Monipodio!
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Monipodio è, secondo il dizionario della Real Accademia Spagnola, "un incontro tra persone che si incontrano per cospirare a fini illeciti". Nome perfetto per un collettivo di fumettisti, converrete con me. Ma quell'aria di pirateria e Caraibi evocata dal nome non deve far pensare all'underground ruspante o all'arrembaggio politico. Quello che ha sempre caratterizzato il gruppo Monipodio! è stato un approccio molto "concettuale" all'autoproduzione. Nulla, almeno a prima vista, è stato lasciato al caso, a partire da un'immagine coordinata (è il caso di dirlo) studiata ed efficace. Gli autori (citiamo qui lo zoccolo duro: Armin Barducci, Hannes Pasqualini, Marco K Polenta, Matteo Cuccata, Mara Mauro) si sono cimentati soprattutto con gli aspetti più formali del linguaggio fumetto, prima lavorando sulla struttura della tavola e successivamente ragionando sulla forma della storia e del formato che li contiene. L'idea del collettivo altoatesino (eh sì, si fanno fumetti pure lì) è stata quella di trasformare la tradizionale rivista da semplice antologia a un unico "oggetto fumetto" in cui i racconti si legassero e intrecciassero tra loro in modo sempre più coeso. Purtroppo il continuo rilancio verso una maggiore complessità e la voglia di progetti sempre più ambiziosi sono risultati fatali per il gruppo che, a questa Lucca Comics & Games 2008, ha dichiarato ufficialmente lo scioglimento. Monipodio! è stata un'esperienza molto interessante nel panorama indipendente italiano, e chi volesse intraprendere la dura strada dell'autoproduzione dovrebbe confrontarsi con questo progetto, ahimè prematuramente scomparso.
Facciamo due chiacchiere con Armin Barducci, uno dei fondatori.
Non posso che partire dalla più classica delle domande: com'è nato Monipodio!?
Diciamo che non è nata a caso. Ai tempi avevamo un associazione (Nebula 7) di fumetto. Per metà appassionati/lettori, per metà disegnatori/operatori. Quest'ultima metà, nello specifico io e Hannes Pasqualini, voleva creare qualcosa sulla carta, anziché organizzare eventi. Mi ricordo che una sera andai a casa di Hannes e gli dissi: "Facciamo una di quelle riviste di fumetti sporche, brutte e cattive in stile anni '70!". Lui annuì ed era cosa fatta. Il numero zero di Monipodio! era molto lontano da quelli che abbiamo realizzato poi. Innanzitutto era una normale antologia tematica che raccoglieva gli autori che abitavano in Alto Adige. Con una certa gioia abbiamo scoperto che alla fine, in questa terra di nessuno, brancolavano nel buio un bel po' di persone che avevano il fumetto in testa, ma che non potevano condividere questa passione dato che non si conoscevano tra di loro e si sentivano un po' abbandonati dalla collocazione regionale. Il numero ZERO, come dicevo, era più simile ad una fanzine che ad una rivista. Formato A5, fotocopiato con copertina in serigrafia.
Dopo l'esperienza del numero ZERO, io e Hannes abbiamo creato una redazione assieme a Matteo Cuccato, Marco K Polenta e Mara Mauro. Abbiamo cercato di darci un'impronta concettuale che man mano, negli anni, si è affinata e concretizzata.
Monipodio! è nata per necessità... potevo scrivere soltanto questo, no?
Da quel che ho capito, con questa edizione di Lucca Comics&Games è stata posta la parola fine all'esperienza Monipodio!. Si tratta della fine della realtà come antologia ed etichetta di fumetti o proprio della fine del gruppo? Porterete avanti progetti nati sotto il nome Monipodio!, come ad esempio le comic battle?
La fine di quest'esperienza è stata, secondo me, una naturale conseguenza dell'unione di diversi fattori individuali che si sono accavallati in ognuna delle anime che compongono la redazione. Negli anni, Monipodio! è cresciuto parecchio e si stava cercando di proporre qualcosa che non fosse una semplice antologia (inoltre Monipodio! non è mai stata una rivista). Il progetto del 5° numero era veramente ambizioso e coinvolgeva troppe persone. Nel frattempo non riuscivamo più a coordinarci tra di noi, figuriamoci coordinare gli autori esterni. Poi c'è da considerare che abbiamo una cosa chiamata "lavoro normale" e "vicende personali" che non ti permettono di avere il tempo necessario per creare qualcosa. Dato che Monipodio! era sempre in costante evoluzione (concettualmente), non eravamo disposti a semplificare il progetto e fare un passo indietro. Così, tra una cosa e l'altra, sono passati due anni senza una nuova pubblicazione cartacea. Quindi, per onestà diciamo che il viaggio finisce qui.
Le iniziative collaterali come la Comic Battle, sono entità che funzionano separatamente da Monipodio!. Sono nate all'interno del progetto, ma possono tranquillamente sopravvivere indipendentemente.
Quali sono, se si possono dire, i fattori hanno portato alla chiusura? Semplice stanchezza o sono intervenute considerazioni più generali sul ruolo dell'autoproduzione?
Come dicevo, il problema era quello di essere ambiziosi e di non avere più tempo a disposizione. In questi anni sono successe parecchie cose. Monipodio! è stato anche per alcuni di noi una piattaforma per lanciarsi nell'editoria ufficiale (ahi, ahi, ahi). In questi due anni di nulla (non nullafacenza, ma un nulla organizzativo) si sono sottolineate le varie divergenze di vedute sul progetto in sé. Ognuno della redazione usava Monipodio! per scopi diversi. Questa diversità di vedute e di approcci ha cominciato a pesare molto sulla serenità del gruppo. C'è chi l'ha percepita di più, chi meno. Ad un certo punto non si è più in grado di affrontare l'ennesimo compromesso. Quindi, in amicizia, basta così. Il progetto finisce qua.
Beh... potevamo continuare anche a fare nulla senza sfaldare il gruppo.
Poi, magari tra 10 anni, quando avremo bisogno di soldi, organizzeremo una bella reunion di Monipodio!. Eh eh eh...
Vorrei un po' elencare i vostri meriti: tra questi c'è di sicuro quello di aver fatto apparire Bolzano nelle mappe del fumetto italiano. So che siete molto attivi - organizzate corsi, incontri e altro - e mi chiedevo come avesse reagito il territorio: del resto prima di voi non c'era praticamente nulla...
La scena locale mi interessa molto. Ho come un'ossessione di dover conoscere per forza TUTTI gli operatori del settore dell'Alto Adige. Una cosa che non riuscirò mai a fare, dato che ciclicamente ogni 6 mesi spunta fuori qualcuno di nuovo che fa fumetti e che da una vita vive a Bolzano. Non è del tutto vero che a Bolzano non ci sia stato nulla, è vero che negli ultimi 10 anni l'attività più conosciuta al di fuori della regione è la nostra. C'è da dire che esistono parecchie cellule dormienti, quegli autori che operano in silenzio e che poi scopri abitare dietro casa tua. Un esempio: poco fuori Bolzano abita Andrea Cagol, colorista del terzo volume di Skydoll. Un mostro.
Altro merito è stato senza dubbio quello di ragionare in modo inedito e interessante sul formato rivista. Dopo i primi numeri "classicamente" antologici vi siete orientati verso forme più inedite: il numero 4, da tema il viaggio, mostra il tentativo, a mio giudizio riuscito, di amalgamare i contributi in un'unica struttura narrativa. Se non ricordo male avevate anche espresso il desiderio di realizzare "romanzi grafici collettivi". Pensate quindi che il formato rivista debba spingersi nella direzione di un "monografico fatto da tanti autori"? Quali direzioni avrebbe potuto prendere la rivista Monipodio!?
Noi abbiamo peccato e per questo ci siamo persi. Non so se la nostra formula di intendere il fumetto sia inedita, forse no, forse sì. Il problema è che in Italia qualsiasi cosa che non sia canonica è inedita. Abbiamo una lunga tradizione di fumetto classico e seriale. Basta dare un'occhiata al di fuori dei nostri confini per vedere cose meravigliose, inedite, forme più avanzate che rompono con un nonnulla gli schemi tradizionali del fumetto.
Il "romanzo grafico collettivo"... non starai mica parlando di graphic novel?! Sì? Allora la smetto subito... eh eh eh, scherzo. Il termine mi piace, anche se non è corretto. Preferirei chiamarlo "Racconto Grafico Collettivo". Ciò che facevamo erano racconti. Brevi o lunghi e collettivi. Quello che poteva succedere con Monipodio! era, a livello organizzativo, troppo complicato. Ma fattibile. Si trattava di creare una grande storia-manifesto dell'indipendenza/autoproduzione legata al fumetto e alla musica. Utilizzando la piattaforma della rete abbiamo contattato autori esterni (ed interni) e li abbiamo fatti mettere in contatto con realtà musicali di tutto il mondo. Dovevano fare un reportage sul loro approccio di fare musica. Il tutto veniva incorniciato con una sorta di DIY music awards cartaceo. Il tutto con CD allegato. Volevamo anche organizzare concerti e portare i vari gruppi musicali stranieri in Italia. Sarebbe stato fantastico.
Avevamo per le mani un ragazzo americano che faceva musica elettronica sui Transformers, un gruppo hip hop palestinese, un musicista minimalista giapponese, un compositore di musica 8bit di Bologna... e molti altri ancora.
Peccato.
Sicuramente la vostra presenza ha contribuito, assieme ad altre, a dare maggior attenzione all'autoproduzione (basti notare che ora ogni manifestazione ha il suo angolo dedicato agli "indipendenti"). Come vedete il futuro delle piccole produzioni italiane? Sono destinate a crescere ancora in visibilità?
Io credo che il nostro contributo (assieme agli altri vecchi volponi dell'autoproduzione) l'abbiamo dato. In questi 5 anni di attività sembra quasi che ci sia stata la necessità di molte persone di autoprodursi. È un fatto curioso. Che ora a Lucca e a Napoli ci siano gli spazi per queste realtà è un'occasione da sfruttare finché dura. Questo è il messaggio alle nuove realtà che stanno nascendo. Fatelo! Auto-producetevi!
Per quanto mi riguarda, il mio cuore rimane qui, tra la micro e autoproduzione. Al freddo, all'aperto.
Ho in mente un nuovo progetto, ma è troppo presto per parlarne. Magari la prossima Lucca.
Altre Chine, uno sguardo verso autoproduzioni, riviste underground, realtà indipendenti, piccola editoria e tutte le forme di Fumetto Altro. Per segnalazioni e commenti Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Luca Vanzella