniserie Europa, pubblicata agli albori della Marvel Italia), con tutti i rischi che questo comporta. Rischi di cui lo sceneggiatore Andrea Bacci, nell'introduzione al primo albo, appare ben consapevole: eppure, gli va dato atto, dichiara che questo per lui non è un buon motivo per rinunciare, tanto da aver fondato una propria casa editrice per diffondere queste storie.

Il personaggio di Lady Viola nasce, da un punto di vista editoriale, circa due anni e mezzo fa su una rivista calcistica (anche se i suoi racconti non hanno come tema il calcio o qualche altro sport). Il suo vero nome è Valentina Alighieri e la si può definire un Peter Parker in gonnella (fatica a trovare un lavoro stabile, ha problemi col suo fidanzato e deve dividersi tra gli impegni della sua doppia vita): da quelle storie nasce pian piano un piccolo universo narrativo che sfocia nei due albi finora usciti. In essi Lady Viola capisce di far parte di un mondo molto più grande di quello che aveva immaginato e che nello Stivale si aggirano un gran numero di superesseri, sia buoni che malvagi. Il più pericoloso di loro ha nome Torquem, e intende recuperare l'Occhio di Anubi, un mistico e potente artefatto capace persino di resuscitare i morti. Contro di lui e i suoi alleati insorgeranno tutti i supereroi del Bel Paese.

I dialoghi delle storie hanno un impianto classico, ispirati in particolar modo alle saghe "ragnesche" di Stan Lee: se il loro vago sapore retrò ne costituisce il punto di forza, in un paio di casi ne diventa anche il principale difetto, poiché risulta forzato. Apprezzabile comunque il tentativo di inquadrare al meglio ogni superessere che compare sulla scena, anche quando occupa solo lo spazio di poche vignette, e il saper costruire un background di tutto rispetto, con tanto di "Golden Age" del supereroismo italiano.
La parte grafica è affidata al giovane disegnatore Francesco Iaquinta. Si può notare come, tra il primo e il secondo albo, il suo stile migliori con costanza, soprattutto per quanto riguarda lo storytelling, e la cosa fa ben sperare per le sue prossime prove.

Marvel Gold: Vendicatori - La Saga Di Korvac

Poco dopo la metà degli anni '70 Jim Shooter era ancora conosciuto nell'ambiente fumettistico per essere stato il ragazzo prodigio che aveva scritto in tenera età alcune storie di Adventure Comics dedicate alla Legione dei Supereroi. Sempre in quel periodo un giovane artista di origini portoricane di nome George Pérez stava muovendo i primi passi nel mondo dei comics e si stava facendo conoscere grazie soprattutto a un apprezzato ciclo di Avengers. A partire dal numero 160, questi due grandi nomi si incontrarono sulla serie dei Vendicatori, dando vita ad un ciclo leggendario. Il culmine di questa collaborazione si ebbe con la cosiddetta "Saga di Korvac" (datata 1978), ora raccolta in volume per la prima volta in Italia grazie a Panini Comics.

Chi è fan dei Vendicatori di sicuro avrà sentito parlare almeno una volta di questa storia. Diciamolo subito, alcuni elementi narrativi sono figli del periodo in cui venne scritta e ci sono alcune assurdità (i Vendicatori che prendono l'autobus, Thor che pratica un massaggio cardiaco su Tony Stark mentre è in armatura...), ma nel complesso la saga è ancora apprezzabile e piacevole da leggere.
Il personaggio di Korvac nasce come nemesi principale dei Guardiani della Galassia, ma dopo uno scontro con loro e Thor entra in contatto con l'astronave di Galactus e viene in possesso di una tale conoscenza e un tale potere da assurgere a uno stato di semidivinità. Questo lo porta a concepire un obiettivo incredibile, che però lo mette in contrasto con i Vendicatori e con uno degli Antichi dell'Universo, il quale userà contro di lui un'arma insidiosa: l'amore. Tuttavia, come si suol dire, non tutto è come sembra, e la rivelazione finale lascia ancora oggi davvero sconcertati.

Seppur agli esordi, George Pérez comincia ad affinare quello stile che già a quell'epoca lo aveva reso popolare e che lo avrebbe reso nel decennio successivo una vera e propria star grazie a New Teen Titans e Crisi sulle Terre Infinite. Come risaputo, il suo punto di forza sono le scene corali: dispiace dunque vedere che gli ultimi capitoli di questo ciclo non sono stati disegnati da lui, anche se Sal Buscema e Dave Wenzel sono un'alternativa accettabile.
Tuttavia più degne di nota sono le sceneggiature di Jim Shooter. Il problema di una serie corale come Avengers è sempre quello di rendere al meglio i vari personaggi che compaiono sulle sue pagine, e qui ce ne sono davvero tanti, soprattutto negli ultimi tre capitoli. Eppure Shooter riesce a dare a ognuno di loro il giusto spazio e a caratterizzarli al meglio anche quando pronunciano solo poche battute (e se pensiamo che a quell'epoca erano disponibili solo 17 pagine per episodio, la cosa è ancora più meritoria). Oltre a ciò, anche se poco più che accennato visto il tema delicato, c'è qualche interessante riflessione sul concetto di divinità e sulla religione.

Curiosità finale: il volume italiano si conclude con un epilogo scritto da Mark Gruenwald (apparso in origine nel 1991 in appendice al primo trade paperback americano), che ribalta in buona parte la visione shooteriana del personaggio di Korvac. Ciò è stato poi disconosciuto da alcuni editor, come ad esempio Tom Brevoort, e mai più ripubblicato.

Uncle Sam

Uncle Sam è l'incarnazione dello spirito patriottico americano e, grazie a Will Eisner, anche un personaggio dei fumetti sin dai tempi della Golden Age. Uncle Sam è l'icona di un'intera nazione, gli Stati Uniti d'America. Un Paese pieno di contraddizioni, soprattutto quando, definendosi "la terra degli uomini liberi", decide di andare in guerra (da cui anche il celebre manifesto di Zio Sam che punta l'indice, con sotto la scritta "I Want You in the US Army").
Nell'America pre-11 settembre, Uncle Sam è anche il protagonista di questa miniserie Vertigo (due numeri, usciti originariamente nel 1997) scritta da Steve Darnall e realizzata da Alex Ross col suo consueto stile pittorico. Una miniserie raccolta da Planeta DeAgostini in un volume cartonato purtroppo martoriato da fin troppi refusi.

Il protagonista di questa storia è molto diverso dal personaggio che combatteva con ardore i nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale. Uncle Sam è un barbone, un vecchio disilluso che canta motivetti patriottici che più nessuno conosce, che si confonde tra la moltitudine come uno dei tanti disperati che affollano la nazione di cui dovrebbe rappresentare lo spirito patriottico.
Ed è proprio su questo elemento che Darnall incentra la sua trama: dopo più di duecento anni di vita di una nazione, Uncle Sam non ne rappresenta solo gli aspetti migliori, ma anche e soprattutto i peggiori. La sanguinaria Guerra Civile, lo schiavismo, il massacro del popolo indiano, il mettere a tacere con la forza i diritti civili. Elementi che perseguitano Uncle Sam nelle sue visioni e nei suoi vagabondaggi (veri o presunti che siano) in giro per gli Stati Uniti. Ne nasce una dicotomia, tra l'Uncle Sam "vecchio" e quello "moderno", generato quest'ultimo dal consumismo, dall'avidità e dal potere mediatico.

Non è certo il primo sguardo critico che il mondo del fumetto dà alla società statunitense, non è il primo attacco al cosiddetto sogno americano (che per Darnall è un obiettivo fallito già in partenza), ma è comunque una storia ben scritta, anche se con qualche occasionale e inevitabile scivolone nella retorica. Non è, né si proponeva di essere, una storia piena d'azione. C'è infatti una sola scena di battaglia e molto sui generis. Bene si sposano per queste atmosfere, dunque, i dipinti di Alex Ross (ritenuto a volte fin troppo statico, fin dai tempi di Marvels).

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