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Sea Dogs - Terrore in alto mare, recensione: Joe Hill, licantropi e orrore per l'indipendenza degli Stati Uniti

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Fra le proposte della Hill House Comics, Sea Dogs si candida ad essere sicuramente fra quelle più singolari. Come noto, Joe Hill - figlio del celebre Stephen King, autore di romanzi e sceneggiatore di acclamate serie come Locke & Key - ha lanciato per la DC Comics/Black Label una propria linea di fumetti, molti dei quali scritti da lui stesso, di cui vi abbiamo parlato in passato qui su Comicus. Chiaro che l'horror sia il principale comune denominatore delle varie proposte, ma sempre applicato con declinazioni differenti. Quello che rende particolare Sea Dogs non è solo la sua ambientazione ma soprattutto la modalità di pubblicazione che, all’apparenza potrebbe farlo apparire quasi come un gioco letterario, un divertissement, ma ci troviamo davanti a tutt'altro. Il fumetto, infatti, è stato serializzato in appendice agli albi della Hill House Comics al ritmo di due tavole (a volte poco più) a episodio. Quest'aspetto conferisce alla storia un ritmo incalzante dal retrogusto retro' che ricorda le avventure delle tavole domenicali pubblicate sui quotidiani tuttavia, a parte questo, la narrazione resta assolutamente contemporanea.

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Le vicende narrate in Sea Dogs si ispirano a fatti storici reali, oltre che poco esplorati (se non negli episodi più salienti), ma soprattutto ben documentati in quanto lo stesso Hill si è fatto una cultura a riguardo, ricercando informazioni e consultandosi con uno storico, e lo stesso volume presenta in appendice un gradito approfondimento sulle vicende affrontate nel racconto.
Siamo nel 1780, nel pieno della Guerra d'Indipendenza Americana, la rivoluzione avvenuta fra il 1776 e il 1783 che vide le tredici colonie britanniche nordamericane contrapposte alla madrepatria - il Regno di Gran Bretagna - terminata con l'indipendenza degli Stati Uniti d'America. La potenza marittima inglese era di gran lunga superiore a quella messa in campo dalla Marina coloniale e l'esito, nonostante il sostegno dell'alleata Francia, non era certo a favore degli indipendentisti. Così, il capo del servizio di spionaggio americano Benjamin Tallmadge, con l'identità di Mr. Bolton, fa arruolare a bordo della HMS Havoc, il più temibile fra i vascelli inglesi coi suoi 74 cannoni, tre lupi mannari, in modo che la tragica sorte che capiterà alla nave, al suo capitano Merlin Wolstencroft e ai suoi uomini, possa incutere terrore in ogni uomo della marina inglese.

Hill mescola, così, abilmente realtà e fiction, storia e horror, mettendo in scena un ricco cast di personaggi ben caratterizzati, celando l'identità di questi temibili mastini di guerra che attaccano di notte l'equipaggio della Havoc, dosando per bene i vari colpi di scena di una trama che va in continuo crescendo. Un mix di elementi, dunque, ben miscelati che rendono appassionante e divertente questa lettura.

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Se del gusto rétro della sceneggiatura, sebbene declinato in chiave moderna, vi abbiamo già parlato, un discorso simile è applicabile anche all'arte di Dan McDaid. Il suo stile è perfetto per il racconto ideato da Hill, in quanto sospeso fra passato e presente, fra classicismo dei grandi maestri del fumetto e sensibilità moderna. Il fumettista scozzese sforna tavole di gran dinamismo capace di inscenare con naturalezza sia le fasi in cui a emergere è l'umanità dei personaggi, sia quelle in cui prende piede il lato oscuro della violenza orrorifica messa in atto dai licantropi. Un’inchiostrazione dinamica e sporca dona carattere al suo segno che, in alternativa, potrebbe risultare troppo classicheggiante.
Per la riuscita delle tavole, va sottolineato il fondamentale apporto ai colori ad opera di John Kalisz delicato e incisivo al tempo stesso, mai fuori registro, capace di esaltare il lavoro di McDaid e le sue tavole con apprezzabili e riuscitissimi passaggi dalle tonalità fredde delle notti marine a quelle calde quando il fuoco e l'orrore entrano in scena.

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Un'opera, Sea Dogs, che potrebbe sfuggire nel mare di proposte Panini Comics e apparire minore nonostante il risonante nome di Joe Hill in copertina, ma che risulta non solo un altro centro per l'autore, ma anche un fumetto estremante interessante dove ogni singolo aspetto funziona a dovere.

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Asterix e l'Iris Bianco, i dettagli del 40° albo della serie

  • Pubblicato in News

Come vi avevamo rioprtato in precedenza, il prossimo 2 novembre uscirà il nuovo albo di Asterix, il 40° della serie, che presenterà un nuovo sceneggiatore: Fabcaro. È stato ora annunciato il titolo dell'avventura che sarà Asterix e l'Iris Bianco. Alle matite ritroveremo Didier Conrad che da diversi anni ha sostituito Albert Uderzo alle matite della serie.

Di seguito trovate la cover provvisoria dell'albo e tutti i dettagli diffusi da Panini Comics.

 Cover provvisoria ASTERIX E LIRIS BIANCO ITA

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King Thor, recensione: l'ultimo canto di Jason Aaron

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Nell’autunno del 2012 l’intero parco testate Marvel viene interessato da un rilancio denominato Marvel NOW!. Come conseguenza diretta dell’evento Avengers VS X-Men, che ha impazzato negli albi della Casa delle Idee durante l’estate precedente, tutti i principali personaggi subiscono un restyling e un cambio di team creativo. In quel momento, chi segue abitualmente le testate Marvel non ha ancora la percezione che, in quella sarabanda di cambiamenti da cui sono interessate, stanno nascendo almeno due grandi classici moderni: se gli Avengers di Jonathan Hickman sono già attesi da notevoli aspettative, la vera sorpresa è costituita dal Thor di Jason Aaron. Perché se è vero che nel 2012 Aaron è uno dei giovani sceneggiatori più interessanti su piazza, che ha all’attivo l’ultima serie cult della storia della Vertigo, Scalped, e ha già lavorato per la Marvel realizzando ottimi cicli di Ghost Rider e Wolverine, nessuno può comunque immaginare che sta per rilasciare un ciclo di Thor che segnerà la storia del personaggio. Una run che i lettori metteranno sul podio delle migliori di sempre a lui dedicate, dietro solo a quelle mitiche firmate Stan Lee/Jack Kirby e Walter Simonson.

Il Thor di Jason Aaron debutta quindi nell’ottobre 2012, con i disegni di un altro autore che da giovane promessa si è ormai trasformato in splendida certezza, Esad Ribic. Aaron introduce subito un villain che diventerà uno dei più temibili mai affrontati dal Tonante, Gorr l’uccisore di Dei, un personaggio segnato dal dolore e dal lutto, condizione che lo porta a rifiutare il concetto stesso della possibile esistenza di un Dio. L’arrivo di Gorr coinciderà per Thor con l’inizio di un percorso personale che lo porterà per la prima volta ad esplorare il proprio senso di inadeguatezza mettendo persino in discussione il suo ruolo di divinità.

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Il ciclo di Aaron è una lunga epopea in tre capitoli, che raccontano la crisi e la caduta di Thor, l’ascesa di Jane Foster nel ruolo di Dea del Tuono e la lotta contro la malattia che l’ha colpita, la Guerra dei Reami e il ritorno di Thor Odinson al ruolo che gli spetta. Nel 2019, per concludere una lunga saga che gronda epica da ogni pagina, Jason Aaron e Esad Ribic sono tornati a collaborare per King Thor, miniserie di 4 numeri che chiude tutte le trame lanciate dallo scrittore nel corso del suo ciclo.

King Thor riprende una delle idee più interessanti proposte dallo sceneggiatore dell’Alabama durante la sua run settennale, quella di un Thor anziano che, millenni nel futuro, ha ereditato dal defunto Odino il ruolo di Re di Asgard e di Padre di Tutti. Peccato che la cittadella degli Dei sia ormai in rovina come la Terra, ricreata con un atto d’amore dallo stesso Thor. E l’universo stesso, sull’orlo della distruzione, non se la passa affatto bene. In questo scenario apocalittico alla fine dei tempi si svolge lo scontro finale tra Thor e il fratellastro Loki, ora detentore della All-Black, la Necrospada un tempo impugnata da Gorr. Che potrebbe tornare per un’ultima sfida…

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Jason Aaron chiude il cerchio del suo epico ciclo di Thor tornando dove aveva iniziato 7 anni prima. Una chiusura perfetta per un ciclo di 100 storie per il quale lo scrittore si riunisce al disegnatore col quale aveva debuttato sulla serie del Tonante, Esad Ribic, e col quale aveva ideato Gorr, il Macellatore di Dei, nonché la versione futura di Thor protagonista di questa miniserie che rappresenta davvero la summa del lavoro svolto dallo sceneggiatore sul personaggio. In queste pagine ci sono tutti le tematiche importanti che Aaron ha saputo infondere nel suo ciclo, elevandolo sopra la media del fumetto mainstream: la conoscenza di se stessi e la consapevolezza del proprio ruolo nell’ordine delle cose, i dubbi sulle proprie reali capacità, il timore della propria inadeguatezza (che in queste pagine si traduce nei dubbi che lo stesso Thor ha nei confronti del suo ruolo di dio e sugli dei in generale, posizione che tradisce l’ateismo di Aaron di cui lo stesso autore non ha mai fatto mistero), i difficili rapporti con la propria famiglia (il fratello Loki), con le proprie origini di cui si cerca di essere degni (il padre Odino) e l’eredità che ci lasciamo alle spalle, che nel caso di Thor è rappresentato dalle nipoti guerriere Atli, Ellisiv e Frigg. Ma non solo: in un afflato meta narrativo che ha contraddistinto tutta la sua gestione, Aaron ci parla del valore salvifico del racconto, della funzione delle storie che ci eternano nella leggenda. Ci saranno sempre storie di Thor, anche dopo l’addio dello sceneggiatore, che nella commovente postfazione saluta i lettori dopo sette anni di perfetta gestione di un personaggio che, ci racconta, non avrebbe mai pensato di scrivere e che ora gli mancherà terribilmente.

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Il commiato di Aaron è splendidamente illustrato dalle matite di Esad Ribic e dai colori di Ive Svorcina, da qualche anno collaboratore prediletto dell'artista croato. La palette di colori digitali di Svorcina conferisce profondità ed epica alle matite di Ribic, dando vita a tavole mozzafiato il cui valore travalica i confini di un comic book echeggiando i grandi pittori del passato. Affreschi che trasudano epos, di grande impatto evocativo, che conferiscono grandezza e possanza all’ultimo canto (per ora) di un ciclo che è già entrato nella leggenda. E per celebrare la fine di questa indimenticabile run ecco sfilare, nell'ultimo capitolo, gli altri artisti che hanno accompagnato Aaron in questi sette anni, Russell Dauterman, Mike del Mundo e Das Pastoras, ospiti come Chris Burnham, Andrea Sorrentino e Oliver Coipel, che ha legato il proprio nome al ciclo di Thor scritto da J.M. Straczynski.
Un vero e proprio "parterre des rois" per chiudere quello che sarà ricordata come una delle gestioni chiave della storia fumettistica del Dio del Tuono.

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Vita e Dollari di Paperon De' Paperoni, recensione: la nuova edizione dell'"Oscar" dedicato a Carl Barks

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Con Vita e Dollari di Paperon De' Paperoni, Panini Comics prosegue la sua proposta di ristampe di lusso di vecchi e noti Oscar Mondadori targati Disney usciti a partire dalla fine degli anni '60. Considerando l'importanza della collana Mondadori e i nomi che essa proponeva, l'inserimento di titoli appartenenti alla Nona Arte venne considerata un'importante vittoria culturale per il medium. Così, dopo I pensieri di Pippo e Le follie di Eta Beta, entrambi riproposti in cartonati in formato verticale 26,1X21,6 cm per rispettare il formato originale delle strip disegnate da Floyd Gottfredson, Panini manda in libreria Vita e Dollari di Paperon De' Paperoni giusto in tempo per celebrare i 75 anni dalla nascita del personaggio (sottolineamo che il volume era stato già ristampato da Disney Italia nel 2007 per i 60 anni dello Zione). Anche in questo caso, l'editore abbandona il formato tascabile degli Oscar per un più dignitoso cartonato 21,6X26,1 cm, ovvero lo stesso dei due precedenti tomi ma con base e altezza invertite in quanto le storie contenute provengono non più dal formato strip dei quotidiani ma da quello dei comic book, e presenta materiale ritradotto e ricolorato in tempi recenti.

Testi e disegni delle 7 avventure contenute nel libro sono ad opera di Carl Barks, autore considerato unanimemente fra i maggiori e più influenti fumettisti della storia, capace di ispirare generazioni di cartoonist e non solo considerando come registi del calibro di Steven Spielberg e George Lucas abbiano citato l'artista americano come una delle loro principali fonti d'ispirazione. E, rileggendo queste storie (ancora una volta), non è difficile comprenderne il motivo: pubblicate fra il 1949 e il 1954, queste avventure appaiono incredibilmente contemporanee, non solo nelle tematiche e negli sviluppi narrativi, ma soprattutto per scrittura e composizione delle tavole, rendendole eterne così come - per citare uno dei pochi esempi accostabili - le strip dei Peanuts del collega Charles M. Schulz.

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Protagonista della selezione è, naturalmente, Paperon De' Paperoni, personaggio ideato dallo stesso Barks nel 1947 come comprimario destinato ad apparire in un'unica occasione. Compreso il potenziale della sua creazione, il fumettista comincerà ad utilizzarlo sempre più spesso nelle storie di Paperino fino a che non otterrà una testata tutta sua. In questo elenco di storie possiamo vedere l'evoluzione del character sia dal punto di vista grafico che riguardo la sua personalità che si arricchirà - è il caso di dirlo - acquisendo nuove sfumature ad ogni sua apparizione fino a diventare il personaggio che noi tutti conosciamo e amiamo.

Passiamo, così, dai toni da commedia degli equivoci di Paperino e la scavatrice, in cui assistiamo a una surreale lotta fra Paperone e suo nipote per garantire il regalo natalizio richiesto da Qui, Quo, Qua all'avventurosa ed esotica Paperino e la clessidra magica.
Commedia natalizia degna di un classico, l'amara Paperino Zio Paperone e il ventino fatale ci mostra il lato povero e dimenticato di Paperopoli. La successiva Zio Paperone e la disfida dei dollari, invece, rappresenta una delle infinite sfide all'ultimo colpo fra lo Zione e la Banda Bassotti che vuole impossessarsi del denaro del deposito a tutti i costi.

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Zio Paperone e la Stella del Polo è sicuramente fra le storie più celebri del personaggi e fra le principali ispirazioni per la Saga di Don Rosa, che baserà tutto il suo lavoro sulla ricostruzione cronologica delle avventure di Barks. È in questa storia che, dopo vari accenni, scopriamo molti dettagli sul passato da cercatore d'oro di Paperone nel Klondike e facciamo la conoscenza della sua vecchia fiamma Doretta Doremì, utilizzata dall'autore solamente in questa avventura. Commedia, dramma, azione, romanticismo, Back To Klondike è un classico capace di appassionare ad ogni lettura.

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Chiudono il volume due lunghe avventure del calibro di Zio Paperone e la dollarallergia e Zio Paperone e le sette città di Cibolà, entrambe del 1954 e ricche di intuizioni geniali e colpi di scena che completano, così, un menù ricco e soddisfacente contente una selezione di primo piano.
Questa nuova edizione di Vita e Dollari di Paperon De' Paperoni, corredata di articoli approfondimento rivolti principalmente a un pubblico generalista, è sicuramente un'ottima occasione per scoprire e riscoprire queste storie, per avere in libreria in edizione lussuosa alcuni dei migliori fumetti Disney - o meglio, fumetti in generale - mai realizzati da uno dei maggiori fumettisti della storia, oltre che un volume di una certa rilevanza storica. Un must have a tutti gli effetti.

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