Per i lettori di Comicus il nome di Sergio Gerasi non risulterà nuovo, avendo avuto la possibilità di incontrarlo all’epoca del lancio di Valter Buio. Inizia la sua carriera come disegnatore all’inizio del nuovo millennio, sulle pagine di Lazarus Ledd, per legarsi, poi, al altre serie della Star Comics quali Rourke (copertinista), Jonathan Steele, Nemrod, Cornelio, John Doe, L'Insonne, Trigger, San Michele, Valter Buio e Agenzia Incantesimi. Attualmente collabora con la Sergio Bonelli Editore, come disegnatore di Dylan Dog, e per la quale ha anche realizzato un episodio de Le Storie. Tra le sue molteplici collaborazioni segnaliamo le illustrazioni per le Inchieste a Fumetti per la trasmissione di Michele Santoro, Servizio Pubblico, in onda su La7, il graphic novel realizzato insieme a Davide Barzi, G&G, incentrato sulla figura di Giorgio Gaber, e portato successivamente in tour per i teatri.
In Inverno le mie mani sapevano di mandarino, qui la recensione, è la sua seconda prova come autore completo, la prima per la Bao Publishing, dopo l’esordio con le Tragifavole del 2010, pubblicato dalla ReNoir Comics. In occasione dell'uscita del suo ultimo lavoro, abbiamo scambiato qualche battuta con l'autore.
Allora Sergio, innanzitutto bentornato su Comicus.
Grazie a voi.
In inverno le mie mani sapevano di mandarino è la tua seconda opera completa. Come sei arrivato a questa pubblicazione?
In pratica circa 10 anni fa i ragazzi de Lo Spazio Bianco avevano organizzato la 24 ore di fumetti e quella è stata la prima occasione in cui ho potuto realizzare una cosa totalmente mia, e senza pensarci avevo fatto una storia con queste figure un po’ grottesche, con questi nasoni, però le cose che mi andava di raccontare non erano necessariamente umoristiche o comunque non facevano necessariamente ridere. Dopo un po’ mi sono reso conto che era una strada che mi piaceva come contrasto, una strada che in Italia non è molto sviluppata, magari più in Francia, ed infatti molti editori sono un po’ spaventati da questa cosa del grottesco e anche i lettori ogni tanto, però poi, prima in ReNoir e poi in Bao, quando ho avuto tempo e quando avevo qualcosa da raccontare mi hanno data la possibilità di pubblicare”.
Nonostante siano passati più di dieci anni dal tuo debutto nel mondo dei fumetti sono solo due i lavori che hai realizzato da solo, preferendo occuparti principalmente del disegno. Ben quattro anni tra un lavoro e un altro. Come mai?
Infatti sono passati un bel po’ di anni. Diciamo che non essendo uno sceneggiatore di professione racconto una storia ogni quattro anni, quando proprio ho qualcosa da raccontare.
Ed allora parlaci di questo nuovo graphic novel.
Questa è la parte più difficile in quanto dentro c’è tanta roba. È una storia che parla di ricordi e memorie. Volevo analizzare come il passato, quindi i ricordi, influiscano in maniera diversa sul presente, e di come influiscano a secondo della persona che sei. Partiamo dal protagonista, che, da come si può vedere sulla copertina, ha una cerniera sulla testa e non si ricorda nulla. A un certo punto della sua vita ha deciso di chiudere la cerniera e questo gli ha permesso di vivere una vita piatta senza ricordi. Di contro c’è la nonna del protagonista, che è malata di Alzheimer, quindi lei, essendo una persona anziana i ricordi le perde, senza volerlo, però, essendo anziana, sono l’unica cosa che le resta. Questo contrasto è l’introduzione dal quale, poi, prende il via un’avventura per mare con partenza da Milano.
Quanto di autobiografico troviamo in questa storia?
Molto naturalmente, ma come capita sempre quando decido di scrivere e raccontare qualcosa di totalmente mio, non rimango sul racconto autobiografico. Uso l’esperienza personale solo come punto di partenza, come scintilla iniziale, dopodiché la storia parte e prende la sua strada, spesso condita con un senso metaforico grottesco. Il mio utilizzo del grottesco è sempre e comunque funzionale a raccontare la realtà, vista in maniera iperbolica, forse, ma questo mi permette di comunicare velocemente e con più forza quello che intendo.
Sfogliando velocemente il volume, risalta la scelta cromatica di questi buffi mostri colorati che contrastano con il bianco e nero del resto del volume. Chi sono questi mostri?
Questi rappresentano, in maniera un po’ ironica, i mostri che vediamo. Il protagonista ha subito degli shock durante il suo passato per cui si chiude la testa, non ricorda più nulla, però piano piano inizia a vedere questi mostriciattoli.
In che maniera il romanzo di avventura ha influenzato la seconda parte della storia, quella in cui il protagonista parte per il viaggio alla ricerca di Onalim? Sei un fan del genere?
Sono sempre stato affascinato dal mare (difficile non esserlo) e dalle tante fantasie avventurose che scatena l’ignoto. Siamo andati sulla Luna, ma non così a fondo sul nostro pianeta, forse. In ogni caso quella parte di racconto mi serviva narrativamente per inserire un velato richiamo a Italo Calvino, più che a Salgari (o a Melville, per esempio) - e alle sue Città Invisibili. Il protagonista della mia storia infatti viaggia per città e isole molto particolari, esagerate nelle loro caratterizzazioni, ma che poi alla fin fine sono sempre Milano, scomposta e ricomposta ogni volta in una sua sfaccettatura diversa.
Sbaglio o ho letto un chiaro omaggio al personaggio di Hugo Pratt, Corto Maltese, nello stile di Nani al momento della partenza?
Sì c’è un passaggio in cui viene citato esplicitamente Corto Maltese, ma è volutamente ironico, leggero, per non rischiare di prendersi troppo sul serio. Come quasi tutti stimo immensamente Hugo Pratt per cui ho preferito andarci cauto con l’omaggio, anche perché lo stile e il carattere della storia si distaccano molto dalle atmosfere di Corto Maltese.
Lungo il suo viaggio, il protagonista incontra molte personalità legate alla storia e alla cultura, sia nostrana che internazionale, degli ultimi 100 anni. Ce ne vuoi presentare qualcuna in particolare e spiegarci il perchè di questa scelta/presenza?
In alcuni casi ho preso dei volti conosciuti (ma modificandoli in alcuni particolari fisiognomici) per attinenza tematica, altre volte invece devo dirvi che sono casuali, semplicemente un puro devertissement: ero curioso di sapere chi li avesse notati per primo. Bravissimo!
L'intera storia si svolge a Milano. E nel suo viaggio, sia fisico che metafisico, la città lombarda si mostra in tutte le sue molteplici facce. Sveste i panni di semplice scenario per diventare protagonista. Che ruolo ricopre nell'economia globale del racconto? in che maniera influenza le scelte del protagonista?
Quello del ‘luogo come protagonista’ è un tema che si trova spesso nella letteratura prima di tutto, ma anche nel cinema e nei fumetti. A dirvi la verità non era mia intenzione dare a Milano un ruolo così centrale, ma inevitabilmente, se vivi molto intensamente la tua città, nell’amore e nell’odio, questo si riflette fortemente anche nelle storie. Inoltre Milano, se riesci a capirla e ad accettarla nelle sue contraddizioni, ha un carattere preciso e può offrire molto: io ci son nato e cresciuto per cui questa visione del luogo dove vivo si riflette nelle storie che poi racconto.
Negli anni di studio, quali sono stati i tuoi miti, e a chi, ancor oggi, da disegnatore affermato, ti ispiri per trarre nuovi stimoli e nuove soluzioni grafiche?
I primissimi miti, da ragazzino, erano sicuramente i disegnatori Disney, uno su tutti Cavazzano. Crescendo l’attenzione s’è spostata -a fasi altalenanti- sugli autori Bonelli e sui disegnatori di supereroi. Ho avuto, come penso in molti, la “fase Adam Hughes”, che ha portato alla pazzia tanti disegnatori. Riguardo a questa fase io cito sempre anche altri grandissimi, come Alan Davis o Stuart Immonen. Una delle ultime “fasi” è stata quella del passaggio al pennello che mi ha portato a divorare albi disegnati da Jordi Bernet, Alex Toth e Zaffino. Poi c’è Alberto Breccia, ma lasciamo lì dov’è, sul piedistallo più alto. Ultimi ma solo per un puro caso i miei colleghi italiani (ne cito alcuni ma sarebbero davvero moltissimi): i maestri Sergio Toppi e Attilio Micheluzzi - Mastantuono, Ambrosini, Frezzato, Fior, Bacilieri. Tra i contemporanei stranieri non posso non citare Larcenet, Pedrosa e Peeters.
Sei in giro ormai da circa 15 anni, e il tuo nome è legato principalmente all'attività di disegnatore. Come sceneggiatore quali sono gli autori con i quali hai collaborato che ti hanno influenzato maggiormente?
Le due fasi più importanti della mia carriera sono coincise con la collaborazione con due (tanto diversi quanto forti) sceneggiatori: Ade Capone (per il mio esordio) e Alessandro Bilotta (per la svolta). Capone mi lanciò nella mischia facendomi esordire poco più che ventenne. Il mio tratto francamente era ancora acerbo, ma lui vide qualcosa nel mio approccio al disegno, alla professione e al lavoro che evidentemente lo convinse a farmi pubblicare così giovane. Alessandro Bilotta poi, dopo quasi dieci anni di pubblicazione in casa Star Comics, mi affidò una parte importante del lavoro visivo legato a Valter Buio (nell’arco di un anno ho disegnato quasi tre numeri) - una serie che ebbe un ottimo successo e un enorme affetto dei lettori, che ancora oggi lo richiedono a gran voce su internet e alle fiere. Un piccolo grande successo che, almeno personalmente, mi ha aperto le tanto ambite porte della Sergio Bonelli Editore. O meglio le aprirono loro e ci entrai di corsa.
In chiusura una finestra sui tuoi progetti attuali e futuri.
Il mio impegno principale continua ad essere il lavoro quotidiano su Dylan Dog, ho appena terminato una storia scritta da Mignacco e sono già al lavoro su una nuova sceneggiatura horrorissima di Paola Barbato. Continuo, quando serve, a disegnare le inchieste a fumetti per la trasmissione tv Servizio Pubblico di La7 (o anche per Anno Uno, all’occorrenza). Sto registrando un nuovo disco con una nuova band. Continuo gli spettacoli teatrali di G&G (con i Formazione Minima) e ora comincerà il tour di presentazioni di In Inverno le mie mani sapevano di mandarino (Gipi direbbe IILMMSDM). Sempre con i Formazione Minima abbiamo anche pensato uno spettacolo ad hoc per le presentazioni del libro, speriamo di avere tante occasioni di mostrarlo. Sto illustrando il libro di cocktail di uno tra i migliori bartender italiani e non solo, Oscar Quagliarini… e sono diventato papà da poco più di un mese.