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Panini Comics presenta le novità Disney a Lucca Comics & Games 2018

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Riceviamo e pubblichiamo:

"Tante novità per celebrare un compleanno importante: i 90 anni del topo più famoso del mondo, Topolino!

E in più, un ricco calendario di appuntamenti con grandi autori

Milano, 29 ottobre 2018 – Panini Comicssarà presente anche quest’anno a Lucca Comics & Gamescon una ricca serie di novità Disney. Appuntamento dal31 ottobre al 4 novembre 2018come consueto al PalaPanini, in piazza San Martino, e al Panini Store presso il Baluardo San Paolino.

L’edizione di Lucca 2018 sarà segnata da un anniversario davvero importante: i primi 90 anni di Topolino, il personaggio che ha dato vita a tutta l’epopea disneyana e il cui compleanno ricorre il 18 novembre. Le principali novità editoriali presentate saranno quindi dedicate al topo più famoso del mondo e a celebrarlo a Lucca saranno autori del calibro del Maestro Giorgio Cavazzano, Casty, Silvia Ziche, Corrado Mastantuono o Claudio Sciarrone, solo per citarne alcuni.

TOPOLINO: COVER VARIANT D’AUTORE
Il settimanale Topolino 3284, in edicola da mercoledì 31 ottobre proprio in concomitanza con l’inizio della manifestazione, offrirà ai lettori e appassionati una cover variant da collezione disegnata dal grande Maestro Massimo De Vita, impreziositadalavorazioni speciali e rilievi metallizzati: un Topolino degli anni Venti dà la mano al Topolino dei giorni nostri, per un incontro tra passato e presente che abbraccia idealmente il futuro che verrà.
Anche la cover regular è d’autore, con la firma di Casty e mostra i personaggi di Topolinia tra passato e presente.
Il numero in edicola il 31 ottobre vedrà poi una storia-evento da non perdere: “Tutto questo accadde domani” di Casty e Massimo Bonfatti, che è stata preceduta da quattro prequel sui numeri precedenti. Una storia da leggere tutta d’un fiato, in cuii personaggi del presente interagiscono con quelli del passato, e che arriva dopo tre anni dal grande successo di “Tutto questo accadrà ieri”. Gli autori incontreranno i lettori giovedì 1 novembre alle 12, al Palazzo Ducale, per raccontare il dietro le quinte di questa storia da non perdere.

OMAGGIO A MICKEY 90
Nel corso degli ultimi mesi il settimanale Topolino ha iniziato a celebrare l’omonimo personaggio con storie e iniziative che, settimana dopo settimana, stanno avvicinando il lettore al grande numero celebrativo 3286 del 14 novembre, che festeggerà ufficialmente il compleanno a cifra tonda.
A Lucca non si poteva certo perdere l’occasione per celebrare questo anniversario importante: una serie di pubblicazioni di altissima qualità e da collezione, firmate da grandi autori, mostrerà Topolino nelle sue varie sfaccettature e in situazioni tra loro molto diverse.

Topolino presenta “La Strada”
Un’edizione da non perdere, firmata dal grande Maestro Giorgio Cavazzanocon i testi di Massimo Marconi, della parodia cinematografica del capolavoro di Federico Fellini “La Strada”. Una versione resa ancora più speciale dal restauro delle tavole, qui riproposte per la prima volta in maxi-formato cartonato e con sovraccoperta poster da collezione. Giorgio Cavazzano sarà anche protagonista al Palazzo Ducale venerdì 2 alle ore 12di un incontro dal titolo “Topolino e il cinema disegnato”, dedicato alle grandi rivisitazioni cinematografiche che il settimanale ha regalato ai suoi lettori negli ultimi anni.

Topolino e gli Ombronauti
Con la firma di Casty, il volume raccoglie la storia completa pubblicata dal settimanale nel 2012, che vede Topolino impegnato in una storia fanta-mistery tra strani personaggi, dimensioni alternative e misteri da svelare. Un volume in grande formato cartonato da collezione e con sovraccoperta poster.

Topolino e il Fiume del Tempo
Un’altra storia-cult, scritta da Tito Faraci e Francesco Artibani, con i disegni di Corrado Mastantuono, pubblicata per la prima volta in occasione dei 70 anni del personaggio, a Lucca in prestigioso maxi-formato cartonato.

Il Grande Mickey
8 storie per un protagonista straordinario. Pioniere, avventuroso, divertente, accogliente, curioso, creativo, ottimista, altruista… 8 aggettivi per descrivere Mickey, e 8 avventure per vederlo in azione, realizzate da alcuni degli autoridel fumetto Disney italiano che hanno appassionatoi lettori di tutto il mondofra cui Scarpa, Cavazzano, Casty, Mottura, Faraci, Artibani e De Vita. Un’edizione da collezione, con cover cartonata.

LE ALTRE GRANDI ANTEPRIME A LUCCA COMICS
Non solo Topolino: a Lucca gli appassionati troveranno tante altre storie da collezione e grandi autori!

La nuova storia e gloria della dinastia dei paperi – DeLuxe Edition

La saga Storia e gloria della dinastia dei Paperi, scritta da Guido Martina e disegnata da Romano Scarpa e Giovan Battista Carpi nel 1970, narrava la genealogia della famiglia dei Paperi, dall’antico Egittofino alla corsa all’oro nel Klondike.Alessandro Sisti e Claudio Sciarronene raccolgono l’eredità e raccontano l’evoluzione della “dinastia pennuta” nel futuro attraverso sei nuove “avventure genealogiche” più un prologo, che ci trasporteranno in epoche e luoghi non ancora esplorati dall’immaginazione.Il volume è impreziosito dalla revisione dei colori di Claudio Sciarrone.

Extra Edition – Avventure esplosive con Bum Bum Ghigno
Una raccolta di esilaranti avventuredi Bum Bum Ghigno, tutte scritte e disegnate da Corrado Mastantuono, con cover metallizzata inedita.

Witch Art Edition vol. 4
Arriva a Lucca il quarto volume della serie che raccoglie la saga de “I dodici portali”. Un’edizione preziosa con la cover inedita e contenuti speciali firmati da Mirka Andolfo, già piccola Witch lettrice oggi diventata grande fumettista internazionale. Mirka Andolfo incontrerà i lettori proprio su questo tema mercoledì 31 alle ore 12 al Palazzo Ducale.

INCONTRI CON GLI AUTORI E SIGNING SESSIONS
Gli autori Mirka Andolfo, Emmanuele Baccinelli, Massimo Bonfatti, Casty, Giorgio Cavazzano, Corrado Mastantuono, Nico Picone, Claudio Sciarrone, Stefano Zanchi e Silvia Ziche saranno a disposizione al PalaPanini nel corso della manifestazione per incontrare i lettori e firmare le copie acquistate. Per informazioni sugli orari: www.topolino.it e i canali social del magazine.

•   Venerdì 2 novembre ore 14.30 (Sala San Giovanni): “Novant’anni a matita”, con Giorgio Cavazzano, Casty, Corrado Mastantuono e Silvia Ziche
Un appuntamento da non perdere, con i grandi autori Disney che ripercorreranno la tradizione a fumetti che ha visto protagonista l’amato personaggio Topolino nel corso dei decenni. Saranno presenti il Direttore editoriale Alex Bertani, il Direttore Responsabile Marco Marcello Lupoi e il Direttore Mercato Italia Collectibles Antonio Allegra. Seguirà alle ore 17 il Quizzone, per una sfida all’ultima domanda sulla storia del Topo più amato del mondo.

LO STICKER ALBUM TOPOLINO STICKER STORY
In occasione di Lucca Comics&Games sarà presentato anche Topolino Sticker Story, l’album di figurine che ripercorre la lunga storia del topo più amato. Un album da non perdere, composto da 130 figurine normali, 86 arrotondate, 36 metalliche e 24 brillanti! E in più, 36 card da collezione! Figurina dopo figurina, sarà possibile comporre un’inedita storia a fumetti scritta e disegnata da Casty. Inoltre, a sorpresa nelle bustine normali si troveranno in sostituzione delle card della raccolta anche delle speciali e rarissime sketch card d’autore, non numerate e fuori collezione, firmate da grandi artisti come Casty, Giorgio Cavazzano, Fabio Celoni, Stefano Intini, Corrado Mastantuono, Paolo Mottura, Lorenzo Pastrovicchio, Alessandro Perina, Claudio Sciarrone e Silvia Ziche.
Questo indispensabile album esiste in 2 varianti: una brossurata ed una cartonata. I cofanetti con l’album cartonato hanno come contenuto speciale una maxi card esclusiva.
Per i super collezionisti, un’ulteriore sorpresa, la Limited, stampata in sole 1000 copie numerate, che verrà venduta solo on-line il 16 novembre con un contenuto davvero speciale: una litografia esclusiva del maestro Cavazzano.
Ma non è finita qui! La collezione più ricca di sempre infatti, può vantare anche una serie di 14 personaggi 3D, raffiguranti i protagonisti più amati dei fumetti, disponibili in tutte le edicole in confezione flow-pack, in vendita abbinata ad una bustina."

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Spiriti della Vendetta: L'alba dei Figli della Mezzanotte, recensione: Catene e Fuoco Infernale

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Dopo aver segnato profondamente la scena fumettistica degli anni ’80, l’onda lunga del revisionismo si riversò fino alla prima metà degli anni ’90. Se nel decennio appena conclusosi le opere di Alan Moore e Frank Miller avevano definitivamente posto fine all’innocenza dei supereroi, quello che si apriva fu caratterizzato dal proliferare di titoli dedicati ad anti-eroi nerboruti ed ipertrofici, che del movimento revisionista riprendevano solamente le caratteristiche più superficiali ed esteriori. Fu l’occasione, per una nutrita schiera di psicopatici in costume senza spessore, di fare bella mostra di sé sugli scaffali delle fumetterie, mandando provvisoriamente in pensione gli eroi più classici, la cui morale sembrava ormai superata. Il culmine di questa tendenza fu rappresentato ovviamente del debutto della Image Comics nel 1992, e dalla sgangherata produzione di Rob Liefeld in particolare.

Senza raggiungere tali livelli di tamarro splendore, anche le "Big Two" erano decise a cavalcare l’oscurità che era scesa sul comicdom a stelle e strisce. Mentre la DC aumentava esponenzialmente le proposte dedicate a Batman, l’unico tra gli eroi classici a poter beneficiare della nuova ventata dark e che poteva contare inoltre sullo straordinario successo delle pellicole a lui dedicate firmate da Tim Burton, la Marvel investiva notevoli risorse editoriali sui badass presenti nel suo paniere: l’onnipresente Wolverine, il membro più carismatico dei campioni di vendite X-Men, il Punitore, comprimario delle collane di Spider-Man ormai assurto a star di prima grandezza e, per finire, un personaggio ripescato dalle collane horror degli anni ’70 il cui rilancio si era rivelato un successo di dimensioni inaspettate: Ghost Rider.

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Nella sua prima incarnazione storica, quella di Johnny Blaze, stuntman che stringe un patto con Mefisto per salvare la vita del suo patrigno e finisce per essere posseduto dal demone Zarathos, Ghost Rider era stato un personaggio di culto ma la sua collana non aveva mai navigato ai vertici delle classifiche di vendita. Nessun poteva quindi prevedere che il suo reboot, il cui primo numero usciva nel maggio 1990, potesse ottenere un successo tale da rivaleggiare, almeno nella sua prima fase, con i mutanti preferiti di mamma Marvel. I motivi principali di questo risultato sono da ricondurre alla perfetta sintesi tra le sceneggiature di Howard Mackie, venate di atmosfere cupe ed horror pur non rinunciando agli elementi tipici da telenovela supereroistica (relativi soprattutto alle origini avvolte nel mistero del protagonista), e un comparto visivo in cui facevano il loro debutto presso il grande pubblico due artisti come Javier Saltares e Mark Texeira. Quest’ultimo in particolare sarebbe diventato uno dei beniamini assoluti del pubblico di quei primi anni ’90 e, dopo aver chinato con i suoi neri tenebrosi le matite di Salteres nei primi numeri, ben presto si assunse l’intero onere della parte grafica donando alla serie un look ancora più aggressivo.

Protagonista di questa seconda iterazione del Rider non era però Johnny Blaze, ma una creazione originale del trio di autori, Dan Ketch. Quest’ultimo era stato l’involontario testimone di un  regolamento di conti tra bande rivali nel cimitero di Cypress Hill, e aveva trovato la salvezza incappando in una motocicletta con un appariscente medaglione posizionato sul cruscotto. Toccando il medaglione, Dan si era trasformato in Ghost Rider, cominciando una lotta quartiere contro i criminali, ai quali infliggeva il suo “sguardo di penitenza” grazie al quale otteneva vendetta per le loro vittime. Le gesta del nuovo Ghost Rider attirano ben presto l’attenzione di Blaze, convinto che si tratti di Zarathos, il demone che l’ha a lungo posseduto e tormentato. Torna così a New York per ucciderlo, ma realizza ben presto che questo nuovo Rider più compassato e a tratti malinconico non è il demone che pensava. Dotato di un fucile che emette fuoco infernale, Johnny monta in sella a una moto e percorre insieme a Ghost Rider le strade degli USA per vendicare gli innocenti, formando così il duo degli Spiriti della Vendetta.

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La serie incarnò lo zeitgeist del momento: Blaze era modellato sulle fattezze del divo televisivo Lorenzo Lamas, mentre una colonna sonora hard rock a base di Guns & Roses, Poison o Skid Row sarebbe stata del tutto consona alle sue avventure in coppia col centauro infuocato. Nel 1992 la Marvel decise di ampliare il suo parco testate dedicato al soprannaturale, a partire da una seconda collana dedicata a Ghost Rider e a Blaze, per rispondere al crescente successo della linea editoriale Vertigo della DC Comics. L’etichetta aveva scosso l’industria con prodotti e tematiche più adulte rispetto al tipico fumetto di supereroi dell’epoca, e con la sua serie portabandiera Sandman proponeva ogni mese un racconto a fumetti intriso di grande qualità letteraria e atmosfere suggestive grazie alla penna colta del suo sceneggiatore, Neil Gaiman. La Casa delle Idee, che viveva un momento piuttosto conservatore della sua storia, non si avventurò in territori d’autore come la sua eterna rivale, limitandosi a rivisitare il suo nutrito gruppo di personaggi horror in un contesto supereroistico piuttosto tradizionale. La nuova linea, dalla vita editoriale effimera, venne chiamata Midnight Sons, e fu lanciata attraverso un crossover tra più testate, che Panini Comics ristampa integralmente nel volume Spiriti della Vendetta: L’Alba dei Figli della Mezzanotte.

La storia si dipanò attraverso la serie di Ghost Rider, la sua gemella Spiriti della Vendetta, e le debuttanti per l’occasione Morbius, Nighstalkers e Darkhold. Il tutto partiva da una visione di Dan Ketch, l’alter-ego di Ghost, in cui la demonessa Lilith e la sua progenie, dopo secoli di esilio, tornavano sulla terra per conquistarla. Sotto la supervisione del Dr. Strange, Blaze e il Rider iniziavano così una corsa contro il tempo per radunare gli alleati mostrati dalla profezia: Morbius, il vampiro vivente avversario dell’Uomo Ragno; i Nightstalkers, squadra di cacciatori del soprannaturale formata da Blade, il vampiro Hannibal King e Frank Drake, discendente di Dracula schierato dalla parte del bene; le studiose di occulto Victoria Montesi e Louise Hastings, custodi delle pagine del libro maledetto Darkhold. Il volume rappresenta quindi un gustoso carosello di eroi dark e anticonvenzionali, in bilico tra bene e il male come Morbius, che sceglie di cibarsi solamente del sangue dei colpevoli, o come il mezzosangue Blade, di li a qualche anno protagonista di una trilogia cinematografica interpretata da Wesley Snipes. Inutile dire che la strana allenza di antieroi riuscirà a prevalere un attimo prima che tutto sia perduto, ricacciando Lilith nel suo esilio… per il momento.

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Nonostante il tentativo della Marvel di differenziare la linea dei Midnight Sons dal resto della sua produzione, L’Alba dei Figli della Mezzanotte rispecchia in toto le caratteristiche del tipico fumetto di supereroi mainstream dell’epoca, seppur virate in tono dark e horror: un Howard Mackie in ottima forma confeziona una saga avvincente e piacevolissima da leggere, coadiuvato da Chris Cooper (Darkhold), D.G. Chichester (NightStalkers) e Len Kaminski (Morbius) che hanno il non facile compito di lanciare le nuove collane e allo stesso tempo raccogliere il testimone dall’autore di Ghost Rider nei capitoli centrali della storia.

Ma è il reparto visivo a fare la parte del leone, con la consacrazione di giovani promesse della matita che diventeranno star del settore, primi fra tutti i fratelli Andy & Adam Kubert, figli della leggenda dei comics Joe Kubert. I due fratelli si dividono le serie dedicate a Ghost, con Andy alle prese con Ghost Rider e Adam con Spirits of Vengeance. Le loro tavole sono un tripudio di splash-page di grande impatto dominate da figure monumentali e muscolari: è evidente l’influenza dello stile Image che sta dominando il settore in quel momento storico, ma anche la presenza di un’impostazione classica di base, mutuata dal celebre padre, che porterà i due fratelli ad essere a tutt’oggi delle star di primo livello. E a proposito di Joe Kubert, ritroviamo il suo caratteristico tratteggio nelle chine degli episodi di Ghost Rider, aggiungendo forza alle già spettacolari tavole del figlio Andy. Nelle pagine di Nighstalkers assistiamo al debutto in Marvel di un altro beniamino dei giorni nostri, Ron Garney, che lascia intuire il talento che esploderà negli anni successivi su serie come Captain America, X-Men e Daredevil nonostante le pesanti chine del veterano Tom Palmer. Completano il composito cast di artisti Ron Wagner, mestierante molto attivo in quegli anni, qui alle matite di Morbius, e Richard Case, disegnatore di scuola "Vertigo" che aveva illustrato la bizzarra Doom Patrol di Grant Morrison e che ritroviamo al comparto grafico di Darkhold: peccato che il suo tratto stilizzato e poco appariscente sia del tutto fuori contesto, in quello che rimane il capitolo più debole della saga.

In appendice al volumoso cartonato proposto da Panini troviamo anche Spirits of Venom, saga in quattro capitoli che si sviluppò sulle pagine di Spirits of Vengeance e Web Of Spider-Man, ragno-collana scritta anch’essa all’epoca da Howard Mackie. La storia non è altro che una colossale zuffa tra Ghost Rider, Blaze, Spider-Man e Venom, personaggio che ben rappresenta un periodo fumettisticamente controverso come gli anni ’90, e aggiunge ben poco alla qualità generale del volume. Di tutt’altro livello la storia breve in chiusura, una chicca tratta dall’antologico Midnight Sons Unlimited, scritta da Mackie e disegnata dal veterano Klaus Janson, che vede Ghost Rider e Johnny Blaze indagare su una serie di efferati omicidi che sta sconvolgendo una comunità di provincia. Una piccola gemma d’autore per il canto del cigno di un’etichetta che, nella sua breve vita, seppe comunque interpretare il gusto del momento e lasciare un buon ricordo nei lettori dell’epoca. Non così male, per un esperimento non riuscito.

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La Sensazionale She-Hulk - Marvel Omnibus, recensione: l'innovativo e geniale classico di John Byrne

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Quando John Byrne tornò alla Marvel nel 1989 era uno degli autori più importanti del fumetto americano, un’autentica superstar, il cui nome sulla copertina era sufficiente a decretare il successo di una testata. L’autore anglo-canadese (poi naturalizzato statunitense), stanco di sottostare ai diktat di Jim Shooter (editor in chief alla Marvel fino al 1987), aveva passato qualche anno alla DC Comics, dove era riuscito nel non facile compito di rinnovare un’autentica icona della nona arte come Superman. Forte di questo risultato, fece ritorno alla Casa delle Idee per dedicarsi a serie secondarie, fiducioso che, in questo modo, avrebbe potuto lavorare con una maggiore libertà creativa. Per cominciare, prese le redini dell’agonizzante West Coast Avengers dove, in pochi numeri, riscrisse completamente la storia di parecchi membri degli Eroi più potenti della Terra e dove, tra le altre cose, introdusse la versione oscura di Scarlet, un concept che sarà utilizzato molti anni dopo da Brian Michael Bendis, per la realizzazione della fondamentale saga Vendicatori Divisi. Ma, nello stesso anno, Byrne fu incaricato di rilanciare anche un altro personaggio in cerca di riscatto, l’esuberante Jennifer Walters, alias She-Hulk.

Nata nei primi anni Ottanta del secolo scorso, con il preciso intento di sfruttare la popolarità della serie televisiva dedicata a Hulk, interpretata da Bill Bixby e Lou Ferrigno, She-Hulk fu la protagonista di una breve serie di 25 numeri. Nel primo episodio, opera di due mostri sacri come Stan Lee e John Buscema, il lettore viene subito informato che l’avvocato Jennifer Walters è la cugina (mai nominata prima di allora) di Bruce Banner. Sarà proprio l’alter ego di Hulk a determinare la trasformazione di Jennifer in una versione femminile del Golia Verde. Infatti, ferita in uno scontro a fuoco, riuscirà a salvarsi solo grazie a una trasfusione di sangue del cugino. Le radiazioni gamma presenti nel sangue di Bruce, però, determineranno la trasformazione di Jennifer in una gigantessa verde. She-Hulk, come fu battezzata, era molto simile all’essere in cui si trasformava il suo più celebre parente, tranne che per una caratteristica, che diventerà, poi, fondamentale. Jennifer, infatti, quando diventava She-Hulk, non perdeva mai coscienza di sé. Proprio grazie a questa differenza, nel tempo il personaggio subì un profondo restyling, che ebbe inizio con il suo approdo nelle fila dei Vendicatori (all’epoca scritti da Roger Stern) e che culminò con l’ingresso nei Fantastici Quattro, per sostituire la Cosa dopo le prime Guerre Segrete (durante il famoso ciclo del quartetto, scritto e disegnato proprio da Byrne). Già in queste storie il personaggio cominciò a mostrare uno spiccato sense of humor, oltre a una buona dose di malizia. Byrne, inoltre, aumentò sempre di più il suo sex appeal, esaltando con il suo tratto morbido le generose forme dell’eroina.

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Quasi come una sorta di preludio alla sua nuova serie personale, nel 1985 la Marvel affidò sempre a Byrne la realizzazione di un graphic novel dedicato all’eroina: la storia era un puro pretesto per sottolineare la carica erotica del personaggio, oltre che per rimarcarne le forti potenzialità umoristiche. Se Byrne non avesse lasciato la Marvel poco dopo, probabilmente si sarebbe arrivati alla nuova serie di She-Hulk in un tempo più breve. Difficile pensare, però, che con le restrizioni imposte dal Comics Code (l’organo di censura che aveva ancora potere di veto sulle scelte editoriali), l’autore avrebbe potuto godere fin da subito di una forte autonomia creativa. A ben vedere, il prestigio accumulato nei pochi anni passati alla DC, gli servì soprattutto per accrescere il proprio potere negoziale nei confronti degli editor, attenti a far sì che gli autori non infrangessero in maniera evidente le regole del suddetto codice.

Byrne aveva ben in mente cosa fare con She-Hulk. Il personaggio si era ormai evoluto in qualcosa di completamente diverso da una mera controparte femminile di Hulk ed era arrivato il momento di sfruttarne appieno le enormi potenzialità. A sancire il deciso cambio di direzione, la nuova testata non utilizzò il nome della serie del 1980, Savage She-Hulk, ma quello del graphic novel del 1985 Sensational She-Hulk. Fin dalla copertina del primo numero, Byrne mise in chiaro le sue intenzioni: una sfrontata She-Hulk a mezzo busto si rivolge direttamente ai lettori, minacciando la distruzione della loro collezione degli X-Men (allora saldamente in testa alle classifiche di vendita) in caso di mancato acquisto della testata a lei dedicata. L’umorismo in una serie di super-eroi non era una novità. Proprio negli anni della permanenza di Byrne alla DC, Keith Giffen e J.M. DeMatteis avevano trasformato la Justice League in una divertente commedia super-eroica, ma si erano ben guardati dallo spingersi oltre. Solo il compianto Steve Gerber, una decina di anni prima, aveva tentato la strada del meta-fumetto, ma il suo Howard the Duck era un personaggio che satireggiava i costumi e la politica degli Stati Uniti dell’epoca, non un eroe che prendeva in giro le regole stesse del fumetto.

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Nei primi otto numeri, Byrne regalò ai lettori una trovata dopo l’altra, She-Hulk non solo era consapevole di essere all’interno di un fumetto, ma dialogava direttamente con il suo autore, spesso per rimproverarlo degli avversari da lui scelti per combatterla (tra i più ridicoli del cosmo Marvel). Naturalmente Byrne non voleva che la serie di She-Hulk fosse solo una sequenza di gag senza capo né coda. Da abile narratore non fece mai mancare una trama solida alle storie della Gigantessa di Giada. È vero, però, che ogni nuovo albo rappresentava per l’autore americano la possibilità di spingersi oltre, di infrangere una nuova regola. Voleva che She-Hulk fosse davvero un fumetto rivoluzionario. Stava, addirittura, per far apparire Lex Luthor (lo si intravede seminascosto in qualche vignetta come Signor L.) e per prendere in giro uno dei grandi successi cinematografici dell’epoca, Chi ha incastrato Roger Rabbit? (in originale Who framed Roger Rabbit?). Infatti, la copertina del numero nove, già completata da Byrne, è ormai rintracciabile solo sul web o su qualche rivista specializzata e vi si legge il titolo Who framed Roger Robot? in cui si vede una She-Hulk vestita da avvocato, che discute con un robot umanoide dietro le sbarre. Questa storia, però, non vide mai la luce in quanto l’editor Bobbie Chase pensò che Byrne avesse davvero esagerato, e non volle correre il rischio di far arrabbiare la Disney (che con la sua Touchstone Pictures aveva prodotto il film di Robert Zemeckis assieme alla Amblin di Steven Spielberg). Byrne, noto per non essere una persona conciliante, non la prese bene e abbandonò la testata. Per il numero nove si ricorse a un fill-in, e dal numero successivo la serie venne affidata ad altri autori (tra cui proprio Steve Gerber), nessuno dei quali, però, riuscì a replicare lo stile di Byrne. Lui stesso, con il passare dei mesi, si rese probabilmente conto che i tempi non erano maturi per scelte narrative così radicali, per cui, non appena Bobbie Chase passò la mano alla nuova editor Renée Witterstaetter, accettò di tornare alle redini della testata con il numero 31.

Considerando la serie una sua creatura, non tenne minimamente in considerazione il lavoro di chi lo aveva sostituito per parecchi mesi, riuscendo addirittura a scherzarci su in copertina, dove lo si vede portato via da She-Hulk, prima di poter cambiare il numero dell’albo da 31 a 9. Nella nuova run Byrne non tentò più di andare oltre certi limiti, proseguì semplicemente a ironizzare sui confini della censura, sfruttando sempre di più la sensualità della sua eroina, a prendersi gioco della storia della Marvel e a frantumare definitivamente la cosiddetta quarta barriera tra fumetto e mondo reale. Arrivati al numero 50 (un bellissimo albo celebrativo dove, tra gli altri, Frank Miller, Walt Simonson e Howard Chaykin si divertono a scherzare sulle loro opere più famose) Byrne diede l’addio definitivo alla serie. Consapevole che il fumetto americano stava cambiando (erano i primi anni dell’Image Comics e l’epoca i cui gli autori riuscivano ad affermare la propria voce), fu anche lui attratto dalla possibilità di detenere i diritti delle proprie opere. Iniziò a lavorare con la Dark Horse su Next Men e su altre collane minori di sua creazione. Il successo, però, non arrivò. I lettori più giovani erano maggiormente interessati agli eroi ipertrofici di Rob Liefeld e Todd McFarlane e il prestigio di Byrne, a poco a poco, si esaurì.
Leggere, oggi, le storie di Deadpool o andare al cinema a vedere i suoi film, non può non far pensare, con un po’ di amarezza, a quanto Byrne fosse in anticipo sui tempi. La comicità dell’alter ego di Wade Wilson spesso sfrutta gli stessi trucchi narrativi messi a punto dal nostro John sulle pagine di She-Hulk, ma ormai, purtroppo, sono davvero in pochi a ricordarselo.

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L’omnibus edito da Panini Comics, da poco disponibile nelle fumetterie, è uno splendido volume cartonato di oltre 600 pagine, che racchiude tutte le storie di Sensational She-Hulk realizzate da Byrne (compreso il simpatico preludio apparso su Marvel Comics Presents) e che rende finalmente giustizia a quest’opera fondamentale del fumetto popolare americano la quale, pur essendo stata pubblicata quasi trent’anni fa, non sembra invecchiata di un giorno. Il costo è un po’ elevato, ma, fidatevi, ne vale la pena.

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Eroi Marvel in bianco e nero - Stan Lee & John Romita – Spider-Man, recensione

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Panini Comics prosegue la sua collana da libreria Eroi Marvel in Bianco e Nero con un volume dedicato all’Uomo Ragno di John Romita Sr. e Stan Lee. Il target di riferimento di questi tomi sono innanzitutto gli estimatori della produzione artistica della Casa delle Idee, infatti la volontà di pubblicare le tavole in bianco e nero mette in risalto il lavoro degli artisti, in questo caso di Romita Sr., grazie anche a un formato deluxe 18.3X27.7, ma anche il lettore casuale potrà godere di uno spettacolare volume da inserire in libreria.

Il volume raccoglie i 10 episodi di Amazing Spider-Man che partono dal numero 47 dell’aprile del 1966 al 56 del gennaio 1967 e attinge a pieni mani da quella che viene comunemente definita come l’epoca d’oro del personaggio. Nello specifico, gli albi qui raccolti sono particolarmente importanti per l’evoluzione stilistica della serie.
Il personaggio, nato nel 1962, era stato creato da Stan Lee e Steve Ditko. Lee, che tendenzialmente collaborava con Jack Kirby per la creazione dei nuovi eroi Marvel, per Spider-Man scelse l’apporto creativo di Ditko dopo che la versione realizzata dal “RE” non lo soddisfaceva. Spider-Man, infatti, era un eroe diverso dagli altri, non serviva dunque lo stile enfatico ed eroico di Kirby, ma quello più scarno e intimista di Ditko. Quest’ultimo iniettò nel personaggio la sua personalità e la sua visione e ben presto diventò anche il soggettista della serie, con Lee che si limitava a firmare i soli dialoghi. L’Uomo Ragno era un eroe differente, pieno di problemi, di dubbi, schivo e ciò si rifletteva nelle tavole di Ditko, composte da gabbie a 9 vignette fitte di dialoghi, da personaggi con volti spigolosi e inquadrature ad altezza d’uomo. Non è un caso se si ricorda proprio per il suo crescendo, anche visivo, l’episodio #33 intitolato "Capitolo finale", in cui Spider-Man riesce a liberarsi da un pesantissimo macchinario.

L’addio per contrasti creativi con Lee, portò quest'ultimo a prendere in mano la serie e all’ingresso di John Romita alle matite. Quest’ultimo aveva uno stile molto diverso da quello del suo predecessore sulla testata: provenendo dai fumetti romantici degli anni ’50, il suo tratto era molto più morbido e questo portò subito a un “abbellimento” dei personaggi, con lo stesso Peter Parker che ne trasse giovamento. Lee e Romita, per giunta, cambiarono il tono della serie, alleggerendolo parecchio e creando un triangolo amoroso fra Peter, Gwen Stacy e Mary Jane. Tuttavia, in un primo momento - basti guardare la doppia avventura degli albi 39-40 in cui viene svelata l’identità di Goblin -, Romita non si distaccò più di tanto dalla rappresentazione visiva e nel layout di Ditko, nella convinzione che l’artista sarebbe tornato di lì a poco sui suoi passi e avrebbe ripreso in mano la testata. Col passare dei mesi, però, compreso che ormai Ditko non sarebbe più tornato, Romita iniziò ad esprimersi più liberamente e a sentirsi sempre più a proprio agio.

Oltre al tratto più morbido, come prima accennato, Romita si distingueva per uno stile più dinamico, che favoriva le scene d’azione e di lotta, e per una maggiore ariosità della tavola. Oltre all'uso di splash-page, l’artista spesso divideva le proprie tavole in 2, 3 o 4 vignette solamente. Nell’albo 47, il primo del volume, già è possibile vedere il “vero” Romita in azione, ormai svincolatosi dall’ombra di Ditko, ma il vero cambiamento di stile si ebbe con le storie successive.
Con il suo ingresso, dunque, l’Uomo Ragno si allinea anche visivamente alle altre produzioni Marvel, sicuramente finora più spettacolari e dinamiche rispetto al primo Amazing (che, però, aveva le sue peculiarità). Le tavole in bianco e nero ci permettono di godere al massimo del lavoro dell’artista e della sua rivoluzione sulla testata che durerà per anni (Romita curerà la serie e rifinirà le chine anche quando lascerà le matite ad altri artisti).

Riguardo le storie, invece, ci troviamo davanti a quanto di più classico si possa leggere sul personaggio, grazie a una galleria di nemici che varia da Kraven a Octopus, passando per l’Avvoltoio (qui presente in ben 2 versioni) e vedendo l’esordio di Kingpin. Le avventure, pietre miliari per la serie, toccano il loro punto più alto con Amazing Spider-Man #50 in cui possiamo assistere alla celebre scena in cui un affranto Peter Parker getta il suo costume da super-eroe nella spazzatura, prima di tornare sui suoi passi e gettarsi nuovamente in azione.

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