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Spider-Man: Blu, recensione: quella romantica nostalgia dell'epoca d'oro

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Dopo l’ottimo Daredevil: Yellow, il duo composto da Jeph Loeb e Tim Sale inizia a lavorare sul secondo capitolo della tetralogia del colore con protagonista l’eroe Marvel più popolare: Spider-Man. Il racconto, dunque, si tinge di tonalità blu, ovvero il colore della nostalgia. Nonostante Loeb e Sale abbiano sempre utilizzato questo sentimento all'interno delle loro storie, sia come sottofondo narrativo che come leva per conquistare il lettore, in questo caso il suo utilizzo è fondante e primario.

La storia vede Peter - nel presente - registrare un messaggio vocale alla sua amata Gwen Stacy, la ragazza di cui si innamorò da giovane e che morì a causa di Goblin, ovvero Norman Osborn, padre del suo migliore amico Harry. Un senso di colpa mai andato via, dovuto anche a un salvataggio imperfetto, quello visto nel Amazing Spider-Man 121 del 1973 che segnò un momento importante per i comics di supereroi. Ma non è quell’evento su cui si concentrano i due artisti del volume. Loeb e Sale, infatti, ambientano la storia molto prima, quando fra i due giovani stava per sbocciare l’amore.

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La storia si svolge cronologicamente in un momento molto particolare per il personaggio, ovvero quando avvenne il passaggio di consegne fra Steve Ditko e John Romita Sr. Ditko aveva abbandonato la testata per contrasti con Stan Lee, in particolare a causa di un disaccordo dovuto all’identità di Goblin. Senza l’influenza dell’altro creatore del personaggio, Lee cambiò anche il mood della serie rendendola più solare e introducendo un cambiamento caratteriale per Peter Parker fondamentale: da chiuso e spigoloso ad aperto e vivace. Non solo, Peter era al centro di un triangolo amoroso fra la bionda Gwen e un'esplosiva new entry, ovvero la rossa Mary-Jane.

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Loeb e Sale, dunque, ci riportano a quella che viene comunemente definita "l’epoca d’oro" del personaggio, rinarrando eventi di albi celebri per ogni appassionato della saga. Da questo punto di vista, il lavoro di rielaborazione delle storie passate è meno rivoluzionario rispetto, ad esempio, a quanto fatto con Daredevil: Yellow visto che le prime storie di Matt Murdock non possono certo definirsi dei capisaldi . In questo caso, dunque, la rinarrazione di un periodo storico non dista così tanto da quello che era il mood delle storie originali. Tuttavia, sbaglia chi pensa che il loro lavoro sia stato facilitato dal pescare da un periodo così amato, il rischio di non essere all'altezza delle aspettative è alto. Ma non è questo il caso. La qualità artistica del progetto è alta e Spider-Man: Blu è una storia riuscita ed evocativa, capace di emozionare sia i lettori di vecchia data che quelli nuovi. Loeb non scade mai nel banale o nel retorico e l’atmosfera che si respira coniuga classico e moderno alla perfezione.

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Tim Sale, dal canto suo, propone un riuscito mix fra lo stile di Romita Sr. e quello di Ditko. Se, infatti, il materiale di riferimento è quello di Romita, che conferisce ariosità alle tavole e un tratto più morbido che abbellisce le varie figure – non a caso l’artista proveniva dai racconti romantici -, i volti spigolosi, le espressioni e diversi dettagli di Sale non possono che rimandare allo stile di Ditko. Un compendio, dunque, perfetto.
Spider-Man: Blue torna disponibile in una nuova edizione Panini Comics che sta ristampando tutte le opere della tetralogia del colore. Oltre alla saga principale, il tomo contiene una ricca gallery on materiale extra e commenti degli autori.

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Daredevil: Giallo, recensione: le origini di Matt Murdock secondo Jeph Loeb e Tim Sale

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La coppia artistica composta da Jeph Loeb e Tim Sale aveva già colpito nel segno alla DC Comics con opere del calibro di Batman: Il lungo Halloween e Superman: Stagioni. L’idea di narrare eventi passati di icone del fumetto, ma con un piglio che mescola alla perfezione classico e moderno, risultò vincente tanto che venne applicata anche alla Marvel Comics con la celebre tetralogia dei colori. Daredevil: Giallo, Spider-Man: Blu, Hulk: Grigio e Capitan America: Bianco, pescavano a piene mani nel passato dei personaggi, cercando – con successo – non solo di rievocare lo spirito delle avventure dell’epoca, ma anche di dare una chiave moderna e ragionata agli eventi passati.

La prima miniserie a essere pubblicata nel 2001 è stata Daredevil: Giallo, in Italia comparsa per la prima volta sul mensile antologico Wiz, per poi essere ristampata diverse volte, a dimostrazione della sua validità. L’opera ripercorre le tragiche origini del personaggio e i primi mesi in cui Matt Murdock indossò il costume di Devil, inizialmente giallo prima di approdare alla più nota versione rossa. Gli eventi narrati segueno quelli dei primi albi della serie di Daredevil di Stan Lee e Bill Everett, ma reinterpretano il tutto con una maggiore consapevolezza e un approccio narrativo differente, più incentrato sulle vicende di Matt Murdock e dei suoi amici, che su quelle del suo alter ego Devil.

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Loeb, dunque, punta sul dramma e sul romanticismo: l’incidente che ha reso ceco il piccolo Matt, e che gli ha conferito le sue abilità, la morte del padre pugile, gli studi universitari, l’avvio dello studio legale con l’amico Foggy Nelson e il triangolo amoroso con la segretaria Karen Page sono gli eventi al centro della trama. L'autore dona un'incredibile umanità e tridimensionalità ai protagonisti, puntando sì sulla drammaticità dei loro destini, ma non rinunciando a punte di humor e di romanticismo.

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Daredevil Giallo è stato, fin da subito, un instant classic, un’opera capace di far incontrare vecchio e nuovo, di rileggere in chiave moderna ma col gusto classico. Rinarrare le origini di un personaggio può essere un terreno rischioso in quanto da un lato l’autore gioca sul sicuro stuzzicando la curiosità, nonché la nostalgia, del lettore, dall’altro si espone visibilmente a critiche da parte dei fan di vecchia data. Loeb, però, non solo riesce a centrare il punto, a creare un equilibrio stilistico e narrativo incredibile, ma soprattutto fa percepire il suo amore per la storia e per i personaggi.

Le matite di Tim Sale chiudono il cerchio con il suo stile pittorico e romantico, accompagnato dai colori acquerellati di Matt Hollingsworth che conferiscono un’aura sognante al tutto. Una scelta stilistica che amplifica l’effetto evocativo e classicheggiante, seppur con una messa in scena moderna e accattivante.

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La nuova edizione Panini Comics di Daredevil Giallo è impreziosita, oltre che dall’elegante formato con cartonatura soft-touch, da un’introduzione scritta da Stan Lee in persona e da un ricco sketchbook che alterna schizzi, materiale preparatorio e tavole in bianco e nero a note esplicative davvero molto interessanti. Se non avete mai letto l’opera di Loeb e Sale, questa è l’edizione giusta per farlo.

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Tim Sale al lavoro su due progetti legati a Batman

  • Pubblicato in News

ComicsBlog.fr riporta una breve intervista a Tim Sale registrata durante Comic Con Paris in cui l'artista annuncia di essere al lavoro su due progetti legati al personaggio di Batman: uno sui testi di Tom King, attuale scrittore della testata principale, e Nightwing: The New Order sui testi di Kyle Higgins. Queste collaborazioni non erano state precedentemente annunciate e segnano il ritorno di Sale nel mondo del fumetto dopo gli ultimi tempi in cui la sua presenza si è fatta meno frequente se non con saltuarie cover per il Batman  di King e Batman/Shadow di Scott Snyder.

Di seguito il video con l'intervista.

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Capitan America: Bianco

All’inizio degli anni 2000 il tandem composto da Bill Jemas (Presidente) e Joe Quesada (Editor in Chief), prende in mano la Marvel, deciso a risollevarne le sorti dopo un decennio, quello precedente, in cui la storica casa editrice ha toccato con mano il rischio del fallimento, tra crolli delle vendite e speculazioni di carattere finanziario. Quesada è il disegnatore più in auge del momento, grazie ad un clamoroso ciclo di Daredevil realizzato in coppia col regista Kevin Smith, che riporta il Diavolo di Hell’s Kitchen  ai fasti dei tempi di Frank Miller. Aver riportato ai vertici delle classifiche delle vendite un personaggio fino a quel momento moribondo è un risultato che non sfugge ai vertici della casa editrice, che chiedono a Quesada di infondere il suo tocco all’intera linea editoriale, promuovendolo Redattore Capo. Il nuovo Boss della Marvel comincia a quel punto un’aggressiva campagna acquisti, capace di attrarre sulle principali testate i maggiori talenti del settore, alcuni dei quali non avevano mai lavorato sui personaggi della casa editrice: sono gli anni dello Spider-Man di J. Micheal Straczynski e dell’iconoclasta New X-Men di Grant Morrison.

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Nella pletora di progetti, annunci e talenti messi al lavoro da Quesada e Jemas figurano anche Jeph Loeb e Tim Sale, sceneggiatore e disegnatore associati fino a quel momento alla DC Comics, per la quale hanno realizzato alcune opere fondamentali tanto per il mito di Batman (The Long Halloween e Dark Victory) che per quello di Superman (Superman For All Seasons). La carriera di Loeb in particolare simboleggia la tipica ambivalenza del fumetto statunitense mainstream, a cavallo tra successo commerciale e aspirazioni d’autore: cominciata la sua carriera nel cinema con le sceneggiature per film come Teen Wolf e Commando e proseguita nel fumetto con successi stratosferici di vendite come Superman/Batman in coppia con Ed McGuinness e Batman: Hush con Jim Lee, è nel sodalizio con l’amico Tim Sale che Loeb trova la sua voce autoriale più autentica. I monologhi interiori tipici dello scrittore trovano nelle tavole evocative di Sale il naturale completamento, amplificandone la carica iconografica.

Arrivati in Marvel nel 2001, la coppia d’oro inaugura con Daredevil: Yellow una tetralogia di miniserie dedicate a quattro icone della casa editrice, che proseguirà con Spider-Man: Blue, Hulk: Gray e Captain America: White. Il filo che unisce queste quattro opere è il sentimento della malinconia e della nostalgia per il tempo perduto: l’eroe, attraverso l’elaborazione del lutto di una persona cara del suo passato, rivisita le proprie origini e motivazioni, e il lettore con lui. Le primi tre miniserie “dei colori” vengono pubblicate in rapida successione fino al 2008, anno in cui esce il numero 0 di Capitan America: Bianco, dopodiché qualcosa si inceppa, a seguito dei sempre più pressanti impegni professionali della coppia. Sale comincia a lavorare come illustratore per la serie televisiva Heroes; Loeb viene nominato vice presidente esecutivo di Marvel Television, la divisione dei Marvel Studios preposta allo sviluppo di progetti per il piccolo schermo. I numeri successivi di Capitan America: Bianco vengono dunque messi in stand-by, e gli anni passano senza che ne venga annunciata l’uscita. Il progetto viene ormai universalmente considerato abbandonato dai due autori quando nel 2015, a sorpresa, i cinque numeri rimanenti vengono pubblicati in rapida successione concludendo l’opera.  E leggendola, ora che Panini Comics l’ha resa disponibile per i lettori italiani, possiamo dire che è valsa la pena aspettare.

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La storia è ambientata poco tempo dopo il risveglio di Capitan America dalla sua ibernazione nei ghiacci del Polo Nord, dove era caduto al termine della sua ultima avventura durante la seconda guerra mondiale, impresa che era costata la vita alla sua giovane spalla, Bucky Barnes. Steve Rogers si trova ad aggirarsi in un mondo profondamente diverso da quello che conosceva, e la sensazione di solitudine e spaesamento è amplificata dall’assenza del suo giovane partner caduto in battaglia. Il Capitano visita il memoriale dedicato ai due eroi della seconda guerra mondiale, e davanti alla tomba del suo amico si perde nel viale dei ricordi. La memoria torna indietro ad una missione in particolare, svoltasi nella Francia occupata, per dare supporto ai partigiani francesi con la collaborazione di Nick Fury e dei suoi Howling Commandos. Capitan America e Bucky, con l’aiuto dei loro alleati, riusciranno a sventare i piani del Teschio Rosso e a salvare la città di Parigi dalla furia distruttrice nazista.

Il primo aggettivo che viene in mente approcciando Capitan America: Bianco è “classico”.  Ma è proprio questo sapore classico a rendere così speciale questo nuovo lavoro della premiata ditta Loeb/Sale. In un’epoca di reboot e retcon, di stravolgimenti narrativi e di cambiamenti mirati a uniformare personaggi iconici alle loro controparti cinematografiche nella speranza (spesso vana) di attrarre nuovi lettori, Jeph Loeb si propone come portatore della fiaccola della tradizione. Il suo Cap è lo stesso uomo fuori dal tempo, onesto e compassionevole, che abbiamo amato fin dalle storie anni ‘60 di Lee, Kirby e Romita Sr.
Ispirato purtroppo da un drammatico vissuto personale (la scomparsa del figlio Sam a soli 17 anni a causa di un male incurabile), Loeb permea l’opera di un forte sentimento di malinconia e di assenza, rimpianto e ineluttabilità dello scorrere del tempo. Lo scrittore fa imboccare al lettore il viale dei ricordi insieme a Steve Rogers, facendogli ritrovare tutti gli elementi che hanno fatto di Capitan America il più nobile degli eroi e che non lo faranno mai passare di moda: l’intrinseca bontà, nonostante gli costi lo sberleffo di commilitoni più prosaici come Nick Fury, il candore a cui fa riferimento il “bianco” del titolo, e la capacità di incarnare le più nobili aspirazioni dell’essere umano.

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Loeb si conferma un maestro della macchina da scrivere: i suoi testi sono all'insegna di una umanità e sincerità disarmante, i suoi monologhi, intrisi di dolorosa consapevolezza, sono un colpo al cuore. Ad accompagnarci per mano in questo commuovente tuffo nel passato sono le straordinarie tavole di Tim Sale, uno dei pochi artisti, insieme ad Alex Ross, capace di catturare l’essenza iconica di personaggi storici come il Capitano. Le illustrazioni di Sale, degno erede di celebri esponenti del Realismo Americano come Edward Hopper, danno il giusto sapore retrò alla malinconica sceneggiatura di Loeb, non dimenticando di omaggiare allo stesso tempo i disegnatori storici del Capitano, catturato in iconiche pose alla Jack Kirby e alla Jim Steranko. Raramente testi e disegni si sono fusi con tanta efficacia e bellezza come nel caso del duo Loeb/Sale, creando un sodalizio e una continuità artistica che attraversa tutta la “tetralogia” dei colori, e che non viene compromessa neanche dalla sostituzione dei vivaci acquarelli di Matt Holligsworth, compagno di viaggio dei due autori fin da Daredevil: Yellow, con la pur efficace paletta cromatica di Dave Stewart.

Capitan America: Bianco viene proposto in Italia da Panini Comics in un bel volume cartonato formato “Marvel Now”, che si segnala per un eccellente rapporto qualità - prezzo.
Una lettura necessaria per ogni Marvel Fan che si rispetti, capace di catturare lo spirito di un’epoca lontana come un film di Frank Capra o un disco di Glenn Miller.

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